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Bonardi Beniamino - 10 gennaio 1983
Nucleare: dopo due anni la lotta si fa più serrata
Approvato l'articolo 17

di Beniamino Bonardi

SOMMARIO: La lunga battaglia radicale contro la legge che assegna contributi ai comuni e regioni sul cui territorio saranno installate centrali nucleari e a carbone. Una legge che legalizza la corruzione e monetizza il rischio nucleare. Il CIPE potrà decidere sugli insediamenti nucleari anche con l'opposizione dei comuni e senza neppure dover interpellare il Parlamento.

(NOTIZIE RADICALI N. 1, 10 gennaio 1983)

Il 21 dicembre scorso la Commissione industria del Senato, dove i due senatori radicali non hanno diritto ad avere un proprio rappresentante, ha approvato definitivamente la legge che assegna contributi per decine di miliardi ai comuni ed alle regioni sul cui territorio sono o verranno installate centrali nucleari e a carbone.

In un sola giornata, con l'unica opposizione di Gianfranco Spadaccia le cui possibilità di intervento nel dibattito erano limite dal fatto di essere membro senza diritto di voto, violando una prassi che vuole assegnati all'aula i provvedimenti che abbiano un volume di spesa superiore ai 40 miliardi o che tornino al Senato in seconda lettura, se il primo esame è avvenuto in Commissione legislativa: in questo modo il Senato e i partiti si sono liberati di una legge alla quale non erano disposti a rinunciare, ma che rischiava ormai di trasformarsi in un boomerang.

Due anni di dura opposizione nelle istituzioni e nel paese sono riusciti a produrre delle crepe nel muro di silenzio che tutte le forze politiche, concordemente, hanno eretto intorno alle Commissioni parlamentari in cui la legge è stata confinata sia alla Camera che al Senato. Siamo riusciti a creare quel minimo di circolazione delle informazioni che ha consentito ad associazioni e movimenti ecologisti ed antinucleari, a partiti come Pdup e Dp, di uscire, anche se con ritardo, dalla posizione di passività e disattenzione con cui stavano assistendo all'iter parlamentare della legge, contrastata dai solo deputati radicali.

Il 16 febbraio 1982, dalle pagine di "Repubblica", con un'inserzione di mezza pagina a pagamento dal titolo ""AIUTO!"", gli Amici della Terra e il Gruppo Parlamentare Radicale lanciavano un appello a sindaci, esperti, cittadini affinché inviassero lettere e telegrammi di protesta contro l'approvazione dell'art. 17 della legge sul risparmio energetico: ""Stanotte la Camera decide. Sono tutto d'accordo, anche il PCI. Da domani i sindaci sono in vendita"".

"Da soli - continuava l'appello - non possiamo reggere più. Per mesi abbiamo bloccato in Parlamento la scelta nucleare. Ora sono tutti d'accordo, da Spadolini al PCI: decisi a sopraffarci stanotte. Stanotte, in Commissione industria della Camera passa il nucleare. E passa nel silenzio generale: della RAI-TV, dei giornali, dei partiti".

L'iniziativa ebbe effetti positivi. La grande "maggioranza energetica" comprendente tutti i partiti, dal MSI al PCI, passando per il pentapartito, si sentì scoperta e rinunciò al blitz notturno con cui intendeva approvare una legge che avrebbe dato il via ad un'opera di corruzione legalizzata senza precedenti nella storia della Repubblica. Gli occhi della gente, degli elettori, erano improvvisamente puntati proprio su quella Commissione, che essi avevano concordato dovesse rimanere sempre ben chiusa e lontana da sguardi indiscreti.

Intanto i deputati radicali, e in particolare i commissari Tessari e Roccella, tenevano bloccato il progetto di legge attraverso la presentazione di migliaia di emendamenti.

A metà marzo la maggioranza approvava la legge sul risparmio energetico accantonando l'art. 17, che veniva poi ripresentato in giugno come disegno di legge autonomo composto di un solo articolo.

Alla Commissione cominciarono a giungere decine e decine di dichiarazioni di sindaci e amministratori locali contrari a vedersi ridotti ad oggetto di compravendita e non disposti a svendere l'autonomia dei propri comuni in cambio di una pur sostanziosa "tangente di Stato". Tuttavia, lo schieramento unanimistico formatosi in sostegno alla legge non dava segno di ripensamento. Inoltre, grazie al nuovo regolamento della Camera, i deputati radicali vedevano ridursi notevolmente le loro possibilità di opposizione.

Il 10 novembre la Commissione industria della Camera approvava il disegno di legge che, a quel punto, doveva tornare al Senato perché modificato rispetto alla versione da questi approvata quando era ancora art. 17 della legge sul risparmio energetico.

Mentre avveniva tutto ciò, i mass-media, e in particolare la RAI-TV, continuavano ad opporre una censura ferrea, proteggendo in tal modo i partiti dai contraccolpi negativi che la conoscenza dei contenuti del provvedimento in discussione e delle posizioni radicali su di esso avrebbero avuto sull'immagine e sulla credibilità del fronte filonucleare.

Ma cosa c'è di così scandaloso in questa legge da giustificare un'opposizione così dura da parte radicale e antinucleare? E perché un tale accanimento nel difenderla da parte dei partiti del fronte nucleare e dei loro strumenti di informazione e propaganda?

La legge si compone di due parti: una prevede contributi per comuni e regioni sedi di centrali, l'altra modifica la legge 393 del 1975, riguardante le procedure di localizzazione delle centrali nucleari.

