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Pannella Marco, Bonino Emma - 15 giugno 1983
Rai-Tv: attentato ai diritti politici dei cittadini

SOMMARIO: Il testo della denuncia presentata dal Segretario del Partito radicale Marco Pannella e dalla Presidente del Gruppo parlamentare radicale Emma Bonino nei confronti dei membri del Consiglio di amministrazione della Rai per il reato di attentato ai diritti politici dei cittadini.

ALLA PROCURA DELLA REPUBBLICA

PRESSO IL TRIBUNALE DI ROMA

e, per conoscenza,

al Presidente della Repubblica Italiana

al Presidente della Corte Costituzionale

al Primo Presidente della Suprema Corte di Cassazione

al Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione

I sottoscritti Giacinto Marco Pannella e Emma Bonino, rispettivamente Segretario del Partito Radicale e Presidente del Gruppo Parlamentare Radicale, elettivamente domiciliati in Roma via Crescenzio 74, presso lo studio degli avvocati Luca Boneschi, Corrado De Martini, Ugo Sandroni, Alfredo Viterbo, Gian Domenico Caiazza

DENUNCIANO

dall'inizio della campagna elettorale per l'elezione della Camera dei deputati e del Senato, inizio che di può far coincidere con lo scioglimento delle Camere avvenuto il 5 maggio 1983 è in corso una massiccia campagna propagandistica a favore di taluni partiti politici e candidati attraverso programmi e servizi messi in onda dalla RAI-Radiotelevisione Italiana.

A tale campagna propagandistica corrisponde un ferreo ostracismo nei confronti del Partito Radicali consistente nella censura di praticamente ogni iniziativa, attività e presa di posizione dello stesso e dei suoi esponenti.

Infatti:

1) il Partito Radicale ha presentato liste alle presenti elezioni politiche per poter usufruire degli spazi di propaganda televisiva messi a disposizione dei partecipanti alla presente competizione dal servizio pubblico e delle "reti" televisive private;

2) l'invito da astenersi, o a votare scheda bianca o nulla rivolto dal P.R. agli elettori, consegue ad una valutazione assai articolata della realtà politica italiana e dell'agibilità democratica delle istituzioni parlamentari nell'attuale momento;

3) il partito Radicale partecipa e questa campagna elettorale con una serie di iniziative, che ne rappresentano il progetto, condensate in sei petizioni popolari su altrettanti temi di estrema importanza politica, sociale e morale, e cioè:

a) interventi immediati contro lo sterminio per la fame nel mondo;

b) riforma delle pensioni ed aumento dei minimi pensionistici;

c) piano energetico nazionale;

d) riconversione delle spese militari;

e) blocco del commercio di armi;

f) azioni penali contro gli illeciti profitti politici;

4) quotidianamente il Partito Radicale prende iniziative e manifesta posizioni politiche sui temi del dibattito politico, come fanno gli altro partiti.

Di tali attività e posizioni nulla o quasi è trapelato dai programmi del servizio pubblico radiotelevisivo; cioè la conoscenza che i cittadini hanno del Partito Radicale, delle sue idee, delle sue proposte, dei suoi esponenti, è non solo assolutamente ridotta, ma anche distorta e confusa.

A prova di tali affermazione si producono una serie di dati statistici forniti dal Centro di Ascolto Radiotelevisivo del Gruppo Parlamentare Radicale, dei quali risulta con ogni evidenza che è in atto dallo scioglimento delle Camere, una deliberata censura di ogni posizione radicale ed un doloso tentativo di trarre in inganno gli elettori spingendoli a votare per alcuni partiti anziché per altri.

Di tali dati se ne evidenziano i più significativi, rinviando la S.V. all'esame della tabelle allegate per un quadro più generale.

