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Cicciomessere Roberto, Aglietta Adelaide, Crivellini Marcello, Melega Gianluigi, Mellini Mauro, Negri Giovanni, Pannella Marco, Rutelli Francesco, Spadaccia Gianfranco, Teodori Massimo - 14 aprile 1984
Norme per la regolamentazione della campagna elettorale televisiva attraverso le grandi televisioni private e per la disciplina della pubblicità elettorale a pagamento.

Camera dei deputati - Proposta di legge d'iniziativa dei deputati

Cicciomessere, Aglietta, Crivellini, Melega, Mellini, Negri Giovanni, Pannella, Rutelli, Spadaccia, Teodori

N. 1582 - Presentata il 14 aprile 1984

SOMMARIO: La regolamentazione della campagna elettorale svolta attraverso i mezzi di comunicazione di massa. L'obbligo delle emittenti private di concedere spazi uguali ai partiti sia per la propaganda gratuita che per la pubblicità a pagamento.

(ATTI PARLAMENTARI - CAMERA DEI DEPUTATI - N. 1582)

Onorevoli Colleghi! - Con questa proposta di legge intendiamo colmare un vuoto. Un vuoto che riguarda uno dei momenti decisivi della vita politica, posto a fondamento della legge suprema, della Costituzione formale della Repubblica: l'esercizio della sovranità popolare, il procedimento di formazione del giudizio e della volontà degli elettori per la nomina dei propri rappresentanti. In Italia infatti non vi sono le regole del gioco delle campagne elettorali in televisione. Questo significa che non vi sono regole del gioco elettorale tout-court, giacché sappiamo che ai nostri giorni le campagne elettorali si disputano attraverso il mezzo televisivo e non più certo attraverso i comizi, i volantini, i manifesti e tutti quelli che sono gli strumenti - tradizionali e invecchiati - della ricerca del consenso.

Sono ancora in vigore, nel nostro ordinamento, le norme del codice Rocco che prevedono i divieti di disturbare i comizi altrui o la disciplina dell'affissione dei manifesti. Ma l'Italia repubblicana, l'Italia del 1984 non sa o non vuole vedere il nuovo, non scopre la televisione, le sue leggi non la contemplano. Tutto quel che riguarda la campagna elettorale in termini legislativi la occulta, rimuovendo così quella che è divenuta la struttura portante della formazione dell'opinione politica. Per ingenuità, calcolo o interesse, a giudicare dall'ordinamento vigente sulle campagne elettorali, l'Italia è dotata di una tecnologia da 1934, e non da 1984.

Ma come è seriamente possibile parlare oggi di rappresentanza politica, di modifica dei meccanismi di funzionamento del Parlamento e del modo di legiferare, di modifica persino del sistema elettorale, senza porre al centro dell'attenzione il problema del rapporto fra politica e informazione televisiva? Non è possibile parlarne seriamente prescindendo da quella che è la fonte dalla quale i cittadini, il cosiddetto popolo sovrano assume e assorbe notizie e informazioni.

Un'indagine condotta su 14 paesi occidentali, sulle loro regole del gioco per le campagne elettorali in televisione, testimonia dell'assoluta unicità e anomalia del caso Italia. Uno dei rarissimi esempi di sistema misto pubblico-privato, dove per il settore pubblico tutto è affidato a raffazzonati indirizzi della Commissione di vigilanza decisi all'ultimo momento e spesso non rispettati, mentre il settore privato è in via giuridica esente da qualsiasi obbligo di imparzialità, e le tariffe pubblicitarie vivono nel caos, costituendo ormai uno dei più massicci fenomeni di condizionamento della formazione del corpo dei cosiddetti rappresentanti del popolo.

E' per questa ragione che abbiamo deciso di avanzare questa proposta relativa al settore privato ed in particolare alle grandi televisioni private, quelle che di fatto sono divenute fonti di informazione di decine di milioni di cittadini.

