di Gianfranco SpadacciaSOMMARIO: Commento alla sentenza comminata dal Tribunale di Potenza per un manifesto antiastensionistico al sindaco di quella città.
(NOTIZIE RADICALI n. 64, 28 marzo 1984)
Roma, 16 marzo -. Il deputato radicale Gianfranco Spadaccia ha questa mattina rilasciato la seguente dichiarazione:
"I giornali, nel riferire della condanna a quattro mesi, comminata dal Tribunale di Potenza per un manifesto antiastensionistico, del sindaco di quella città, a volte esplicitamente, più spesso implicitamente e indirettamente, suggeriscono l'idea di un'ingiustizia, di un sindaco vittima di un tribunale stravagante. Un titolo come questo, "Condannato il sindaco per aver invitato a votare" è l'esempio più tipico di quest'indiretta suggestione, che è ben peggiore di un commento esplicito di critica della sentenza; perché, messe così le cose, il lettore può così ragionare: il sindaco presiede alle operazioni elettorali, le elezioni sono il momento più importante della vita politica di una democrazia, il voto è un diritto ma è anche un dovere, che altro o deve fare un sindaco se non invitare a votare? Magari qualche lettore, che si sia fermato al titolo, può aver pensato che il sindaco di Potenza sia stato condannato per aver affisso il manifesto in cui avverte gli elettori della data delle elezioni e comunica gl
i adempimenti di legge.
Nessun giornale naturalmente ricorda il clima di quelle elezioni. Ci fu un Partito in quelle elezioni che arrivò a contestare la democraticità, e parlò di truffa partitocratica. Era il partito radicale, che propagandò lo sciopero del voto, e per meglio propagandarlo presentò proprie liste. Da quel momento questo divenne argomento centrale della campagna elettorale. Naturalmente si scatenarono tutti - sindacati, vescovi, e sindaci - contro l'appello del Partito radicale. Gli appelli al voto ebbero tutto lo spazio, le ragioni del Partito radicale e degli astensionisti nessuno.
In quella circostanza i sindaci di tutti i partiti intervennero nella campagna elettorale con un manifesto: "Non dargli retta", diceva quel manifesto. Non dar retta a chi? Naturalmente ai radicali. E senza possibilità di replica. Senza che nessuno di quei sindaci che si comportano come partitocrati affrontasse una delle denunce, uno degli argomenti portati dai radicali. Era un'iniziativa indebita, chiaramente illegittima.
Ora i giornali, che non si comportarono diversamente dai sindaci, corrono a dare una mano al sindaco di Potenza senza neppure ricordare come finirono le cose. Una legione di astensionisti, di schede bianche e nulle si aggiunse al già forte esercito degli scioperanti del voto, e a questi si dovette aggiungere il mezzo milione di voti del partito dei pensionati, il successo delle liste autonomistiche, il voto radicale".