di Gianfranco SpadacciaSOMMARIO: Si ripercorre l'iter della proposta di legge che prevede "interventi urgenti e straordinari diretti ad assicurare, entro il 1984, la sopravvivenza di almeno 3 milioni di persone minacciate dalla fame, dalla denutrizione e dal sottosviluppo". Le prime battaglie "procedurali in Commissione, la contrapposizione con la proposta di legge presentata dal deputato democristiano Bonalumi, il veto comunista.
(NOTIZIE RADICALI n. 64, 28 marzo 1984)
Centocinquattaquattro deputati presentano ufficialmente alla Camera, il 27 marzo, la proposta di legge che prevede "interventi urgenti e straordinari diretti ad assicurare entro il 1984, e comunque entro 12 mesi, la sopravvivenza di almeno tre milioni
di persone minacciate dalla fame, dalla denutrizione e dal sottosviluppo...". Il primo firmatario è il presidente della Dc Piccoli, il secondo firmatario il capogruppo Psi della Camera Formica, e poi il capogruppo democristiano della Camera Rognoni, il liberale Battistuzzi, il capogruppo socialdemocratico Reggiani, il segretario del Pr Cicciomessere.
Una settimana più avanti, il 3 aprile, la Presidente della Camera ne pone in votazione la procedura d'urgenza, approvata all'unanimità. Il pomeriggio dello stesso giorno ne annuncia la assegnazione in sede referente alla Commissione esteri. E' qui che avviene il primo confronto procedurale fra i diversi schieramenti che si sono delineati dal momento che è stata resa nota alla stampa l'ampia convergenza politica verificatasi intorno al progetto di legge.
Il radicale Spadaccia propone al presidente della Commissione, il repubblicano Giorgio La Malfa, di scegliere una procedura che non dia la sensazione di essere di già una scelta politica surrettizia. Oltre alla proposta di legge Piccoli, esistono infatti una serie di altre leggi già presentate all'inizio della legislatura: due di esse (le proposte di legge di iniziativa popolare promosse dai sindaci) coincidono in pratica almeno negli obiettivi con quella Piccoli, un'altra invece presentata dal deputato democristiano Bonalumi ripropone lo stesso testo che costituì il risultato finale del dibattito della scorsa legislatura che prese le mosse dalla legge dei sindaci. In pratica quest'ultimo pdl negava ogni politica di intervento straordinario annegando le misure di urgenza all'interno di una macchinosa riforma della legge 38 che regola gli aiuti allo sviluppo dei paesi del Terzo mondo.
Spadaccia propone di separare la riforma della 38 dall'intervento straordinario prevedendo unica iscrizione all'ordine del giorno, dibattito unico, esame disgiunto delle due leggi e distinti relatori. La soluzione e espressamente prevista dal regolamento. Il Presidente La Malfa, facendo uso dei suoi poteri, prevede invece l'abbinamento delle proposte di legge, quelle già presentate e quelle ancora da presentare, in un unico dibattito, e ne assegna la relazione a Bonalumi, esplicito avversario della politica di intervento straordinario.
La prima "manche" è persa dai sostenitori della legge Piccoli. Il confronto si sposta sui tempi. I radicali propongono l'immediato inizio del dibattito. I comunisti propendono per un rinvio a dopo la conclusione dello scontro parlamentare sulla scala mobile; in pratica a dopo Pasqua. Prendendo atto del dissenso, il Presidente La Malfa ne investe la commissione in sede plenaria.
Il giorno successivo Pannella in commissione sostiene l'opportunità di un inizio immediato del dibattito. Fa osservare che durante un ostruzionismo si ha il "plenum" della presenza parlamentare dei deputati alla Camera, con la massima parte ad occupare il transatlantico e la "bouvette". Esiste quindi l'opportunità di impiegare utilmente questo tempo per completare il compito referente della Commissione in modo di consegnare all'aula il lavoro legislativo al più presto e mettere in condizione la Camera di approvarlo prima di Pasqua. Fa osservare che dai comunisti vengono preoccupazioni sui tempi e che - anche se con soluzioni diverse - anch'essi parlano di urgenza. La proposta viene sostenuta dai democristiani Piccoli e Pontello, e dal socialista Intini, osteggiata dal missino Tremaglia e da Luciana Castellina ("i morti di fame ci sono sempre stati e continueranno ad esserci; non c'è nessuna urgenza"); i comunisti incerti ma non pregiudizialmente chiusi. Alla fine passa una soluzione intermedia: la commission
e comincerà l'esame delle leggi lunedì 9 aprile durante l'ostruzionismo.
Il primo problema diventa ormai quello dei tempi: fra i congressi di partito che ancora si devono svolgere (sono previsti quelli del Psdi e del Psi), l'ostruzionismo comunista sulla scala mobile, l'interruzione di Pasqua, l'interruzione delle elezioni europee, le sedute utili dei due rami del Parlamento sono pochissime. Occorre lasciare un tempo adeguato al Senato per la seconda lettura, e non è pensabile che questo argomento possa essere discusso a ridosso delle elezioni europee. Questo diventa di conseguenza il primo metro di misura della volontà politica di affrontare seriamente il problema. Dai tempi dipende anche la disponibilità a superare positivamente le divergenze sui contenuti. Già nel 1982 abbiamo verificato che i tempi lunghi corrispondono all'annegamento di ogni volontà politica e alla nascita di pastrocchi legislativi affossatori di ogni seria politica di intervento contro lo sterminio per fame.
