SOMMARIO: Il 10 gennaio 1984 è stato steso un accordo che prevede un programma di collaborazione per lo sviluppo dei reattori veloci senza che né i Parlamenti nazionali né quello europeo abbiano avuto al possibilità di discuterne opportunità ed implicazioni.
(NOTIZIE RADICALI n. 62, 24 marzo 1984)
Il 10 gennaio 1984, i governi di Italia, Francia, Germania Federale, Belgio, Olanda e Gran Bretagna hanno sottoscritto un accordo che prevede un programma di cooperazione per lo sviluppo dei reattori autofertilizzanti veloci che seguiranno al Superphénix, la cui entrata in funzione è prevista per quest'anno a Creys-Malville, in Francia. Secondo il più puro stile della politica nucleare, l'accordo è stato steso e poi firmato senza che i parlamenti nazionali e neppure il Parlamento europeo ne discutessero l'opportunità e le implicazioni.
Il problema dei reattori veloci è poco conosciuto, non solo dall'opinione pubblica ma dagli stessi politici che continuano a disinteressarsene, mentre rimangono ancora insolute numerose questioni tecniche, economiche e politiche poste da questa tecnologia.
Le origini della tecnologia nucleare, nata negli Stati Uniti, sono militari. Senza la spinta militare nessun programma per l'uso civile del nucleare avrebbe potuto nascere. Con i reattori veloci, che utilizzano come combustibile il plutonio - un elemento che non esiste in natura e che serve per la fabbricazione delle bombe atomiche - anziché l'uranio, il nucleare civile si riconnette al nucleare militare che lo ha originato.
I reattori veloci durante il loro funzionamento producono più plutonio di quanto ne consumano: per questo vengono chiamati "autofertilizzanti". L'adozione di questa tecnologia conduce quindi ad una moltiplicazione delle quantità di plutonio disponibili. I militari francesi hanno già manifestato esplicitamente il loro interesse allo sviluppo dei reattori veloci.
Dopo la crisi energetica del 1973, quando vennero poste le basi degli attuali programmi nucleari, la necessità di giungere alla commercializzazione dei reattori veloci venne sostenuta affermando che nel giro di qualche decennio le risorse di uranio si sarebbero esaurite e che i reattori veloci, con la loro capacità di produrre più combustibile di quello consumato, rappresentavano la soluzione ad ogni problema di approvvigionamento energetico. Anche questa previsione, come molte altre, è stata smentita dai fatti.
Nel 1951 le riserve di uranio che era possibile sfruttare convenientemente dal punto di vista economico erano stimate in 25 milioni di tonnellate. Queste valutazioni provenivano da fonte nucleare e precisamente dal consorzio di industrie costruttrici del reattore veloce prototipo francese Phénix. Nel 1973, quando si incominciò ad agitare il pericolo dell'esaurimento dell'uranio, le riserve mondiali vennero valutate in cinque milioni di tonnellate, cioè cinque volte meno di quanto si era affermato sedici anni prima. Oggi il mercato dell'uranio è caratterizzato da un pesante surplus produttivo con conseguente crollo dei prezzi; la ricerca di nuovi giacimenti, quindi, è stata in gran parte sospesa.
Questa eccedenza di uranio è dovuta alla riduzione dei programmi nucleari mondiali, senza eccezione alcuna.
D'altra parte, solo un programma molto esteso di centrali nucleari convenzionali può consentire l'avvio di un programma di reattori veloci: il plutonio necessario per avviare i primi reattori veloci deve essere infatti estratto dal combustibile esaurito dei reattori convenzionali, mediante un complesso procedimento chiamato "ritrattamento". Tutti gli impianti di ritrattamento in funzione nel mondo hanno sinora avuto un rendimento fallimentare dal punto di vista tecnico ed economico. L'impianto francese di La Hague, ad esempio, entrato in funzione nel 1976 con molti anni di ritardo rispetto al previsto, avrebbe dovuto ritrattare ogni anno 400 tonnellate di combustibile esaurito; in realtà, a causa di una serie di incidenti, tra il '76 e l'82 ha ritrattato solo circa 600 tonnellate. 600 tonnellate corrispondono alla quantità necessaria per la prima carica di plutonio del Superphénix (circa 5 tonnellate). Dopo quindici mesi di funzionamento del Superphénix, metà di questo plutonio dovrà essere a sua volta ritra
ttato; dovrà essercene quindi altrettanto disponibile per sostituirlo. Questi problemi sono tuttora irrisolti: eppure il Superphénix sta per entrare in funzione e i governi europei si accordano per sviluppare nuovi reattori veloci.
Secondo le stime ufficiali, la costruzione di un reattore veloce costa il doppio di quella di un reattore nucleare convenzionale. D'altra parte, i reattori veloci sembrano condividere con gli attuali reattori una caratteristica: l'inattendibilità dei preventivi di spesa. Nell'aprile 1977 il costo di costruzione del Superphénix venne stimato in 6 miliardi e 350 milioni di franchi francesi; l'ultima stima, effettuata nell'ottobre 1983, prevede una spesa di 19 miliardi di franchi, corrispondenti a 9 miliardi e 300 milioni di franchi al valore del 1977.