Oggi con Tortora come ieri con NegriSOMMARIO: L'articolo ha lo scopo di spiegare come sia la candidatura di Tony Negri sia Quella di Enzo Tortora nelle liste del Partito Radicale non sia altro che una denuncia contro lo "scandalo" della carcerazione preventiva e delle leggi speciali. Infatti quanto si chiede con la candidatura di Enzo Tortora, non è un verdetto di assoluzione ma un decreto di libertà provvisoria, di scarcerazione per decorrenza dei termini.
(NOTIZIE RADICALI n. 62, 24 marzo 1984)
(Chiediamo un grande voto radicale anche per questo: per liberare la nostra giustizia e la nostra civiltà dallo scandalo della carcerazione preventiva e della barbarie delle leggi speciali)
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Chi ha parlato lo scorso anno di scandalo per la candidatura di Toni Negri, parla oggi di "scandalo" per la candidatura di Enzo Tortora. Come ieri quella di Toni Negri, quella odierna di Tortora è invece una candidatura contro uno scandalo: lo scandalo di una carcerazione preventiva senza termini, lo scandalo della barbarie delle leggi speciali che hanno travolto ogni certezza del diritto e ogni garanzia giuridica.
Innalziamo anche in queste elezioni la stessa bandiera: quella della civiltà giuridica, decisi a portare questo scandalo nel pieno dell'Europa, in quel Parlamento europeo eletto dai popoli di più antica tradizione democratica e liberale. E, come lo scorso anno, chiediamo un grande voto radicale anche per questo: per liberare la nostra giustizia e la nostra civiltà dalla vergogna della carcerazione preventiva e dalla barbarie delle leggi speciali.
Le liste radicali sono dunque anche le liste del candidato Enzo Tortora. Potevano essere le liste del candidato Tortora e del candidato Negri. Toni Negri non ha voluto. Ha preferito proseguire individualmente, da fuggiasco e da latitante, la sua vicenda personale, processuale e politica. Non se l'è sentita di fare quel che gli consigliavamo: di comportarsi per una volta da radicale e da nonviolento. Non se l'è sentita di affrontare la giustizia francese per un processo di estradizione che sarebbe stato di già una dura sentenza di condanna per la giustizia italiana. Non se l'è sentita di affrontare di nuovo il processo 7 aprile, neppure per le imputazioni ridotte e circoscritte dal giudizio di estradizione ad alcune ipotesi di specifici reati non associativi. Non se l'è sentita di affrontare con la lotta politica e giudiziaria il tempo che lo separava dalle elezioni europee. Non se l'è sentita probabilmente di ripetere la stessa prova elettorale dello scorso anno, questa volta al Parlamento europeo.
Certo noi non ignoriamo che sarebbe stata una lotta dura e difficile. Per noi come per lui. Ma sarebbe stata una lotta politica - sua, nostra, e dei suoi compagni rimasti in carcere - giocata all'attacco e non nell'attesa impotente del compimento di una sentenza già scritta (quella del 7 aprile) e dell'aggravarsi del processo di imbarbarimento della nostra società e del nostro Stato.
E sarà una lotta dura e difficile anche quella di quest'anno. Sia Tortora che noi sappiamo ciò che ci riservano i prossimi giorni e le prossime settimane. Tutte le armi del linciaggio politico e personale saranno usate. Tutta una serie incredibile di "prove" fino ad oggi inesistenti saranno - c'è da giurarlo - messe avanti. Non ci facciamo illusioni. Ma affronteremo la prova con la stessa determinazione dello scorso anno. La affronteremo pur sapendo che il diritto di difesa e di attacco è vanificato nella politica per i radicali come è vanificato il diritto di difesa nei processi per gli imputati.
Tutti coloro che si sono battuti in difesa di Enzo Tortora, (e va a loro onore) hanno giurato sulla sua innocenza (Tortora non cessa di gridare: non sono innocente, sono estraneo!).
A noi basta molto meno per candidarlo nelle nostre liste e per chiedere agli elettori di votarlo. Basta quell'articolo della Costituzione che proclama ogni cittadino innocente fino a sentenza passata in giudicato. Basta la considerazione che a un anno da quell'incredibile blitz in cui una vita e una carriera furono distrutte, sbattendo il "mostro", il "camorrista", l'"amico" di "Cutolo" in manette davanti a tutta Italia attraverso il video e i giornali, non è stato ancora celebrato il processo.
Come lo scorso anno per Toni Negri, quest'anno per Tortora noi non chiediamo agli elettori un verdetto di assoluzione. Chiediamo un decreto di libertà provvisoria, di scarcerazione per decorrenza dei termini. E chiediamo loro di emetterlo in base alle norme della Costituzione e contro le norme delle incostituzionali leggi fasciste o speciali.
Tra noi e Tortora non devono correre inutili parole di gratitudine. Il presentatore di "Portobello" che ha dato voce per tanti anni ai buoni sentimenti dell'Italia dabbene, ha conosciuto in prima persona l'Italia dell'inciviltà e della barbarie. E noi non siamo uomini da telegrammi inutili - ha ragione Enzo - né da facili mozioni degli affetti.
Di una cosa tuttavia gli siamo grati: di averci consentito di riproporre con la stessa forza di provocazione e di scandalo la stessa battaglia ingaggiata lo scorso anno, e di dimostrare che non saremmo venuti meno - né con Negri, né con i suoi compagni detenuti, né con gli elettori - agli impegni e alle responsabilità che ci eravamo assunti.
I Catoni del "vero" garantismo che si risvegliano soltanto per denunciare ed accorgersi degli "eccessi" radicali, hanno già alzato il loro dito ammonitore. E parlano di "errore" suo e nostro. E solo quando si candidano Negri o Tortora, scoprono lo scandalo dell'immunità parlamentare e la vergognosa discriminazione cui dà vita. Altro che garantisti. Autentici tartufi! Lasciamoli dire. Sappiamo di che pasta sono fatti.
Quando non c'è lo scandalo Negri o lo scandalo Tortora, per tutti costoro lo scandalo dell'ingiustizia sembra più accettabile, può essere più facilmente rimosso. E questa sola considerazione dà il sigillo dell'opportunità e della validità alle nostre scelte. E siccome solo nell'errore perseverare è diabolico, per noi perseverare è semplice coerenza: coerenza con i nostri princìpi, le nostre idee, con la lotta che abbiamo ingaggiato contro il regime dell'ingiustizia.