"L'estremo tentativo di dialogo"
La nuova legge è ormai incardinata alla Camera. Abbiamo superato la prima difficilissima prova di far di nuovo nascere una positiva convergenza parlamentare intorno a un progetto di legge che riproponesse nella sua integrità l'obiettivo della proposta dei sindaci: la salvezza di tre milioni di vite; una politica di sviluppo fondata sulla salvezza delle vite, anziché sul loro sterminio. Ma si è superata anche la seconda prova, quella della rabbiosa reazione degli interessi che si sono ritenuti colpiti o minacciati e che hanno fatto di tutto nell'arco di due settimane per travolgere l'iniziativa politica, per fermare e far subito fallire la proposta di legge Piccoli, per tentare di dissolvere la convergenza politica di 154 parlamentari.
Il progetto di legge e i 154 parlamentari hanno retto alla prova, Lo scontro politico - come dimostrano queste stesse polemiche - è aperto ed è di nuovo centrale. Per questo possiamo ora parlare di tempi e di contenuti.
Roberto Cicciomessere, Francesco Rutelli, la giunta federale erano partiti dalla "presa d'atto" delle loro dimissioni del consiglio federale del 14 e 15 gennaio, e dall'invito dello stesso Consiglio federale a compiere un estremo tentativo di dialogo con le forze politiche, sociali, culturali, religiose.
Questo tentativo di dialogo avviene su piani diversi: da una parte iniziative rivolte a un largo numero di interlocutori; dall'altra lettere, richieste di colloqui e di incontri alle massime autorità dello Stato, e ai vertici delle forze politiche e sociali.
Fra le prime segnaliamo in particolare il numero straordinario di "Notizie Radicali", preceduto da una lettera di tutti i vescovi italiani, di Cicciomessere, inviata ai parroci, agli Ordini religiosi, a un vasto indirizzario di missionari.
I primi incoraggiamenti
Il dialogo "di vertice" con le autorità e con le forze politiche sembrò confermare il giudizio privo di speranza del Consiglio federale e degli organi esecutivi. Ci sono però, oltre al consueto incoraggiamento che ci viene dal Quirinale, due interlocutori che ci invitano e ad andare avanti nel nostro tentativo. Il primo è Renato Zangheri, firmatario della proposta di legge dei sindaci, ed ora membro della segreteria del Pci. Il secondo è il Presidente del Senato Francesco Cossiga. Zangheri ci assicurò che avrebbe esplorato nel suo partito e ci avrebbe messo in contatto con altri compagni. Cossiga ci espresse l'opinione che esistevano all'interno della Dc le condizioni e le volontà per promuovere un progetto di intervento di grandi ambizioni contro lo sterminio per fame. Entrambi ci dissero che, secondo loro, bisognava procedere a un intervento legislativo e che non si potevano lasciare le cose come stavano.
Roberto Cicciomessere, con Peppino Calderisi e con Emma Bonino, si misero a lavorare subito a un progetto di legge, ricorrendo al consiglio e all'ausilio di esperti degli organismi delle Nazioni Unite e alla consulenza amministrativa e legislativa di alti funzionari dello Stato. Ne nacque subito una prima bozza che poi ha subito successivi aggiustamenti, modificazioni, integrazioni.
Contemporaneamente Mario Signorino e Marcello Crivellini trasformano gli uffici radicali del Senato in un improvvisato centro-studi per sottoporre ad un attento esame, a un bilancio critico, tutti i dati ufficiali sugli stanziamenti destinati allo sviluppo. Comincia già a gennaio il lavoro che produrrà poi il dossier "Dagli aiuti ci guardi Iddio...".
Maria Teresa Di Lascia, all'interno della Giunta, si occupa del coordinamento con Radio radicale e comincia - all'interno del partito e fuori di esso - a raccogliere le adesioni ad un digiuno collettivo di cui aveva prospettato le caratteristiche al Consiglio federale. Altri compagni si occupano di altri fronti: Spadaccia si unisce a Negri, Mellini e Teodori in Parlamento, oltre a collaborare al lavoro della Giunta, Adelaide Aglietta prosegue le iniziative sulle carceri (a marzo scade di nuovo la proroga dell'art. 90), e prepara un convegno e una proposta di legge sulla regolamentazione televisiva delle elezioni.
A febbraio, grazie all'aiuto di Zamberletti e di Fiori (membri del comitato parlamentare promotore del convegno di aprile insieme a Fortuna, alla comunista Giglia Tedesco e ad Emma Bonino), e dello stesso Cossiga, si cominciano ad avere i primi incontri significativi: con Piccoli, con il ministro del Tesoro Goria, con il ministro del Bilancio Longo, con il ministro degli Interni Scalfaro, con il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Amato. Da questi incontri si hanno i primi segni incoraggianti, le prime disponibilità ad una convergenza politica.