di Roberto CicciomessereSOMMARIO: Roberto Cicciomessere rivolge un appello agli iscritti del Partito Radicale per poter raggiungere, attrverso i loro contributi, la cifra di tre miliardi necessaria alla sopravvivenza non tanto del partito in quanto tale o dei suoi mezzi di informazione, quanto delle sue idee, della sua politica e delle sue battaglie.
(NOTIZIE RADICALI n. 44, 25 novembre 1983)
(Quando riceverete questo giornale starà per scadere il tempo utile per raccogliere le risorse necessarie al mantenimento delle radio e delle televisioni radicali, alla possibilità di continuare ad essere presenti, per affermare i nostri obiettivi e i nostri valori, nella politica italiana e internazionale.
Il Congresso ha individuato la necessità di tre miliardi in un anno, di un miliardo nei primi 60 giorni. Cos'è un miliardo nel mare delle tengenti e delle ruberie della partitocrazia? Quasi nulla. Un'enormità per un partito che non ha e rifiuta tangenti e fondi neri, che si è sempre pagato la sua onestà. Dobbiamo rendere possibile questo obiettivo enorme.)
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Cari compagni, cari lettori di "Notizie Radicali",
così non va. Così non ce la facciamo. Proprio in ragione delle responsabilità statutarie che mi avete voluto attribuire ho il dovere di avvertirvi che le prime risposte, seppur positive, agli impegni indicati tassativamente dalla mozione congressuale non ci consentono di affermare di aver avviato in modo congruo la marcia di avvicinamento agli obiettivi che ci siamo dati.
La semplice proiezione al 31 dicembre del numero delle iscrizioni e sottoscrizioni che sono pervenute in queste prime tre settimane ci consente di dire con assoluta certezza che siamo ben lontani da quel miliardo da raccogliersi entro 60 giorni dal congresso, che la mozione indica come condizione pregiudiziale per il dispiegamento nel 1984 dell'iniziativa del Partito radicale. Ripeto che le prime risposte sono positive: il numero delle iscrizioni, la quota media versata o annunciata, le entrate complessive in queste tre prime settimane del 1984 radicale sono superiori a quelle, per lo stesso periodo, del 1983.
Ma tutti sapevamo, quando abbiamo approvato la mozione congressuale, che non si trattava semplicemente di migliorare il nostro impegno personale e collettivo, anche quello finanziario, ma di produrre un salto qualitativo e quantitativo delle forze radicali tale da poterci consentire ragionevolmente di misurarci con la partitocrazia, sicuramente non ad armi pari ma con alcune consistenti cartucce da spendere utilmente.
CI SIAMO detti innanzitutto che era legittimo chiedere a noi stessi e a quanti altri raggiungiamo di continuare a lottare e sperare solo se avessimo potuto garantire al partito quegli strumenti minimi di espressione, di comunicazione, di informazione, di presenza elettorale che abbiamo conquistato e costruito negli anni passati. Questa sola linea di resistenza, di difesa del nostro patrimonio politico, e cioè la possibilità di poter continuare a parlare attraverso Radio Radicale, le televisioni radicali, "Notizie Radicali", di poter disporre della minima struttura di lavoro di Torre Argentina e di poche altre, di poter assicurare una presenza elettorale a Napoli, a Reggio e alle Europee, confrontabile, in termini di spesa, a quella di un solo grande candidato democristiano o socialista; costerà al partito tre miliardi di cui uno nei primi 60 giorni, e cioè tre volte quanto abbiamo speso e raccolto con i contributi e le iscrizioni del 1983.
Solo con queste minime condizioni di concorrenzialità politica con le forze di regime il congresso ha detto che potevamo accettare la sfida, che era non velleitario attivare il volano della nonviolenza, della disobbedienza civile, dello sciopero del voto, della disobbedienza fiscale per la realizzazione dei quattro impegni fondamentali: il raggiungimento dell'obiettivo mancato dell'assunzione da parte del governo italiano dell'impegno a salvare almeno tre milioni di persone altrimenti destinate a sicura morte, attraverso la mobilitazione di tutte le risorse e forze necessarie a questo scopo; l'assicurazione di condizioni minime di dignità ai cittadini anziani attraverso l'elevazione delle pensioni minime, per coloro che non percepiscono altri redditi, a 400 mila lire mensili; l'ulteriore incardinamento nel paese della lotta alla partitocrazia sul terreno istituzionale, dell'informazione, della pace; l'organizzazione di una campagna per l'elezione del parlamento europeo capace di candidare il Partito radicale
a rappresentare in Europa il punto di riferimento di una nuova cultura autenticamente pacifista, ecologista e umanistica.