1) Nel periodo che va dal 26 maggio 1983 al 4 giugno, nei telegiornali di maggiore ascolto (TG1 ore 20; TG2 ore 19,45) sono stati dedicati a ciascun partito e seguenti tempi:

(tab. 1)

DC 28'47"

PSI 26'31"

PCI 21'39"

PRI 17'36"

PSDI 10'42"

PLI 9'06"

MSI 2'28"

DP 1'53"

Partito Radicale 1'46"

2) Nel periodo che va dal 15 aprile 1983 al 9 giugno nell'intera programmazione della Rai, al di fuori dei Telegiornali, sono stati consentiti a ciascun partito, tramite propri esponenti, il seguente numero di presenze sul I e II canale TV:

(tab. 2)

PSI 69 interventi

DC 58 "

PCI 28 "

PSDI 8 "

PRI 7 "

PLI 5 "

MSI 0 "

DP 0 "

Partito Radicale 0 "

3) Nel periodo che va dal 1 maggio all'8 giugno 1983 il Partito Radicale è stato "cancellato" dalla informazione dei maggiori telegiornali, senza che ne venisse riportata una sola dichiarazione

(tab. 3)

sul TG 1 14 giorni su 39

sul TG 2 20 giorni su 39

I sottoscritti ritengono che dia stato messo in atto un tentativo di determinare gli elettori a votare in modi difforme dalle propria volontà, occultando informazioni riguardo e taluni partiti, ingigantendo quelle riguardanti altri, consentendo l'accesso in modo massiccio e taluni candidati ed esponenti, negandolo ad altri.

Ritengono altresì che tali fatti siano astrattamente idonei a configurare un grave illecito penale: quello di attentato ai diritti politici dei cittadini, previsto e punito dall'art. 294 C.P.

Non v'è dubbio che l'elettorato attivo sia un diritto politico (v. per tutti, sul punto, SPASARI M., Attentato ai diritti politici, in Encicl. Dir. v.III, Giuffrè 1958, p. 973), anzi, costituisce il "primo" e più fondamentale dei diritti politici del cittadino. Non v'ha bisogno in questa sede, anche per la loro notorietà, di ripercorrere le tappe dell'affermazione del diritto elettorale e ricostruirne i lineamenti. Basti sottolineare come il momento elettorale sia considerato da tutti e giuristi (e si omettono le citazioni di ciò che facilmente si rinviene in ogni manuale di diritto costituzionale) uno dei momenti - se non "il" momento - centrali dell'esplicazione della volontà popolare di cui si fonda l'ordinamento costituzionale di questo Stato.

L'esercizio dell'elettorato attivo avviene materialmente attraverso la regolare indicazione sulla scheda elettorale del simbolo e dei candidati prescelti; ma è evidente che tale indicazione nasce da una scelta che, per quanto soggettiva, ha un suo fondamento logico e razionale ("le elezioni si risolvono nell'atto elettivo, ma l'atto elettivo non compendia le elezioni": FERRARI G., Elezioni (Teoria Generale), in Encicl. Dir. v.XIV, Giuffrè 1965, p. 620).

La scelta avviene, in genere sulla base di supposte coincidenze (o, quanto meno, punti di coincidenza) fra le preferenze e le aspettative dell'elettore e quanto i partiti e i candidati hanno fatto e si propongono di fare per soddisfare tali preferenze e aspettative. E' evidente che quanto più saranno note tali proposte, tanto più gli elettori saranno in grado di valutare se esse corrispondono ai propri bisogni.

Volendo fare un esempio banale ma illuminante, l'acquirente nelle lunghe corsie del supermercato tenderà a scegliere fra i prodotti di cui conosce il contenuto e le qualità, tralasciando invece quelli sconosciuti, di oscura (per lui) composizione e destinazione.

Ora, se si considera che la legge penale tutela il cittadino-consumatore (sia pure in maniera inadeguata rispetto alle legislazioni di molti paesi stranieri) colpendo la pubblicità menzognera e truffaldina, reprimendo le sofisticazioni e le adulterazioni, regolando i prezzi, comminando severe pene per chi metta in commercio prodotti dannosi o difettosi, si comprenderà come, e maggior ragione, la legge penale debba tutelare il cittadino-elettore in quel "mercato delle idee" dove si decide non il profitto di una azienda, bensì chi debba rappresentare e governare il popolo sovrano.

La dolosa alterazione e soppressione di informazioni durante la compagna elettorale (intesa in tutta la sua ampiezza, e cioè a partire dal giorno dello scioglimento delle Camere) costituisce senz'altro, ad avviso dei denuncianti, un attentato ai diritti politici del cittadino; e ciò per diversi motivi e sotto vari profili.

