di Mario signorinoSOMMARIO: Il Pci ha ilustrato la sua proposta di legge sulla cooperazione allo sviluppo che però denota tutti i vizi della fretta e non riesce a conciliare gli elementi di novità politica con una visione burocratica dell'azione pubblica. L'unico senso politico di questa iniziativa si ricava dala contrapposizione a quella radicale. A livello di analisi e di giudizio sulla situazione esistente, la proposta comunista è molto simile a quella radicale: per il Pci, però, l'intervento straordinario andrebbe affidato ad una sezione speciale del Dipartimento per la cooperazione allo sviluppo, la figura cioé che ha fallito nella gestione attuale degli aiuti ordinari. Evidentemente se si cerca di affossare la proposta radicale vuol dire che si è colpito nel segno. Viene altresì riportata la polemica con l'onorevole Andreatta. Se però il Pci ritiene necessario un intervento straordinario contro la fame, perché invece di attaccare non si propone in un dialogo positivo?
(NOTIZIE RADICALI n. 64, 28 marzo 1984)
Stavolta la montagna non ha partorito il topolino ma un pachiderma, un progetto afflitto da una straordinaria dose di farraginosità e burocratismo. Adesso sappiamo in base a quali analisi e programmi il partito comunista ha scelto una linea di rottura con la nostra iniziativa contro lo sterminio per fame. La risposta è venuta dal convegno tenuto il 2 e 3 aprile a Roma per illustrare, appunto, la proposta di legge comunista sulla cooperazione allo sviluppo.
Già la scelta della sede non è sembrata molto "obiettiva": quell'Istituto italoafricano che ha ricevuto dal ministero degli Esteri poco meno di 15 miliardi in tre anni. Ed anche il pubblico chiariva bene il tipo di operazione politica in corso: il variegato mondo degli addetti ai lavori, dei volontari, dei professionisti, degli istituti che operano nel campo degli aiuti al Terzo mondo; compatti, pare, contro la nostra iniziativa e a difesa dello statu quo, estremamente disponibili dunque nei confronti dell'unico partito che si batte apertamente contro di noi.
In questa occasione i dirigenti comunisti hanno ammorbidito i toni aggressivi della polemica, preferendo puntare le loro carte sullo spessore e sulla serietà della loro proposta contro l'improvvisazione e la demagogia della nostra, contro (chissà che cosa c'entra) la "politica come spettacolo". Ma l'esito non è stato entusiasmante.
La loro proposta di legge ha tutti i vizi della fretta e non riesce a conciliare gli elementi di novità politica, che hanno dovuto accettare, con una visione burocratica dell'azione pubblica.
L'unico senso politico di questa proposta si ricava, in negativo, dalla contrapposizione alla nostra e dalla difesa della struttura esistente. E' cioè l'ennesimo tentativo di aggiustamento e miglioramento del sistema degli aiuti, l'ultimo di tanti già falliti in questi decenni. Né esiste alcun elemento che possa far sperare che stavolta il tentativo abbia successo.
La cosa curiosa è che, a livello di analisi e di giudizio sulla situazione esistente, la posizione del Pci coincide in molti punti con la nostra. La divaricazione nasce, con un salto politico nient'affatto chiaro, quando si tirano le conseguenze operative.
Intervento straordinario contro la morte per fame? Anche il Pci - finalmente - è d'accordo. Ci rimprovera anzi di essere troppo poco frettolosi, di rischiare di perdere troppo tempo con una proposta di legge quando il tutto si potrebbe decidere per vie più brevi. La stessa accusa che ci viene dalle associazioni del volontariato. E pensare che in questi cinque anni siamo stati accusati proprio di fretta eccessiva di fronte a problemi complessi che richiedono tempi lunghi.
Ne prendiamo atto volentieri: il Pci, su questo punto, è venuto sulle nostre posizioni e rischia anzi di sopravanzarci. Tuttavia la sua è una proposta riduttiva, sia per gli stanziamenti (560 milioni nel 1984) sia soprattutto sul piano politico e operativo. L'intervento straordinario infatti, secondo il Pci, andrebbe affidato a una sezione speciale del Dipartimento per la cooperazione allo sviluppo, diretta anch'essa da un funzionario degli esteri e non da un politico; andrebbe cioè affidato alla stessa struttura che ha fallito nella gestione attuale degli aiuti ordinari. Non sembra una gran trovata, ma è quel che rimane quando si è presa la decisione politica di rifiutare l'istituzione dell'Alto commissario.
