Un'altra offesa alla dignità: vergognoso "aumento" di 10.000 liredi Sergio A. Stanzani Ghedini
SOMMARIO: Aumentano le pensioni sociali: 10.000 al mese. Un provvedimento ignobile. Come può la sinistra accettare questa enormità? Lotta allo sterminio per fame e per la dignità della vita dei pensionati nell'agenda radicale. Il ruolo del governo e quello dell'opposizione. I conti dello Stato e quelli dei pensionati: per la vita dei pensionati necessario il raddoppio della pensione sociale.
(NOTIZIE RADICALI N. 1, 10 gennaio 1983)
Con il primo gennaio 1983 l'importo mensile della pensione sociale è passato da 155.500 a 165.500 lire, con un aumento di diecimila lire al mese pari al 4 per cento mensile.
La collettività, lo Stato italiano, ha ritenuto di "premiare" in questa misura il cittadino che, compiuti i 65 anni, non ha altre risorse per provvedere al proprio sostentamento. Si tratta di un provvedimento più che indegno, ignobile per un Paese che ritenga di essere "civile" e di aver compiuto passi significativi e importanti sul percorso della democrazia politica e sociale: di quel Paese che ha pur saputo battersi in certe circostanze - e quali siano state queste circostanze è bene non dimenticarlo - anche vittoriosamente per il divorzio e per l'aborto. A mio avviso è questo il punto di partenza dovuto e quindi obbligato, per ogni altra considerazione che si voglia fare sul decantato e discusso problema "delle pensioni". Ogni analisi, argomento o proposta che non parta dal considerare questo dato - ripeto - 165.500 al mese - è sconsideratamente pretestuoso e potenzialmente "assassino".
Non vi è cittadino di questa nostra Repubblica che non sappia - sol che voglia riflettere e non ceda alla tentazione di rimuovere il problema - trattarsi di una somma non solo del tutto inadeguata ad assicurare la vita, ma assolutamente insufficiente alla sopravvivenza di chi abbia compiuti i 65 anni, senza disporre di nulla che non sia la pensione sociale perché questo è l'assunto, il presupposto necessario per usufruirne.
Io non riesco ancora a comprendere, come radicale, come laico, libertario e socialista, come uomo, con quali motivazioni la "sinistra" possa, essa che si dimostra sempre così attenta a privilegiare il "sociale" ma anche così pretestuosamente sufficiente nel considerare il "civile", giustificare una tale enormità.
Lotta per la vita contro lo stermino anche per fame è l'impegno prioritario del nostro partito. E' una decisione che ci obbliga a protendere il nostro sforzo nello strappare da morte certa alcuni milioni di esseri umani nel mondo entro il 1983.
Se questo è il nostro massimo impegno questo non ne è il solo significato. Esso costituisce anche un parametro alla luce del quale distinguere e decidere, cioè scegliere e selezionare come affrontare gli altri problemi che il nostro "essere politici" ci propone.
Ecco perché non è casuale o pretestuoso, demagogico od opportunista l'accresciuto interesse che il Partito Radicale ha manifestato per i pensionati e le pensioni da quando si è dedicato con sempre maggiore impegno, approfondendone ed acquisendone il senso e il significato, alla lotta per la vita, contro lo sterminio, contro la morte per fame nel mondo.
Vivere ogni mese con 165.500 lire e basta nel 1983, con più di 65 anni, in Italia è impossibile.
