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Spadaccia Gianfranco - 31 gennaio 1984
NUOVI PATTI? SI', MA PER USCIRE DAL CONCORDATO
di Gianfranco Spadaccia

SOMMARIO: Marco Pannella lancia l'idea di una nuova definizione dei rapporti Stato-Chiesa cattolica, in quanto il quadro attuale è desolante: "una Chiesa e uno Stato partitocratico che, l'una in contrasto con il rinnovamento conciliare, l'altro in contrasto con le acquisizioni e le conquiste della società civile, guardano indietro al passato, senza alcuna capacità di pensare, immaginare, creare un assetto capace di governare, in termini di garanzie e di libertà i problemi anche pratici del futuro, oltre che quelli del presente".

(NOTIZIE RADICALI n. 1, 31 gennaio 1984)

"Siamo sempre stati contrari, siamo stati da trent'anni, con vigore ed iniziative di grande portata, ostili ad altro che alla pura e semplice abrogazione dei patti lateranensi. Siamo ora disponibili in alcuni a nuovi patti, ma che - come gli altri - costituiscano un "unicum" solido e migliore".

E' una frase, forse per i radicali, la frase centrale della dichiarazione rilasciata da Marco Pannella il 19 gennaio, nel vivo e nel pieno della polemica radicale con il governo proprio sul nuovo Concordato. Pochi giornali l'hanno riportata. I telegiornali di regime l'hanno censurata. Trasmessa da Radio radicale ha suscitato in alcuni sospettosi compagni qualche preoccupato interrogativo. Un nuovo coniglio dal cappello? Una mossa tattica per movimentare il dibattito o invece un brusco cambiamento e rovesciamento di posizioni? Forse il partito del divorzio, dei diritti civili, dell'aborto, dell'anticlericalismo, del referendum promosso e negato per l'abrogazione del concordato, con un brusco cambiamento di fronte intraprende anch'esso la strada della revisione concordataria?

Pubblichiamo qui a fianco, in questa stessa pagina, una successiva dichiarazione di Pannella, che in parte ripete e ribadisce le affermazioni fatte nella precedente, in parte le sviluppa e le chiarisce. La disponibilità a nuovi patti non è per confermare o per ricercare una nuova soluzione concordataria, ma per uscire dal Concordato, per superare ogni impostazione concordataria. E' una alternativa, dunque, alla mediocre strada seguita dal governo e accettata dalla chiesa: quella del rappezzamento di una situazione ormai infradiciata e caduta a pezzi e che, se aveva senso (e sappiamo quale senso) per il regime fascista e per la Chiesa nel periodo fascista, aveva contribuito a inquinare profondamente la vita della Repubblica e la stessa vita e libertà religiosa del nostro paese, dopo la caduta del fascismo.

Nella Chiesa del post-concilio e nell'Italia dei referendum del divorzio e dell'aborto non era certo concepibile che la religione cattolica continuasse ad essere considerata secondo la filosofia gentiliana, come "fondamento e coronamento dell'insegnamento elementare". Alla stessa maniera il minimo che si doveva concedere negli altri ordini di scuola era la sostituzione della libera scelta alla obbligatorietà dell'ora di religione, temperata, per intere generazioni, solo dalla teorica possibilità di un'esenzione. Il nuovo concordato non va oltre questo minimo, già conquistato dal paese. L'insegnamento critico della religione e della storia delle religioni resta fuori delle aule scolastiche. E nelle università, lo Stato italiano rimane forse l'unico degli Stati democratici a lasciare alla Chiesa il monopolio delle facoltà di teologia.

Nel campo del diritto matrimoniale era impensabile la riproposizione di qualsivoglia forma di monopolio ecclesiastico, dopo il divorzio. Ma di nuovo lo Stato propone un'inammissibile forma di concorrenzialità fra giurisdizione ecclesiastica degli annullamenti religiosi e giurisdizione comune con la finzione delle sentenze di deliberazione presa in prestito dal diritto internazionale.

Sugli enti ecclesiastici, invece, che costituiscono il vero "punctum dolens" dell'intera questione concordataria, la soluzione proposta è interlocutoria. Il nuovo Concordato, nelle intenzioni del governo, si dovrebbe firmare senza una soluzione per poi rinviare ad una commissione mista la definizione normativa degli enti, anche se le conclusioni dovrebbero essere sottoposte al vaglio o almeno alla ratifica del parlamento. Insomma una sorta di Concordato-delega o piuttosto un Concordato a puntate.

Complessivamente il quadro che ne emerge è desolante. E' il quadro di una Chiesa e di uno Stato partitocratico che, l'una in contrasto con il rinnovamento conciliare, l'altro in contrasto con le acquisizioni e le conquiste della società civile, guardano indietro al passato, senza alcuna capacità di pensare, immaginare, creare un assetto capace di governare, in termini di garanzie e di libertà i problemi anche pratici del futuro, oltre che quelli del presente.

E' qui, a mio avviso, che si inserisce la proposta di Pannella: è una proposta forte in termini di visione statuale e in termini di ideazione e concezione delle nuove garanzie di libertà non solo della vita religiosa ma della stessa Chiesa. Supera di slancio i vecchi impacci concordatari, ma supera anche un vecchio abrogazionismo che non può rimanere fermo ad un passato in cui il clericalismo era trionfante e l'edificio concordatario perfettamente funzionante contro le libertà civili, l'autonomia dello Stato e la libertà religiosa. Se non ha senso guardare indietro alla vecchia legge delle guarentigie, concessa con spirito illuminato unilateralmente dal vecchio Stato liberale. Si può uscire dal regime concordatario anche con nuovi patti, purché questi patti siano capaci di definire l'assetto democratico dei rapporti tra Stato e Chiesa per il futuro e senza pretendere di conservare ciò che resta del passato.

Le linee di questa proposta? Lo sbaraccamento di ogni residuo privilegio clericale e concordatario, la cessazione dello stato di "enclave" valutaria e finanziaria, intollerabile, per la sovranità di qualsiasi Repubblica, fin qui riconosciuta alla Santa Sede e alle sue diramazioni bancarie e finanziarie internazionali, la riconsiderazione delle esigenze di sistemazione "territoriale" dello Stato della città del Vaticano guardando alle esigenze e agli sviluppi futuri delle attività della Chiesa e dei suoi rapporti internazionali, l'equa valutazione di una convenzione finanziaria a compensazione del "lucro cessante" in conseguenza della eliminazione delle esenzioni tributarie e degli altri privilegi.

Dubitiamo che esistano le condizioni per affermare queste proposte. Le caratteristiche di questa partitocrazia non consentono ai suoi uomini di pensare in grande: essi pensano troppo al potere per poter "pensare" la politica. Ma la forza di questa proposta è tale da mettere in crisi - quale che ne sia poi l'esito immediato - il mediocre disegno concordatario sottoposto alla valutazione del parlamento.

 
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