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Pannella Marco - 7 settembre 1983
SE VIEN MENO LA NONVIOLENZA
di Marco Pannella

SOMMARIO: [da Notizie Radicali] Nell'editoriale del numero scorso [testo n. 2203] Marco Pannella a dichiarato: "Mi trovo finalmente a ritenere di poter decidere e comunicare un nuovo tentativo di sciopero della fame per l'ottenimento dei nostri obiettivi congressuali per l'anno 1983".

Dopo questa dichiarazione del segretario del Partito Radicale, abbiamo ritenuto utile pubblicare alcuni stralci (non rivisti dall'autore) di un'intervista rilasciata da Marco Pannella a Radio Radicale nell'ultima settimana di agosto sulla lotta contro lo sterminio per fame, sciopero della fame e nonviolenza, come contributo alla riflessione e al dibattito politico.

(NOTIZIE RADICALI, 7 settembre 1983)

D. Avevi ripreso in luglio lo sciopero della fame. Poi lo hai di nuovo sospeso e di questa sospensione non è stato dato neppure l'annuncio su "Notizie Radicali". Cosa vuol dire questa sospensione rispetto ai motivi per cui lo avevi iniziato? E' una sconfitta, è un fallimento?

"...Io ero convinto che lo sciopero della fame fosse necessario per sostenere tutto il resto delle azioni politiche - di partito, parlamentari, ed altre - e lo ero in base alla convinzione, nostra, che la non-violenza anima la democrazia politica e le dà, oggi, storicamente, una forza che altrimenti non può avere. Non è che ad un certo punto ho deciso di essere sconfitto: allora non sarebbe stata già più sconfitta perché avrebbe comportato un dibattito con gli altri dal quale sarebbe venuto fuori un bilancio di sconfitta. E' stato invece semplicemente il non farcela, come uno che non ce la fa a camminare ad un certo punto e si ferma, e poi ricomincia".

D. Ma quando prendi queste decisioni ed attui uno sciopero della fame, non ti blocca, non ti scoraggia il sentirti ripetere che i digiuni sono logori, che non servono a nulla, che sono impossibili dopo la morte degli irlandesi?

" Se dicessi che questa è una ragione della sconfitta sarebbe un alibi, perché quando ho preso quella decisione sapevo che io ci credevo e gli altri no; e quindi non posso, poi, a posteriori, dire "ma gli altri...". Anzi, uno dei motivi per i quali ero convinto della necessità era proprio questo, che sapevo presente in moltissimi altri compagni un dato generale, teorico ed esistenziale, di non convinzione; ed io invece ero assolutamente convinto che la condizione necessaria, anche se non sufficiente, per vincere la battaglia della mozione congressuale fosse questa".

D. A suo tempo avevi detto che legavi la tua vita a quella di 3 milioni di persone che sarebbero potute essere sterminate nell'82. Quando lo dicesti eravamo nell'81. Ora siamo nell'83. Sono state sterminate 3 milioni di persone e rischiano ormai di esserlo altri 3 milioni...

" Questo lo dissi nel momento in cui concepimmo l'appoggio dei Nobel a questa azione nonviolenta... Dinanzi a dei compagni che mi dicevano che non era possibile, che era un vero suicidio, riflettendo, fra le altre cose, scrissi quel testo che poi doveva essere il manifesto dei Nobel...

Dissi allora che in ordine di probabilità era prevedibile: uno, che non ce la facessi moralmente ed intellettualmente, cioè che abbandonassi; due, che non abbandonassi, ma perdessi; tre, che ce la facessi... E' accaduto esattamente questo, è accaduto che non ce l'ho fatta. E non ce l'ho fatta, in apparenza, per dei motivi perfettamente logici...

C'è stato un momento, nel gennaio del 1982, in cui sono stato assolutamente convinto che al punto in cui eravamo arrivati, se avessi interrotto, se avessimo ulteriormente rifornito la "santa barbara" della nonviolenza e avessi ripreso a fine marzo, rilanciando l'operazione sopravvivenza, le possibilità sarebbero state reali; mentre allora si era tutto esaurito, lo stesso appello dei Nobel sembrava non crescere...

Poi siamo arrivati all'estate, e all'estate siamo stati ad un pelo dal farcela, era lì che dovevo continuare e non ho continuato. Credo lì di aver commesso un errore profondo... In termini di logica corrente, di opportunità politica, non può non insorgere ad un certo punto la convenienza, nel senso migliore del termine, di sospendere per riprendere; solo che uno sciopero della fame non si sospende per riprenderlo.

Si teme che sia "irlandese" ad un certo punto il continuare; in realtà no, perché la speranza nonviolenta vale proprio nel momento in cui sembra non esserci, senza la nonviolenza, un motivo di speranza. Ed è questo il nocciolo del problema: è che il dialogo nonviolento, l'iniziativa nonviolenta, se è giustificata, se è di estrema importanza la posta in gioco, in termini di vita, non può conseguire il successo per gradi, può solo veder esplodere il successo, e proprio nel momento in cui tutto sembra perso.

D. Roccella in un Consiglio federale dello scorso anno disse che bisognava "uscire dalla fame con la fame".

" Roccella - è già accaduto altre volte nella sua esistenza - trova delle espressioni splendide che significano anche altro, più ancora di quello che lui, nel momento che le formula, ritiene. Perché "uscire dalla fame con la fame" significa appunto lo sciopero della fame: non il digiuno, non la gestualità della fame, con il paracadute o la rete di protezione già assicurata, ma con le estreme conseguenze della fame, da rischiare tutte sino in fondo. Solo così si può uscire dalla fame...