Innanzitutto essa appare in maniera palese rivolta a favorire taluni dei concorrenti alla competizione elettorale, addirittura in modo clamoroso attraverso la ossessiva presenza, sotto le vesti più svariate, di taluni personaggi in alcune trasmissioni. Tale trattamento di favore appare determinato "unicamente" dall'appartenenza di questi partiti e personaggi alla maggioranza governativa e al maggiore partito che di tale maggioranza non fa parte; non certo a caso tutti questi partiti (e solo questi) sono rappresentati nel consiglio di Amministrazione della Rai nel quale agiscono per mezzo di loro mandatari, badando a favorire sé stessi in una sorta di "conventio ad excludendum" rivolta contro chi non vi fa parte, ed anzi svolge una diuturna azione di opposizione.

A tale sfacciato favoritismo fa riscontro una sistematica censura di quanto viene fatto o detto da chi di questa congrega non fa parte, primo fra tutti, il Partito Radicale: si tratta di un ostracismo che non ha alcun fondamento logico o giuridico: in campagna elettorale un programma, un giudizio, una iniziativa, un comizio hanno la stessa valenza indipendentemente da chi ne sia l'autore; per intendersi: la presentazione del programma e dei canditati ha lo stesso rilievo quale che sia la dimensione ed il peso politico del partito; altrimenti opinando, si darebbero per predeterminati il risultato elettorale e la maggioranza di governo ad esso conseguente (ma forse è proprio questo che si vuole), dimenticando che le elezioni sono indette proprio per verificare "ex novo" consistenza e rappresentanza dei partiti. Lo stesso dicasi per i principali comizi, le iniziative qualificanti e così via. Volendo proporre un esempio, avviene come se nei giochi olimpici ai vincitori delle precedenti edizioni fossero dati meno

metri da correre o meno peso da lanciare dei loro avversari. D'altra parte, anche a voler accettare il criterio discutibilissimo della percentuale elettorale conseguita nella precedente consultazione, apparterrebbe al Partito Radicale almeno tanto "spazio" quanto partiti di uguali dimensioni come il PRI e il PSDI, che invece ricevono da cinque a otto volte l'attenzione de dicata al PR: a dimostrazione dell'assoluta arbitrarietà dei criteri informativi adottati dalla Rai.

Il principio della parità di posizione e trattamento fra tutti i contendenti è principio cardine delle elezioni democratiche. Ciò è espresso in maniera categorica dalla Corte Costituzionale nella sua sentenza n. 48/1964, nella quale, proprio a riguardo della propaganda elettorale, ha affermato che la legge tende "a porre tutti in una posizione di parità: ad assicurare, cioè, che in uno dei momenti essenziali per lo svolgimento della vita democratica, questa non sia de fatto ostacolata da situazioni economiche di svantaggio o politiche di minoranza".

Tale orientamento è pienamente condiviso dalla migliore dottrina la quale chiarisce che "è democratico il metodo elettivo quando sia data applicazione alle disposizioni espresse ed ai principi inespressi, che conferiscono democraticità all'organizzazione elettorale ed al procedimento elettorale", fra cui v'è un primo luogo l'"obbligo dello Stato-persona di organizzare tutte le consultazioni popolari, deducendone il principio della statalista dell'organizzazione elettorale, con conseguente emersione, a non dir altro, dei principi di legalità, "d'imparzialità", ecc." (FERRARA, G., op. cit., p. 622).

Non v'è dubbio che la necessaria uguaglianza giuridica fra i concorrenti non possa essere imposta con criteri d'ordine fiscale, e che vi possono essere dei margini di discrezionalità dovuti alla imponderabilità della materia politica. Ma quando si assiste ad una così radicale abrogazione della immagine politica di un partito al quale viene attribuito "venti volte meno" spazio che ai suoi diretti concorrenti, consentendogli di comunicare, per di più in via mediata, le proprie posizioni in una manciata di secondi nell'arco di settimane, non ci di trova più di fronte alla discrezionalità ma al mero arbitrio.

