di Salvatore SechiSOMMARIO: Analisi dura ma anche comprensiva della scelta di "non-voto" condizionato fatta da Pannella per le elezioni dell'estate [1983, n.d.r.]. "Chi ha gridato contro l'ostruzionismo dei parlamentari radicali, si trova ora di fronte a una tecnica ancora più feroce e insidiosa: usare le regole del gioco (le elezioni) per rappresentare non solo il dissenso (che è sempre legittimo e va tutelato) ma l'antiparlamentarismo". Scavalcando i suoi deputati e "denunciandone l'impotenza, il fallimento", "monopolizzando" i tempi degli interventi, zittendo gli avversari interni ("il civilissimo Melega"), ecc., Pannella ha dato il suo "sigillo" alla "prospettiva d'incremento delle schede bianche", insomma al "partito invisibile".
Al giudizio, segue la ricognizione di una campagna segnata da abusi e da distorsioni antidemocratiche. Si denunciano gli "abusi" della TV di Stato, si segnalano i casi di Paolo Pillitteri e Gino Pallotta, di Emilio Fede e di Giovanni Minoli. Con le loro critiche impietose i radicali possono "svuotare dall'interno" le istituzioni: ma così facendo rendono il miglior servizio alla "democrazia italiana": il "cortocircuito tra partiti e cittadini"...ha infine "la possibilità di esprimersi". Da "extraparlamentare", la "opposizione antidemocratica" può insomma diventare "una potente domanda di un nuovo sistema politico-istituzionale".
(IL GIORNO, 25 maggio 1983)
Diventato pannellismo, il radicalismo italiano è entrato nella fase post-moderna. Il Consiglio federale ha deciso di chiedere i voti non in nome di una politica, ma della sua negazione. Ancora una volta il dissenso civilissimo di Gianluigi Melega (favorevole alla presentazione classica delle liste) è stato battuto dal carisma di un Principe, che della sua ossessionante loquacità ha fatto uno scettro.
Democrazia è dare la parola, ripartire equamente il tempo degli interventi. Pannella, invece, la monopolizza, assieme a Radio radicale. Democrazia per un partito è corresponsabilità tra il segretario e il gruppo dirigente. Pannella, invece, recide ogni legame con i propri parlamentari, denunciandone l'impotenza, il fallimento. Dal bilancio negativo salva solo se stesso, mettendosi al disopra delle parti. Muoiano i filistei, vinca Sansone, sembra essere il suo slogan.
I radicali, bersagliati dalla violenza di un regime parlamentare prevalentemente consociativo, hanno scelto di non essere più vittime, ma carnefici, cioè di assumere la violenza e praticarla come arma propria. Perciò alla prospettiva d'incremento delle schede bianche hanno dato il loro sigillo. Il "partito invisibile" ha, dunque, una regia. La protesta contro la politica della Prima Repubblica viene per la prima volta gestita e organizzata.
Basta questo fatto per dire che la scheda bianca è scheda nera, come ritiene Umberto Eco? Certamente è un'anomalia che, in presenza di due forze reciprocamente alternative (il Pci e la Dc) qualcuno insinui il dubbio che il gioco è truccato.
L'abuso che la televisione di Stato sta facendo della giustizia distributiva elettorale è allarmante. Comunisti e radicali hanno ragione a denunciarla. Il candidato del Psi Paolo Pillitteri fa man bassa di spazi da unto del Signore. Semina sul video come se fosse la pampa argentina. Il conduttore del TG2, Gino Pallotta, ha un privilegio negato ai consiglieri regionali e ai presidenti di giunta. Mentre questi per legge devono dimettersi dalle cariche per concorrere a un posto in Parlamento, il funzionario della Rai-Tv sembra svincolato da ogni norma. Chiede agli utenti del servizio pubblico il miracolo di non confondere la sua immagine sullo schermo col suo nome di candidato socialista. La Democrazia cristiana non aveva mai osato tanto.
