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Il Tempo, Il giornale d'Italia, Il Messaggero, La Repubblica, Coppola Franco, Il Giorno - 23 ottobre 1984
IL CASO ITALIA: (49) Rassegna stampa - LO STATO DELLA GIUSTIZIA IN EUROPA - I· CONVEGNO
STRASBURGO, 23.24 OTTOBRE 1984 - PARLAMENTO EUROPEO

SOMMARIO: Gli atti del convegno su lo stato della giustizia in Europa "Il caso Italia".

Con questa prima iniziativa, parlamentari di tutte le correnti politiche comunitarie intendono verificare lo stato della giustizia in Europa.

Deroghe nei confronti di alcune garanzie democraticamente poste a tutela dei diritti della persona, sanciti dai trattati comunitari e dalle costituzioni nazionali, si registrano in diversi paesi della comunità europea. Molto spesso queste violazioni delle fondamentali libertà civili sono state giustificate dall'insorgere di forme violente di contestazione politica, dall'esplosione di fenomeni terroristici o dal rafforzamento delle organizzazioni criminali.

Avviare il processo di ristabilimento democratico della legalità compromessa, rappresenta l'impegno dei promotori di queste iniziative.

Il primo caso che viene esaminato è quello italiano. In due giorni di discussione a Strasburgo il 23 e 24 ottobre.

("IL CASO ITALIA", Lo stato della giustizia in Europa - I· Convegno - Strasburgo, 23-24 Ottobre 1984 - Parlamento Europeo - A cura del Comitato per una Giustizia Giusta - Cedam Casa Editrice Dott. Antonio Milani, Padova 1985)

Il Tempo - 17.10.1984

GIUSTIZIA IN EUROPA

"Il »caso Italia sarà il tema del primo convegno che si terrà a Strasburgo la prossima settimana e che è stato promosso da trenta eurodeputati e dal Comitato per una giustizia giusta presieduto da Leonardo Sciascia. Un dibattito che si svolgerà nell'ambito di una serie di iniziative sullo stato della giustizia in Europa.

Relatori del convegno sono il prof. Marc Ancel, presidente del Centro di diritto comparato di Parigi, il prof. Jorge De Figueiredo Dias, consigliere di Stato, il prof. Stefano Trechsel, componente della Commissione europea dei diritti dell'uomo e il prof. Giuliano Vassalli, presidente della Commissione giustizia del Senato. La relazione conclusiva sarà tenuta dal prof. Domenico Pisapia".

Esiste un »caso Italia nell'amministrazione della giustizia, e della giustizia penale in particolare, e, soprattutto, esiste un »caso Italia che debba essere trattato, come tale, tra i problemi della giustizia in Europa?

Un convegno su tale argomento, come quello che si terrà a Strasburgo il 23 ed il 24 ottobre, potrebbe far pensare o ad una voluta esagerazione delle condizioni della giustizia nel nostro paese, o ad un eccessivo ottimismo circa lo stato dell'integrazione europea e della capacità dei paesi della Comunità di avvertire come propri problemi del genere di altri paesi consociati.

Non credo che tali valutazioni sarebbero giustificate dalla realtà delle cose.

Il nostro paese ha conosciuto gli »anni di piombo del terrorismo non diversamente da altre parti d'Europa che anzi più di noi stentano ad uscirne, e la legislazione speciale non è stata un triste privilegio solo del nostro Paese. Ma da noi »nulla è così duraturo come ciò che è provvisorio . Così che, mentre si continua a parlare di »uscita dall'emergenza del terrorismo e di progetti dl condoni, sconti e benefici vari per i »dissociati e magari di amnistie e di azzeramenti dei conti (in realtà non sempre molto chiari) che per il terrorismo molti giovani e non giovani hanno contratto con la giustizia, nuove »emergenze si sovrappongono e si accavallano: mafia, camorra, droga, criminalità organizzata in genere. Ed anzi sta prevalendo un certo andazzo secondo cui la giustizia, in fondo, dovrebbe occuparsi seriamente solo delle »emergenze , secondo precise »strategie .

Non c'è da meravigliarsi se una giustizia impegnata e finalizzata alla conduzione di »campagne , prima o poi finisca per mettere da parte quei principi di obiettività, di imparzialità, di legalità e di garantismo che sono la tradizione e l'orgoglio dei paesi di civiltà liberale.

