di Giovanni NegriSOMMARIO: La ricostruzione dell'uccisione di Gerardo Cerone da parte dei Carabinieri di Muro Lucano.
(NOTIZIE RADICALI N. 66, 14 marzo 1984)
8 maggio 1984, ore 9 e 30 del mattino a Muro Lucano, paese di 8.000 abitanti in provincia di Potenza, colpito dal terremoto, con una situazione sociale disgregata, disoccupazione e disperazione giovanile.
Gerardo Cerone, 24 anni, disoccupato, qualche precedente penale minimo, è seduto nella sua macchina, posteggiata. Arriva un carabiniere e gli ordina di seguirlo in caserma. Il ragazzo ha paura: tutto il paese sa che in caserma si mena. Rifiuta. Un carabiniere estrae la pistola e gli sbatte la testa contro il finestrino. Un altro carabiniere prova a far ragionare il suo collega: portiamolo in caserma, ma metti via la pistola. Gerardo Cerone si spaventa, mette in moto la macchina e parte, dinanzi ai carabinieri e ad un gran capannello di persone. Il carabiniere spara: dei tre colpi uno è ad altezza d'uomo, il vetro è bucato all'altezza del tergicristallo. Cerone si accascia sul volante, ferito, mentre la macchina sbatte contro un pullman in sosta. Mezzo paese ormai sta a guardare: il ragazzo apre a stento lo sportello e si getta a terra. Due carabinieri arrivano di corsa e lo riempiono di pugni e calci in pancia, di fronte a tutti. La folla è sconvolta. I carabinieri colpiscono il Cerone sulla nuca con il calc
io della pistola. Dalla gente comincia a levarsi la protesta. A questo punto un carabiniere punta la pistola sulla folla, mentre il ragazzo - ferito - viene caricato su una jeep. Ha solo il tempo di urlare al fratello: "Chiama un avvocato, se no mi ammazzano". Molti testimoni vedono entrare il Cerone vivo in caserma. Tutto il paese vede uscire la bara dopo poche ore.
Ho telefonato ai carabinieri di questo paese, mi hanno detto di telefonare al colonnello di Potenza. Gentile, questi non era sul luogo, dice che però nella macchina è stata rinvenuta una pistola e un crick non appartenente alla vettura. La solita tesi, che conosco da anni: il carabiniere che "inciampa" e la pistola trovata in macchina. La prima volta che la sentii fu a Torino, otto anni fa, per un mio amico d'infanzia che non avrebbe fatto male ad una mosca. Poi il colonnello dei carabinieri aggiunge: "Certo, la cosa spiacevole è che il Cerone sia morto in caserma. Ma sa, gli usciva la bava dalla bocca, forse era epilettico... E poi i carabinieri sono arrabbiati. Gli studenti hanno scioperato, sono comparse scritte ``Assassini''".
Ho i nomi di tutti: dei carabinieri, dei medici, dei testimoni. Eccoli.
E' stato il carabiniere Curcio ad estrarre per primo la pistola intimando il Cerone di uscire dalla macchina. Sempre Curcio, unitamente ad un altro carabiniere di nome Luigi, ha aperto il fuoco sulla macchina. Quando il Cerone apre lo sportello, ferito, e si accascia per terra, arrivano il brigadiere Gerardo Fausto e il carabiniere Casagrande. Costoro sferrano i pugni e calci in pancia al Cerone. Il brigadiere Fausto lo colpisce poi ripetutamente alla nuca con il calcio della pistola. Successivamente giunge anche un altro carabiniere, di nome Casagrande. Sono questi carabinieri a puntare le armi sulla folla che assiste sconvolta alla scena, a caricare il Cerone sulla jeep e a portarlo alla caserma dal quale uscirà morto. Tutto ciò è accertato da centinaia di cittadini di Muro Lucano, due di questi hanno già testimoniato a Potenza, dinnanzi al magistrato che conduce l'inchiesta.
Il primo medico ad aver compilato un referto è il dottor De Santis, di Muro Lucano. Secondo indiscrezioni gli sarebbe stato richiesto di decretare la morte per infarto del Cerone. Il referto afferma invece che Cerone è morto per ferite: e la verità sarebbe venuta a galla solo grazie all'onestà e alla testardaggine di questo dottore. L'autopsia sul corpo del ragazzo è stata invece eseguita dal professor Tarsitano, del Cardarelli di Napoli, il quale si è riservato 30 giorni per dare il responso.