Lettera aperta di Cicciomessere al presidente della Dc Piccolidi Roberto Cicciomessere
SOMMARIO: Il testo della lettera aperta, apparsa il 9 settembre 1984 su "Il Corriere della Sera", che Roberto Cicciomessere ha inviato a Flaminio Piccoli, presidente della Democrazia cristiana, sulle iniziative legislative per combattere lo sterminio per fame in atto nel mondo".
(NOTIZIE RADICALI N. 69, 14 aprile 1984)
Caro Presidente,
cinque mesi fa, dalle colonne del "Corriere", Lei annunciò "una marcia nel Paese e in Parlamento per condurre in porto un'opera di pace, per far approvare un decreto di vita".
Poche settimane prima Lei aveva presentato alla Camera con il consenso di oltre 150 parlamentari democristiani, socialisti, radicali, socialdemocratici e liberali una proposta di legge che disponeva interventi urgenti e straordinari diretti ad assicurare nel 1984, e comunque entro 12 mesi, la sopravvivenza di almeno tre milioni di persone minacciate dalla fame, dalla denutrizione e dal sottosviluppo.
Sempre nello stesso articolo Lei rispondeva alle critiche interessate venute da chi ha speculato sugli aiuti al terzo mondo, che "se qualcuno ha pensato con esse di averci intimidito e di indurci alla ritirata si è sbagliato".
Dopo quella iniziativa è seguito un grande dibattimento sulla stampa, la pubblicazione di reportages sulla agonia di intere e immense popolazioni del sud del mondo, un convegno internazionale in cui esponenti dei paesi africani, premi Nobel, scienziati hanno avvallato la Sua iniziativa, e infine, il 14 aprile, l'impegno del governo a presentare un decreto legge per l'intervento straordinario e urgente contro lo sterminio per fame.
Dopo tante promesse, tanti impegni, tante parole non è successo più niente. Il silenzio è caduto su tutto. Il governo è latitante o, peggio, fa circolare un offensivo disegno di legge che riduce ancora una volta l'annunciata grande mobilitazione di pace e di giustizia in un miserevole atto di carità esposto alle mene di chi sulla fame lucra e indifferente al tremendo bilancio dello sterminio per fame. Identica sorte sembrano aver avuto le invocazioni e le esortazioni di Giovanni Paolo II e di Sandro Pertini. Alla Camera i grandi propositi di solidarietà e giustizia si sono immiseriti e degradati in estenuanti e inconcludenti discussioni.
Ma intanto da una parte è ripresa l'iniziativa dei gruppi economici (enti pubblici e Partecipazioni statali comprese) che con la scusa della fame fanno "affari" con i soldi delle cooperazione e dall'altra più drammatica è divenuta la situazione dei paesi africani. Un contratto di cinquanta miliardi per la fornitura dei sistemi di telecomunicazioni digitali al Guatemala viene concluso dall'Italtel con i crediti concessi dal Dipartimento per la cooperazione, mentre all'appello del Mali per l'invio di 56 mila tonnellate di cereali "per evitare la catastrofe", per impedire che "anche un solo essere umano muoia di fame", il ministro Andreotti risponde con una manciata di grano (500 tonnellate sufficienti tutt'al più a sfamare qualche villaggio). Non si pensa a mobilitare risorse, di deliberare ponti aerei, di investire gli altri paesi della Cee, a cui il Mali è associato? No, naturalmente, il nostro ministro degli Esteri è in altre faccende affaccendato. Deve occuparsi di Gheddafi o delle mine (italiane?) nel mar
Rosso per la cui ricerca immediatamente vengono reperiti mezzi e risorse.
Mi rivolgo pubblicamente a Lei per chiederLe sommessamente dove sono finiti i grandi propositi di pace, di giustizia e di solidarietà che Lei annunciava a nome del Suo partito, che ruolo intende giocare la Democrazia cristiana nei confronti di un governo vergognosamente inadempiente, cosa intende fare il gruppo Dc all'apertura della Camera, quando dovranno essere assunte le decisioni definitive sulla sorte del progetto di legge che porta per prima la Sua firma.
Sono legittimato a rivolgerLe queste richieste proprio a partire dallo straordinario impegno che Lei ha profuso nella campagna per "tre milioni di vivi subito".
Non sottovaluto del resto le difficoltà determinate dalla ostilità del partito comunista e dai dissensi interessati sorti nel Suo partito. Ma tacere in questa situazione, non chiamare per nome e cognome i responsabili del probabile fallimento di quello che Lei chiamava "decreto di vita", non tentare neppure di usare la forza parlamentare per giungere a voti formali che sanciscano con chiarezza le responsabilità dio ognuno significa dare forza a quel partito della morte, dell'indifferenza, del falso realismo, dell'egoismo che per alcuni mesi avevamo sconfitto.
Cordiali saluti.