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Bonardi Beniamino - 16 maggio 1983
Le foche di regime dipinte di verde
Miracoli elettorali

di Beniamino Berardi "degli "Amici della Terra""

SOMMARIO: Gli schieramenti sulla politica energetica. I mass media controllati dai nuclearisti. La revisione del Pen; i progetti di reattore veloce e ad acqua pesante, progetti inutili e vecchi da 2000 miliardi. Il voltafaccia elettoralistico del Pci sulle centrali di Avetrana e Manduria. L'infornata di esponenti verdi nelle liste Pri, responsabile del dissesto idrogeologico del Paese. Il ruolo e le azioni degli Amici della Terra; i referendum radicali antinucleari dal 1977. Rigore e chiarezza del far politica ambientalista dei radicali.

(NOTIZIE RADICALI N. 9, 16 maggio 1983)

Dopo aver imposto le centrali nucleari, saccheggiati il territorio e le risorse, i vecchi partiti hanno ora lottizzato gli ecologi. E questi hanno già cominciato a suonare il piffero)

Su tutta la politica energetica, gli schieramenti parlamentari costituitisi in questi anni sono stati chiarissimi: governo, Pci e Msi da una parte, radicali dall'altra. E l'informazione della RAI-TV e della carta stampata ad esclusiva disposizione dei primi, fino al penoso ma efficace spettacolo inscenato da Antonino Zichichi e Pippo Baudo nella "Domenica in..." del 16 gennaio scorso.

Lo scioglimento forzato delle Camere ha impedito - o evitato, secondo i punti di vista - che alcuni nodi fondamentali della politica energetica venissero al pettine con tutti i loro aspetti insoluti.

Il ministro dell'Industria Pandolfi avrebbe dovuto presentare la sua proposta di revisione del Piano energetico nazionale (Pen) approvato nel novembre del 1981 le cui previsioni si sono dimostrate ancora una volta del tutto sbagliate per eccesso. Le proposte governative si sarebbero dovute confrontare con quelle alternative dei radicali sostenute dalle centinaia di migliaia di firme poste in calce alla petizione popolare, che chiede un nuovo Pen fondato sul risparmio energetico e sulla razionalizzazione dei consumi anziché sulla scelta nucleare.

Si sarebbe dovuto discutere dei due progetti nucleari PEC e CIRENE: un reattore veloce sperimentale il primo, un prototipo di reattore ad acqua pesante il secondo. Due progetti inutili che si trascinano da quasi 20 anni e che rappresentano spreco di risorse finanziarie, ritardi e incapacità. Portarli a termine costerà alle casse dello Stato almeno 2000 miliardi. Sarebbero stato tutti d'accordo ancora una volta, come in passato, tranne i deputati radicali.

Si sarebbe dovuto affrontare il problema dell'assetto istituzionale dell'ente preposto alla sicurezza nucleare e alla protezione ambientale, la DISP, che fa ancora parte dell'ENEA, l'ente promotore dell'energia nucleare, il quale si trova così ad essere contemporaneamente controllore e controllato. Nonostante termini di legge ben precisi, conquistati dai deputati radicali nel 1982 contro la dura resistenza di tutti gli altri partiti, e scaduti nel marzo scorso, nulla è stato fatto.

Tre problemi insoluti, tre esempi di incapacità di programmazione, di spreco di risorse, di sottomissione degli interessi generali alla potente lobby dell'industria nucleare.

La legislatura che si è chiusa, ha il suo simbolo nella legge n. 8 del 1983, che ha istituito la tangente di Stato per comprare il consenso di comuni e regioni alla localizzazione delle centrali nucleari. Una legge sostenuta da tutti all'unanimità per un annuo e mezzo contro l'ostruzionismo solitario dei deputati radicali.

Poi arrivano le elezioni e, come le foche, i partiti cercano affannosamente qualche ecologo che li vernici di verde per salvargli l'immagine e qualche voto.

La decisione di localizzare una centrale nucleare in Puglia contro la volontà e nonostante le proteste delle popolazioni di Avetrana, Manduria, e di numerosi altri comuni aveva trovato nel Pci uno dei più decisi sostenitori. Ma in Puglia la politica dei miliardi a pioggia non ha pagato. E così, dieci giorni prima dello scioglimento delle Camere e a elezioni ormai certe, ecco l'improvviso voltafaccia comunista: la centrale non si può più fare, almeno per ora. Il Pci si schiera a fianco dei movimenti antinucleari accusati sino al giorno prima di appoggiare una politica reazionaria. E per essere più chiaro, ecco la candidatura dell'ecologo "indipendente" Giorgio Nebbia, docente all'Università di Bari, il quale, tra un richiamo a Marx, uno a Engels e un altro a Berlinguer, si affretta a dichiarare all'"Unità" che l'astensionismo è sintomo di una "velenosa sfiducia verso la politica" che deve essere battuta. Così anche i radicali sono sistemati: gli inquinatori della politica sono loro.

I verdi emergenti paiono essere i repubblicani di Spadolini e Visentini; hanno fatto una discreta infornata, nelle loro liste, di esponenti di Italia Nostra e dell'Ordine degli geologi, naturalmente come "indipendenti" e hanno la sponsorizzazione ufficiale del WWF. Coloro che in questi anni hanno accusato la classe di governo di essere responsabile del dissesto idrogeologico del paese, dei disastri e dei morti causati dal continuo saccheggio del territorio, sono franati nelle liste di chi al governo c'è sempre stato o lo ha appoggiato dall'esterno.

In questi anni, gli Amici della Terra hanno scelto di alimentare con le proprie iniziative le battaglie radicali, in parlamento e nel paese. E' stata una scelta responsabile per chi non è disposto a ricoprire il ruolo di "sensibilizzatore" dei partiti che hanno causato lo sfascio ecologico e finanziario del nostro paese.

Le iniziative radicali contro il nucleare, dalle lotte del '77 al referendum del 1980, alla lunga battaglia parlamentare contro la legge n. 8; dall'opposizione ai piani energetici succedutisi in questi otto anni alla critica della politica della sicurezza nucleare; le battaglie sui bilanci dello stato per la difesa dell'ambiente e della qualità della vita stanno a dimostrare che il verde per vincere ha bisogno di politica, di obiettivi antagonistici, di campagne vincenti.

Far politica significa costituirsi in parte, scegliere, "compromettersi". L'autonomia e l'indipendenza non sono un fatto morale o un'etichetta che ci si può appiccicare in fronte al momento delle elezioni; sono una conquista quotidiana che richiede rigore e chiarezza nelle idee e nei comportamenti.

 
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