A rendere meno grave la situazione non varrebbe per contro sostenere che vi sono apposite trasmissioni di "Tribuna elettorale" nelle quali i partiti pariteticamente svolgono la loro propaganda. In primo luogo perché tali trasmissioni sono decise e regolate dalla Commissione Parlamentare di Vigilanza e quindi non sono da attribuirsi alla Rai, la quale invece tiene ben diverso comportamento. E la pariteticità in alcune trasmissioni (da altri soggetti decise) non legittima l'arbitrio in tutto il resto della programmazione.

In secondo luogo perché, proprio per inficiare questo principio paritario è stato fatto di tutto per ridurre l'ascolto delle trasmissioni di "Tribuna elettorale" che sono scese ormai attorno ai 7/8 milioni di spettatori, mentre i telegiornali nei quali il principio paritario non è rispettato raggiungono circa 20/25 milioni di cittadini. Infine, il fatto che nelle trasmissioni di "Tribuna elettorale" si applichi il principio paritario (uguale a tutti i partiti) deve intendersi come una implicita indicazione di metodo valida per tutta la programmazione radiotelevisiva di Stato.

L'illegittimità di tale comportamento, che del resto è in re ipsa, emerge ancor più chiaramente, così come emerge chiaramente il dolo consistente nella specifica intenzione di utilizzare il mezzo di diffusione radiotelevisivo in modo difforme da quello

tracciato della legge, dalle sentenze della Corte Costituzionale e dalle stesse direttive della Commissione, ove si consideri che il favore per determinate forze politiche e per determinati candidati è stato realizzato con modalità tipicamente surrettizie, inserendo presenze pubblicitarie in trasmissioni di varietà, riducendo a squallide serate di beneficienza e tuttavia con inserimento di surrettizie pubblicità per forze politiche di maggioranza, temi politici propri del partito radicale.

Valgano questi esempi, che peraltro sono stati già portati all'attenzione di codesta Procura che sta già espletando le indagini preliminari in ordine ad essi: la trasmissioni della Rete 2 TV "Meridiana" è stata interamente appaltata ad esponenti del PSI i quali vi hanno fatto costante e diuturna comparsa con persino espliciti inviti di voto agli elettori, rivolti anche dal conduttore della trasmissione stessa (vedi allegato).

Lo stesso dicasi della trasmissione della Rete 1 TV "Linea Verde" appaltata questa alla DC dove la parte del leone è stata fatta dal ministro dell'agricoltura Calogero Mannino ed altri esponenti democristiani (v. allegato).

Infine si segnale la trasmissione della Rete 1 TV "Serata d'Onore" andata in onda nel mese di maggio nella quale addirittura si è "venduto" alla DC uno spazio pubblicitario in cambio di un contributo di 50 milioni ad una sedicente sottoscrizione di beneficienza per progetti dell'UNICEF.

La soppressione dell'informazione relativa ad una delle forze politiche concorrenti, la propaganda, tanto più se attraverso la "persuasione occulta" e gli inserimenti al de fuori delle sedi ordinarie dell'informazione e del dibattito politico etc., intenzionalmente e sistematicamente operati rappresentano di per sé indubbiamente il perseguimento di interessi di parte e quindi privati.

Ora, anche a voler sostenere la tesi secondo cui i funzionari della Rai non sono pubblici ufficiali, ma che il servizio della Rai si qualifica come pubblico servizio, e che quindi rispetto all'incaricato di pubblico servizio non si configura il reato di interesse privato come per il pubblico ufficiale, ciò non toglie nulla un ordine all'obbligo di non perseguire finalità di parte, a non ricorrere a favoritismi ed ancor più a non perseguire disegni specifici di distorsione, di disinformazione e di soppressione della informazione e del confronto, una volta che il servizio pubblico non solo deve perseguire finalità opposte come una sua modalità specifica, ma si giustifica ed è istituito proprio per garantire parità di condizioni, completezza ed obiettività di informazione etc.

D'altro canto non va dimenticato che la Concessionaria Rai viene a trovarsi in finora della legge in condizioni particolarissime.

