Convocato il 28· Congresso straordinario del Partitodi Marco Pannella
SOMMARIO: Il 28· Congresso straordinario (13, 14 e 15 maggio 1983) dovrà decidere in che forma il Pr affronterà l'occasione elettorale: presentando propri candidati come nel 1958, '76, '79 - o come in altre occasioni, di gran lunga più numerose. Oltre a ciò, obiettivo del Pr e dei radicali è quello di assicurare comunque un minimo tollerabile di correttezza e costituzionalità nelle elezioni. Il Psi primo protagonista dell'imbarbarimento del regime: teme che nel libero gioco democratico possa affermarsi il suo antagonista radicale. Per questo ha promosso pentimenti e pentiti radicali, cui ora si appresta a pagare il conto. La Rai-tv di oggi peggiore di quella di Bernabei; i network privati in mano agli zeloti del regime. I giornali come negli anni '20. Sarebbero necessari dei garanti con pieni poteri per assicurare il rispetto quotidiano della legge da parte dei mass - media durante la campagna elettorale. Occorre impedire che la partitocrazia possa riversare nelle elezioni un fiume di denaro rubato con le t
angenti. Altrimenti, saranno elezioni truffa.
(NOTIZIE RADICALI N. 6, 2 marzo 1983)
Il XXVIII Congresso (straordinario) del Partito Radicale, che ho convocato dal 13 al 15 maggio a Roma, deciderà in che forma affronteremo l'occasione elettorale: se come nel 1958, nel 1976, nel 1979, o invece come decine di altre volte nella nostra storia ormai quasi trentennale.
Segretario federale e giunta, tesoriere, consiglio federale assicureranno le condizioni perché il Congresso possa effettivamente decidere la presentazione o altra forma di presenza nei comizi elettorali e in questa campagna politica, assicurando tutti gli adempimenti, politici e pratici, che questa scadenza presuppone. Ma lo stesso Consiglio federale, che sarà chiamato a riunirsi prima del Congresso straordinario, sarà investito sin d'ora degli adempimenti per la convocazione del congresso ordinario di fine ottobre.
In tal modo, intendo sottolineare subito ed esplicitamente che sarà il XXVIII Congresso a restare interamente sovrano sia della valutazione del Bilancio consuntivo del 1983, sia degli obiettivi del partito del 1983 resteranno quelli fissati dal Congresso di Bologna e dal Consiglio federale nelle riunioni in cui ha esercitato funzioni statutarie vicarie del Congresso. Fino all'ultimo momento per quanto sta in noi continuerà la lotta prioritaria per l'attuazione di un decreto di vita per gli sterminandi della politica di fame nel mondo, e di vita meno disumana per i pensionati italiani.
Terremo, certo, ben salda in mano la barra del timone dinanzi allo scoglio delle elezioni anticipate, per evitare di incagliarvici o di naufragarvici. Ma l'occhio non lascerà la bussola e se decideremo di sbarcare sullo scoglio, come gli altri, sarà solamente per sostarvi e rifornirci eventualmente del conveniente per ripartire subito nella direzione prestabilita.
Questa battaglia è infatti la ragione stessa dell'esistenza del partito che abbiamo costituito e che ci ha uniti e unisce. E questa battaglia è la sola che possa consentire di mutare il corso tragico del nostro tempo in quello della vita e della speranza.
Quale che sia la decisione che prenderemo in Congresso un obiettivo immediato del partito è sin d'ora quello di tenere in extremis di assicurare comunque alle prossime elezioni un minimo tollerabile di correttezza e di costituzionalità. Gli avventuristi e gli avventurieri che stanno portando il Psi alla sua fine con il loro trasformismo sfrenato e temerario, con la loro sete di potere a qualsiasi costo, con il loro apoliticismo cinico e ottuso, hanno sentito per primi qual che tutto l'arco partitocratico ha ormai compreso, dal Pci al Msi, dalla Dc al Pri. Se si lascia passare il tempo di conoscere e di vagliare le scelte politiche che insieme hanno concorso ad imporre al Parlamento ed al Paese con il Governo Spadolini e quello Fanfani, il regime partitocratico rischia di non avere scampo.
