Intervista di Pannella all'AvantiSOMMARIO: Il non-voto dei radicali in Parlamento: un segnale positivo per la maggioranza o la conferma di una campagna elettorale per lo sciopero del voto? Le proposte radicali destano allarme per la loro ragionevolezza. Il percorso storico, socialisti e radicali, tra Jaurès e Turati, Veil, Blum, Rosselli. Un accordo pregiudiziale sulle regole del gioco. L'alleanza Pci-P2. Il governo della fermezza. Le conseguenze di una convergenza possibile radicali-socialisti.
(NOTIZIE RADICALI n. 34, 15 agosto 1983)
(In questa intervista Pannella, parlando al PSI, riannoda i fili di un dialogo da molto tempo interrotto non per scelta del P.R.)
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"Avanti - 22 agosto 1983"
"Possiamo scegliere come punto di partenza la vostra non partecipazione al voto di fiducia al governo, che è stata interpretata in modo univoco. Per alcuni si è trattato di un segnale positivo. Come stanno le cose?"
Il nostro confermato rifiuto di votare, di partecipare al voto, è stato conseguente alla nostra campagna elettorale, alle nostre convinzioni sul degrado del Parlamento e sul suo carattere partitocratico e non democratico e costituzionale. Ci saremmo trovati in condizione straordinaria, tale da legittimare un comportamento diverso, solamente in caso di accettazione da parte del governo della nostra "mozione di fiducia": la mozione infatti integrava e concretizzava dichiarazioni di intenzioni di carattere generale e positivo fatte dal presidente del Consiglio, rendendone probabile l'effettiva realizzazione. In tal caso avremmo votato a favore perché ci saremmo trovati di fronte ad un caso straordinario di gestione non partitocratica del dibattito parlamentare.
Allarme per le nostre proposte
Così non è stato. Posso sbagliarmi ma se il governo fosse stato a maggioranza socialista, o autonomo ai condizionamenti e ricatti del Pci, di una parte della Dc e del Pri, la soluzione sarebbe stata forse un'altra.
L'attenzione evidente, quasi ostentata, del presidente del Consiglio nei confronti di nostre richieste o speranze deve aver provocato molto allarme e reazioni distruttive immediate. Sul caso Negri, sulla spartizione selvaggia delle responsabilità parlamentari, senza dire dell'ostracismo nei confronti del nostro gruppo di eletti, la "maggioranza istituzionale" s'è subito manifestata e mossa come una vera maggioranza politica quasi parallela a quella del governo, e volta però a obiettivi diversi e contrastanti. Mai nelle precedenti legislature, ci si era mossi con tanta protervia partitocratica e disprezzo per le tradizioni e le esigenze istituzionali. In queste condizioni votare avrebbe significato accettare un gioco truccato e violento, smentire quella linea durissima di alternativa e di delegittimazione dei metodi e delle realtà partitocratici e antidemocratici, che è quella del Partito Radicale. D'altra parte come poteva non essere così se è stato il governo a dover rifiutare la nostra fiducia?
"Tuttavia gli osservatori politici e gran parte della stampa sembrano scorgere una disponibilità positiva o comunque una rinnovata attenzione del Pr - e tua personale - nei confronti del governo e del Psi. Tu stesso hai riproposto pubblicamente e con urgenza nuovo rapporti tra radicali e socialisti."
Li ho riproposti per l'ennesima volta come vado facendo dal 1967 ad oggi. Vuol dire che la nostra credibilità è cresciuta. Probabilmente dopo il successo politico che ci si è da ogni parte riconosciuto a conclusione della prova elettorale, si sono stancati di sospettarci di tatticismi per sopravvivere.
E' facile capire che il gioco della opposizione indiscriminata, nel momento in cui dovrete far fronte alla impopolarità di alcune obbligate scelte di governo, sarebbe per noi nell'immediato, più facile e pagante. Penso che possiate riconoscere che in tutti i momenti più difficili non ci siamo mai comportati diversamente, non sempre (quasi mai?) aiutati dal Psi. Quanto al governo, stesso discorso: dal '79 abbiamo sempre dichiarato la nostra disponibilità ad appoggiarlo a condizioni anche meno gravi e complesse di quelle di oggi.
