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Notizie Radicali - 1 agosto 1983
Una vittoria radicale

SOMMARIO: Il partito radicale esce rafforzato dalle elezioni. Dovevano essere elezioni di stabilizzazione sostanziale del regime partitocratico, sono state elezioni disordinanti. La campagna di deligittimazione civile e politica del regime dei partiti. Il voto come diritto e non come dovere. L'incidenza dell'astensione e del voto bianco o nullo. Ringraziamento al paese e ai compagni che hanno dato forza alla vicenda radicale.

(NOTIZIE RADICALI n. 33, 1· agosto 1983)

(Dovevano essere le elezioni della nostra scomparsa: il Pr ne è invece uscito politicamente rafforzato: gli equilibri partitocratici ne sono stati sconvolti. Ma quanto più cresciamo, tanto più forte diventa l'attacco del regime: contro di noi, contro la democrazia. Il tempo lavora contro di noi, i rapporti di forza interni e internazionali peggiorano sempre più. Solo una crescita straordinaria di iscritti e di forza, subito, può consentirci di farcela.)

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Il giudizio della classe politica e giornalistica è stato unanime, anche se per lo più inespresso sui mass-media: il Partito radicale è uscito politicamente rafforzato dalla prova elettorale.

Nella riunione della Direzione del Psi che ha analizzato i risultati elettorali, il Presidente dei deputati Rino Formica ha rilevato che un partito che fino all'ultimo, perfino nell'appello ufficiale agli elettori, chiede in un primo luogo di non essere votato e fa l'apologia del non-voto riscuotendo oltre il 2% dei suffragi, dà prova di una solidità e di un radicamento nel paese del tutto eccezionali.

Possiamo aggiungere, a questa considerazione, che il contesto del voto è stato truffaldino; che a nostro carico ha pesato una selvaggia opera di disinformazione e di linciaggio pluriannuale; che decine di milioni di cittadini erano stati messi in condizione di non poter votare radicale, facendogli credere che le liste non erano state depositate; che contro la nostra proposta politica centrale erano scese in campo tutte le forze egemoni della società: mas-media, Chiesa, sindacati, tutti i partiti, con nessuna possibilità di risposta da parte nostra sulla stampa scritta e quella audiovisiva di Stato, tranne i ghetti delle "tribune".

Dovevano essere elezioni di ratifica del potere partitocratico, di stabilizzazione sostanziale della sua politica ed anche dei suoi equilibri interni fondamentali. Per questo erano state indette. Sono state invece le più "disordinanti", le più "nuove" da un trentennio a questa parte.

Ne abbiamo fatto l'occasione per una campagna di delegittimazione civile e politica della partitocrazia; abbiamo affermato che il voto è diritto e non dovere, e che è anzi dovere negarlo se la politica non lo merita; che "solo mutando un poco se stessi e i propri comportamenti si può sperare di mutare il mondo"; abbiamo attaccato in primo luogo la Dc, e in secondo luogo il Pci come suo alleato di fatto in Parlamento e nel paese.

Ecco i risultati: rispetto al 1979, il 5,1% degli elettori in più ha negato qualsiasi voto valido, ponendosi anche ufficialmente fuori dal recinto della politica partitocratica; fra voti dati al Pc, al Partito dei pensionati, alla Liga Veneta, al Partito Sardo d'Azione, al Melone quasi altrettanti hanno votato, da posizioni diverse, ugualmente e sicuramente contro il sistema dei partiti, i quali si sono distribuiti fra di loro, quindi, i suffragi di meno del 70% degli elettori aventi diritto, contro l'80% nel '79, l'88% nel 76.

Ancora: al proprio interno, la partitocrazia ha visto penalizzata la Dc in misura inedita dal 1953 ad oggi, oltre il 5% in meno; il Pci, Pri, il Msi e il Pli, cioè forze politiche che meno delle altre sono state ritenute responsabili della politica partitocratica; il Psi raccolto un leggero incremento che, senza il crollo Dc e il calo Pci, sarebbe equivalso ad una sconfitta politica.

Che il paese si sia mosso nella direzione delle nostre richieste e attese ci sembra doveroso riconoscerlo.

Abbiamo ancora una volta assunto le posizioni più difficili, più rischiose; difeso posizioni di principio, ideali, culturali, civili accentuando la nostra obbligata diversità rispetto a chiunque altro è presente nella politica e nella cultura politica del paese; abbiamo alzato bandiere ideali, speranze irridotte di pace, di vita, di democrazia, di civiltà giuridica attorno alle quali altri si sono raccolti, e ora sono con noi o sono a noi più vicini di ieri.

Abbiamo meglio potuto difendere e far conoscere i nostri obiettivi per la vita e la qualità della vita; e illustrato le caratteristiche del nostro partito, i pericoli che lo minacciano, le speranze che lo animano.

Questo bilancio è ottimistico? Ma per quanto ancora dovremo rispondere che quanto più siamo forti, cresciamo, tanto più eliminarci diviene necessario per il regime? E ripetere, inascoltati da troppi, che solamente una crescita straordinaria, un salto di qualità della forza di iscritti e di militanti, può porci al riparo, dopo un successo ulteriore, dal sempre maggior rischio di non farcela, di esser aboliti?

Ma, come per l'esito dei referendum, ci si lasci ringraziare il paese e i compagni del partito per la forza straordinaria di speranza, di rigore, di moralità civile e politica che hanno saputo e voluto dare alla vicenda radicale.

 
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