La lotta contro la fame diventa, nella proposta comunista, un settore permanente e marginale della tradizionale politica degli aiuti. Certo, il Pci chiede, fra l'altro, che i fondi per l'aiuto pubblico allo sviluppo vengano annientati fin dal 1985 allo 0,7% del prodotto nazionale lordo (un'altra delle richieste che, quando erano avanzate da noi, suscitavano scandalo). Ma intende far gestire questi fondi da quello stesso Dipartimento che oggi non riesce a spendere nemmeno i fondi assai più limitati già stanziati nel bilancio dello Stato.
Il Pci chiede anche una riforma del Dipartimento. Ma le misure proposte riprendono e aggravano l'intrico di competenze già esistente e la burocratizzazione della struttura ministeriale. Basta un rapido elenco: il Cipes (Comitato interministeriale per la politica economica estera), con l'aggiunta di una segreteria, formula gli indirizzi della politica di cooperazione; il Comitato consultivo di 36 membri esprime pareri e formula raccomandazioni; il Comitato direzionale determina le direttive operative; ci sono poi una sezione speciale del Comitato consultivo, una commissione di 11 membri che esprime pareri sulla nomina di esperti e persino un Comitato regionale per la cooperazione allo sviluppo. E' anche prevista l'istituzione di un albo professionale per gli operatori del settore, e in più la partecipazione a tutti i livelli istituzionali e operativi di rappresentanti di comuni, province e regioni, sindacati, associazioni giovanili, volontari e chi più ne ha più ne metta. Tutto l'armamentario del regime che v
iene proiettato su questa attività in espansione.
Infine c'è il Dipartimento e, al suo interno, la sezione speciale per la fame nel mondo. Ma non si capisce, se anche fossero in grado di funzionare - e non lo sono -, come farebbero a muoversi in questo sviluppo di competenze, enti, interessi che basterebbero a paralizzare anche un vulcano.
Come logica, non c'è male: il Dipartimento non funziona? Bene, affidiamogli anche la fame nel mondo. Il ministero degli Esteri non ha mai assolto in modo soddisfacente ai suoi compiti d'indirizzo e di vigilanza? Bene, aggraviamo le impalcature burocratiche e Santa Rita farà il miracolo. Gli aiuti italiani ai paesi sottosviluppati non sono serviti a nulla? Continuiamo sulla vecchia strada e anzi aumentiamoli. Tutto va bene pur di non rischiare, accettando la proposta radicale e soprattutto l'istituzione di un Alto commissario, di avviare una politica effettivamente nuova per la quale il partito comunista è ancora obiettivamente impreparato.
Se questa posizione passasse, continueremmo ad avere uno spreco scandaloso di risorse finanziarie con l'aggiunta dell'"angolo della fame nel mondo" affidato alla sottosezione del Dipartimento con un 20% degli stanziamenti. La politica alternativa, seria, poderosa, nemica dell'improvvisazione radicale, del maggior partito della sinistra è tutta qua.
ABBIAMO COLPITO GIUSTO
Prima ancora che la legge Piccoli-Formica fosse presentata, ammaestrati dai rischi già corsi nel 1982, quando dopo l'appello dei Nobel e l'iniziativa dei sindaci fummo sul punto di strappare un grande impegno di pace e di vita, anche questa volta tutti gli interessi, piccoli e spesso mediocri e parassitari, si sono mobilitati per affossarla. Hanno trovato giornali e giornalisti che si sono disinteressati sempre della questione, e che se ne interessano oggi, senza conoscere la legge e il progetto che essa propone, solo per dare una mano a tentare di far fallire la grande convergenza di speranza e d'iniziativa che si è realizzata.
