Leggi speciali e imbarbarimento della giustizia in Italiadi Mauro Mellini
INDICE
Prefazione (3802)
Introduzione (3803)
Capitolo I (3804)
Capitolo II (3805)
Capitolo III (3806)
Capitolo IV (3807)
Capitolo V (3808)
Capitolo VI (3809)
Capitolo VII (3810)
Capitolo VIII (3811)
Appendice (3812)
SOMMARIO: L'analisi della "legge sui pentiti" (la legge 29 maggio 1982, n. 304, che concede larghi benefici - fino all'impunità - ai delatori dei propri complici) e delle sue conseguenze sul sistema giuridico italiano.
("UNA REPUBBLICA PENTITA" - Leggi speciali e imbarbarimento della giustizia in Italia - di Mauro Mellini - Prefazione di Enzo Tortora - Supplemento a »Notizie Radicali nº 58 del 13 marzo 1984)
Capitolo III
La legge sui pentiti del 29 maggio 1982 n. 304 rispecchia nei suoi contenuti gli equivoci e le ipocrisie che caratterizzarono le motivazioni politiche della sua adozione. »Partito della fermezza e fautori della »soluzione politica , forcaioli puri e »tecnici dell'antiterrorismo, pessimisti ed ottimisti rispetto allo stato del fenomeno terroristico, portavoce degli ambienti della polizia e vertici dei magistrati »impegnati , concorsero con motivazioni spesso opposte all'adozione di identiche norme, quando con motivazioni identiche non sostennero l'adozione di soluzioni normative opposte.
Qualcuno, anche tra i Magistrati, sostenne che a premiare i »grandi pentiti con l'effettiva liberazione, doveva essere un provvedimento di grazia da affidarsi alla responsabilità del potere esecutivo. Ma Pertini fece conoscere la sua totale indisponibilità a siglare provvedimenti di grazia per i terroristi. E di ciò non si può non rendergli merito, quale che sia stata l'alternativa imposta dal suo rifiuto.
Esclusa la via della grazia, e presa di necessità quella degli sconti da determinare per legge e da stabilire con sentenza, la discussione si agitò, appunto, sul trattamento da accordare ai grandi pentiti. Più o meno esplicitamente un po' tutti erano d'intesa che dovesse esser possibile liberarli, ed anzi si dovesse mandarli all'estero. Ma si continuò a discettare se ciò potesse farsi solo con la sentenza dibattimentale o anche con provvedimento istruttorio, con il perdono giudiziale, con la liberazione condizionale, etc.
Inoltre i pareri non erano concordi neppure sul modo di definire il »grande pentito . Di tutte le definizioni, la più sconcertante fu certamente quella apparsa nella prima stesura del progetto presentato dal Governo: »Quando il comportamento ... (del pentito) »è particolarmente meritorio etc. C'era poi chi avrebbe voluto far riferimento al risultato, specificando che la »qualifica superiore dovesse essere accordata a chi avesse determinato la disfatta di un'intera organizzazione »o di un settore o reparto di essa e chi più genericamente si sarebbe accontentato di »risultati rilevanti .
Come al solito si pervenne ad un risultato di compromesso, anzi ad un intreccio di compromessi. Premesso che il beneficio sarebbe stato accordato per i reati commessi entro il 31 gennaio 1982 e per la collaborazione prestata entro quattro mesi dall'entrata in vigore della legge, furono previsti sconti per i pentiti »collaboratori maggiori di quelli stabiliti con la legge Cossiga (che peraltro non stabilisce termini né in ordine alla data di commissione del reato, né per la prestazione della collaborazione) con ulteriori sconti per i »comportamenti di eccezionale rilevanza , fu inoltre prevista la sospensione condizionale della pena per i pentiti condannati a meno di quattro anni e sei mesi e, poi, la liberazione condizionale e la libertà provvisoria per i »grandi pentiti da accordarsi con la sentenza di primo grado.
Sconti assai minori per i cosiddetti dissociati, purché »pienamente confessi. Ma, a parte ogni altra considerazione, anche per questa categoria la condizione della »collaborazione uscita dalla porta, poteva dirsi rientrata dalla finestra, attraverso la condizione della »piena confessione e l'obbligo di fornire tutte le notizie sulla composizione ed organizzazione della banda etc.
Ciò che rimaneva intatto attraverso aggiustamenti e compromessi, era il titolo della legge in tutto il suo candido eufemismo: »Misure per la difesa dell'ordinamento costituzionale .
Ma, di tutta la legge, il passo più importante per chi voglia ricavare da questo testo una qualche indicazione su di una possibile collocazione sistematica del ruolo del »pentito , è il passo dell'art. 3 che stabilisce che cosa si intenda per »collaborazione al fine del trattamento da accordarsi ai »pentiti . Ecco la definizione della condotta del pentito: »...rende piena confessione di tutti i reati commessi, aiuta l'autorità di polizia o l'autorità giudiziaria nella raccolta di prove decisive per la individuazione o la cattura di uno o più autori di reati commessi con la medesima finalità, ovvero fornisce comunque elementi di prova rilevanti per la esatta ricostruzione del fatto e la scoperta degli autori di esso .
Rispetto all'articolo 4 della legge Cossiga, la novità era costituita dalla condizione della piena confessione di tutti i reati commessi e dal fatto che la collaborazione poteva riguardare anche le indagini su reati di terrorismo cui il »pentito non avesse partecipato. Ma soprattutto si passava dall'aiuto alle autorità nella raccolta di prove, al »fornire comunque elementi di prova rilevanti . Prove, dunque, che il »pentito fornisce, cioè produce egli stesso con le sue dichiarazioni, che diventano esse stesse prova. Che si tratti di una intenzionale diversa individuazione della natura e della portata delle dichiarazioni del pentito o dell'assimilazione nel linguaggio formale della legge di una concezione già propria delle prassi in atto, ha importanza relativa. Il »pentito è oramai nella legislazione del nostro paese una figura a sé, non soltanto come destinatario di norme sostanziali, come beneficiario di attenuanti e di trattamenti di favore, ma anche come »produttore di prove.
Mentre un trattamento differenziato veniva riservato ai »grandi pentiti , in proporzione dei risultati particolarmente rilevanti della loro collaborazione, nessuna esclusione veniva stabilita per i grandi criminali, per i responsabili dei delitti più efferati. Anzi la legge veniva congegnata in modo da consentire che chi avesse altrimenti meritato anche l'ergastolo potesse, in quanto »pentito , ottenere la libertà a conclusione del dibattimento di primo grado.
Le successive vicende giudiziarie dovevano dimostrare che i massimi benefici, con quella sorta di brevetto di benemerito della difesa dell'ordinamento costituzionale che era ed è il termine corrente di »grande pentito , sarebbero stati ottenuti quasi esclusivamente da responsabili di delitti da ergastolo.