Non ha assassinato. Non è un "pentito". Dunque, in galera...(Solo il partito del diritto, della legge, della nonviolenza poteva compiere questo atto di giustizia: altri no. E' su questo che chiediamo adesioni, iscrizioni, forza al Partito radicale.)
di Marco Pannella
SOMMARIO: Un invito nella sede di Metropoli, aprile 1979: Marco Pannella con Adelaide Aglietta, vittoriosa l'anno prima sulla paura imposta a Torino dalle Br in occasione dell'apertura del processo contro i sui "capi storici" con la sua decisione di accettare di far parte della giuria popolare: dopo la sua accettazione, la corte, dopo mesi di rinvii, fu costituita in poche ore. I radicali non aprioristicamente innocentisti, ma decisi a vigilare sul rispetto delle regole democratiche e della realtà processuale. Immediate azioni di garanzia: l'incontro con il Presidente Pertini. La tolleranza verso l'aggravarsi della situazione processuale umanamente dettata da estremo sentimento di fiducia nei giudici; la complessa risposta da organizzare a fronte dell'aggressione concentrica di sistema giudiziario, mass media, compattezza consociativa della maggioranza di unità nazionale. I rapporti tra P2 e P38, servizi segreti e terrorismo nazionale e internazionale. Il caso D'Urso: l'impegno dei parlamentari sul fronte de
lle carceri. I radicali indicati dal "fronte della fermezza" come "peggiori e più pericolosi delle Br". La strategia giudiziaria sul caso 7 aprile: costruzione del terorema, dilatazione dei tempi processuali, rimando sine die del giudizio. Le elezioni anticipate: come segretario del Partito radicale, la scelta di rimettere nelle mani del popolo sovrano la possibilità di decretare una libertà provvisoria negata dalla stravolgimento dei codici attraverso leggi eccezionali. La candidatura di Negri comporta un prezzo di centinaia di migliaia di voti mancati a causa del prevedibile linciaggio operato dai mass media. Una scelta obbligata per il partito del diritto, della legge, della nonviolenza. La necessità delle iscrizioni al Partito radicale sull'esempio di Paola Negri.
(NOTIZIE RADICALI N. 9, 16 maggio 1983)
Il 9 aprile 1979 fui invitato nella sede di Metropoli, per una riunione contro la retata compiuta in tutta Italia contro persone dell'area dell'autonomia, primo fra queste Toni Negri.
Deliberatamente volli recarmi alla riunione con Adelaide Aglietta.
Adelaide, segretaria del partito all'epoca, aveva sconfitto la paura che la violenza infame dei compagni assassini delle Br era riuscita a imporre a Torino. Non si riusciva a celebrare il primo processo contro i leader storici delle Br, Curcio e gli altri. Già più di un centinaio di cittadini avevano rifiutato di entrare a far parte della giuria. Sorteggiata (e sarebbe da capire in che modo e perché!) avrebbe potuto rifiutare, proprio in quanto segretaria del Pr. Malgrado il clima di terrore, le minacce di morte, Adelaide decise, con il pieno consenso del partito, di accettare. In poche ore la giuria fu costituita e il processo si avviò. Le minacce di morte non mancarono. Coraggio e non violenza vinsero. Il processo fu sostanzialmente corretto e il diritto venne salvaguardato.
Fu, ricordiamolo, una grande pagina della storia civile assicurata dai radicali, in assoluta solitudine iniziale, fra critiche da ogni parte.
Con Adelaide accanto, forse delusi, ma fui tassativo: non eravamo innocentisti, non avevamo pregiudizi verso i magistrati, non dimenticavamo la presunzione costituzionale di innocenza. Ma a il mio e nostro impegno fu uno solo: avremmo vigilato a che le regole del gioco democratico e il rispetto della realtà processuale fossero garantite.
Non ne abbiamo più parlato. Ma per anni non fummo inerti, anche se silenziosi. Ci recammo subito dal Presidente Pertini per un episodio che lui stesso qualificò di grave infortunio. Ascoltammo latitanti che vollero con noi spiegarsi, come Piperno e Pace. Inducemmo Pace a uscire dalla latitanza, che temevamo oltre tutto pericolosa, e a costringere la polizia francese ad arrestarlo e liberarlo dopo il giudizio affrontato. Intervenimmo nella situazione di Oreste Scalzone. Ma, a lungo tollerammo una situazione processuale che si andava aggravando. Ritenemmo che i magistrati potessero avere attenuanti umane e che non dovessimo presupporre la malafede. Tacemmo, attendemmo anche dinanzi a iniziative che ci apparivano francamente mostruose.