Ma stiamo dicendo che la fame è lo sciopero della fame e che in realtà io, segretario del partito, l'ho fatta mancare al partito; quindi semmai è la conferma che, senza la nonviolenza, senza lo sciopero della fame non si ottiene tutto questo...

(...) Più il tempo passa, più il rapporto di forze giova contro le parole di Giovanni Paolo II, contro le parole di Pertini ed a favore della logica delle cose. E' un dato oggettivo, non un dato psicologico. E' aumentato in modo vertiginoso il riarmo; è aumentato l'indebitamento del terzo mondo; il terzo mondo è diventato sempre di più il luogo dove si risolvono i problemi di bilancio dell'industria europea, anche di quella italiana. Non era così allora. Non era ancora così nel 1979. Sul piano antropologico, con il passare degli anni, con la durata, diventiamo una specie che si abitua a convivere e convive nei fatti con questo sterminio.

(...) Quando sento i compagni dire "prepariamola meglio questa battaglia, è stato un errore darci degli obiettivi a sette, otto mesi, dobbiamo farlo in modo diverso", io dico che questo modo sarebbe molto più utopistico dell'altro, perché il tempo gioca contro la vita, il tempo gioca contro di noi (...)

Ma d'altra parte il fatto che nemmeno il segretario del partito sia stato capace di fare lo sciopero della fame, può darsi ci abbia fatto perdere del tempo utile, all'interno del quale questa cosa immaginata come possibile nel 1979, forse può essere un errore continuare ad immaginarla ancora come possibile".

D. E il Partito Radicale?

" Il Partito Radicale ha una storia, una sedimentazione, ed è quello che è. Ed è con la mia segreteria che questo si è verificato. Si certo, nel corso di un anno ho finito per digiunare cinque mesi su dodici, compresi i digiuni della sete, ma ho ecceduto in quantità, senza riuscire a mantenere la qualità o aumentarla.

Di conseguenza diciamo che questo è un partito che nel suo assieme, a cominciare dal suo segretario, quest'anno ha dato e si è impegnato molto meno su questo fronte che nel '79.

Allora vuol dire che, fotograficamente, al di là delle dichiarazioni, questo è un partito che in gran parte è pronto a fare della tematica, della problematica - come si dice - della fame nel mondo una sorta di suo programma permanente ma che, a cominciare dal suo segretario, non ce l'ha fatta ad essere il partito della nonviolenza, e quindi il partito della speranza (...)

Proprio perché dò questo giudizio, mi sono preoccupato di evitare qualsiasi possibilità di colpevolizzazione degli altri... Credo che ci troviamo davanti ad altro, a un'alterità, non ad una cosa peggiore di per sé, una cosa diversa e quindi, come tutte le cose diverse, sono portato a rispettarla. Posso anche pensare che tra le componenti della mia debolezza, o del mio errore, ci sia stata quella di scegliere lo strumento partito per portare avanti questa battaglia..."

D. Uno dei motivi di debolezza della tua azione nonviolenta sono state le interruzioni dei digiuni, anche di quelli che avevi annunciato come scioperi della fame ad oltranza. Ritorniamoci. Non pongono in gioco la credibilità? Ma, a parte questo, che significato hanno di volta in volta le sospensioni quando le decidi e in base a quali valutazioni?

" Ogni volta ci sono delle ottime ragioni... Si è sempre detto che il nonviolento non deve avere problemi di orgoglio e se a un certo punto ritiene che un errore è stato commesso nell'annunciarlo, o che si sono create condizioni diverse, lì è una lama di rasoio, proprio un filo: da una parte ti devi guardare da quello che la tua intelligenza, ma forse il tuo spirito di conservazione, ti suggerisce... se vado avanti inutilmente, cioè non rischio più la vita ma rischio solo la morte nel senso che l'unica cosa che è in rischio di realizzarsi è la morte, non c'è più il rischio della vita in positivo..."

D. Scusa, ma questo non significa avere sempre in mano la soluzione per eludere il momento decisivo?

D. "E' un filo di rasoio. Da una parte c'è il dovere dell'umiltà, il dovere di non avere paura della propria immagine; il dovere di non avere paura di sputtanarsi... ma dall'altra può essere un inganno con se stesso... Ci sono stati degli ottimi motivi quando ho sospeso e ritengo che alcune volte sia stato giusto e creativo il sospenderlo, mentre alcune altre è stato gravissimo; quest'anno è stato forse un errore irreparabile".

D. Il partito è ancora legato all'obiettivo dei tre milioni di vivi?...

" E' ancorato e motivato nelle sue ragioni sociali, nella sua moralità. Il suo obiettivo necessario è questo e che non lo crede, a cominciare da me, farebbe bene a dimettersi almeno dalle sue responsabilità di partito"

D. Ma a questo punto non è probabile che l'obiettivo non si raggiunga?

" Certo, è anzi probabilissimo che la sconfitta ci sia. Solo che probabilissimo non significa sicuro e in questo margine strettissimo passa, o dovrebbe passare, tutto il mio dover essere fino all'ultimo del prossimo congresso, quello che definirà, darà corpo, darà vita al partito dell'84".

 
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