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Calderisi Giuseppe - 13 ottobre 1984
DIBATTITO PRECONGRESSUALE: GIUSEPPE CALDERISI

SOMMARIO: Dal 30· Congresso Radicale da una parte è emerso il successo politico del partito - con la battaglia sulla giustizia, con il successo elettorale alle europee, con le denuncie connesse alla "questione morale", con il dibattito sulla droga, con il successo di liste verdi e azzurre, con il successo dello sciopero di voto e poi con la proposta di modifica elettorale-istituzionale a Napoli - dall'altra è emersa la crisi radicale consistente nella inesistenza di una prospettiva politica credibile e determinata dal fallimento di una delle battaglie portanti del PR: quella sull'obiettivo dei "tre milioni di vivi". Le più importanti questioni da affrontare sono quella dei rapporti del PCI con il regime e quella del codice di comporatmento in Parlamento per la quale la prima cosa da fare è la predisposizione di un dossier che documenti le ulteriori degenerazioni partitocratiche del Parlamento.

(NOTIZIE RADICALI N. 71, 30 aprile 1984)

Successo politico da una parte, assenza di prospettiva dall'altra. Sono le due innegabili realtà che il 30· congresso del Partito radicale ha di fronte e che nessuno può fingere di non vedere o di deformare per rappresentazioni in chiave pessimistica e disperante o ottimistica ed illusoria.

Chi dipinge a tinte fosche una "crisi radicale" non può non constatare - e non si tratta proprio di trionfalismo - il bilancio altamente positivo che il partito ha conseguito quest'anno. Non solo con la battaglia sulla giustizia e con il successo elettorale alle europee, pari a quello del 1979; con l'azione di denuncia delle responsabilità politiche della "questione morale" e delle degenerazioni partitocratiche della Repubblica, culminata con il "giovedì nero" di Andreotti e del Pci; con il dibattito sulla droga; con la proposta di liste verdi e azzurre; con il successo dello sciopero del voto e poi con la con la proposta di modifica elettorale-istituzionale a Napoli. Ma, innanzitutto, con il successo politico ottenuto con la presentazione della proposta di legge Piccoli che ha fatto compiere un salto di qualità enorme alla lotta contro lo sterminio per fame nel mondo, pur non avendo conseguito l'obiettivo dei "tre milioni di vivi".

L'inesistenza di una prospettiva politica credibile è l'altra realtà che non possiamo nasconderci. Da una parte, la politica comunista e il ruolo di pilastro portante assunto dal Pci, dall'altra il fallimento e l'inconsistenza socialista hanno fatto precipitare la prospettiva dell'alternativa di sinistra. E, certo, un'altra prospettiva non la si trova dietro l'angolo (scusate, Melega ha quella del 51% radicale...).

Una situazione che aggrava, evidentemente, le già enormi difficoltà che una forza politica come il Partito radicale deve affrontare se non vuole rinunciare alla sua alterità. Proprio per questo occorre avere ben chiare le condizioni, i "meccanismi strutturali" che hanno consentito al Partito radicale di non farsi riassorbire, omologare, normalizzare. Oltre all'autofinanziamento, il principale obiettivo consiste nel rigoroso perseguimento, su alcuni fronti ben determinati, di pochi e puntuali obiettivi, annualmente messi a punto, capaci di rappresentare l'"attualità radicale" da imporre ed inserire nell'agenda politica determinata dalle forze di regime e capaci di aprire contraddizioni significative negli assetti politici esistenti. Senza la ricerca e l'individuazione di fronti e obiettivi di questa natura e portata (che costituiscono il minimo comune denominatore degli iscritti al partito e l'impegno degli organi statutari) non solo correremmo il rischio di un dibattito sterile ed inconcludente, incapace di

mettere a fuoco i problemi, ma mineremmo alla base uno dei pilastri che ha finora garantito la "durata" radicale.

Sull'obiettivo dei "tre milioni di vivi" non possiamo non prendere atto della sconfitta (il che non significa affatto che abbiamo commesso un errore e che la battaglia e il metodo non fossero giusti). Se la sconfitta non ci consente di riproporre meccanicamente per l'ennesima volta l'obiettivo dei tre milioni di vivi, dobbiamo d'altro canto avere ben presente la nuova situazione che si è determinata.

La battaglia condotta quest'anno, con la sua vasta penetrazione nell'opinione pubblica e, da ultimo, il disegno di legge presentato dal governo, pur nella sua gravissima inadeguatezza, ci offrono un terreno di lotta che dobbiamo saper ben utilizzare, forti della credibilità acquisita. In primo luogo con la battaglia perché il testo venga mutato nel modo più radicale possibile, perché il governo si assuma tutte intere le proprie responsabilità e perché la legge venga approvata, poi con la battaglia per l'attuazione della legge stessa. Da qui, dalle contraddizioni che sapremo aprire e rendere evidenti, dalla denuncia delle inadeguatezze della legge, dalla riaffermazione della validità del metodo che abbiamo proposto, dobbiamo operare perché la politica della vita possa affermarsi davvero. Sia chiaro, non c'è farsi alcuna illusione. Ma la battaglia contro lo sterminio per fame non può non rimanere il principale tra i fronti di lotta del partito.

La questione comunista è certamente un fronte di lotta che assume particolare centralità. Ritengo che il prossimo Congresso debba approfondire e definire l'analisi sulla politica e sul ruolo del Pci rispetto al regime e sul conseguente venir meno della prospettiva dell'alternativa di sinistra, per farne strumento di consapevolezza ed oggetto di denuncia.

Si tratta di una questione essenziale, tanto più difficile nel momento in cui il Pci con Natta accentua esteriormente, come non mai, tutti gli elementi di scontro con la Dc.

Molti altri sono i fronti di lotta aperti: informazione, giustizia, droga, antimilitarismo, ecologia, liste verdi ed azzurre, proposta di modifica elettorale-istituzionale per gli enti locali... Si tratta di operare una selezione oculata - e il principale criterio di scelta è dato proprio dalla questione comunista - individuando e iniziative possibili e necessarie e non escludendo il ricorso allo strumento del referendum per campagne specifiche.

Brevemente sul "codice di comportamento" in Parlamento. Non va assolutamente abbandonato. Va attuato e rafforzato. La questione da discutere è questa. Per prima cosa è necessario un dossier che documenti le ulteriori degenerazioni partitocratiche del Parlamento. Così come abbiamo documentato il comportamento di voto del Pci nella passata legislatura, dobbiamo estendere l'iniziativa dotandoci degli strumenti di analisi e documentazione adeguati per rendere l'attività e il funzionamento del Parlamento "res pubblica" e sottrarli così al dominio della "politica invisibile". E' su questo terreno, innanzitutto, che si può valorizzare il codice di comportamento.

 
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