Misurare le distanze... da Jaurès, da Turati, da Veil, da Blum, da Rosselli
Comunque e a scanso di equivoci non siamo affatto d'accordo con le scelte programmatiche del governo, negative o inadeguate, generiche o elusive. Né siamo d'accordo con quasi tutto quel che attualmente il Psi fa e prevede di fare e ancor meno con quel che il governo (e il Psi) rischia o decide di non fare...
"Allora è una dichiarazione di guerra?"
L'ho già detto: occorre misurare le distanze che ci dividono perché si vuole annullarle o diminuirle. Non vedo altro metodo per una dichiarazione di pace. Quel che temiamo è che alla lunga il Psi rischi davvero una sorta di mutazione genetica: proprio rispetto a quel che della sua natura, quindi della sua storia, più ci coinvolge. Penso soprattutto alla componente riformistico-riformatrice, cioè a quella che è stata nello stesso tempo la più utopica e la più realistica, da Jaurès a Turati, da Simone Veil a Salvemini, da Blum ai Rosselli. Temiamo l'illusione di scorciatoie, l'illusione di possedere il potere anziché esserne posseduti. Tutto questo vi dà la misura di quanto seria, responsabile, determinatissima sia la nostra opposta speranza. E' essenziale, urgente che si passi dalle labili sintonie e sincronie che ci hanno uniti o avvicinati in momento fondamentali (divorzio, aborto, caso Moro, caso D'Urso e, per lo spazio di un mattino, i referendum) a perimetri consistenti - pur se marginali all'inizio - di
lavoro e di corresponsabilità comuni e ufficiali: via via fino all'unità.
Siamo particolarmente sensibili a quanto in voi non va e non ci va, ma ancor più credetelo, a quel che "deve andare". In fondo la nostra (e mia) storia di radicali è sempre stata storia di umile e fiera mendicità, di concreta amicizia, anche politica con il Psi. Ma il Psi ha trovato ogni volta cose più importanti da fare. Certo se la consideriamo in sé, la nostra possibilità di accordo nell'oggi (cioè nel necessario) appare minima, ma se la paragoniamo con ogni altra resta pur sempre la maggiore e la migliore. Siete socialisti, siamo socialisti. O noi o voi, lo siamo con scelte attuali radicalmente sbagliate. Il tempo dirà chi sbaglia e chi ha ragione ma occorre sin da oggi cominciare a prefigurare una proposta suscettibile di divenire maggioritaria nel Paese. E divenirlo a tempo... Che voi guidiate il governo e noi un'opposizione alternativa nel Paese può apparire ed essere singolare e drammatico. E' però un progresso rispetto a quando sembravate necessariamente marginali nell'area maggioritaria e noi in qu
ella della opposizione appaltata al Pci...
Una proposta che può divenire maggioritaria
"Un gioco delle parti? Un legame di complicità? Non ti sembra di proporre proprio quello che rimproveri: una politica "politicistica"?"
No. Un gioco democratico pieno, limpido e drammatico, come sempre è la democrazia nei momenti gravi della storia. Un legame nelle opere: le nostre proposte sono scritte nella nostra mozione di fiducia che la presidente della Camera ha dovuto riconoscere "integrative" e "non contraddittorie" rispetto alle dichiarazioni del governo e per questo giudicate ricevibili.