Non che contro terrorismo, mafia, camorra, criminalità organizzata non debbano condursi anche »campagne e concepirsi »strategie . Ma questo compete all'apparato di polizia, all'amministrazione, non alla giustizia, che, se non deve rimanere insensibile alle realtà del momento e chiusa nella torre d'avorio della astrattezza, non deve certamente ubbidire ad impulsi contingenti ed a tentazione di »scorciatoie , il cui prezzo, talvolta dilazionato, giunge fino alla negazione della sua stessa credibilità.

Sta di fatto che nel nostro Paese non ci si scandalizza più se un cittadino finisce in galera per omonimia, se la parola di un pentito, ed anche ciò che un pentito riferisce di aver inteso dire, una sua opinione, bastano a far finire un cittadino in galera. Né più ci si scandalizza se una persona viene spedita e mantenuta in galera perché non si decide a confessare ed a »pentirsi e se quindi, per il meccanismo perverso della carcerazione preventiva, di durata sempre eccessiva, intesa come pena anticipata, prima ancora che la colpevolezza sia punito il diritto di difendersi ed, al limite, l'innocenza sia punita più gravemente della colpevolezza.

Abbiamo anche cessato di stupirci della mole di certi processi e di domandarci quale credibilità possa avere la convinzione di colpevolezza o di innocenza »al di là di ogni ragionevole dubbio nei confronti di qualche centinaio di imputati emessa da un giudice istruttore o da una corte in uno dei tanti »maxiprocessi che di volta in volta vengono definiti »storici , ma che meglio sarebbe chiamare »storiografici , visto che chi li conduce si propone di ricostruire lo spaccato sociologico di città e regioni per lustri e decenni.

L'assuefazione oramai copre fatti gravissimi, come la sempre più frequente criminalizzazione del rapporto tra difensore e difeso, che in certe città ed in certe regioni ha portato avvocati ritenuti »troppo zelanti a rispondere di favoreggiamento ed anche di associazione a delinquere di stampo mafioso, magari sulla base del giudizio di un pentito.

Altri Paesi potranno dunque apprendere dall'esperienza italiana quanto sia rischioso per le prassi e per lo stesso senso della giustizia indulgere ad eccezioni ed a parentesi nella legalità e nelle garanzie. E potremo noi confrontare certe nostre realtà con un metro di valutazione non altrettanto distorto dall'assuefazione.

Certamente alcuni problemi che nascono da questa situazione della giustizia hanno caratteristiche difficilmente esportabili e forse difficilmente comprensibili Oltralpe. Penso soprattutto ai riflessi sull'indipendenza dei giudici, un'indipendenza che è strettamente connessa e condizionata alla soggezione alla legge, al principio di legalità e non certo alla discrezionalità dei poteri e tanto meno ad una concezione della giustizia che proceda »per campagne . Sono sintomi allarmanti, ad esempio, l'affannarsi del Consiglio superiore, dell'Associazione magistrati e, ahimé, delle sue correnti, per definire »strategie , dettare indirizzi, invocare »legislazioni premiali . Ma questo è argomento che merita ben altro approfondimento. Il discorso sulla giustizia italiana non comincia e non finisce a Strasburgo.

MAURO MELLINI

Giornale d'Italia - 24.10.1984

ALL'EUROPARLAMENTO SI DISCUTE DEL »CASO ITALIA : IN AULA SI PRESENTA ANCHE ORESTE SCALZONE

Strasburgo - Si è aperta ieri mattina, a Strasburgo, nella sede del Parlamento europeo, la conferenza internazionale sul »caso Italia organizzata dal Comitato per una giustizia giusta, presieduto da Leonardo Sciascia, cui partecipano una trentina di eurodeputati di tutte le tendenze politiche (ad eccezione dei missini) ed esponenti del mondo universitario e giudiziario europeo. Relatori del convegno, che si concluderà questa sera, sono i professori Ancel, dell'università di Parigi, De Figueiredo, consigliere di Stato portoghese, Trechsel, della Commissione europea dei diritti umani, Giuliano Vassalli, presidente della Commissione giustizia del Senato e il deputato radicale Mario Mellini. Aprendo i lavori della conferenza, Mario Didò, vicepresidente del gruppo socialista all'Europarlamento, ha delineato il quadro e gli obiettivi del convegno, il quale - ha detto - »non intende porre nessuno sul banco degli accusati .

