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Signorino Mario - 25 marzo 1984
L'INCROCIATORE SCALFARI
L'"Espresso" delle grandi manovre

di Mario Signorino

SOMMARIO: Cacciato Zanetti, l'incrociatore "Espresso" ha aperto il fuoco prima ancora di salpare le ancore. Ha fretta di portarsi nella scia della portaerei "Repubblica" e del suo progetto vale a dire, un nuovo governo di unità nazionale con il Pci o un "governo del presidente", che dovrebbe mettere ordine nella crisi del paese. Si punta a risolvere il "caso italiano" con uno strappo definitivo dai valori e dalle radici, inequivocabilmente liberali, radicali e socialiste, che hanno nutrito la storia incompiuta della democrazia italiana. Il tutto, in nome dell'efficienza e delle superiori esigenze della produzione.

(NOTIZIE RADICALI N. 67, 25 marzo 1984)

Quel primo numero dell'"Espresso" firmato da Valentini tutto dedicato al "Gran finale" della Repubblica, quella cena di luglio sulla terrazza Scalfari... L'esercito editoriale dell'ex allievo di Arrigo Benedetti e di Pannunzio ha assunto ormai lo schieramento di battaglia e viene allo scoperto. Quella sera di luglio, sulla terrazza di Scalfari sono riuniti i possibili ingredienti di una svolta politica: De Mita, Rognoni e Carli per la Dc; Reichlin e Tatò per il Pci; La Malfa per il Pri; socialisti inquieti come Ruffolo; vari ed eventuali. Menu: governo del presidente, compromesso storico, crisi, non crisi.

Lo stesso menu di quel primo numero dell'"Espresso" gestione Valentini. Copertina e servizio d'apertura dedicati al "progetto" (così lo definisce il sommario) di Scalfari: vale a dire, un nuovo governo di unità nazionale con il Pci o un "governo del presidente", che dovrebbe mettere ordine nella crisi del paese "per lasciare poi il campo al regime dell'alternativa democratica". Non è una frase nuova, sotto i minareti di Ankara.

Per Scalfari, questo progetto dovrebbe costituire il primo passo verso un nuovo blocco storico, utilizzando un personale politico svincolato dalle rigide etichette di partito e mutando anche formalmente le anguste regole costituzionali.

Questa è l'ambizione. In sostanza, si punta a risolvere il "caso italiano" con uno strappo definitivo dai valori e dalle radici, inequivocabilmente liberali, radicali e socialiste, che hanno nutrito la storia incompiuta della democrazia italiana. Il "fantasma liberale e socialista", che ha ispirato l'inquieta polemica riformatrice del post-risorgimento, andrebbe messo definitivamente in soffitta. Il tutto, in nome dell'efficienza e delle superiori esigenze della produzione: valori vecchi, anche nella terminologia, estranei alle novità culturali e alle problematiche diverse del nostro tempo.

Gli stessi valori che finora hanno sempre pesato e vinto, nella storia dell'Italia contemporanea, contro i valori radical-liberali e socialisti. Li ritroviamo nei libri di scuola, nelle forme diverse che di volta in volta hanno assunto a seconda delle situazioni: la chiusura conservatrice del processo risorgimentale, contro il federalismo di Cattaneo; il patto oligarchico e corporativo del regime giolittiano - con l'abbandono del Mezzogiorno al sottosviluppo, ai mazzieri e a una classe politica corrotta - contro la crescita del socialismo e la critica antiregime di Salvemini; il fascismo e, ancora, il corporativismo elevato a sistema come risposta strategica alla domanda di democrazia e alla crisi dello Stato liberale (in Italia e in Europa); nel secondo dopoguerra, la partitocrazia e, ancora, il corporativismo come antidoti all'utopia democratica della Costituzione del '48... E oggi il "patto tra produttori", il "commissariamento" della Repubblica teorizzato da De Benedetti, come risposta di efficienza alla

crisi del sistema di gestione partitocratica del potere. Insomma, il progetto di un nuovo regime che avverte ormai il bisogno di manifestarsi, di ufficializzarsi.

I punti di riferimento? Quanto agli strateghi, è lo stesso "Espresso" a indicarli: Scalfari, De benedetti, Visentini, nell'ordine. Quanto agli ingredienti, basta la lista degli invitati a quella cena: la Dc di De Mita, il Pci, parte della grande industria; in ultimo, il presidente Pertini, sempre più lisciato e adulato, cui si fa balenare l'appoggio per un rinnovo del mandato e che sulla copertina dell'"Espresso" viene raffigurato in atto di sollevare il sipario sul trio Natta-De Mita-Spadolini.

Ci sono infine i nemici. Quelli da cancellare, come i radicali, che l'"Espresso" nemmeno nomina, anche se sono gli unici a denunciare da anni il progetto Scalfari-De Benedetti. Quelli da umiliare, perché non disturbino più i giochi dei grandi, come Craxi e i suoi. Quelli da condizionare, come Agnelli e Romiti ("Superfalco", lo chiama l'"Espresso"), perché restii al Grande Abbraccio.

Così, cacciato Zanetti, l'incrociatore "Espresso" ha aperto il fuoco prima ancora di salpare le ancore. Ha fretta di portarsi nella scia della portaerei "Repubblica": siamo in piena estate, periodo d'oro per le manovre grandi e piccole. Ma chissà: forse il grande progetto, venendo allo scoperto, ha posto le condizioni del proprio fallimento...

 
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