Rosso e verde in Italiadi Mario Signorino
SOMMARIO: Ciò che avevamo temuto e denunciato prima delle elezioni si sta verificando. I Grünen rifiutano la costituzione di un gruppo politico omogeneo, costituito da verdi, ecologisti e radicali, e accettano l'espulsione dal gruppo "Arcobaleno" degli eletti del Partito radicale, patrocinata dalla filocomunista Luciana Castellina, dai nazionalisti danesi e dal gruppo di destra Volksunie. Dietro l'alibi del "gruppo tecnico" si tenta perciò una equivoca operazione politica. A questo proposito, riportiamo qui un comunicato degli eurodeputati radicali e i due articoli pubblicati dagli Amici della terra sul "manifesto" prima delle elezioni europee.
(NOTIZIE RADICALI N. 67, 25 marzo 1984)
Davvero conta meno di Pietro Longo? Meno di tre punti di scala mobile? Meno ancora della candidatura di Moravia? Fatto sta che di ecologia non si parla, neanche un cenno a uno dei temi che più peserà nella politica europea e che già tanto ha contato in Italia. Che significa: che l'ecologia non poteva in alcun caso superare una breve stagione di moda?
Non lo crediamo; la risposta è più articolata e, insieme, più grave. L'ecologia ha sofferto per carenza di politica e per cattiva politica. Il primo elemento da considerare è la regressione dell'ecologismo sorto nell'area del movimento operaio minoritario. Qui le ambizioni politiche del "verde" sono state progressivamente soverchiate da una rivendicazione settoriale, tipico del modo di far politica della sinistra di derivazione marxista. Non a caso, ad esempio, si è collocata l'importanza della controversia energetica, che comunque interessa la politica industriale, ma si è rimasti estranei alle iniziative contro la caccia. In una visione di sinistra convenzionale, la caccia non è cosa seria, come non seria è stata a lungo considerata l'ecologia. Così non sono state realmente chiarite le implicazioni teoriche delle lotte che pur si facevano; né ci si è chiesti come mai, in queste lotte, i nemici non fossero "i padroni" ma anche - o soprattutto - il partito comunista e il sindacato.
L'ecologismo è così servito a ridar fiato alla sinistra minoritaria, che ne è stata influenzata nei modi di agitazione (e nel folklore) ma quasi nulla negli obiettivi politici e negli schemi teorici. In queste condizioni, il "verde" non poteva affermarsi come protagonista politico: inserito in contesti politici ad esso ostili o non appropriati, è stato di fatto depoliticizzato. E i vecchi partiti hanno preso il sopravvento.
Oggi bisogna prendere atto che i gruppi sorti nell'area della sinistra minoritaria o sono morti o gravitano tutti, in diversa misura, attorno alla Lega ambiente dell'Arci: vale a dire, nel "dopolavoro" della sinistra tradizionale, normalmente impegnata su posizioni opposte. Di conseguenza, hanno ripreso fiato le correnti protezionistiche moderate, che ancor oggi vagheggiano governi di tecnici e ipotesi politiche conservatrici, insensibili persino ai problemi dei diritti civili. C'è da meravigliarsi se sia riuscito soltanto l'innesto dell'ecologismo nella politica radicale, omogenea, per la sua natura, ad esso?
Pare ora che ci si indirizzi verso una sorte del sindacalismo dell'ambiente, un po' corporativo, fondamentalmente apolitico e soprattutto molto "ragionevole". da qualche anno, anzi, agisce una Triplice ecologica - Italia Nostra, Lega ambiente, Wwf - e non è che sia più coraggiosa o dinamica della federazione Cgil-Cisl-Uil. Questa Triplice verde si sta battendo adesso per ottenere il finanziamento pubblico: proprio come i partiti della partitocrazia. Come i partiti responsabili dell'inquinamento e che oggi appoggiano caldamente la richiesta di finanziamento. Italia Nostra ha già ottenuto 500 milioni l'anno, Wwf e Lega ambiente li avranno tra poco. Antagonisti? Alternativi?
Questo verde ha poco da dire sul piano politico: alla politica ha rinunciato. Non bastano le gite in bicicletta o il ritrovarsi in qualche circolo. Non basta tener gli occhi fissi sul proprio oggetto d'interesse, senza mai alzarli per vedere quel che avviene nel regime, anche al di là dei problemi ambientali o dei missili di Comiso. O magari coprendo la propria inerzia con quel "rifiuto della politica" che fa tanto alternativo ma produce solo qualunquismo o resa al potere. Ma davvero, perché mai in queste elezioni si dovrebbe parlare di ecologia?
A noi non piace essere soli nelle battaglie. Speriamo quindi che anche i verdi non radicali tornino a interessarsi di politica, non con mentalità da sindacalisti ma con modi, attenzione e strumenti adeguati alla qualità e alla gravità dei problemi.
Non è solo o tanto un problema di lavoro culturale, serve innanzitutto iniziativa politica. E' quel che manca ai resti del "movimento". E' quello che il Partito radicale rivendica con orgoglio, per il passato e per il futuro.