di Gianfranco SpadacciaSOMMARIO: Il Pci repliche alle accuse del Partito radicale sui suoi rapporti non limpidi con la P2.
(NOTIZIE RADICALI N. 66, 14 marzo 1984)
Se Achille Occhetto sceglie il metodo stalinista della calunnia, e lo seguono in questo il grosso dei "peones" del gruppo comunista, ci sono altri segni che all'interno del Pci non tutti vogliano seguire la stessa strada. Il Pci risponde per la prima volta alle dure questioni sollevate dal Partito radicale a proposito dei suoi rapporti politici con la P2. E' per ora una risposta fortemente difensiva, e come tale debole. Ma è anche segno che riflessione e dibattito sono aperti all'interno del Pci sui problemi che abbiamo sollevato e che non tollerano riposte agiografiche.
Esce per la prima volta dopo un anno allo scoperto, con una lettera alla presidente della Commissione P2, Ugo Pecchioli, attuale numero 2 della segreteria del Pci, ministro-ombra degli interni nel periodo dell'unità nazionale, rappresentante del Pci allora ed ancor oggi nella commissione parlamentare di controllo sui servizi di sicurezza. Da un anno sosteniamo in ogni sede che tutti i rapporti politici del Pci sui servizi di sicurezza e sulle forze armate erano a lui delegati: e quindi anche le trattative sui criteri di scelta delle cariche e sulle nomine dei generali piduisti. Pecchioli si trincera dietro la giustificazione che nulla sapeva della P2 e che la responsabilità delle nomine è stata tutta del governo.
Sulla lettera di Pecchioli pubblichiamo una puntuale replica di Massimo Teodori. Ma intanto vogliamo ricordare che altri sapevano: noi, per esempio, che nel 1977 chiedemmo conto al Presidente del Consiglio Andreotti del fatto che aveva ripetutamente ricevuto il capo della Loggia P2 Licio Gelli. Secondo ogni logica, gli elementi di conoscenza, di valutazione e di giudizio di cui disponevamo erano infinitamente meno di quelli di cui poteva disporre Pecchioli dal suo osservatorio privilegiato. Ma altri sapevano e denunciavano - e per questo pagarono - all'interno dell'amministrazione dello Stato. Pubblichiamo in questo numero del giornale le vicende del questore Santillo, capo dell'Antiterrorismo, che denunciò il ruolo eversivo della Loggia e la sua infiltrazione all'interno dei servizi di sicurezza. Santillo fu per questo accantonato al momento della "riforma" dei servizi. Pecchioli non ne ha mai saputo nulla?
Più interessante il tentativo di interpretazione del comunista Petruccioli a proposito del "caso D'Urso". Secondo Petruccioli, vi è stata all'interno della politica della fermezza, di cui il Pci è stato protagonista e alfiere, una strategia eversiva perseguita dagli uomini e dalle strutture della P2 e dai poteri occulti. La linea è anche qui difensiva e abbastanza debole. Contiene tuttavia un'ammissione importante perché non rimuove l'elemento centrale delle vicende di quegli anni: la convergenza fa la politica del Pci e i disegni politici della P2 e dei poteri occulti. E' implicito per Petruccioli che si trattò - come amano dire in questi casi i comunisti - solo di una "convergenza oggettiva". Ma l'ammissione è ugualmente importante e il discorso può portare lontano, fino ad avvicinarci alla verità. Perché è certo che in quegli anni (eravamo già fuori del periodo dell'unità nazionale) i tentativi di destabilizzazione non avevano come obiettivo immediato l'indebolimento e la crisi del Pci, ma al contrario al
meno a breve termine si proponevano - in nome della fermezza - di utilizzare la forza del Pci e la sua proposta di formazione di un governo presidenziale degli "onesti e capaci". Cosa sarebbe accaduto se in quei giorni drammatici non avessimo avuto successo nella nostra accanita battaglia per salvare la vita del giudice D'Urso? Certo, se c'erano convergenze soggettive, non venivano illustrate e messe ai voti in direzione o nelle riunioni del comitato centrale.