di Marco PannellaSOMMARIO: Il proibizionismo ha prodotto la cultura della devianza e della droga e creato una industria del crimine senza precedenti dai profitti illimitati. Pannella propone una lega internazionale contro il proibizionismo, e che dalla droga libera - libera di uccidere, di creare profitti e potere a mafia e camorra - si passi alla regolamentazione della droga. Si è scatenata per reazione una campagna irrazionale. Si sono mobilitati anche le comunità terapeutiche e gli ex tossicodipendenti da esse assistiti. La stampa ha così potuto presentare un'inesistente alternativa fra le proposte di Pannella e gli sforzi per il recupero dei tossicodipendenti.
(NOTIZIE RADICALI N. 68, 4 aprile 1984)
Certo, avrei preferito che da altri settori, da altri partiti questa volta l'iniziativa fosse presa. Son vive le ferite di quando da soli, dopo anni di attesa anche allora, ritenemmo di dover alzare le bandiere civili sul divorzio, sull'obiezione di coscienza, sull'aborto, sui codici penali, sul finanziamento pubblico dei partiti, sulla tolleranza sessuale, sulla P2... Ma non è più possibile darsi ancora buona coscienza a buon mercato. Il problema della droga è ormai il problema stesso della salute della nostra società e dei nostri Stati.
Se nel 1975 per ottenere l'approvazione della legge nei suoi principi almeno più tollerante e efficace, più civile e armata, ritenni di dover costringere lo Stato, altrimenti paralizzato o distratto, ad arrestarmi, oggi mi auguro che non sia necessario ricorrere alle drammatiche armi della nonviolenza ma possa esser sufficiente l'appello alla ragionevolezza ed alla moralità umana e civile di ciascuno e di tutti. Né posso dimenticare che la prima battaglia radicale, oggi, resta quella della lotta contro i Cavalieri dell'Apocalisse della Fame e della Guerra, per l'approvazione della legge Piccoli per la salvezza di milioni di agonizzanti, e quella per minimi vitali di pensione nel nostro paese, subito.
Dobbiamo alzare il tiro, all'altezza dell'importanza di questo flagello. Dire anche pubblicamente quel che tutti ci diciamo, o intuiamo: gli effetti, pur così dolorosi, tremendi, letali, del diretto "consumo" di droga, son quasi poca cosa di fronte agli effetti della sua "produzione" e del suo "commercio".
Gli immensi profitti che il regime proibizionistico garantisce sono senza confronto con quelli assicurati da qualsiasi altra impresa criminale o legale. La spaventosa potenza conferita da questi profitti determina ormai ufficialmente la vita istituzionale di non pochi Stati e grava su quelle di molti altri, ineluttabilmente promuove a soggetti di potere politico (e di politica sovversiva), in estese aree del mondo intero le multinazionali del crimine, corrompe e piega con organizzazioni tentacolari la nostra società, insidiando e colpendo generazioni e popolazioni intere.
Produzione, commercio, spaccio di droga e di armi diventano sempre più intimamente connessi e interdipendenti, l'una e le altre saldandosi nelle opere più oscure e tragiche del disordine imperante nel mondo. Migliaia di criminali, in ogni ceto sociale ed in ogni paese dove principi di libertà e di diritto vengono applicati anche al momento economico, vengono necessariamente pagati con rischi di abusi e di speculazioni illegittime, in pochissimo tempo si trovano promossi in una sorte di nuova classe di potere, ramificata e autoriproducentesi, grazie anche al naturale, necessario processo di conversione in "danaro pultio" dei loro profitti e in investimenti in settori fra i più disparati, insospettabili e delicati.
L'intero sistema finanziario, politico, sociale rischia di esserne inquinato e condizionato. La sola politica repressiva ha ormai rivelato tutta la sua impotenza e inadeguatezza colpendo in genere più la massa delle vittime di questo circuito e di questa impresa di sfruttamento e di morte, riuscendo marginalmente e episodicamente a tagliare tentacoli di questa gigantesca piovra che subito si riproducono.
Il regime proibizionistico è causa necessaria e forse anche sufficiente (nel lungo periodo) della nascita e dello sviluppo di questa dilagante impresa di crimine e di morte. Occorre tagliare questo nodo gordiano finché si è in tempo, e se si è ancora in tempo: il che potrà essere verificato solamente se lo si tenta, con una battaglia civile e politica di altissimo rischio ma di altrettante moralità e necessità.
La piena depenalizzazione del consumo, la regolamentazione amministrativa del commercio, il controllo (o il monopolio) pubblico della produzione comporterebbero immediatamente l'inizio del processo di distruzione dell'impresa criminale fondata sulla "droga proibita".
Tale obiettivo deve tradursi sul piano internazionale, del diritto positivo degli Stati, per avere piena realizzazione. Ma occorre cominciare da più parti, contemporaneamente e in modo convergente: dagli Stati, dalla Comunità europea, dall'Onu.
A tal fine è in corso di costituzione la Lega internazionale antiproibizionistica per la lotta contro la droga, con il suo comitato italiano. Non c'è tempo da perdere. Questa orrenda piaga, questo tumore, sono nutriti anziché leniti o curati da una cultura e da una politica che pongono al centro del bersaglio le vittime anziché le evidentissime cause e le spaventose ragioni del flagello. Chiediamo dunque a tutti e a ciascuno di assumersi le proprie responsabilità. Adesioni, contributi, suggerimenti, insulti e minacce possono essermi inviati presso il Gruppo radicale, Camera dei deputati, Roma. Grazie a tutti, in primo luogo al "Corriere", per la sua ospitalità.