SOMMARIO: "La pace e la vita, in politica, sono strutture e ideali puntuali"; devono essere armate di nonviolenza e di civiltà giuridica o sono pure petizioni di principio. I radicali in minoranza negli anni 50 nel movimento pacifista. L'antinuclearismo demagogico, l'antimilitarismo radicale. L'obiezione di coscienza. La trappola di Comiso: l'iniziativa radicale sulle indicazioni dei Premi Nobel.
(NOTIZIE RADICALI n. 33, 1· agosto 1983)
(Il pacifismo della paura e dell'evasione dalle responsabilità di proposta e di governo va combattuto e battuto: è l'alleato prezioso del complesso militare-industriale che domina la politica planetaria dell'intesa culturale e strutturale nord-nord e dello sterminio per fame e per guerre)
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Il pacifismo della paura e dell'evasione dalle responsabilità di proposta e di governo va combattuto e battuto: è l'alleato prezioso del complesso militare-industriale che domina la politica planetaria, dell'intesa culturale e strutturale Nord-nord, dello sterminio per fame e per guerre.
La pace e la vita, in politica, sono "strutture e ideali puntuali", armati di nonviolenza, di civiltà giuridica, di metodi e di esigenze rispettate nel presente, o sono petizioni di principio senza moralità e senza forza.
Altro è far tesoro dei sentimenti, propri e delle masse, e sui sentimenti - di paura o di speranza - edificare una politica ancorata alla concreta umanità di un tempo e di una società; altro è ridursi a contrapporre, speculandoci e assolutizzandole, le paure e le fughe alle scelte di governo altre e opposte a quelle di chi esige politica di vita e di pace.
Ci troviamo in minoranza nel movimento per il disarmo degli anni cinquanta e sessanta, guidato del CND britannico: sin da allora nei congressi, nei convegni, nel lavoro comuni indicammo nell'antinuclearismo demagogico il terreno sul quale una generazione pacifista sarebbe stata sconfitta. Così altri si bearono del successo travolvente delle marce antinucleari inglesi e continentali; ma dopo pochissimi anni la realtà fu tremendamente chiara. Proprio in Gran Bretagna la politica riarmista, a cominciare da quella nucleare, ebbe il massimo sviluppo.
Il nostro antimilitarismo venne respinto come in seguito dalle forze di "movimento" del 1968 e anni seguenti, come velleitario. La nostra ricerca di una politica di conversione delle strutture e delle spese militari in civili, come proposta complessiva alla società e ai diversi paesi a cominciare dal nostro; le nostre obiezioni di coscienza "dure" che sfociarono nella approvazione della legge e nell'incardinamento dell'attacco ai codici ed ai tribunali militari, non solamente in Italia; il nostro "terzomondismo" antieurocentrico, fondato sulla constatazione che dal 1964 il terzo mondo aveva conosciuto più guerre che pace e che lo sterminio di decine di milioni di persone mostravano che la guerra alimentare ben più che quella nucleare fosse il pericolo e la realtà da combattere; la nostra azione sui bilanci dello Stato, sulla politica estera letta in chiave conseguente, sulla politica industriale e quella partitica e sindacale; la documentazione pressoché quotidiana, da anni, dall'apporto determinante, assolu
tamente fedele, del Pci alla politica militare interna ed esterna; la denuncia della "trappola" di Comiso, volta a spostare energie di lotta e attenzione, non dove "Comiso" veniva decretata e sostenuta, a Roma, in Parlamento, nelle Commissioni Difesa e nelle Aule della Camera e del Senato; la nostra politica di coinvolgimento nella politica della vita e del disarmo del Nobel, del Parlamento Europeo, del mondo cattolico e religioso, dei Sindaci Europei, con l'obiettivo di "convertire" le spese militari in spese "di difesa", immediata, "per un obiettivo e non per una paura", ha costituito ragione di isolamento dal pacifismo ufficiale, egemonizzato in Italia, e in Europa, dalla povertà culturale del Pci e degli antinuclearisti tradizionali, dai pacifisti apolitici.
L'iniziativa della pubblicazione della mappa bellica, dopo quella che da tre anni tende a portare a conoscenza del paese le cifre e gli errori reali dell'investimento militare e della scelta politica della maggioranza "istituzionale", dal Pci al Msi operante in questo settore, costituisce un nuovo atto di proposta politica, un salto di qualità nella nostra lunga e rigorosa azione.
Abbiamo dimostrato che la politica di difesa, la sua strategia, è in Italia illeggibile, non risponde a criteri razionali o anche semplicemente ragionevoli. Abbiamo dimostrato che l'insediamento militare e degli armamenti in Italia espone inutilmente regioni intere del nostro paese a morte atomica - e convenzionale - e che l'Italia è nuclearizzata senza che mai, in nessuna sede istituzionale, questa scelta è stata compiuta. Sicché nessuna misura conseguente di difesa civile e di difesa del territorio sia stata approntata o immaginata. Abbiamo dimostrato che l'Italia è "il secondo paese" nel mondo occidentale, secondo parametri ufficiali statunitensi, nello sforzo e nel sacrificio di risorse, (se si eccettua la Gran Bretagna, segnata dalla congiuntura della guerra con l'Argentina) prima del Canada, della Germania, della Francia, dei paesi opulenti dell'emisfero occidentale.
Potremmo continuare a lungo ... Mentre ancora siamo sottoposti al linciaggio presso l'opinione pubblica, senza possibilità di risposta, per il "caso Negri", che non è che l'ennesimo episodio della nostra lotta "concreta", senza quartiere, contro il degrado e l'imbarbarimento della civiltà giuridica e della stessa lotta politica; mentre ancora ci si ridicolizza a causa delle armi non violente che scientemente usiamo, come il digiuno e gli scioperi della fame, essendo gli unici che in pari tempo continuiamo a usare tutto l'armamentario delle lotte istituzionali possibili - parlamentari, di petizioni e leggi di iniziativa popolare - su tutto il fronte della difesa della vita, della pace, della democrazia; mentre in Belgio si approva la legge, da noi proposta, elaborata, difesa contro lo sterminio per fame nel mondo, e in Italia la riponiamo incessantemente al centro dell'attualità politica, isolati e quasi criminalizzati anche per questo, adesso - passato lo sconcerto del week-end - si comincia subito a chieder
e che contro di noi lo Stato si muova per aver posto a conoscenza del Parlamento e dell'opinione pubblica le cifre e la cartina della "Italia militare", finora "segreto di Stato" per tutti, tranne che per "il nemico" e i "nemici".
P1, P2 e P3 sono stati non solamente al corrente, ma sono tuttora i centri di elaborazione e di decisione, a livello multinazionale e nazionale, di questa Carta dell'irresponsabilità e dell'inconfessabilità politica della difesa italiana, che noi abbiamo non stilata, ma riprodotta sul piano grafico.
L'opera dovuta dal Commissario alla Difesa del PR, svolta in condizioni difficilissime, ce lo ha consentito. Il voto radicale del 1979 - e quello del 1983 - è servito, serve anche a questo. E' troppo chiedere all'oceano di compagni, votanti ieri e oggi, per il Pci, di spiegarci a cosa hanno voluto e vogliono che serva il loro?