a cura di Maria Teresa Di Lascia, Elio VitoSOMMARIO: Le dichiarazioni di diversi uomini politici tutti consiglieri del comune di Napoli appartenenti a partiti polici diversi, dalle quali emerge il comune apprezzamento per una riforma istituzionale che, in una situazione come quella napoletana, in cui si assiste ad uno smisurato allargamento dell'area metropolitana, porti all'elezione diretta del sindaco il quale a sua volta elegga i consiglieri comunali formando così una compagine municipale omogenea in grado di garantire stabilità. In questo modo si modificherebbe di molto il gioco politico purché tutto sia fatto secondo linee di razionalizzazione del territorio che assicurino una governabilità moderna dello stesso.
(NOTIZIE RADICALI - N. 71, 30 aprile 1984)
Mario Catalano, deputato del Pdup e consigliere comunale.
Noi abbiamo una situazione abnorme: c'è un comune di un milione e duecentomila abitanti che è Napoli e ci sono tante città di centomila abitanti intorno a Napoli. Il tutto è una situazione unitaria governata, invece, da vari consigli comunali i quali non riescono a soddisfare i bisogni e a risolvere i problemi posti dai cittadini. Ci sono tanti consigli comunali che non riescono a trovare neanche un minimo di coordinamento.
Allora, è proprio da questa visione del problema che nasce l'interrogativo che Pannella ha portato in consiglio e che anche noi come Pdup abbiamo affacciato su queste tematiche.
L'ingovernabilità è un fatto soltanto di degenerazione del quadro politico, o c'è anche il fatto che il sistema istituzionale dato non permette oggi una governabilità?
Questo è il problema di fondo, è rivedere, per le grandi città e soprattutto per le aree metropolitane, il sistema istituzionale. (...)
Giulio Di Donato, deputato del Psi e consigliere comunale.
Io sono dell'opinione che il problema della governabilità di molti enti locali, grandi, medi e piccoli, sia completamente slegato dal problema delle alleanze e degli schieramenti sul quale insiste invece caparbiamente e in modo strumentale la Democrazia cristiana. (...) Questo è un tema caro alla liturgia politica, che Dc e comunisti fanno rimbalzare ogni giorno sui giornali. La verità è che molti enti locali sono ingovernabili proprio perché strutturalmente il sistema elettorale non funziona più. C'è bisogno di cambiare le regole, c'è bisogno di recuperare più governabilità attraverso una modificazione delle regole elettorali. Credo che Napoli può essere un caso nel quale questo tipo di riforma può essere sperimentata prima di estenderla all'intero paese, iniziando da Napoli che è un caso un po' emblematico, per la convergenza di una serie di problemi che attraverso la scarsa governabilità della città, si sono negli ultimi anni ingigantiti.
Ne cito uno soltanto, quello della camorra (...). Mi riferisco ai comuni, alle Unità sanitarie locali, insomma ai centri di spesa. E' lì che bisogna introdurre elementi di novità: noi pensiamo che una proposta di questo genere, che tra l'altro in tempi brevi possa essere realizzata dal Parlamento, possa servire a creare le condizioni di un cambiamento strutturale di cui tutti avvertiamo l'estremo bisogno. (...)
Enzo Scotti, deputato della Dc e consigliere comunale.
Credo che il dibattito stia facendo dei passi avanti, c'è stata una serie di convergenze piuttosto importanti e interessanti. Questo è il tema sul quale bisogna ormai stringere, vedendo di trovare delle intese perché a livelle nazionale e di Parlamento la questione possa passare.
Un dato positivo: la consapevolezza che non ci può essere una soluzione uniforme e generale per le aree metropolitane del nostro Paese, ma che le diverse realtà richiedono soluzioni differenziate, e questo può aprire la strada ad una situazione pilota anche per Napoli.
Credo che questo sia il momento, la sede di riordino degli enti locali, per proporre le norme sull'autorità metropolitana e quindi su una forma nuova e diversa di elezione diretta da parte dei cittadini.
