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Calderisi Giuseppe, Pietrolucci Anna - 16 maggio 1983
Il voto comunista nell'8ª legislatura

SOMMARIO: Il Parlamento subisce la preminenza dell'attività legislativa del Governo. Risibile l'accusa ai radicali di aver ostacolato i lavori d'aula con il loro "ostruzionismo". Ogni scelta contrattata e assunta da una maggioranza unanimistica.

(NOTIZIE RADICALI N. 9, 16 maggio 1983)

Per ogni 100 voti espressi su disegni di legge "del governo" il Pci, il più grosso gruppo di "opposizione", il più numeroso dopo quello della DC (193 deputati contro 292 deputati democristiani e 175 di tutti gli altri gruppi messi insieme) ha detto "sì" ben 66 volte, "ni" 18 volte, "no" soltanto 16 volte.

Nelle sedi legislative delle commissioni i "sì" espressi sulla iniziativa legislativa del governo aumentano notevolmente (74.4 su 100), i "no" altrettanto notevolmente diminuiscono (7.1 su 100).

Per ogni 100 voti espressi su progetti di legge di iniziativa governativa e parlamentare, il più grosso gruppo di opposizione ha detto "sì" ben 70 volte, "ni" 17 volte, "no" soltanto 13 volte.

Risulta che delle oltre duecento proposte di iniziativa parlamentare, solo 12 (cioè il 5.4%) sono state approvate in Assemblea; tutte le restanti hanno consumato il loro iter, sino all'approvazione, nel chiuso delle commissioni dove - scrive Predieri ("Tesi e ipotesi sul progetto legislativo in Italia", Giuffrè, Milano 1973 cap. 3) - "è molto più facile negoziare gli emendamenti... E' risaputo che... lo strumento delle commissioni funziona in quanto l'opposizione lo voglia".

E' quindi un dato di fatto che l'Aula è stata occupata in massima parte dai provvedimenti governativi: 366 d.d.l. governativi approvati, contro 12 proposte, anch'esse approvate, di iniziativa parlamentare. E' un dato di fatto che l'Assemblea ha discusso e approvato, nel complesso, 378 progetti di legge (366+12) al ritmo, in media, di uno ogni due giorni, considerata, per difetto, l'incidenza delle vacanze di fine settimana, delle ferie estive e festive, delle parentesi dei lunedì solitamente dedicati alle interpellanze e alle interrogazioni. E poiché è incluso nella cifra l'esorbitante numero dei decreti d'urgenza (272 di cui 167 convertiti in legge), appare scopertamente falsa l'affermazione che la decretazione governativa ha dovuto supplire a un vuoto parlamentare; risulta viceversa evidente una precisa disponibilità del Parlamento a "subire" la preminenza dell'attività legislativa del governo, in massima parte esplicata attraverso la decretazione d'urgenza. Il che vuol dire una precisa disponibilità del P

CI a farla passare.

Alla luce delle cifre e dei fatti, è evidente che la decretazione ha incontrato solo e unicamente l'ostacolo dell'opposizione radicale, non "disponibile". Se ai radicali si fosse aggiunto un terzo dei deputati comunisti, il corso della decretazione sarebbe stato fermato.

L'eloquenza delle cifre rende altresì risibile l'accusa formulata con voce e accanimento unanimi (ma soprattutto della DC, del PCI, del PSI e del PRI) a carico dei radicali: di avere ostacolato cioè, con il loro "ostruzionismo", i lavori d'Aula. E rende ancor meno credibile il ricorso all'alibi dell'ostruzionismo radicale per coprire con la "giustificazione" dello stato di necessità e di urgenza (la necessità e l'urgenza di far funzionare il Parlamento impigliato negli emendamenti e negli interventi dei radicali) le scelte contrattate e assunte dalla maggioranza "unanimistica".

 
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