L'accordo sulle regole del gioco è pregiudiziale. Può apparire paradossale ma quel che più è da temere oggi è che la maggioranza politica attorno al governo Craxi non sia che la maggioranza di copertura di quella cosiddetta "istituzionale" per la Dc e il Pci, per i loro clienti e correnti esterne. Questa maggioranza è stata ufficialmente richiesta da Berlinguer quando era già assicurata e praticata dai De Mita, dai Rognoni, dai Cossiga e tanti altri emergenti tardo-rodaniani della Dc. Altro che degasperiani. Vogliono ridurre il potere del governo, e conseguentemente quello del Parlamento e delle reali opposizioni alternative a potere di sottogoverno. Per serbare a Dc e Pci, "padronato" e "sindacato", il potere reale. Si preparano soprattutto alla successione di Pertini nel 1985 e ad evitare che la successione alla partitocrazia si realizzi in un futuro vicino anche a loro spese. Il disegno è esattamente quello "turco". Il disegno dei burattinai, che sono solo in parte nazionali: con le P1, P2, P3, dei Gelli,
dei Corona, dei nuovi Doriot o Mussolini, in pectore numerosi; con i sabotaggi ai treni, o all'economia, siamo forse alla vigilia di una sorta di assalto finale, a pochi mesi da un 25 luglio. Per restare all'esempio turco, si tenta di fare di Craxi, l'Ecevit, e magari di Spadolini il Damirel della situazione...
Alleanza PCI-P2
"Ma dov'è l'esercito turco, dove Mussolini, o anche solamente De Gaulle?"
Il carro armato della "normalizzazione" autoritaria italiana, sempre più non può che venire dal Pci, dall'interno del suo gruppo di potere; e questo malgrado il Pci sia e resti sociologicamente nel suo assieme anche soggettivamente più un'immensa riserva di democrazia e di giustizia che il suo opposto. Il fatto è che la lotta politica in Italia è sempre più oligarchica. La politica del gruppo dirigente del Pci, da dieci anni è sostanzialmente disperata malgrado momenti di euforia e di dilapidazioni di occasioni che proprio il movimento radicale e socialista dei diritti civili gli ha offerto; una politica senza speranza, né socialista, neanche solamente "liberale". E' una mera politica del potere per il potere, dalla quale anche voi dovete guardarvi. Il Pci è ricaduto in una politica da III Internazionale, opportunistica, settaria con i vicini, sostanzialmente violenta, intellettualmente corrotta e corruttrice. Si è consumato forse lo strappo con l'Urss, non con lo stalinismo. Come la Dc, che ha consumato que
llo con il clericalismo; magari anche con la Chiesa ma non con la Ior!
L'alleanza di ferro tra Pci e P2 c'è stata in questi anni: e se non se ne prende atto, non se ne discute, la lettura stessa della situazione in cui ci troviamo diventa impossibile. Non è un caso che la presidente della Commissione P2, Anselmi, ogni tanto si permetta il lusso di lanciare delle affermazioni gravissime e scandalose quali il sospetto dell'alleanza tra lo Stato (i suoi servizi segreti, le sue forze armate) e la P2, per usare il terrorismo a fini di destabilizzazione, anche in relazione all'assassinio di Moro. Pecchioli - così come Minucci per il settore dei mass-media - hanno dunque per anni e anni commesso errori di valutazioni e di comportamento, inimmaginabili per un partito come il Pci. Non erano dunque "loro" errori. Non dimentichiamo che se nel gennaio '81 si fosse ottenuto il cadavere del magistrato D'Urso dal "self-service" delle Br avremmo avuto un governo espressione della strategia gelliana e della frenetica campagna dei Valiani, dei Di Bella, dei Tassan Din e dei loro alleati: "la Rep
ubblica", cui può andare il beneficio del dubbio viste le puntuali topiche storiche di Scalfari e l'Unità.
Il governo della "fermezza"
Avremmo avuto il governo di burattini ma anche dei burattinai probabili di Gelli, al posto della fuga sua, di Ortolani, di Calvi, delle liste, delle conclusioni della Commissione Sindona, della costituzione di quella della P2...
Avrebbero vinto coloro che ci denunciavano come "più pericolosi" delle Br, che insultavano Sciascia ed Eleonora Moro, Stella Tobagi e la famiglia D'Urso; quelli che erano con la bava alla bocca per l'intervento socialista a favore della chiusura dell'Asinara, chiesto da Dalla Chiesa; che appestavano la vita politica a destra e a manca, che ipotecavano perfino le Botteghe Oscure.
In galera tra l'applauso della classe dirigente del Pci saremmo stati noi, non Gelli, Carboni, generali di finanza, petrolieri, finanzieri... I Corona sarebbero ancora con le loro P1 e P3 al vertice del Pri. Nella Dc, da voi, Gelli era penetrato.
