Incredibile e impunite dichiarazioni dei parlamentari sulle spese elettoralidi Marcello Crivellini
SOMMARIO: Dichiarazioni false di spese elettorali da parte degli "onorevoli". La proposta di trasformare i giudici in sceriffi. I guasti della legislazione dei pentiti sull'ordinamento giudiziario italiano: tre aspetti di questo regime, tre scandali di questo regime. Finalmente la presidenza della Camera si è decisa con mesi di ritardo a rendere pubbliche le dichiarazioni dei parlamentari sulle loro spese elettorali. Tutti hanno speso pochissimo. Ma da una prima indagine molte dichiarazioni risultano palesemente false. Pubblichiamo un primo articolo di Crivellini. Contiene un impegno a documentare queste falsità. Il paese ha diritto di sapere se è rappresentato da poveracci o da mentitori.
(NOTIZIE RADICALI N. 66, 14 marzo 1984)
Ogni volta che i partiti, tutti insieme, si sono aumentati i soldi del finanziamento pubblico, contestualmente hanno promesso moralizzazione e trasparenza.
Nel novembre del 1981, sotto il regno di "Spadolini I il moralizzatore", dopo aver sconfitto l'ostruzionismo radicale cambiando il regolamento a discussione iniziata e ponendo la questione di fiducia, i partiti della partitocrazia portarono i miliardi del finanziamento pubblico da 45 a 90; contemporaneamente promisero delle nuove norme di "moralizzazione".
Si arrivò così alla legge del 5 luglio 1982, n. 441, che fra l'altro introduce l'obbligo per deputati e senatori di dichiarare le spese elettorali sostenute. Come per i bilanci dei partiti, la legge attribuisce alla Presidenza della Camera il ruolo di garante di fronte ai cittadini per tali dichiarazioni.
E' compito infatti del presidente della Camera pubblicare un bollettino con tutte le dichiarazioni e fare in modo che ogni cittadino iscritto nelle liste elettorali possa conoscerle. Ma la Presidente della Camera Jotti ha sempre difeso la partitocrazia, non i cittadioni. Nel caso dei bilanci dei partiti, decise di adottare un modello di bilancio ridicolo, favorendo l'occultamento delle tengenti e dei proventi criminosi di cui "vivono" economicamente i partiti. Oggi, per le spese elettorali, ne ha garantito la sostanziale segretezza e conseguente impunità.
Le dichiarazioni sulle spese elettorali possono essere viste solo a Roma, solo la mattina dalle 9,30 alla 12,30 e non possono essere fotocopiate. Inoltre sono state cancellate le informazioni aggiuntive che alcuni deputati avevano inserito, ad esempio, sulla provenienza dei finanziamenti avuti.
I radicali, da soli ancora una volta, sono andati a controllare cifra per cifra. Molte dichiarazioni sono false.
Ed inalcuni casi, presi a campione, ciò è stato possibile dimostrare con matematica certezza. E' bastato infatti rilevare il solo spazio pubblicitario acquistato sui quotidiani e calcolarne il costo.
In molti casi esso è superiore al totale delle spese dichiarate!
Alcuni esempi nel solo collegio elettorale Milano-Pavia:
Tedeschi (Dc) dichiara 8 milioni circa e ha fatto inserzioni per oltre 17 milioni; Tesini (Dc) dichiara 6 milioni circa e ha fatto inserzioni per oltre 24 milioni; Baslini (Pli) dichiara una spesa complessiva di 50 milioni mentre solo le inserzioni sui quotidiani presentano un costo di oltre 54 milioni; Massari (Psdi) non dichiara spese per inerzioni e ne ha invece sostenute per quasi 2 milioni.
L'importanza di questi esempi non sta tanto nelle cifre, quanto nel fatto che essi "certificano" la falsità delle dichiarazioni in generale.
Quanti altri falsi verrebbero fuori se la magistratura o solo la Camera dei deputati disponesse una ricerca seria (e non difficile) a tappeto sulle fatture per materiale a stampa e per acquisto di spazi telvisivi?
E' quanto chiede un esposto, preparato insieme a Mauro Mellini, e rivolto al procuratore generale della Corte d'appello.
Non è sotto accusa tanto e solo il singolo deputato; è il metodo di questi partiti che si basa non su regole certe ma su brogli e falsi.
La truffa e il furto di informazione perpetrato dalla partitocrazia con la lottizzazione della Rai-Tv ai danni degli elettori trovano conferma anmche nelle vicende delle spese elettorali.
Ma forse lo scandalo maggiore è quello della Presidenza della Camera che invece di tutelare il diritto dei cittadini a conoscere per giudicare, tutela costantemente e scientificamente il privilegio dei partiti della partitocrazia e dei loro esponenti a mentire e ad essere impuniti.
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IL GIUDICE SCERIFFO
Martinazzoli ha capito finalmente quali sono i problemi della giustizia. Ha inteso parlare di giustizia disarmata. Bene, ha detto Martinazzoli, armiamo subito i giudici, così, con la pistola, assomiglieranno di più agli sceriffi del Far West. Non ci sono questi scocciatori di garantirsi che parlano sempre dei paesi anglosassoni? Anche il Far West è ed era un paese anglosassone, quindi sceriffiamo i giudici.
Scherzi a parte, la "sceriffizzazione" dei giudici sta a cuore non tanto a Martinazzoli, cui stanno a cuore molte altre cose che sa benissimo di non realizzare mai, ma a quelli che lo portano a cavezza. Quanto poi sia utile sul piano pratico questa rivoltella sotto la toga lo dice una semplice constatazione: quanti sono i pubblici ministeri, pretori, giudici istruttori che già la legge autorizza ad andare armati, che si sono difesi armi alla mano dai terroristi e dai mafiosi? Non era armata la scorta di Chinnici, Coco etc. sterminata assieme al magistrato?
E un'altra domanda. Quanti sono i magistrati che hanno dovuto pagare la tassa per il porto d'armi non essendo magistrati inquirenti e che sentono il bisogno della pistola a fianco?
Un'altra considerazione. Anche recenti episodi hanno fatto parlare di magistrati matti. Uno di essi si aggira con fare allarmante di quando in quando attorno al Palazzo di Montecitorio. Conosciamo le difficoltà che esistono per mettere fuori della magistratura uno che ammattisce. E' il prezzo dell'indipendenza della magistratura. C'è da scommettere che qualcuno di questi matti sarebbe lietissimo di essere sceriffizzato e di mettersi la pistola al fianco. Potrebbe essere imbarazzante negare il porto d'armi a un giudice, ma non sarebbe così difficile come mandarlo a casa e certamente sarebbe assai più imbarazzante sapere che un matto, giudice o no, vada in giro armato. Signor ministro Martinazzoli, chi glielo fa fare?
Mauro Mellini