di Marco PannellaSOMMARIO: Il salvataggio di Andreotti, operato dal Pci alla Camera con l'astensione sulla mozione radicale sul caso Sindona, ha reso finalmente chiara la natura politica della "questione morale"
(NOTIZIE RADICALI n. 70, 24 aprile 1984)
Se i miei amici Valerio Zanone e Pietro Longo non esistessero, certe volte il Pci dovrebbe proprio inventarli; così come oggi mancherebbero tremendamente a Giulio Andreotti.
Ma come? Sull'onda delle acquisizioni della commissione parlamentare e - ancor più - delle convinzioni espresse in atti ufficiali dai più esperti dei magistrati, riesce finalmente al paese di constatare che la "questione morale" è una questione politica, centrale, e non il solito cavolo necessario per disturbare la merenda altrui. E scoppia, alla fine, sul caso Sindona (uno dei maggiori, ma uno dei tanti), lo scandalo Pci-Anreotti. Lo ripetiamo: sulla "questione morale".
Ed ecco i nostri due amici a porre al centro della loro polemica la politica estera, con rapido seguito di altri e della stampa. Così Andreotti, e ancor più il Pci, potranno meglio cavarsi dai guai: non la "questione morale", non un giudizio politico ma rigoroso e leale sugli atti parlamentari dell'inchiesta e della magistratura, ma il dissenso sulla politica estera spiega il voto di venerdì. In tal caso, siamo chiari, il Pci finirà per poter far passare la vicenda Andreotti come tollerabile e addirittura meritoria. Quanto a noi è dall'inizio della legislatura che incessantemente in commissione Esteri, in commissioni congiunte Difesa ed Esteri, in aula in occasione dei dibattiti sul Libano, sui missili, sulle "mine" del Mar Rosso, attacchiamo con durezza e con indicazioni alternative puntuali la politica estera del governo. Mentre il Pli e Psdi ogni volta mugugnano e votano per il proseguirsi di questa politica estera.
Così, se attacchiamo sulla politica internazionale, ci si dice magari che il vero problema è quello della presidenza della repubblica, è quello "morale" e "quindi" di Giulio Andreotti e delle sue "manovre". Se, ora, incardiniamo lo scontro politico sui metodi, mezzi, premesse e condizioni anche criminali di una linea ventennale di "opposizione" o di "maggioranza" del Pci, si passa la mezzo-attacco sul fronte della politica estera.
Occorre invece tenere bene fermo il timone della ricerca della verità e del dibattito sulla verità di questi vent'anni. E spingere avanti la barca della democrazia possibile nell'oceano del regime partitocratico se necessario a forza di braccia, di remi, quando i venti sono contrari.
Ma come? Ecco un esempio, che è anche un annuncio. Che è anche una notizia, colleghi della stampa.
"Noi chiediamo che sia immediatamente tenuto a Montecitorio il dibattito sulla relazione Anselmi e le altre. Chiediamo il dibattito sulla P2, insomma". Gli attori, le istituzioni non sono diverse, ma "identiche", e ancor più esplicite e gravi. Questa volta mancheranno in appoggio molte carte della "giustizia": quelle che i Gallucci e soci hanno raccolto d'imperio e sepolte con la loro "giustizia". Ma vi saranno pur sempre quelle di altri magistrati, prima che fossero spogliati dalle loro "naturali" competenze.
Ancora una volta Giulio Andreotti sarà politicamente al centro del dibattito. E, con lui, quel Pci che in dieci anni, sulla vicenda più grave vissuta dalla Repubblica scrisse... "un" articolo e presentò... "una" interrogazione. Andreotti e il Pci: non a caso all'inizio di febbraio di quest'anno il segretario del Pci poté affermare senza temere lo scandalo di non aver mai udito parlare né di Gelli né della P2 prima... del rinvenimento degli elenchi di Castiglion Fibocchi. E un paio d'anni prima, Giulio Andreotti aveva affermato senza tema di venir richiamato alla decenza dai commissari comunisti né da altri, davanti alla stessa commissione, che egli incontrava e riceveva Gelli senza nemmeno sospettare che egli fosse massone e della P2; per lui si trattava di un cortese e affidabilissimo interlocutore, rappresentante della Repubblica Argentina.
Allora si vada al dibattito, e subito. Ricordiamo che il Pci, a luglio, consentendo allora con i radicali, aveva ufficialmente dichiarato che avrebbe chiesto il dibattito sulla relazione Anselmi per "l'immediata ripresa dei lavori parlamentari". Ci sono voluti 17 mesi di settimanali e formali richieste radicali per giungere al dibattito dell'altro giorno, e quasi un anno per quello sul "caso Moro". La conferenza dei capigruppo della Camera diceva "sì" e faceva "no". Alla prossima conferenza dei capigruppo, che stamane abbiamo formalmente sollecitato e che comunque dovrà tenersi nei prossimi giorni, giudicheremo, tutti potranno giudicare, chi vuole che il dibattito s'ampli e s'approfondisca, chi vuole sabotarlo, insabbiarlo.
E - sin d'ora - "avvisiamo ufficialmente i compagni del Pci che chiederemo le dimissioni di Giulio Andreotti, per le sue responsabilità istituzionali, formali, da presidente del Consiglio" in ordine, quanto meno ancora, alle responsabilità accertate dalla relazione partitocratica, di unione nazionale, di Tina Anselmi.
Aspettiamo ora alla prova della conferenza dei capigruppo e degli eventuali voti d'aula, il Pci. Ma anche, se me lo consentono, gli amici Zanone e Longo, e Tina Anselmi. Hic Rodhus, hic salta.