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Calderisi Giuseppe, Peronaci Ugo - 22 ottobre 1983
LA CONTRORIFORMA
Pensioni, governo e partiti

di Giuseppe Calderisi, Ugo Peronaci

SOMMARIO: Gli aspetti significativi del problema pensioni: l'intreccio fra assistenza e previdenza, e come l'intervento governativo non potrà dipanarlo ma lo aggravi; confronto tra linee del governo e proposte radicali; analisi degli scenari che si preparano nel caso di approvazione del decreto del governo.

(NOTIZIE RADICALI n. 41, 22 ottobre 1983)

(Quando un anno fa abbiamo presentato la proposta sulle pensioni, intendevamo affrontare il problema dei minimi e richiamare tutte le altre forze politiche al dovere di attuare quanto avevano promesso: la riforma pensionistica.

La partitocrazia non è in grado di far fronte ai suoi impegni e affoga nel dissesto che essa stessa ha creato. Non ha la forza di fare la riforma, e rimane condizionata dagli interessi corporativi e assistenziali che ha a lungo coltivato. In questa situazione, stretta da questi condizionamenti, ogni intervento, non soltanto non realizza la riforma, non soltanto non affronta i problemi di giustizia più immediati e urgenti, come quello dei minimi per chi non disponga di altro reddito, ma aggiunge ingiustizie a ingiustizie. Rischia anzi di generalizzare l'ingiustizia. E come in molti altri campi, i sindacati hanno responsabilità uguali, se non maggiori, a quelle dei partiti.

Nelle serie di numeri precongressuali di "Notizie Radicali" Abbiamo pubblicato alcuni articoli sulle scelte del governo Craxi che annullavano gli impegni e gli indirizzi che il Presidente del Consiglio aveva annunciato al momento della costituzione del suo governo.

Pubblichiamo oggi, come contributo al Congresso, e in particolare alla commissione sulle pensioni, una serie di interventi di Giuseppe Calderisi e di Ugo Peronaci: uno sull'intreccio fra assistenza e previdenza che invece di essere dipanato e risolto sarà accentuato dal provvedimento governativo; uno di confronto fra il provvedimento governativo e le linee ispiratrici della proposta radicale; uno infine sulle scelte che si stanno delineando e surrettiziamente imponendo attraverso questo decreto in materia previdenziale.

Ci auguriamo che la commissione, a cui sono stati invitati a tenere relazioni il segretario generale del Partito Nazionale Pensionati, Facchinetti, ed Ermanno Gorrieri, uno dei maggiori studiosi del nostro sistema previdenziale, dia un contributo ulteriore all'approfondimento delle scelte e dei termini di una

lotta sempre più essenziale per una diversa qualità della vita.)

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Ritorno al privato?

Non si interviene sull'intreccio assistenza-previdenza. Si tenta di imporre, invece, in maniera surrettizia una controriforma che porta alla privatizzazione di un ampio settore della previdenza e a maggiori e più generalizzate ingiustizie.

Le disposizioni del decreto-legge sui trattamenti minimi e sulle pensioni d'invalidità sono caratterizzate dal riferimento al reddito quale elemento di valutazione per l'attribuzione o l'esclusione di prestazioni previdenziali.

Questo criterio determina la modificazione dei presupposti del sistema previdenziale. Si dovrebbe ritenere che siamo di fronte alla prima determinazione sul piano legislativo di una volontà politica rivolta ad avviare il passaggio ad un sistema diverso nel quale il finanziamento non sia realizzato più attraverso la contribuzione della produzione e del lavoro, ma direttamente attraverso l'imposizione fiscale. Temiamo invece che si continui a sfasciare il sistema esistente, senza crearne un altro.

La crisi, l'ingovernabilità, il crescente disavanzo del sistema previdenziale imporrebbero con urgenza una scelta precisa:

- o il sistema viene mantenuto sul fondamento della mutualità e a tal fine occorre il coraggio politico di apportare tutte quelle modifiche che sono necessarie per assicurare, in una prospettiva dinamica, l'equilibrio fra le uscite e le entrate: il che comporta, da un lato, la necessità di rivedere tutte le disfunzioni, gli sconfinamenti assistenziali e le sperequazioni provocati dalla legislazione degli anni '70 e, dall'altro, quella di valutare i limiti di sopportabilità del sistema produttivo;

- o il sistema viene indirizzato verso un allargamento dell'area della fiscalizzazione contributiva, lasciando al tempo e all'inflazione il compito di livellare le sperequazioni, e al "rigore" del legislatore quello di tenere le prestazioni sufficientemente basse per contenere la spesa, dando contestualmente spazio alle assicurazioni private per un loro crescente inserimento nel sistema previdenziale.

Verso questa scelta sembra si stiano indirizzando partiti e sindacati. E si comprende, perché è certo la scelta più facile per coloro che sono stati i responsabili del dissesto attuale del sistema previdenziale. Verso di essa spingono interessi politici, economici e sociali veramente interessati alla privatizzazione di una consistente fetta del reddito destinato alla previdenza.

Allo stato a cui siamo ridotti, potrebbe essere considerata una scelta teoricamente ipotizzabile. Essa andrebbe comunque discussa e approfondita. Viene, invece, attuata surrettiziamente, e dietro la conclamata funzione perequativa e gli appelli al "rigore", nasconde il più vieto demagogismo e comporta soltanto violazione di diritti, prevaricazione dei più deboli, conferimento di privilegi, ulteriori sperequazioni, massificazione dei bisogni.

Provvedimenti siffatti non possono considerarsi un "approccio più razionale ai problemi di copertura in materia previdenziale e assistenziale, anche attraverso la separazione fra assistenza e previdenza" ("Avanti!" del 19 ottobre 1983), al contrario creano le premesse per una completa disarticolazione del sistema e corroborano le manovre intese a dimostrare che pubblico equivale a disfunzione e che perciò il risanamento della previdenza può avvenire soltanto con la privatizzazione di ampi settori della stessa.

Le linee attraverso cui si vuol far passare tale progetto già si vedono chiaramente e fra esse la principale è la proposta di limitare la contribuzione alla parte di retribuzione utile ai fini della pensione: il risparmio che dopo 60 anni è più di assicurazione obbligatoria ne deriverebbe alle imprese e alle alte retribuzioni sarebbe sufficiente ad assicurare vita florida e tranquilla alle assicurazioni private e para-private o, che è lo stesso, para-pubbliche.

Che cosa rimarrebbe della previdenza?

 
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