Alberto Ciampaglia, deputato del Psdi
Io ritengo che forse 96 comuni è un po' troppo. Ma credo che vi sia la necessità di avere un piano urbanistico generale che possa permettere la creazione di una grande metropoli. Io credo che noi abbiamo perduto una grande occasione, anche in un momento doloroso, quello del terremoto dell'80, ma avendo affrontato in chiave di espansione dell'area metropolitana i problemi della ricostruzione a Napoli. Abbiamo cercato così di intasare ancora di più Napoli mentre avevamo davanti a noi l'esigenza, proprio approfittando di un momento doloroso, di dare uno sviluppo diverso alla città. (...)
Andrea Geremicca, deputato del Pci e consigliere comunale
Io faccio il dispettoso, soprattutto a Radio radicale, mi diverto a fare polemica con voi, in questo caso la faccio dicendo attenzione, non è una scoperta di Pannella, anche se io riconosco che Pannella politicamente sta insistendo in questo periodo.
La questione di un governo metropolitano cioè (...) è proprio tipica, non puoi oggi parlare del comune di Napoli a se stante o dei comuni intorno a se stanti. Occorre avere una dimensione anche istituzionale di tipo metropolitano. Poi ci sono le proposte di Pannella, l'elezione diretta del sindaco, tutte questioni che sappiamo, però il problema esiste.
Quando si parla di famose riforme istituzionali, di grandi riforme, si comincia a parlare di problemi molto distanti dalla gente, mentre io credo che il primo terreno di riforma sia proprio l'istituzione più vicina alla gente, cioè i consigli comunali, i comuni specialmente delle grandi città.
Giuseppe Galasso, deputato del Pri e consigliere comunale
Mi pare che nessuno possa mettere in dubbio che nell'aria napoletana occorra un mutamento sostanziale dell'assetto del territorio e della sua funzione amministrativa, però nessuno può anche mettere in dubbio che questo mutamento deve avvenire secondo linee di razionalizzazione del territorio, ma anche linee che assicurino una governabilità moderna e superiore del territorio stesso.
Questo Stato esige garanzie politiche ed istituzionali che non si vedono spesso affacciate nelle discussioni che si fanno al riguardo. Si parla, ad esempio, di Grande Napoli, è chiaro che se si fa un'area metropolitana quest'area metropolitana deve avere un disegno più vasto del comune di Napoli. Ma è sbagliato secondo me parlare di Grande Napoli, è giusto parlare di area metropolitana di Napoli perché non si tratta d'ingrandire Napoli ma di prendere atto di una realtà che già oggi è largamente estesa oltre i confini di Napoli.
Allo stesso modo si parla di elezione diretta del sindaco ed io credo che sia una buona idea perché semplificherebbe molto il gioco politico. Tuttavia anche qui bisogna guardare con attenzione alla circostanza che l'elezione diretta del sindaco non elimini poi i problemi di governo dei consigli comunali.
Sento fare molte proposte di departiticizzare la vita delle istituzioni amministrative, io credo che la departicizzazione, l'uscire fuori dal gioco dei partiti, sia una necessità assoluta; vorrei però capire quali sono i binari sui quali bisogna poi avviare il governo dei comuni, degli Enti locali, delle aree metropolitane in questo caso, una volta che si sia opportunamente ridotta la minimo la possibilità di degenerazione della lotta politica e sociale che troppo spesso in Italia risale ai partiti.
Angelo Manna, deputato del Msi, consigliere comunale
Sono sostanzialmente d'accordo con Pannella anche perché mi vanto di essere stato uno dei primi a parlare di questa ipotesi nel corso della mia trasmissione "Il Tormentone". Sono sempre stato convinto che, per cambiare le cose, due sono le strade: o la guerra civile o la riforma istituzionale.
L'elezione diretta del sindaco consentirebbe di rendere votabile una persona che ha molti consensi personali al di fuori delle parti e che non sarebbe votato se rappresentasse un partito piuttosto che un altro. Sarebbe dunque un sindaco candidato sul programma e non candidato di un partito. Potrebbe, una volta eletto, scegliersi i propri collaboratori fuori dai giochi di partito e, come conseguenza, garantirebbe stabilità. Infatti quand'anche i collaboratori andassero in crisi ciò non riguarderebbe il sindaco come espressione di una maggioranza di consenso piuttosto che di potere.
Inoltre una riforma istituzionale che prevedesse l'organizzazione delle grosse aree metropolitane garantirebbe un recupero culturale, e non folkloristico, molto importante per una società che sta rapidamente perdendo le proprie radici.