Lo Stato non le può ignorare e, pur riconoscendo la delicatezza dei problemi costituzionali che si vanno a toccare, respingiamo la tesi solo apparentemente liberale, che vuole equiparare un network alla carta stampata statuendo analoghi diritti e analoghe esenzioni da doveri per gli uni e gli altri. Su questo, l'esempio americano è oltremodo significativo: il diritto anglosassone respinge ogni accostamento fra stampa scritta e mezzo audiovisivo, non impone doveri al quotidiano, stabilendo invece la pesantissima norma della revoca della licenza d'antenna, della licenza cioè di trasmettere, per l'emittente che non applica rigorosamente l'equity sull'accesso e le norme sulla pubblicità.

Per quanto riguarda le grandi televisioni private, quelle che tutti riconoscono essere dei networks (e che noi individuiamo tecnicamente come »quelle emittenti televisive, le reti o i circuiti che utilizzano un comune simbolo per contrassegnare la diffusione delle stesse trasmissioni in un'area d'ascolto che interessa i due terzi del territorio nazionale ), prevediamo che debbano garantire l'accesso gratuito ad ogni partito che partecipa alle elezioni per un tempo di 100 minuti di televisione nei 30 giorni di campagna elettorale, con l'introduzione di un meccanismo di equity per cui la concessione in più - oltre a tale spazio - di tempo gratuito ad un partito comporta automaticamente la concessione di un analogo tempo agli altri concorrenti.

Un secondo capitolo riguarda invece l'enorme problema della pubblicità elettorale a pagamento, di quelli che si chiamano in gergo gli spots.

Il peso di questo problema sta raggiungendo proporzioni enormi, e rappresenta un punto di condizionamento del modo di fare e del contenuto della politica italiana.

Dal mese di giugno del 1983, nonostante un obbligo espressamente previsto dalla legge, non vengono rese pubbliche (e le nostre richieste sono state continue) le dichiarazioni delle spese sostenute per la campagna elettorale da ciascun parlamentare. Ciascuno può dare la sua interpretazione del perché ciò avvenga. In verità non occorre fare troppe e troppo accurate indagini per constatare che il deputato italiano medio appartenente alla stragrande maggioranza dei partiti, necessita di centinaia e centinaia di milioni per essere eletto. Quantificare non è appunto possibile: ma la larghissima parte di questi denari finisce in pubblicità elettorale televisiva a pagamento. Questo fenomeno crea un circolo vizioso: per farmi eleggere ho necessità di uno sponsor, lo sponsor non può che essere una lobby, un gruppo di pressione. Una volta eletto dovrò curare fin nel minimo particolare gli interessi del mio grande elettore, del mio sponsor, della lobby che mi trovo a rappresentare.

Questi sono i motivi che ci hanno indotto a presentare questa proposta di legge, pur consapevoli di quanto abbia inciso e possa incidere il ritardo del legislativo e del potere politico nell'affrontare globalmente il problema della regolamentazione dell'intero settore e consapevoli che si toccano delicate questioni di costituzionalità che non possono essere sottovalutate. Ma riteniamo urgente e indilazionabile dare una prima risposta, proporre una prima soluzione, magari a termine, ad un vuoto di regole che non è più sopportabile per la crescita del vivere civile e democratico del nostro paese.

PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

Nel periodo che va dalla scadenza del termine per il deposito delle liste dei candidati per le elezioni politiche, europee, regionali e amministrative che interessino almeno un terzo degli elettori, fino al giorno che precede quello delle votazioni, le trasmissioni televisive di propaganda elettorale diffuse dalle emittenti diverse dalla concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo debbono rispettare le condizioni previste dalla presente legge.

Art. 2.

Rientrano nell'ambito della disciplina della propaganda elettorale tutte le trasmissioni di propaganda elettorale diretta o indiretta, a pagamento o gratuite, sia che vengano autogestite dai partiti o dai candidati, oppure gestite dalle stesse emittenti televisive.