E' la prova che abbiamo colpito giusto. La piccola lobby che ha messo le mani sulla politica di cooperazione allo sviluppo, affidata a una burocrazia ministeriale succube delle sue pressioni, si sente minacciata e mette in atto tutta la sua influenza. Ha trovato naturalmente due potenti alleati: il Pci che in questo momento più che mai subordina ogni scelta politica alla sua minacciata strategia di potere e di divisioni esistenti all'interno degli altri partiti della partitocrazia ogni volta che si tratta di scegliere seri progetti politici.
La lotta è tuttavia ingaggiata. E non sarà a questi interessi facile impedirla e vincerla.
CARTA STAGNOLA
Roma, 26 marzo -. "Lo tradurrò e lo manderò ai responsabili per la cooperazione di Paesi come l'Olanda, la Svezia e il Canada, dove studiano questi problemi da trent'anni": è quanto ha promesso e minacciato l'on. Beniamino Andreatta, commentando in una dichiarazione a "Panorama" il progetto di legge Piccoli-Formica. L'ex ministro del Tesoro ha definito il progetto "una nuova prova dell'analfabetismo italiano" e "una raccolta di carta stagnola da cioccolatini".
Il deputato radicale Gianfranco Spadaccia gli ha inviato subito le traduzioni in inglese e francese, già curate dal partito e dal gruppo radicale, del progetto di legge. "Illustre professore - scrive Spadaccia - per risparmiarle la fatica della traduzione le invio i testi del progetto di legge in inglese e francese già curati dal Partito radicale. Al fine di evitarle la spesa dei francobolli la informo che gli stessi testi sono già stati inviati a numerosi esperti, oltre che ai responsabili di Unicef, Undp, Fao, Unso, Cilss e che stiamo procedendo in questi giorni ad ulteriori invii ad organismi internazionali e nazionali, fra cui quelli da lei citati.
La informo che, nel corso della preparazione, il testo del progetto è stato più volte modificato proprio per tener conto dei suggerimenti, delle osservazioni e delle proposte degli esperti di alcune di queste organizzazioni, dai presentatori tempestivamente e con largo anticipo consultati.
Come lei sa, da almeno tre anni abbiamo inutilmente ricercato anche la sua collaborazione di studioso e di politico ma, quando non l'abbiamo trovato occupato in alcune risse fra comari, abbiamo trovato da parte sua mai il dialogo ma solo pregiudiziale ostilità.
Per facilitargliene la lettura e la conoscenza gliene invio una copia in italiano".
"I testi sono stati inviati ad Andreatta rilegati con la carta stagnola".
MA "L'UNITA'" NON FA SAPERE
Roma, 30 marzo -. In risposta agli attacchi lanciati dalle colonne dell'"Unità" al progetto di legge contro lo sterminio per fame Piccoli-Formica-Reggiani-Cicciomessere, il senatore radicale Mario Signorino ha ieri inviato al quotidiano del Pci la seguente lettera, mai pubblicata:
"L'Unità" ha condotto un attacco frontale, il 25 e 27 marzo, contro l'estremo tentativo radicale di avviare a soluzione il problema della fame e del sottosviluppo. Ha attaccato la proposta di legge che ha già suscitato un'ampia convergenza politica; ha attaccato persino il dossier che documenta lo sperpero della spesa pubblica per la cooperazione allo sviluppo.
Un attacco duro e senza remore: di quelli che si portano contro iniziative politiche profondamente errate e pericolose. Ma è questo il caso della campagna radicale contro la fame?
Non saranno i lettori dell'"Unità" a poter rispondere. Questo giornale, infatti, non ha pubblicato un rigo che informasse sui contenuti della proposta di legge e sul dossier che pur attacca. Neanche un rigo, malgrado le nostre conferenze stampa, malgrado la diffusione dei nostri documenti. Ciò significa che l'"Unità" chiama i suoi lettori a fare giustizia sommaria di qualcosa che neanche conoscono. Il danno che così si produce è grave, non solo per noi, ma per la causa che sosteniamo e per gli stesi militanti comunisti, esclusi a priori dalla possibilità di partecipare a una battaglia di grande rilievo per la pace.
