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Notizie radicali - 24 aprile 1984
MA LA RAI HA UNA SOLUZIONE FINALE

SOMMARIO: La Rai, su commissione del ministero delle Poste, ha preparato un piano di assegnazione delle frequenze che abolisce di fatto l'emittenza privata. Questa operazione doveva svolgersi nella più completa clandestinità, salvo rivendicarne al momento giusto i risultati finali. Il primo risultato dell'informazione fornita da Radio radicale è stato quello di far uscire allo scoperto i protagonisti. L'esito finale, per ora, è imprevedibile: molto dipenderà dalla battaglia che Radio radicale e tutta l'emittenza privata saranno in grado di sviluppare.

(NOTIZIE RADICALI N. 70, 24 aprile 1984)

Questa storia sembra modellata secondo le più antiche e radicate tradizioni di caserma: il sergente maggiore Rai, subìto un sanguinoso insulto dal colonnello Berlusconi, decide di farla pagare cara alla truppa, costituita dall'emittenza radiofonica privata. E così, in gran segreto, la Rai, su commissione del ministero delle Poste, prepara un piano di assegnazione delle frequenze che, come vedremo, abolisce di fatto l'emittenza privata. Il piano non è una cosetta da nulla: dovrà infatti essere discusso a Ginevra, in una conferenza internazionale che, in due sedute, siglerà un accordo per le frequenze radiofoniche di mezzo mondo. Per l'Italia, il piano prevede che la Rai passi dagli attuali 1842 impianti di diffusione, previsti dalla Convenzione del 1981, a 2449, lasciando ai privati le briciole ed assegnando loro le restanti frequenze secondo criteri arbitrari. Tanto per fare un esempio, a Milano, secondo questo piano, dovrebbero restare "due" radio private, contro le 50 attuali. Ma, prima di entrare nel dett

aglio, è utile ripercorrere le tappe di questa storia, non ancora conclusa, che potrebbe sconvolgere il panorama della radiofonia in Italia. Radio radicale viene a conoscenza del piano, che la Direzione centrale servizi radioelettrici ha sottoposto al Consiglio superiore delle poste per un parere e ne denuncia le conseguenze, promuovendo, contemporaneamente, un coordinamento tra tutte le emittenti private. La denuncia di Radio radicale sottolinea, in particolare, due aspetti del "colpo di mano": 1) La Rai, usando della facoltà di predisporre il piano ha, in pratica, predeterminato la soppressione delle emittenti private, scavalcando il Parlamento che dovrebbe affrontare il problema di una regolamentazione. 2) i criteri usati per definire il piano sono totalmente arbitrari. In particolare, non è stato volutamente inserito il parametro della densità di popolazione dei bacini di ascolto e, in questo modo, si arriva al paradosso di assegnare 2 impianti a Milano, 4 a Torino, 13 a Roma, contro i 12 dell'Aquila, i

12 di Trento, i 9 di Potenza. E questo risultato porta ad un'ulteriore penalizzazione dell'emittenza privata, a cui viene assegnato, in prevalenza, un maggior numero di impianti nelle zone meno popolate.

Alle denunce di Radio radicale, il ministero delle Poste ha risposto con una dichiarazione sibillina: "Le richieste dell'Italia sulla ripartizione internazionale delle radiofrequenze non hanno nulla a che fare con il problema interno delle radio private" ed ha aggiunto, a titolo di spiegazione, che il piano in questione è solo un piano di assegnazione delle radiofrequenze, e che "sarà il piano nazionale di attribuzione a disciplinare, sulla base dei parametri stabiliti dalla futura legge sull'emittenza privata, l'assegnazione ai vari impianti".

Questa affermazione è doppiamente falsa.

L'Italia, infatti, secondo un'affermazione della stessa Divisione centrale dei servizi radioelettrici, "...una volta sottoscritto l'accordo in ambito internazionale, potrà consentire sul proprio territorio soltanto stazioni di radiodiffusione in Fm con le caratteristiche tecniche che figurano nel piano allegato all'accordo". E la relazione, da cui è tratta questa affermazione, prosegue spiegando che: "Una legge che intendesse prescindere nella sostanza da quanto determinato dal piano, sarebbe in contrasto con l'accordo internazionale e, in pratica, inattuabile".

La sostanza è chiara e qui sta anche la seconda truffa, stavolta ai danni del Parlamento: il Parlamento, secondo il percorso ipotizzato, sarebbe chiamato semplicemente a ratificare, senza possibilità di modifiche, decisioni già prese.

Il suo compito si ridurrebbe al semplice atto di fornire un nome ed un cognome a quegli impianti la cui esistenza sarebbe stata autorizzata a Ginevra.

A margine di questo blitz, ci sono ancora alcune considerazioni di carattere tecnico molto rilevanti: la potenza degli impianti autorizzati sarebbe, secondo il piano, molto bassa, mentre la Rai, elevando a 2.449 il numero dei sui impianti, si muoverebbe, in pratica, verso la costituzione di fatto di una quarta rete. Inoltre, in sede di Consiglio superiore tecnico, è stata richiesta l'applicazione dei criteri di protezione del volo, che non erano stati compresi nella relazione attuale. L'introduzione di questi criteri potrebbe eliminare altre 1000-1500 frequenze attualmente assegnate ai privati e sembra che la Rai non abbia fornito questi dati proprio per non rendere ancora più evidente il disegno di cancellazione dell'emittenza privata.

Tutta questa vicenda, infine, porta il segno di un'operazione che doveva svolgersi nella più completa clandestinità, salvo rivendicarne al momento giusto i risultati finali. Il primo risultato dell'informazione fornita da Radio radicale è stato quello di far uscire allo scoperto i protagonisti. L'esito finale, per ora, è imprevedibile: molto dipenderà dalla battaglia che Radio radicale e tutta l'emittenza privata saranno in grado di sviluppare. Un primo risultato è già aver costretto il ministero delle Poste ad impegnarsi per costituire una sede paritaria fra la Rai e le radio private, per l'esame e la definizione dei problemi relativi all'assegnazione delle frequenze. Un altro risultato potrebbe essere un eventuale parere negativo del Consiglio superiore delle poste che, per quanto non vincolante, potrebbe spingere il Parlamento ad occuparsi, finalmente alla luce del sole, delle questione, prima che il colpo di mano sia consumato a Ginevra.

 
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