La tragica vicenda di Muro LucanoSOMMARIO: La vicenda della morte di Gerardo Cerone, un giovane di 24 anni di Muro Lucano, ferito dai Carabinieri mentre era in macchina e poi morto in caserma. Le iniziative del Partito radicale.
(LETTERA RADICALE, n. 11 - 30 maggio 1984)
Quando scriviamo questa nota, la notte di lunedì 28 maggio, Marco Pannella deve ancora tenere il suo comizio nella piazza principale di Muro Lucano. I compagni di Roma stanno tentando di organizzarsi per scendere in questo paese di 8.000 abitanti, colpito dal terremoto, dove la disoccupazione giovanile non stupisce più nessuno e la disperazione è già diventata abitudine.
Vogliamo tornare ancora una volta sopra la sconvolgente vicenda che ha portato alla morte Gerardo Cerone, un giovane ragazzo di 24 anni, disoccupato, qualche precedente penale minimo. E vogliamo tornarci perché sono passati 16 giorni, e sono stati 16 giorni di silenzio da parte di quasi tutta la stampa nazionale e soprattutto di silenzio da parte del ministro degli interni Scalfaro.
Alle 9.30 dell'8 maggio scorso Gerardo Cerone è seduto nella sua macchina. Un carabiniere - sarà poi individuato nel carabiniere Curcio - intima al giovane di seguirlo in caserma. Ma il ragazzo ha paura: tutti sanno, nel paese, che la caserma e un luogo dove avvengono strane cose, si parla di pestaggi e punizioni. Il carabiniere Curcio estrae la pistola, contemporaneamente sbatte la testa del giovane contro il finestrino. Il ragazzo, spaventato, mette in moto la macchina tentando di allontanarsi. Curcio spara tre colpi ad altezza d'uomo. Cerone, ferito, si accascia sul volante, mentre la macchina termina la sua corsa contro un pullman in sosta. Si forma un capannello di persone. Il ragazzo apre lo sportello e si getta a terra. Arrivano di corsa il brigadiere Fausto ed il carabiniere Casagrande che lo riempiono di pugni e calci; il brigadiere Fausto colpisce ripetutamente la nuca del ragazzo con il calcio della pistola. Qualcuno protesta. Mentre il Casagrande punta la pistola sulle persone, Gerardo viene cari
cato su una jeep e portato, ancora vivo, in caserma. Fa appena in tempo a gridare al fratello: »Chiama un avvocato, se no mi ammazzano . Dopo poche ore tutto il paese vede uscire una bara contenente il corpo ormai senza vita del ragazzo.
Quattro giorni dopo l'episodio, Giovanni Negri, messo a conoscenza del fatto, interviene con una nota sull'agenzia Nr, denunciando il silenzio della stampa e del ministro Scalfaro. »Ho telefonato di persona al colonnello Spinelli, di stanza a Potenza, che mi ha confermato che il Cerone è morto in caserma, aggiungendo testualmente: "Gli usciva la bava dalla bocca, può anche darsi che il Cerone fosse epilettico. Sembra - continua il colonnello - che nella macchina siano stati trovati una pistola ed un crick non appartenenti alla macchina..."
Nel frattempo vengono fuori altri particolari: il dottor De Santis, di Muro Lucano è il primo medico che compila un referto sulle cause della morte del giovane. Secondo indiscrezioni gli sarebbe stato richiesto di decretare la morte per infarto del Cerone, ma il dottore arriva a conclusioni del tutto diverse: il ragazzo è morto per ferite. Intanto viene eseguita l'autopsia. E' il professor Tarsitano, del Cardarelli di Napoli, che la compie, riservandosi trenta giorni di tempo per il responso ufficiale.
Il 14 maggio, dopo che solo il Manifesto ed il Messaggero hanno rotto il silenzio della stampa, Giovanni Negri interviene nuovamente sul caso, fornendo tutti i nomi dell'assurdo episodio. Il 15 maggio viene proclamato lo sciopero generale a Muro Lucano. Radio Radicale invia un suo redattore.
Il 19 maggio, sette giorni dopo la morte del Cerone, I'emittente radicale fa pervenire al ministro degli Interni e ad Emilio Colombo, rappresentante di maggior prestigio della Dc in Basilicata, I'intera documentazione dell'inchiesta svolta nel paese lucano con le voci e le testimonianze dirette ed inoppugnabili su quanto è avvenuto.
Giovanni Negri, con una ulteriore nota apparsa sull'agenzia Nr, dichiara: »Non sono stato smentito da nessuno né dal ministro, né dai carabinieri, né da un giornale. Tutti uniti si difendono nel silenzio. Ne deduco solo una cosa: che più che difendere loro stessi, difendono dalla verità l'orrenda realtà di questo paese. Nell'ltalia del 1984 si può ammazzare la gente in una caserma senza che nessuno apra bocca .
Il 23 maggio i carabinieri i cui nomi sono stati fatti dal deputato radicale non sono ancora stati rimossi né tantomeno trasferiti in altra sede. A rendere ancora più torbida l'intera vicenda e la notizia secondo cui, stando alle dichiarazioni di diversi abitanti di Muro Lucano, sarebbero state esercitate intimidazioni - dirette ed indirette - nei confronti dei testimoni oculari del fatto.
Ritorniamo cosi al 28 maggio. Marco Pannella deve ancora tenere il suo comizio. Non sappiamo che cosa dirà a questa gente povera e abbandonata a se stessa. Ma di sicuro non avrà parole di morte, o di disperazione, bensì di speranza di libertà, di vita.
r.b.