Certo, ci sono altre situazioni gravi ingiuste e dolorose, ma qui ci troviamo di fronte alla sopravvivenza, ad una condizione indispensabile per la vita e perché assolutamente prioritaria. Anche le altre situazioni devono essere risolte: lo sappiamo. Siamo pienamente consapevoli del rapporto tra le pensioni sociali e i minimi delle pensioni previdenziali e dei riflessi che le prime producono sui secondi: siamo consapevoli della commistione esistente tra assistenza e previdenza che turba e corrompe un ambito così rilevante per il nostro paese; conosciamo le abnormità che governano l'INPS, attribuendo agli organi di questo Istituto poteri che ostano con la legittimità costituzionale; certo, non ignoriamo come il sistema previdenziale nel nostro paese sia inquinato da giochi di potere e da lottizzazioni che fanno dei sindacati il protagonista, per molti aspetti di diritto e di fatto profondamente inquinato e inquinante, in definitiva "illecito" con implicazioni gravi non solo sul piano politico e morale ma, pro
babilmente, anche penale; sappiamo e siamo consapevoli della vastità e della complessità di questo problema, in una parola della riforma.
Lo sappiamo, ma siamo e vogliamo essere una forza di opposizione e sappiamo quindi di doverci assumere solo e unicamente l'obbligo di oppositori e non quello che spetta ai governanti. A ciascuno il suo: sono questi i presupposti di chiarezza essenziali e fondamentali in politica e in democrazia. A noi spetta anzitutto individuare, proporre e sostenere i punti "intollerabili" della situazione, cioè proprio quelli che pongono in discussione la "sopravvivenza", quella degli altri, dei bambini che muoiono di fame, come dei pensionati che a 65 anni non possono vivere con 165.500 lire al mese; a noi spetta lottare perché eliminando anzitutto queste "intollerabilità" la sinistra ritrovi e recuperi quei valori che hanno ispirato e prodotto i momenti più significatici della sua storia e possa così, la sinistra, riprendere in Italia e in Europa un cammino realmente alternativo, capace di quel rinnovamento che le coscienze se non di tutti, certamente dei più avverte sempre come indispensabile.
Al governo, alla maggioranza - mediante gli strumenti e i mezzi che legittimamente il Paese e le istituzioni mettono a loro disposizione - non a noi, spetta studiare e proporre la riforma. Il governo e la maggioranza lo affermano, lo conclamano da anni, da tempo quasi immemorabile, ma la riforma non la fanno. Non fanno il loro dovere. Noi dobbiamo fare il nostro dovere, quello di oppositori veri. Diciamo quindi: "le pensioni sociali devono essere raddoppiate, subito".
Per assicurare un minimo di 300 mila lire al mese alle pensioni sociali sono necessari 1.400 miliardi in un anno: si tratta infatti di 2 milioni per 700 mila pensioni. Non è questa sicuramente una cifra impossibile.
Tutti noi siamo oggetto da tempo di un martellante ripercuotersi di cifre in cui le decine e le centinaia di miliardi si contrappongono in modo da far rabbrividire: tra queste i più che 100 mila miliardi di risorse che il Governo da qui al 1990 ha impegnato, con la folle politica di Lagorio, nei sistemi di arma. Le "stangate" si susseguono, colpiscono sempre più i deboli e gli indifesi senza che si sappia con quale fine e con quale costrutto; quando si sa aumenta la convinzione della inefficacia dei provvedimenti proposti o dei danni ancora maggiori che essi procureranno alla qualità della vita, sempre più inaccettabile, se non per pochi e con la prospettiva che solo questi ultimi siano destinati ad aumentare di numero e di potere.
Il disagio e le difficoltà dei più aumentano, lo scontento e la protesta si accrescono e si manifestano con modalità sempre più evidenti: tuttavia io sono convinto che, se questo approccio al problema delle pensioni, se questa priorità venisse proclamata e sorretta da tutta la sinistra non vi sarebbe uno, tra i "più", che si tirerebbe indietro, che non sarebbe disposto a un sacrificio per assicurare agli anziani privi di alcun reddito le 300 mila lire indispensabile per sopravvivere. Anche perché tutti, ben presto si renderebbero conto che questo approccio, che questa priorità è il solo mezzo concreto per costringere il governo, qualunque esso sia o sarà, ad affrontare immediatamente la riforma e a proporre tempestivamente una nuova e diversa soluzione, sicuramente più giusta e adeguata alle effettive necessità di ciascuno.