di Gianfranco SpadacciaSOMMARIO: La giunta delle autorizzazioni a procedere da parere favorevole al riarresto di Toni Negri. Si prevede la ripetizione in aula. Ricostituito il partito della fermezza. Le opportunità offerte dal caso Negri per il ristabilimento almeno graduale delle garanzie processuali e dello Stato di diritto. La classe politica partitocratica, assediata nei suoi Palazzi, non ha vuto il coraggio delle proprie contraddizioni e del dialogo: ha scelto la strada della vendetta e non quella della giustizia.
(NOTIZIE RADICALI n. 34, 15 agosto 1983)
Un decreto d'arresto dovrebbe annullare e cancellare nel giro di pochi giorni il voto popolare del 26 giugno che decretò invece, in nome del diritto e della Costituzione, la scarcerazione e la liberà provvisoria di Toni Negri, principale imputato del processo 7 aprile e simbolico rappresentante di migliaia e migliaia di detenuti in attesa di giudizio.
Sarà la Camera dei partiti e delle corporazioni a ratificare la decisione in aula. Ma intanto la proposta è stata approvata a grande maggioranza dalla immonda giunta delle autorizzazioni a procedere, responsabile di ogni anno dell'immunità-impunità di tutti i delitti di regime.
Il partito della "fermezza" si è così prontamente ricostituito e si è preso la sua rivincita e la sua vendetta sul voto popolare.
In difesa delle leggi eccezionali, del teorema Calogero, della carcerazione preventiva a vita, della logica del sospetto sono corsi a ricostituirlo i democristiani di De Mita e di Fanfani, di Andreotti e di Forlani, socialdemocratici burattini di Gelli e protettori-elettori di torturatori, repubblicani non più di Mazzini e Cattaneo ma solo sabaudi e crispini, liberali che continuano a tradire le tradizioni volteriane e quelle delle rivoluzioni liberali, comunisti che cercano di mascherare con contorcimenti e ipocrisia il loro stalinismo di sempre. In questo quasi unanimistico schieramento i paleofascisti di Almirante si sono trovati perfettamente a loro agio, omogenei alla cultura del nuovo fascismo giuridico partitocratico. Fuori e contro si sono ritrovati, come nel caso D'Urso (ed è l'unico segno positivo), radicali e socialisti.
La candidatura di Toni Negri nelle liste radicali e la sua elezione avevano offerto al Parlamento e alle forze politiche, l'occasione di una riflessione e di un ripensamento sui guasti prodotti per l'ordinamento giuridico e per la convivenza civile dalla convergente barbarie della violenza terroristica e della "fermezza", l'opportunità di fornire al Paese un segno positivo, una manifestazione di volontà verso un seppur graduale riconquista di legalità costituzionale: uscire con una scelta politica democratica dalla logica dell'emergenza e dell'eccezionalità per rientrare in quella occidentale della normalità giuridica, delle garanzie costituzionali, della certezza del diritto.
Per parte nostra, che avevamo suscitato e provocato questa opportunità, abbiamo proposta la concessione dell'autorizzazione a procedere perché il processo potesse riprendere e presto concludersi; e insieme il diniego dell'autorizzazione all'arresto come segno di questa volontà, accompagnato immediatamente dalla messa all'ordine del giorno della riforma delle immunità parlamentari e della drastica riduzione dei termini di carcerazione preventiva.
Poteva essere il momento di una reale e vasta convergenza democratica: poteva essere l'occasione per riprendere il dialogo con una generazione che ha scelto ed è stata spinta a scegliere la strada della violenza, per uscire dagli "anni di piombo", per ricercare quella "soluzione politica" che tutti dicono di ricercare, ma - fuori del diritto e della Costituzione - sono costretti a ricercarla nella logica delle eccezionalità, con nuovi strappi al diritto e alla Costituzione, dunque con nuove leggi eccezionali, risvolto negativo ed altrettanto devastante delle leggi speciali repressive, siano esse quelle dei "pentiti", o quella ipotizzata sulla dissociazione (e come meravigliarsi che, in questa spirale perversa, le stesse vittime dell'eccezionalità, finiscano per muoversi anch'essi in questa logica e per invocare l'eccezionalità a loro favore?).
Ancora una volta questa classe politica partitocratica, che vive come "assediata" nei suoi Palazzi, non ha avuto il coraggio di guardare dentro al viluppo delle contraddizioni che essa stessa ha creato; e tanto meno ha avuto il coraggio del dialogo, quel dialogo che un ministro dell'interno della Repubblica federale tedesca andò a ricercare in carcere con un terrorista confesso.
Come tutti i deboli, privi di autentica forza, hanno ancora una volta, ciecamente, scelto la strada della vendetta, anziché quella della giustizia. Non hanno voluto il dialogo perché, nella loro debolezza, hanno bisogno non dell'uomo Negri con le sue responsabilità ma del mostro Negri da sbattere in galera. Debolezza e vendetta chiedono giustizia sommaria. Per comminarla non hanno esitato a rovesciare in pochi giorni tutta la giurisprudenza assolutoria con cui avevano assicurato e gestito le immunità-impunità della classe politica. E lo hanno fatto ancora una volta affidandosi alla logica della più assoluta discrezionalità.
La Camera potrà rovesciare la scelta della giunta delle autorizzazioni a procedere? E' poco probabile. Dovrebbe essere o tornare ad essere un Parlamento di coscienze libere, e non -
E' poco probabile. Per le pressioni partitocratiche che sono state fatte sui commissari dall'interno dei loro partiti.
E' poco probabile. Per la scelta ancora una volta compiuta dal PCI. In questo partito, nonostante il gran parlare di divisioni interne mai manifestatesi, nonostante gli apparenti ripensamenti dopo le prime dichiarazioni del commissario Loda, favorevoli all'arresto, è prevalsa la linea Pecchioli-Violante. Ed è prevalsa nell'unico modo possibile, con il tatticismo, l'opportunismo, l'ipocrisia, guidando e sollecitando, provocando le scelte degli altri partiti. L'unità che il PCI si è impegnato a ricercare con "le altre forze democratiche" è ancora una volta l'unità partitocratica che ha il terreo volto della "fermezza".
Non si facciano però illusioni. Il processo a Negri si trasformerà nel loro processo, nel processo alla loro politica, ai loro comportamenti, alle loro responsabilità, ai loro delitti.