Ma con il Pci, i suoi burattinai si erano assicurati il compromesso storico, l'unità nazionale, e un patto d'acciaio. Ora Pecchioli, Minucci lo stesso Berlinguer, al pari di Andreotti, possono impunemente dire che non si erano accorti di nulla, che Gelli - per loro - era un diplomatico argentino.
Ora è il Pci - con la Dc - che cerca di farci fuori in ogni modo, una volta di più..., hanno paura che, alla fine, riusciamo ad imporre il dibattito, a consentire ai militanti, agli iscritti, agli elettori comunisti di conoscere e di giudicare.
Su Moro, su Giorgiana Masi, sulla strage di Peteano, sul commercio delle armi: quanto altro da dire... Chissà mai perché non hanno assolutamente voluto che fra i 40 parlamentari dell'Antimafia ve ne fosse anche uno solo Pr?
"E l'alternativa a tutto questo che credete di scorgere o di vivere?"
E' una linea che non potrà non passare attraverso tutti i partiti. Quella dell'"unità democratica", con contenuti storici, ideali, civili, politici adeguati, contro le "unità nazionali" o "istituzionali", contro quella del "sistema partitocratico" attuale.
L'unità democratica e quella che "unisce" nella pratica degli scontri leali e chiari e nelle lotte di alternativa e di alternanza, maggioranza e minoranza, governi e vere opposizioni, anche nei momenti di massima gravità per le sorti di una società. Metodologicamente è quanto ci sembra di poter scorgere nell'itinerario scelto da Craxi, dal Psi, e solamente in questo. Speriamo di non sbagliarci.
Le possibili conseguenze di convergenza
Il vero problema è quello dei rapporti di forza da creare, del possibile da concepire e realizzare, non da consumare raschiando il fondo della botte come si continua a fare. Occorre chiarezza "esplicita" sulla strategia e anche sulle tattiche. Occorre l'adozione tassativa di obiettivi, di ideali, di valori, che, senza costituire "fughe in avanti" siano però capaci di mobilitare nuove attese, energie e speranze popolari, di massa; obiettivi generosi e ragionevoli che attraversino - come accadde per il divorzio - la società, l'opinione pubblica, con la capacità di sconvolgere gli schieramenti esistenti. Occorre che la gente possa tornare a credere che si sta concependo e preparando un nuovo "possibile", a dimensione di persona: una ritrovata umanità della politica, un nuovo umanesimo ragionevole e intransigente.
"Per finire. Nell'immediato, tutta la politica radicale continua a esser condizionata dall'obiettivo dei "tre milioni vivi in un anno" sul fronte dello sterminio per fame; dalla riforma delle pensioni e dei minimi pensionistici a 400.000 lire; dalle riforme delle immunità ministeriali e parlamentari. Se questi obiettivi fossero raggiunti, il Partito Radicale si ritirerebbe dalla lotta politica?"
No. Ma proporrei sicuramente con probabilità di vederlo accettare dal Partito, la nostra partecipazione alle elezioni del Trentino-Sud Tirolo e di Napoli a quelle del parlamento europeo ed una mobilitazione a favore di chi assicurasse quest'esito alla nostra lotta per la vita e la qualità della vita.
Questo vale nei confronti di chiunque. E' a tutte le forze politiche che rivolgiamo da tempo dichiarazioni di pace, nonviolente. Forse è per questo che partiti che hanno sempre prosperato sulla paura, sulle situazioni di sfrenate o ottuse lotte settarie, ci sono oggi così disperatamente e violentemente ostili. Vorrei per mia parte terminare quest'intervista rivolgendo un invito non solamente ai compagni socialisti, ma anche a quelli radicali, perché d'urgenza ed a tutti i livelli, ci si incontri, si discuta, si trovino spazi e obiettivi - per circoscritti o anche marginali che siano o appaiano - per operare insieme. Ecco un esempio del possibile da concepire e far vivere, contro il probabile, il quasi certo che la logica delle cose ci oppone, subito.