Di fronte a Ugo Zatterin (che consente questo scempio) dobbiamo provare uno struggente rimpianto per Ettore Bernabei? Nessuno riesce a far capire al socialdemocratico Emilio Fede che troppi ministri e deputati (democristiani e socialisti) ospiti della sua trasmissione, "Test", rappresentano un finanziamento gratuito (non previsto dalla legge) della campagna elettorale? Non sarebbe anche il caso che l'ottimo Giovanni Minoli su "Mixer" la smettesse d'intervistare i segretari di partito?
Questo paese sembra davvero caduto nelle mani dei ladroni, se le sue piaghe non suscitano la compassione neanche di chi - come il Psi - ha alimentato nella gente la speranza di redimerlo. Ci sono un'etica dell'azione politica e un'etica collettiva che devono essere il fondamento del pragmatismo della cultura laica e soprattutto del socialismo riformista, non ideologico. Quando questa etica si appanna, la scheda bianca di Pannella esercita un fascino pari a quella dell'oasi per il cammello.
Avendo abbandonato ogni speranza riposta nella forza del "movimento", i radicali pannellizzati rifluiscono nelle istituzioni. Per svuotarle dall'interno mobilitano il disagio e il disgusto per una politica senza contenuti, e quindi, senza scelta largamente diffusi nella società civile. E' un'operazione inedita, mai tentata prima nella storia dello Stato unitario. Chi ha gridato contro l'ostruzionismo parlamentare dei deputati radicali, si trova ora di fronte a una tecnica ancora più feroce e insidiosa: usare le regole del gioco (le elezioni) per rappresentare non il dissenso (che è sempre legittimo e va tutelato), ma l'anti-parlamentarismo.
Con questa arma estrema, il pannellismo rende però il migliore servizio alla democrazia italiana. Il cortocircuito tra partiti e cittadini da anonimo qual era (e quindi ininfluente), questa volta, ha la possibilità di esprimersi. Attraverso il voto dato alla rosa in pugno acquista un volto. Si può contare e, quindi, non è più esorcizzabile come qualunquismo o immaturità politica.
Pannella compie, in questo modo, il miracolo di dare voce a chi, col rifiuto della partitocrazia dilagante, rivendica ciò che si sta rompendo e ci manca: il senso dell'identità nazionale e soprattutto una legittimazione del sistema politico che non sia quello delle macchine elettorali.
I radicali hanno il merito di aver capito che un Parlamento dalla vita sincopata, che legifera ma non decide, è solo un'arena elettorale permanente. Diventata biennale, la legislatura italiana assomiglia all'ultimo anno della presidenza negli Stati Uniti. Serve a preparare le immagini da utilizzare per la conquista del consenso.
Fino a oggi esse sono state innocue. Dopo il 26 giugno non saranno più una registrazione della tenuta dei rispettivi rapporti di forza tra i partiti della coalizione governativa. Grazie a Pannella si sta formando un partito di sei-otto milioni di voti (quanti sono gli astenuti e le schede bianche e nulle previste dai sondaggi demoscopici). Se accetteranno di riconoscersi nelle liste radicali, avrà poco senso parlare di un'opposizione anti-democratica.
Da extra-parlamentare essa può diventare una potente domanda di un nuovo sistema politico-istituzionale. Dove la democrazia sia non più solo rappresentanza aritmetica, ma potere di decisione, alternativa di governo, cioè voto che finalmente conti. Solo De Mita, Berlinguer e, paradossalmente, Pannella oggi chiedono un cambiamento, un contratto (e una maggioranza) di legislatura auto-sufficiente. Se s'impegneranno a modificare il regime elettorale (da proporzionale in maggioritario a doppio turno), la gente potrebbe optare tra destra e sinistra, tra moderati e riformatori.
Pannella ha costituzionalizzato, con la sua scelta, la scheda bianca. Spetta, dunque, ai grandi partiti (Dc, Pci, e Psi) trasformare questo enorme potenziale a democratico in una riserva apertamente democratica. Il ricorso agl'"indipendenti" è una delicata finzione. Una foglia di fico non può mascherare la gravità della malattia che sta consumando dall'interno le nostre istituzioni: il balletto dell'indecisione, l'usura delle regole del gioco che non si vogliono cambiare.