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Tortora Enzo - 14 marzo 1984
OCCORREVA UN TORTORA...
di Enzo Tortora

SOMMARIO: Enzo Tortora descrive la sua campagna elettorale, condotta dalla sua abitazione, nella condizione di detenuto in attesa di giudizio agli arresti domiciliari: il suo lavoro, il suo impegno, le sue speranze, i suoi sentimenti e risentimenti da quando è candidato nelle liste radicali. Una candidatura contro lo scandalo delle leggi eccezionali, della carcerazione preventiva, delle barbarie giuridica. Intanto Mauro Mellini è stato costretto a dimettersi da membro della commissione delle immunità parlamentari. Il caso del socialista La Ganga. Una autorizzazione a procedere sequestrata dalla presidente Jotti. Ecco come il Palazzo amministra le sue impunità.

(NOTIZIE RADICALI N. 66, 14 marzo 1984)

E' ripugnante veder la parola "politica" (e "politica" in senso furbastro, da maneggioni o portaborse del potere) inserirsi adesso nel giudizio su quella mia scelta che qualcuno continua a considerare "scandalosa". Sono, lo premetto, solo punture di pidocchi, dopo le coltellate, vere, profonde, che la cosiddetta Giustizia mi ha sferrato. Ma qui i pidocchi contano. Vorrei dire che, sinora, solo i pidocchi hanno contato. Sbarrai gli occhi, non so se più nauseato o indignato, quando lessi che un autorevole capotribù democristiano scriveva: "Mi auguro che Tortora riesca a dimostrare la propria innocenza", rivelando che la più mostruosa inversione del concetto di onere della prova era ormai avvenuta, nella coscienza di troppa gente. Perché qui, ormai, è addirittura l'innocenza che, con fatica, strazio e anni di tormento, deve giungere a dimostrare di essere tale; non sono gli altri che, e con le prove e non con calunnie, devono in tempi rapidi provare la colpevolezza di un cittadino. Qualcosa di ignobile è avvenu

to nella nostra legislazione. Sta avvenendo sotto gli occhi di tutti: e alla barbarie non si può più dare decentemente il nome di Diritto. Rifarei la scelta radicale tra un minuto. La rifarei ogni minuto. Sono profondamente convinto che oggi, in Italia, solo questa sparuta pattuglia di profeti disarmati vede chiaro, vede lontano e osa chiamare le cose con il loro nome.

Il "caso Tortora" dev'essere, soprattutto, simbolo e bandiera di un riscatto che non può più tardare. Ricevo, in queste ore frenetiche, che hanno trasformato in vita di uomo quella che era, sino al quattro maggio, solo la vita di un insetto, costretto a nutrirsi di consolatori elzeviri fati di carta e di parole, fiumi di lettere. Dal carcere e non dal carcere. Ricevo ogni giorno testimonianze agghiaccianti sui soprusi, le infamie, le illegalità che quotidianamente vengono compiute. L'Italia è tutto un'immenso "Muro Lucano", che io eleggerei davvero a capitale di questa Repubblica fondata non più sul lavoro, ma sul sopruso, cementato nel silenzio. Ho compreso, in questi giorni, come persino la verità, quando si tinge di parola "radicale", diventi sospetta, non più vera, o meno di prima, e oggetto di attacchi velenosi, irresponsabili, abbietti. Spettacolo su spettacolo, film dopo film, io sto attraversando l'intera programmazione di un'Italia incredibile e invivibile, che mai come in questo momento, proprio pe

rché l'ho vista, e la vedo vivere, sento il bisogno, sento l'urgenza di contribuire a cambiare. Cambiare nel profondo, cambiare nelle sue strutture marcite e putrescenti: cambiarla non "contro", ma per amore della democrazia. Una democrazia senza più bugie, senza più ipocrisie, senza più parassiti: una democrazia insomma fondata sulla vita e sulla speranza. Vederli oggi contorcersi, i cosiddetti partiti, nel afre a gara per attribuirsi meriti che non hanno, e primogeniture che non posseggono, è spettacolo melanconico. Occorreva un uomo chiamato Tortora, esibito in catene come un trofeo di caccia, in un osceno carosello televisivo, per destare il Ministro Martinazzoli da un sonno lungo quanto quello di Aligi? E questo ministro democristiano che protesta con lettere e parole che dovrebbe rivolgere a se stesso, contro il "sussulto inquisitorio" che percorre l'Italia? Decrittato a dovere, l'etrusco, il mesopotamico, che è il vero linguaggio democristiano, dice quel che la gente dice in tram; oggi c'è la manetta

facile in un paese dove tutto è diventato facile, tranne l'onestà, tranne il carattere. E' di ieri la notizia che in Inghilterra ha sollevato l'indignazione il protrarsi della carcerazione preventiva, prima di un giudizio, da diciotto a ventidue giorni. Non avete letto male: "giorni". Qui si gioca con gli anni quasi fossero noccioline: un Naria, spettro vivente, s'aggira, molto più del comunismo, per l'Europa. E i politici italiani che fanno? Sospirano, e incitano il popolo alla pazienza, alla rassegnazione che è morte, che è soprattutto disprezzo dell'uomo e della sua dignità. Se ne è andato, da pochi minuti, da questa camera di detenuto, diventata un centro di battaglia, l'inviato del "Financial Times". Non credeva, e ne aveva pienamente diritto, ai propri orecchi. Siamo in fatti di procedure giudiziarie, la lebbra d'Europa, il cancro dell'Occidente. E Tortora "fa scandalo"? Fa scandalo questo paese divenuto passerella di tutte le oscenità e di tutte le impudicizie.

Fa scandalo la sua classe politica, ancora incapace di affrontare il problema della immunità parlamentare (lo scoprono col "caso Tortora"!), che tornerà in faccia come un boomerang ai cialtroni di Stato: fa scandalo il suo sistema di informazione, quello sì drogato dai capicamorra del potere e di quella super P2, quella P1 rappresentata da una partitocrazia degenerata e infetta. Sono ore impagabili, quelle che vivo. Forse le più piene, le più belle da quel tremendo (e risolutivo) 17 giugno 1983. Vi torneranno in gola quelle manette, quella violenza, quello strazio. Vi siete firmati e dichiarati, in quella data. Adesso parlo io. Il 17 giugno 1984 vi guarderò in faccia, uno per uno. E vedremo che abbasserà lo sguardo.

 
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