Art. 3.

Le emittenti televisive, le reti o i circuiti che utilizzano un comune simbolo per contrassegnare la diffusione delle stesse trasmissioni, anche se in tempi diversi, in un'area di ascolto che interessa i due terzi del territorio nazionale, dovranno riconoscere a ciascun partito o gruppo politico che partecipa alla competizione elettorale l'accesso gratuito alle emittenti per un tempo complessivo minimo di 100 minuti, non frazionabile per più di tre volte, di cui 60 minuti nella stessa ora nella fascia oraria tra le 20,30 e le 23. Tali emittenti, reti o circuiti, qualora attribuiscano un maggiore tempo di accesso ad un qualsiasi partito, dovranno concedere un ulteriore eguale tempo e alle stesse condizioni a ciascun altro partito o gruppo politico.

Le medesime emittenti, reti o circuiti, l'ultima sera della campagna elettorale, dovranno trasmettere un appello finale di ogni partito o gruppo che partecipa alla competizione elettorale, della durata di 6 minuti ciascuno nella fascia oraria 20,30 e 23.

Art. 4.

Tutte le altre emittenti, reti o circuiti, qualora intendano offrire degli spazi per la propaganda elettorale, entro il giorno successivo alla convocazione dei comizi elettorali dovranno depositare, presso il Ministero dell'interno, apposita comunicazione nella quale debbono indicare:

a) le fasce orarie e i tempi che vengono messi a disposizione per le trasmissioni di propaganda elettorale;

b) se le trasmissioni di propaganda elettorale sono a titolo gratuito e/o a pagamento;

c) le condizioni tariffarie normalmente praticate per la pubblicità commerciale e quelle che intendono praticare per la pubblicità elettorale. Tali tariffe non possono comunque essere superiori a quelle commerciali.

Le emittenti, reti o circuiti dovranno riconoscere a ciascun partito e gruppo politico che partecipa alla competizione elettorale l'accesso gratuito per un tempo complessivo di almeno 30 minuti, nella stessa ora, nella fascia oraria tra le 20,30 e le 23.

Art. 5.

Tutte le emittenti radiotelevisive private, qualunque sia il loro bacino d'utenza, potranno riservare alla propaganda elettorale a pagamento non più di un terzo del tempo complessivo giornaliero utilizzato per la pubblicità commerciale.

Tutte le trasmissioni dovranno recare in sovrimpressione la dicitura »propaganda elettorale a pagamento con l'indicazione dell'importo. La tariffa e le condizioni praticate devono essere eguali per tutti i richiedenti.

Il tempo offerto dovrà essere diviso in parti eguali tra tutti i partiti e gruppi politici che partecipano alla competizione elettorale.

La quota spettante a ciascuno non può essere rifiutata agli aventi diritto che ne facciano richiesta nel corso della campagna elettorale.

Art. 6.

Il Ministro dell'interno deve accertare la verità delle dichiarazioni rese da ciascuna emittente, nonché il rispetto delle prescrizioni dettate con la presente legge.

Art. 7.

Ogni infrazione delle presenti norme viene comunicata all'emittente che nel termine di quarantotto ore deve far pervenire le sue osservazioni al Ministro il quale, qualora l'esito dell'accertamento sia positivo, deve immediatamente prescrivere all'emittente l'adozione dei provvedimenti necessari a ripristinare l'equilibrio violato. In particolare, qualora l'infrazione interessi il principio dell'eguale ripartizione degli spazi di propaganda elettorale tra i partiti, il Ministro ordina all'emittente di mettere a disposizione un ulteriore eguale tempo, e alle stesse condizioni, a ciascun altro partito e gruppo politico.

In caso di inottemperanza alle prescrizioni ripristinatorie ed in ogni ipotesi di infrazione accertata dopo lo svolgimento della campagna elettorale, il Ministro dispone l'immediata chiusura dell'emittente fino ad un massimo di sessanta giorni.

 
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