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Spadaccia Gianfranco - 25 marzo 1984
E' DI MODA IL RADICAL-CAMORRISMO
Caso Tortora e caso Rizziconi

di Gianfranco Spadaccia

SOMMARIO: L'assurdità della decisione del giudice istruttore sulla immunità parlamentare di Enzo Tortora. Il primo giorno di libertà utilizzato dal parlamentare europeo per visitare i suoi compagni del carcere di Bergamo e Giuliano Naria. L'autopsia spiega come e perché è morto Gerardo Cerone a Muro Lucano: un assassinio agghiacciante. Il "caso Rizziconi": la pretesa notitia criminis trasmessa da Marco Pannella al procuratore generale di Reggio Calabria. Una risposta a Segio Turone. Legge Piccoli: facciamo subito il punto sui rinvii del governo e sul decreto Andreotti.

(NOTIZIE RADICALI N. 67, 25 marzo 1984)

Durante la campagna elettorale, i giudici di Napoli avevano provato a costruire, con lettere di pentiti e di camorristi, e con una valanga di veline, la tesi di una camorra tutta mobilitata in sostegno della candidatura di Enzo Tortora e delle liste radicali. Erano i giorni - giova ricordarlo - in cui Marco Pannella veniva aggredito in piazza a Muro Lucano da un imprenditore da lui pubblicamente accusato di pratiche camorristiche, e in cui lo stesso Pannella infliggeva a Napoli alcuni colpi ad una camorra lasciata fino ad allora impunita a gestire bische clandestine nei migliori e più autorevoli circoli della borghesia napoletana.

Il successo elettorale del Partito radicale aveva messo a tacere questi vergognosi tentativi di linciaggio politico e morale. E' stato invece un compagno radicale, Sergio Turone, armato di sacro furore moralizzatore, a sollevare il "caso" di Rizziconi, un paesino della Calabria, dove i voti radicali sono passati dai poco più di trenta del 1983 ai 317 del 1984: una decuplicazione sospetta, secondo Turone, favorita dal sostegno della famiglia di un noto mafioso incarcerato, e addirittura da pressioni indebite sui votanti. Marco Pannella ha subito annunciato che avrebbe inoltrato al procuratore generale di Reggio Calabria la "notitia criminis" denunciata da Turone, secondo una prassi ed un costume cui non siamo mai venuti meno. Mauro Mellini ha pacatamente dato una spiegazione del "caso Rizziconi", in parte dovuta alla sua attività di parlamentare e di avvocato che lo ha portato ad occuparsi di alcuni abusi giudiziari e di alcuni episodi di "pentitismo". Il compagno De Stefano - che fece a Reggio Calabria una c

ampagna elettorale, insieme a Pannella, denunciando in piazza nomi e cognomi di noti mafiosi - ha spiegato che la mafia non sposta in quelle contrade poche centinaia di voti; se si mobilita ne sposta migliaia.

Come era prevedibile, un settimanale ha immediatamente intinto il suo pane sul "caso Rizziconi". E lo stesso Sergio Turone si è preoccupato di tornare sull'argomento in una lettera a "Repubblica", irritato per alcune forse eccessive, anche se spiegabili, reazioni di Enzo Tortora dai microfoni di Radio Radicale. In questo scritto non mi sembra che si faccia alcun riferimento né alla immediata iniziativa di Marco Pannella, né alle precisazioni di Mauro Mellini.

Probabilmente mi meriterò da Sergio un'altra accusa di intolleranza. Già in Consiglio federale, quando mostrò di meravigliarsi per l'ipersensibilità che ci caratterizza di fronte a quello che ha definito un "dissenso" da sinistra, cercai di spiegarli i motivi di questa ipersensibilità: le accuse di "radical-fascismo", di "radical-brigatismo", e oggi - perché no? - di "radical-camorrismo" ci sono sempre venute "da sinistra". E sappiamo fin troppo bene come i peggiori tentativi di linciaggio siano passati attraverso la valorizzazione esterna di dissensi interni, appunto "di sinistra". E' dal bere e farci bere questa "cicuta" che abbiamo tentato di dissuadere Sergio Turone, con spirito di amicizia, ma anche con tutta la determinazione e l'intransigenza di cui siamo capaci nel difendere la verità della nostra storia, della nostra politica e della nostra immagine.

 
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