Perché chiediamo 3 milioni di viviSOMMARIO: In merito al confronto parlamentare sulla proposta di legge che prevede "Interventi urgenti e straordinari diretti ad assicurare nel 1984, e comunque entro 12 mesi, la sopravvivenza di almeno tre milioni di persone minacciate dalla fame, dalla denutrizione e dal sottosviluppo nelle regioni dei Paesi in via di sviluppo dove si registrano i più alti tassi di mortalità", il Pr afferma che il problema non è l'Alto commissario. Il problema non è di 4 mila miliardi. Per i radicali la condizione resta quella richiesta dall'appello dei Nobel, dalla risoluzione del Parlamento europeo, dal progetto di legge dei sindaci italiani: un progetto per la salvezza di tre milioni di vite umane. Proponiamo una grande iniziativa di vita, di pace, di sviluppo, capace di coinvolgere le altre nazioni industrializzate. Se non si àncora l'intervento straordinario alla salvezza delle vite, continuerà a prevalere la logica della ragion di stato e degli affari. Si voti anche per questo il 17 giugno: per strappare tre milioni d
i vite dalle mani della partitocrazia, per fermare una politica che con lo sterminio dei popoli più poveri aggrava la nostra crisi economica e prepara la catastrofe mondiale.
(NOTIZIE RADICALI N. 66, 14 marzo 1984)
Le polemiche e le resistenze contro la legge Piccoli, come ieri contro il progetto dei sindaci (in primo luogo comunisti, a cominciare dai più autorevoli di essi, Novelli e Zangheri), si appuntano su due aspetti: l'affidamento dell'intervento straordinario a una autorità politica dotata di ampi poteri, e quindi un alto commissario, l'entità degli stanziamenti, almeno quattromila miliardi.
Sono aspetti secondari, anzi strumentali, rispetto alla scelta centrale che invece si deve compiere: salvare tre milioni di vite umane nel corso di un anno. Se è questo l'obiettivo, allora sono necessari quattro mila miliardi ed è necessaria una autorità politica dotata dei più ampi poteri. Se non c'è questo obiettivo, il resto diventa non solo non necessario, ma controproducente e pericoloso: un altro affare di potere.
Se si riesce a salvare tre milioni di vite umane, condannate altrimenti a morte, allora è possibile sperare - a partire dalla salvezza di vite umane - nella ripresa della politica dello sviluppo nei paesi e fra le popolazioni in cui questo intervento è stato realizzato: è possibile sperare che la politica dello sviluppo cambi di qualità e di obiettivi, e sia posta al servizio della vita umana e delle reali esigenze delle popolazioni, anziché servire la ragion di Stato e la ragione degli affari: è possibile sperare che la mobilitazione delle energie di un paese come l'Italia intorno a questo obiettivo accenda all'Onu, negli altri paesi industrializzati, nella Cee una nuova politica nei confronti dei paesi del Terzo mondo che si sostituisca a quella folle e suicida di sterminio e strangolamento economico e finanziario che insieme alla rovina di quei paesi sta preparando la crisi delle economie occidentali.
Proponiamo quindi per quanto ci riguarda una grande iniziativa di politica internazionale; proponiamo una grande iniziativa di vita, di pace, di sviluppo, per gli altri, per i lontani e dimenticati, condannati allo sterminio, ma anche per noi, per la nostra civiltà, per la nostra economia, per il nostro futuro. Proponiamo la salvezza di quattro milioni di vite come punto di di attacco per tentare di fermare le prospettive di catastrofe che stanno davanti al mondo intero.
Per questo, quattro mila miliardi non sono tanti, sono pochi. Pochi soprattutto se messi a confronto con i quasi ottomila stanziati negli ultimi 4 anni e con gli oltre ventimila già stanziati per i prossimi sei: stanziamenti enormi che non salveranno neppure una vita.