Essa infatti non risponde solamente nei confronti dell'amministrazione concedente a termini dell'atto di concessione. Anzi, per ciò che riguarda il perseguimento dell'obiettività, della parità di trattamento delle varie posizioni politiche, della completezza dell'informazione etc. essa risponde direttamente al Parlamento che esercita potere di vigilanza e di indirizzo direttamente sulla concessionaria. Si determina così una posizione che è propria di organi costituzionali (governo) nei confronti del Parlamento con un rapporto fiduciario oltreché con l'emanazione di specifiche direttive, oltre con l'intervento nella costituzione del Consiglio di Amministrazione.

Tale speciale rapporto con il Parlamento dovrebbe far riflettere sulla impossibilità di trattare la Rai ed i suoi funzionari alla stregua di un qualsiasi concessionario incaricato di un servizio, con la conseguenza che l'interesse privato in ordine alla qualità ed ai contenuti del servizio prodotto in frode della legge, delle norme implicite nelle sentenze della Corte Costituzionale su tale oggetto e, più chiaramente ancora, in violazione delle direttive della Commissione Parlamentare, non possano essere trattate alla stregua dell'interesse privato che prenda un semplice e comune incaricato di pubblico servizio in concessione per titolo meramente contrattuale, così come non può solo concretare l'illecito che si realizza con la frode in una qualsiasi pubblica fornitura.

La specialità dell'oggetto, la delicatezza della funzione dell'informazione, del dibattito e della propaganda con il mezzo audiovisivo, hanno indotto la Corte Costituzionale a considerare quello del cittadino ad una esatta, obiettiva e non distortiva e sopraffattiva informazione e rappresentazione delle varie tesi come un diritto da tutelare contro possibili esorbitanze, monopoli etc., ricorrendo proprio per il perseguimento di tale finalità al riconoscimento non solo della legittimità, ma anche della necessità del monopolio pubblico delle trasmissioni radiotelevisive circolari.

Ne consegue che, indipendentemente dalla configurabilità di altri reati, l'abuso nell'esercizio dell'attività della Rai riguardante proprio la violazione dei principi ricordati, concreta un attentato a dei diritti che possono essere qualificati come politici e ciò sia per il carattere intrinseco del diritto all'informazione, alla conoscenza del pensiero, sia per la specifica finalità cui l'informazione è preordinata nella contingenza concreta, quella cioè delle scelte elettorali, sia, infine, per il tipo di tutela che a tale diritto è attribuita, che direttamente conferma la natura non privata del diritto stesso.

Pare superfluo esporre alla S.V. le ormai radicate teorie sugli effetti dell'informazione sugli orientamenti politici dei cittadini. Il rapporto di causa/effetto fra informazione e decisione è oggetto di innumerevoli studi scientifici: anche se essa non costituisce l'unico fattore determinativo della volontà, è certamente fra i più rilevanti.

Ciò è tanto più vero dei fatti in questione dove le informazioni diffuse da una medesima fonte raggiungono circa la metà dell'elettorato.

Va peraltro chiarito che i denuncianti non intendono sostenere che solo perché si è faziosi e parziali in una campagna elettorale. Cioè, non sarebbe seriamente ipotizzabile la fattispecie di cui all'art. 294 c.p. qualora il soggetto attivo fosse l'organo ufficiale di un partito: esso eserciterebbe un proprio diritto politico partecipando direttamente alla campagna elettorale.

"Ben diverso è il discorso nei riguardi della concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo": ad essa non solo i comportamento addebitatigli sono proibiti comunque, durante o fuori la campagna elettorale, in base alle sentenze della Corte Costituzionale n. 225/1974, 202/1976, alla L. 103/1975, alle innumerevoli delibere della Commissione Parlamentare di Vigilanza (di cui si produce l'ultima, relativa appunto alle presenti elezioni), ma essi assumono natura delittuosa quando, per il momento in cui si verificano, per l'autorità e l'autorevolezza che deriva dalla natura di servizio pubblico, per la particolare capacità di persuasione (riconosciutale della Corte Costituzionale nella sua sentenza n. 148/1981) essi siano suscettibili di influenzare fraudolentemente l'esito elettorale. Peraltro, a riprova della veridicità di tale assunto si producono due sondaggi d'opinione condotti nelle scorse settimane dai quali risulta con chiarezza il grande peso che la televisione di stato ha nel determinare l'orientam

ento elettorale.