MAI un congresso radicale è stato più esplicito, più ultimativo. Mai è stato così chiaro a chi ha deciso di iscriversi quali erano esattamente le ragioni costitutive del partito annuale, quali gli impegni che ci si assumeva nei confronti del paese, quali gli ostacoli che esattamente, perfino nella determinazione temporale, si dovevano superare per non veder pregiudicata tutta la nostra azione.
Mai un corpo politico collettivo ha avuto la forza, la lucidità e il vero realismo di riconoscere il rischio di fallimento e di fissare, innanzitutto per se stesso, le condizioni, i "patti" che potevano autorizzare la prosecuzione dell'azione comune.
Mai una classe dirigente è stata capace di tanto vero rispetto nei confronti dei potenziali iscritti da avvertirli in tempo dei costi, della loro decisione. E parlo della "follia" dei tre miliardi, dell'aggravamento dell'azione nonviolenta.
Si tratta, cari compagni e amici, di assumere responsabilmente la decisione di corrispondere, per un anno, con comportamenti straordinari ad obiettivi ed appuntamenti straordinari. Si tratta di cambiare vita, programmi per un anno. Dove, altrimenti, se non in noi radicali possiamo trovare innanzitutto la forza per rinunce, sacrifici che ci consentano di onorare gli impegni che abbiamo votato? E come, senza queste nostre rinunce e sacrifici, sapremo e potremo parlare agli altri, chiedere agli altri identici comportamenti? Con onestà dobbiamo dirlo. Tre miliardi in un anno vuol dire che dobbiamo esigere da noi stessi impegni per l'iscrizione gravosi e, in alcuni casi, superiori alle nostre disponibilità per costringerci, anche individualmente, a praticare la mendicità, a chiedere cioè, senza falsi pudori, agli altri amici di essere veramente tali, di farci fiducia, di aiutarci a fare quello che crediamo veramente necessario fare.
NON bisogna predicare bene e razzolare male e quindi la prima risposta adeguata deve venire, e verrà, da chi ha assunto responsabilità statutarie nel partito.
Ma altrettanto chiaramente debbo dire che non chiedo, né il congresso ha chiesto, eroismi, velleitarie forzature sacrificali, autoespoliazioni mistiche. Non ci vogliamo trasformare in una specie di "Servire il popolo" di tempi fortunatamente andati. Ma soprattutto non voglio fornire alibi a chi, per volgarità e disprezzo, voglia addebitare ad un preteso eroismo altrui il non saper riconoscere in sé la rassegnazione alla sconfitta.
Qualcuno lealmente ci dirà di non poter accettare queste condizioni. Tutto il rispetto per chi ha questa forza, questa onestà.
Ma molti, ne sono sicuro, riterranno che questa scommessa vale la pena di essere giocata, che per gli obiettivi che ci siamo dati è possibile chiedere a se stessi di più, quanto non avremmo mai creduto di saper dare, quanta intelligenza delle cose non sapevamo di possedere.
Non vi dico che "in cambio" ci sarà felicità assicurata, impegno esaltante e non so quale altro paradiso laico. Sarà duro, ci saranno momenti di felicità come occasioni di forte incertezza, di vera sofferenza.
Per quanto mi riguarda riesco a convincermi a questo impegno per il 1984 solo pensando a come sarei, a come sarebbe la mia vita se non avessi accettato la responsabilità che il congresso mi ha proposto; solo pensando alla possibilità che le piccole cose, i piccoli sacrifici, in fondo non così costosi, che richiedo a me e agli altri possono essere determinanti per la felicità di molti, anziani o affamati che neppure conosco. Provo pudore, ritegno a scrivere queste cose. Ma chi, oggi, in Italia, potrebbe assicurare le cose scritte nella mozione se non il Partito radicale? Chi altri se non i radicali potevano assicurare il divorzio, l'aborto, l'obiezione di coscienza, le battaglie contro il clericalismo e i ladri di palazzo, il successo della resistenza al nucleare? Chi, ancor più semplicemente, può oggi levarsi come unica voce contro la partitocrazia, contro le truffe pacifiste o assicurare a Napoli e Reggio la campagna dello sciopero del voto contro la camorra dei partiti?
Decidete dunque, compagne e compagni. Il partito del nuovo anno, come sempre, dipende da noi.