I contributi previsti sono di due tipi. Il primo è un contributo "una tantum", commisurato alla potenza dell'impianto, a favore dei comuni sedi di centrali nucleari o a carbone ed ai comuni limitrofi interessati. Tale contributo è differente per i due tipi di centrali, favorendo quelle nucleari, il che appare strano visto che per anni è stata sbandierata la loro sicurezza (12.000 lire per ogni chilowattora nucleare installato contro le 8.000 lire per quello a carbone). In aggiunta a questo, è previsto un contributo sia per i comuni che per le regioni, di 0.50 lire per ogni chilowattora di energia elettrica prodotta da tali centrali.

Inoltre sono contemplate assegnazioni anche per le centrali ad olio combustibile di potenza superiore a 1.200 megawatt e per quelle di potenza inferiore che dovranno essere convertite a carbone.

Infine, non mancano contributi anche per i comuni interessati dal reattore PEC (Prova Elementi Combustibile) del Brasimone, che è in costruzione ormai da 18 anni, e i cui ritardi con le conseguenti lievitazioni di costi, oltre alla ormai discutibile utilità scientifica del progetto, ne renderebbero economicamente conveniente la chiusura piuttosto che il proseguimento, come sembra invece intenzionato a disporre il governo.

Facciamo un calcolo esemplificativo dell'applicazione pratica della legge: i comuni di Montalto di Castro e limitrofi, dove è in costruzione una centrale nucleare da 2.000 Mw, riceveranno la bellezza di 24 miliardi "una tantum" più 6 miliardi all'anno per l'energia prodotta. Ugualmente per le centrali previste in Piemonte, Lombardia e Puglia.

Le stime fatte dall'Enel prevedono che nel solo 1983 questa legge verrà a costare 117 miliardi.

Ma quest'orizzonte di corruzione legalizzata e di monetizzazione del rischio non deve essere parsa sufficiente a superare le difficoltà che le scelte energetiche del Governo e degli enti energetici incontrano. Mancava ancora un elemento. Bisognava liberare i partiti e il Parlamento dalla responsabilità di localizzare le centrali nucleari, quando queste incontrano l'opposizione dei comuni o delle regioni. E' stato quindi modificato l'art. 2 della legge 393 sulle procedure di localizzazione nucleare, legge su cui nel 1980 vennero raccolte 700.000 firme per richiedere il referendum che venne poi cassato dalla Corte Costituzionale.

In caso di opposizione degli enti locali, l'individuazione delle aree suscettibili di insediamento nucleare non avverrà più mediante legge approvata dal parlamento, bensì attraverso una semplice delibera del governo, e precisamente del CIPE.

Questa è la reale politica di quei partiti che nel 1981 approvarono il Piano Energetico Nazionale proclamando a destra e a manca che esso sarebbe stato attuato con il consenso delle popolazioni, con la massima informazione e partecipazione alle decisioni.

Hanno sequestrato tutto il dibattito sul problema nucleare confinandolo nelle Commissioni parlamentari, evitando il pericolo che a qualche testa calda di giornalista venisse in mente di andare a curiosare per informare i suoi lettori. Per il futuro si sono premuniti decidendo che le centrali nucleari in Parlamento non debbono più entrare; e per far questo si sono inventati un inesistente potere di veto dei comuni, potere definito inaccettabile e quindi da eliminare. Hanno ridotto l'autonomia locale e il consenso delle popolazioni ad un oggetto da comprare.

Ce l'hanno finalmente fatta. Hanno ottenuto quegli strumenti di corruzione o, come preferiscono dire, di "incentivazione" che giudicavano indispensabili per poter attuare il Piano Energetico.

Hanno dimostrato ancora una volta che ciò che più temono è il confronto democratico delle proposte e delle posizioni. Vorrebbero imitare il modello tecnocratico accentratore francese ma riescono a scimmiottare solo gli aspetti peggiori. Sanno di essere maggioranza in Parlamento ma minoranza nel paese e vivono nel continuo timore della sconfitta. Il problema è che insieme a loro rischia di perdere l'intero paese, la sua economia, il suo diritto ad essere governato da partiti e persone che ancor prima di sapersi assumere le responsabilità delle strategie che perseguono, riescano a dimostrare di averne almeno una.

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In merito all'approvazione dell'articolo 17 Alessandro Tessari ha dichiarato: "ritengo che l'approvazione dell'art.17, avvenuta in Commissione in sede legislativa alla Camera prima e al Senato poi, col voto favorevole dei partiti di Governo a cui si sono aggiunti comunisti e missini, costituisca il momento più grave del dibattito parlamentare sulle questioni energetiche.

Dall'inizio della legislatura questa grande "maggioranza energetica" ha sempre rifiutato il dibattito nelle aule parlamentari, preferendo l'anonimato garantito dal chiuso delle Commissioni.

Abbiamo denunciato in tutti i modi la natura di questa complicità e la gravità delle scelte contenute nell'art. 17, che costituiscono, come hanno riconosciuto centinaia di amministratori locali italiani di tutto lo schieramento politico, un'autentica tangente di Stato. In altre parole, viene pagato monetizzato il danno provocato dalla costruzione delle grosse centrali, soprattutto nucleari, e viene tolto ai comuni il diritto di decidere sulla installazione delle centrali nel loro territorio, diritto già sancito dalla legge 393.

Vogliamo solo sperare che le posizioni oltranziste sostenute dai parlamentari comunisti alla Camera e al Senato in materia nucleare non siano condivise dagli ambienti soprattutto legati all'Arci, che hanno invece dimostrato una sensibilità molto accentuata per quanto riguarda i temi del risparmio energetico, delle fonti rinnovabili e un ancoraggio molto prudente della scelta nucleare al reale fabbisogno energetico del Paese".

 
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