E' il Psi che per primo, dal 1979, ha compreso che lasciare l gioco democratico dispiegarsi in Parlamento e nel Paese significava rischiare l'affermarsi dell'antagonista radicale. Da allora, saggio nella sua follia, ha mobilitato ogni energia per colpire la democrazia alla fonte: l'informazione, la conoscenza, la circolazione dei fatti e delle idee. Era già il disegno della P2, di Gelli, di Ortolani, di Sindona, degli stati maggiori dei servizi segreti non solamente italiani, della trilaterale e degli altri padrini e amici dei generali turchi, come di quelli argentini, cileni, somali, boliviani...
E' il Psi che ben presto ha compreso che occorreva promuovere pentimenti e pentiti radicali e che ora si appresta a pagare il conto con loro aperto, non si sa se togliendoli di mezzo per sempre, dando loro l'equivalente di un pugno di dollari, o lasciando in qualche caso accollarsi l'onere del debito al Pli o al Pci.
E'il Psi, ancora, che ha mestato con Rizzoli, prima (Tassan Din e la P2 hanno preferito il "compromesso storico" con il Pci, così come in Parlamento) e poi con i network, in particolare il piduista Berlusconi di Canale 5 e di Italia Uno. La Dc - e anche il Pci - l'hanno lasciato fare: certi servizi non si fanno in proprio, quando si è davvero padroni. Si lasciano fare gli zeloti.
Così il servizio di Stato della Rai-Tv è tornato ai peggiori tempi barnabeiani, peggiorato dalla statura degli epigoni demitiani e craxiani. Si è favorito l'affermarsi del rizzolismo dei network televisivi, per liquidare le televisioni e le radio libere, e indipendenti. Il mondo editoriale, con "Messaggero" e "Il Giorno" in testa, riesuma i fasti del peggiore giornalismo di regime degli anni venti, premiando il banditismo più protervo di pennivendoli d'accatto.
Questo quadro non può non essere valutato dal Presidente della Repubblica, garante del rispetto delle regole del gioco costituzionale. E' un atto costituzionale dovuto, nel momento in cui si intende convocare i comizi elettorali e imporre al "popolo sovrano" una scelta elettorale anticipata rispetto alle previsioni della Costituzione, assicurarsi che con un decreto il Governo intervenga per ristabilire un minimo comunque inadeguato e tardivo, di garanzia della lealtà del confronto. Occorre che i network, - promossi dalla partitocrazia - si pieghino al rispetto delle regole dell'informazione e del gioco democratico, o scompaiono, occorre che vi siano dei garanti con pieni poteri del rispetto quotidiano della legge di riforma in tutti i programmi dei telegiornali e giornalistici durante la campagna elettorale, occorre che i tempi assegnati ai partiti concorrenti per la loro diretta propaganda siano adeguati e nelle ore di massimo ascolto, occorre che tutta la stampa non indipendente, ma sovvenzionata con il da
naro dei contribuenti, che usufruisce delle leggi dell'editoria, assicuri un'informazione leale e corretta... occorre che venga impedito alla partitocrazia di usare il fiume di danaro rubato con le tangenti e con gli scandali di ogni tipo che la cronaca giudiziaria ha svelato e provato, per falsare del tutto questa prova.
Lo ripetiamo: assicurare questo è un atto costituzionale dovuto o ci si assume la responsabilità intera di elezione truffaldine. Noi non siamo fra quelli che si siedono a tavola con i bari, salvo poi strillare e denunciare d'essere stati spennati come polli. Ma il problema non è solo questo. Questo chiediamo per la democrazia italiana per tutti, per il paese: non per noi, o solo per noi.
Mai come in questo momento il partito può e deve assumersi responsabilità e compiti che non abbiamo né sperato né sollecitato, ma che ora non sono rinunciabili. Per noi, credo che dobbiamo assumerci la responsabilità e la volontà di proporre al paese come alternativa immediata nel presente, non quella di antagonismi tattici ma quella del protagonista radicale. E di questo, per l'essenziale, parlerò al congresso.