Noi speriamo che questa scelta possa essere cambiata e che il partito comunista si impegni in un confronto corretto sia sulla stampa che in parlamento. E' possibile, proprio perché l'attacco che ci viene mosso non poggia su ragioni serie e forti, tantomeno su critiche documentate. Negli articoli dell'"Unità" ritroviamo solo denigrazioni e affermazioni apodittiche, ma nessun elemento che giustifichi una contrapposizione così totale.
In un articolo del 25 marzo, ad esempio, l'on. Sanlorenzo sostiene che il nostro dossier sull'aiuto pubblico allo sviluppo, "pur interessante", contiene "alcune cifre sbagliate". Quali, non è dato sapere. Anche perché non è facile trovare cifre sbagliate nel nostro dossier, per la semplice ragione che abbiamo utilizzato solo dati ufficiali: del Dipartimento, del ministero degli Esteri, del ministero del Tesoro, della Corte dei conti.
Sanlorenzo rivendica poi al Pci di essere più attivo del Partito radicale sul problema della fame e nella stessa critica dell'aiuto pubblico allo sviluppo. Dimentica così che fin dal 1981 abbiamo denunciato l'inconcludenza e gli sprechi del Dipartimento, ma soprattutto fa cadere nel patetico lo stesso Pci, perché non ha senso che un grande partito tenti di accattare una primogenitura che palesemente non ha.
Ma la questione principale è un'altra: se anche il Pci critica come noi l'attuale politica del Dipartimento; se anche il Pci ritiene come noi che sia necessario e urgente (tanto urgente, che Sanlorenzo ci accusa addirittura di far perdere troppo tempo con la nostra proposta di legge) un intervento straordinario contro la fame, per quale ragione ci attacca come nemici e non si impegna invece in un confronto positivo?
Negli articoli dell'"Unità" ciò non è spiegato in alcun modo. Si dice sì a un intervento straordinario integrato (proprio come sostiene la nostra proposta) ma si precisa che dev'essere solo "un esperimento" con stanziamenti ridotti e gestito da quella stessa burocrazia ministeriale che è così clamorosamente fallita. Si attacca la proposta di un alto commissario, ma gli si contrappone una trovata peregrina e insostenibile: affidare la direzione del piano a un... sottocomitato della commissione esteri della Camera. Queste stranezze produce la fretta di contrastarci! Per il resto, si rinvia tutto a una riforma della vecchia legge n. 38 sulla cooperazione allo sviluppo, si ritorna cioè sui vecchi binari che ci hanno portato al fallimento.
Sarebbe questa la politica alternativa del Pci? E' tutta qui la capacità di elaborazione del più grande partito della sinistra? Allora è chiaro: non in nome di una politica opposta alla nostra, ma solo sulla base di una proposta riduttiva e di aggiustamento della situazione esistente, il partito comunista ci muove un attacco durissimo qual è riservato ai nemici di classe.
Ci accusa di esserci venduti al governo, di intrallazzare con i democristiani, di fare demagogia. Ci accusa di essere riusciti, in questo estremo tentativo di battere la morte per fame, a ottenere l'appoggio di esponenti di quasi tutti i partiti. E' una colpa? E' stata una colpa quando abbiamo provocato un'operazione analoga per il divorzio e l'aborto? Certo, allora non c'erano i democristiani e oggi mancano, per loro scelta, i repubblicani e i comunisti (oltre ai missini). Ma dubito che la contraddizione sia nostra.
Resta un fatto chiaro e grave: il Pci si è messo alla testa della reazione che la lobby del Dipartimento e il mondo dei professionisti che vivono di fame e sottosviluppo hanno scatenato contro la nostra proposta innovatrice. Ci attacca violentemente senza avere la forza di proporre un'iniziativa altrettanto forte. Rifiuta il dialogo e punta solo a impedire una grande azione di rinnovamento civile e politico. Forse riuscirà a ottenere la nostra sconfitta, forse riuscirà a impedire che si affermi una politica nuova. Ma non ha alcun motivo di esserne fiero, tutt'altro.
Ripeto la domanda: se le nostre proposte non soddisfano, perché non ricercare insieme soluzioni più appropriate? Perché l'"Unità" non apre le sue pagine a un confronto serio e corretto?