Non le ricorderò qui. Un ignobile, violento uso delle "fughe" e delle "indiscrezioni" giudiziarie, capitolo che andrà pure riaperto un giorno; un uso folle di imputazioni senza prove né indizi, di tipo francamente terroristico; e l'uso di queste imputazioni lanciate politicamente e sulla stampa come vere e proprie sentenze, verità ormai incontrovertibili; l'abuso di queste "verità", mostruosamente false, come leve per imporre al parlamento leggi eccezionali, ultrafasciste, di distruzione della nostra civiltà giuridica, con la violenza del PCI a imporle, oltre che suggerirle alla "maggioranza" della quale faceva parte - questa è storia che sarà bene non dimenticare. Intanto il gioco P2-P38, servizi segreti-terrorismo internazionale e nazionale, partitocrazia-eversione violenta, s'andava affermando, principale interlocutore e attore il PCI, cioè di Gelli e dei suoi ancora ignoti burattinai.
Il caso D'Urso, con il suo immenso valore, che portò alla più incredibile e bella delle vittorie il Partito radicale e pochi altri coraggiosi e lucidi democratici, e in galera Gelli anziché al potere, ci rimise in contatto diretto - nelle carceri di Trani, di Rebibbia, di Palmi - con i membri del 7 Aprile, con gli altri settori dell'autonomia e della "scelta violenta".
Un anno dopo, divenuto segretario del partito, con i compagni parlamentari e vice-segretari, decidemmo che la misura era colma. Avevamo intanto "da soli", come partito e gruppo parlamentare, lottato strenuamente, in parlamento innanzitutto, contro la valanga di altre leggi eccezionali. Eravamo divenuti a più riprese e ufficialmente, per la Rai-Tv, per un senatore a vita prestigioso quanto torbido, per il "fronte della fermezza", "peggiori e più pericolosi delle Br" e come tali denunciati ad ogni infamia, ogni assassinio delle Br ecc.
Ma il "processo" del 7 Aprile attendeva l'appuntamento con l'uso e l'abuso dei pentiti, poiché sul fronte delle leggi riuscimmo a bloccare il peggio. Si cercava manifestamente di non processare il 7 Aprile, fino alla costruzione del teorema e dei rapporti fattuali.
ANNUNCIANDOSI elezioni anticipate, "mi parve a questo punto ovvio tentare di far decretare al popolo sovrano, in nome del quale la giustizia veniva bestemmiata, direttamente, quella scarcerazione per decorrenza dei termini costituzionali, quella libertà provvisoria che senza l'aggravamento dei codici fascisti sarebbero già state deliberate, anche a prescindere dalla legge Valpreda", abolita, alla quale, con il solo Umberto Terracini, avevamo dato un apporto determinante.
Dissi subito, a Toni ed ai compagni, che questo gesto di supplenza democratica, costituzionale e giudiziaria, sarebbe stato occasione di un linciaggio sui mass-media che ci sarebbe costato centinaia di migliaia di voti di gente ingannata e spaventata. Ma il partito del diritto, della legge, della non violenza storicamente vissuta e fatta crescere non solamente in Italia, non poteva che compiere questo atto di giustizia, di liberazione, di politica; altro no, e forse di questo anche la esemplare Rossana Rossanda, forse, avrebbe potuto e potrebbe approfondire la sua analisi: dal passato al futuro, oltre che per il presente.
Toni comprese subito e corrispose con i suoi compagni con la felicità dell'intelligenza e della speranza.
E' su questo che chiedo non voti, ma adesioni, iscrizioni, forza al Partito radicale. Paola Negri, con l'intelligenza del cuore e delle persone, oltre che politica, lo intuì subito e da due anni ormai è nostra compagna. Che altri seguano e comprendano. Chi ama e vuol salvare la speranza e la forza non violenta, laica, cristiana, nella democrazia politica, nella legge, nel diritto, nell'alternativa radicale al potere ed alla sua folle autodistruzione e distruzione sociale e istituzionale, non esiti più.
Contro il Partito radicale non possono non scatenarsi ormai forze nazionali e internazionali di immensa potenza e violenza. Solamente gli immensi nostri obiettivi, umanamente nostri, obiettivi, umanamente esaltanti, che affondano le radicai nella storia della gente, possono salvare e salvarci. Oggi, poiché domani non ci sarà più tempo. Libero Toni, vivi tre milioni, non più affamati centinaia di migliaia di pensionati...
Il 26 giugno conta, per questo; ma non più di ogni altro giorno di qui ad allora, e da allora e subito dopo.
La forza "politica" del "partito bianco", degli obiettori e affermatori di coscienza che noi siamo, e quella del partito e delle liste radicali, "sul piano elettorale", se esploderanno entrambi, mostreranno che non v'è né ambiguità, né contraddizione, né confusione; ma solamente la difficile, necessaria risposta alle difficoltà del vivere da rivoluzionari del diritto, della vita, della pace, della democrazia un momento della storia che vede il resto della sinistra in desolante miseria e ripiegamento, in crisi di esaurimento e di sconfitta.
Se vi sono comunisti che vogliono sperare e non vivere in rassegnato ripiegamento, praticando in realtà la tattica degli struzzi; se vi sono democratici, rivoluzionari o riformisti, e ancora qualche liberale e qualche cristiano che sono disposti a lottare, a convincere e vincere, anche in prima persona, oggi e non "domani", credo sia questo il momento di far loro, dandogli corpo e storia anche propria, il partito radicale del 1983. Poi si vedrà.