In poche parole: "alla concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo non è consentito fare compagna elettorale a favore o contro alcun partito: la inosservanza del rigoroso principio di parità fra tutti i contendenti costituisce una criminale sovversione delle fondamentali regole costituzionali, ed un inquinamento del libero gioco democratico. La concessionaria del servizio pubblico non ha propri diritti politici da esercitare in campagna elettorale ma solo doversi da osservare con la più scrupolosa esattezza".

(manca pag. 10)

...sono, peraltro, esimersi dall'osservare che proprio la giurisprudenza più recente (C. Assise Padova 6 marzo 1980 in Foro It. 1980, II, 440) insiste particolarmente sulla necessaria interpretazione dell'art. 294 c.p. alla luce dei principi costituzionali introdotti successivamente alla emanazione del codice penale "allargando qualitativamente e quantitativamente la sua orbita di applicazione secondo il moderno concetto di diritto politico", con particolare riguardo al "rispetto del principio di uguaglianza (che) costituisce uno dei modi operativi dello Stato democratico ed un mezzo irrinunciabile per la sua realizzazione in termini evolutivi" (v. conf. SPASARI M., op. cit., p. 974).

L'azione dei denuncianti intende sottolineare il pericolo attualissimo e gravissimo che milioni di cittadini rimangano vittime di tale attività criminosa; la imminenza delle elezioni è tale e le prove della frode tante da indurli a rivolgersi alla S.V. perché con ogni sollecitudine esamini i fatti esposti ed eventualmente proceda.

In conclusione, i denuncianti non possono non affermare il loro convincimento che è nella legge e in coloro che sono preposti ad assicurarne l'osservanza l'ultima linea di difesa contro una occupazione dei pubblici poteri e servizi da parte di soggetti privati, quali i partiti, che li esercitano a fini di parte (se non personali), anziché nell'interesse della collettività e nel rispetto dei diritti dei cittadini, e tendono sempre più ad estendere quel sistema di immunità, costituzionalmente previsto per tutelare parlamentari e ministeri dal "fumus persecutionis", ad ogni sorta di attività delittuosa da essi commessa, trasformando così l'immunità in impunità

PER TALI MOTIVI

i sottoscritti "sporgono formale denuncia" per il reato previsto e punito dall'art. 294 c.p. e quanti altri la S.V. volesse ravvisare nei fatti sopra esposti contro i seguenti signori (di cui si indica anche la qualifica e in partito di appartenenza i che li ha designati)

- Sergio Zavoli (presidente del Consiglio di Amministrazione della Rai; PSI)

- Giampiero Orsello (vice-presidente; DC)

- Enzo Balocchi (consigliere; DC)

- Paolo Battistuzzi (consigliere; PLI)

- Sergio Bindi (consigliere; DC)

- Luigi Firpo (consigliere; PRI)

- Walter Pedullà (consigliere; DC)

- Nicolò Lipari (consigliere; PSI)

- Luigi Orlandi (consigliere; DC)

- Massimo Pini (consigliere; PSI)

- Ignazio Pirastu (consigliere; PCI)

- Enrico Spadola (consigliere; PCI)

- Giorgio Tecce (consigliere; PCI)

- Giuseppe Vacca (consigliere; PCI)

- Adamo Vecchi (consigliere; PCI)

- Biagio Agnes (direttore generale; DC)

- Emanuele Milano (direttore I rete Tv; DC)

- Pio di Berti (direttore II rete Tv; DC)

- Albino Longhi (direttore TG1; DC)

- Ugo Zatterin (direttore TG2; PSI)

e quanti altri avessero concorso nel reato.

Chiedono che la S.V. considerati la gravità e l'urgenza del caso adotti e provvedimenti di polizia giudiziaria di cui all'art. 219 C.p.p. per interrompere il reato in corso.

Per l'importanza delle questioni poste alla S.V. i denuncianti hanno ritenuto necessario trasmettere, per conoscenza, copia del presente esposto al Presidente della Repubblica, al Presidente della Corte Costituzionale, al Primo Presidente della Suprema Corte di Cassazione, al Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione.

Con osservanza,

Giacinto Marco Pannella

Emma Bonino.

 
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