Appena aperta la conferenza, sono scoppiate anche le prime polemiche. La comparsa nell'aula della conferenza dell'ex leader di Autonomia Oreste Scalzone ha provocato una viva reazione da parte del socialista Enzo Mattina. In una dichiarazione diffusa alla stampa, l'esponente socialista ha criticato gli organizzatori del convegno che - ha detto - »hanno ritenuto più opportuno assicurarsi la presenza del latitante Scalzone che non quella del giudice Falcone . Secondo Mattina, in assenza di un'analisi approfondita del fenomeno del terrorismo, »che ha portato l'Italia nel tunnel degli anni di piombo il taglio del convegno »finisce col minimizzare lo spessore dell'attacco terroristico e mafioso .

Messaggero - 24.10.1984

A STRASBURGO IL »CASO ITALIA : ARRIVA SCALZONE ED ESPLODONO LE POLEMICHE

Si è aperta ieri mattina a Strasburgo, nella sede del Parlamento europeo, la conferenza internazionale sul »caso Italia organizzata dal Comitato per una giustizia giusta, presieduto da Leonardo Sciascia, cui partecipano una trentina di eurodeputati di tutte le tendenze politiche (ad eccezione dei missini) e esponenti del mondo universitario e giudiziario europeo.

Relatori del convegno che si concluderà questa sera, sono i professori Ancel, dell'università dl Parigi, De Figueiredo, consigliere di Stato portoghese, Trechsel, della Commissione europea dei diritti umani, Giuliano Vassalli, presidente della Commissione giustizia del Senato e il deputato radicale Mauro Mellini. Aprendo i lavori della conferenza, Mario Didò, vicepresidente del gruppo socialista all'Europarlamento, ha delineato il quadro e gli obiettivi del convegno, il quale - ha detto - »non intende porre nessuno sul banco degli accusati .

Ed ecco le prime polemiche. La comparsa nell'aula della conferenza dell'ex leader di Autonomia Oreste Scalzone ha provocato una viva reazione da parte del socialista Enzo Mattina. In una dichiarazione diffusa alla stampa, l'esponente socialista ha criticato gli organizzatori del convegno che - ha detto - »hanno ritenuto più opportuno assicurarsi la presenza del latitante Scalzone che non quella del giudice Falcone .

Secondo Mattina, in assenza di un'analisi approfondita del fenomeno del terrorismo, »che ha portato l'Italia nel tunnel degli anni di piombo il taglio del convegno »finisce col minimizzare lo spessore dell'attacco terroristico mafioso .

Dal canto suo, il vicepresidente del gruppo socialista all'Europarlamento, Mario Didò, uno dei promotori del convegno, ha risposto al presidente dell'Associazione magistrati italiani, Criscuolo, che si era rifiutato di partecipare alla conferenza »in mancanza delle condizioni elementari di obiettività e serietà .

In un telegramma a Criscuolo, Didò ricorda che il convegno »non è organizzato dal Partito radicale ma da un gruppo di parlamentari di varie nazionalità e tendenze politiche .

La Repubblica - 24.10.1984

STRASBURGO PARLA DI GIUSTIZIA E ARRIVA A SORPRESA SCALZONE

Strasburgo - Si parla, per la prima volta a livello europeo, di leggi dell'emergenza e di uscita dall'emergenza, di pentitismo e di detenzione preventiva, di situazione carceraria e di diritti della difesa, insomma del caso giustizia in Italia ed è subito polemica rovente. A contestare, non l'iniziativa in sé - promossa dai radicali, cresciuta intorno alla vicenda Tortora e alla quale hanno aderito rappresentanti di tutti i gruppi politici - ma una delle cinque relazioni ufficiali, quella di Mauro Mellini, è stata l'Associazione nazionale magistrati, di cui erano stati invitati a Strasburgo gli esponenti maggiormente rappresentativi, il presidente Criscuolo, il vicepresidente Beria d'Argentine e il segretario generale Ferri.

Alle polemiche scaturite dall'assenza, improvvisa ed imprevista, dei magistrati, si sono aggiunte a scaldare l'ambiente la presenza, del tutto inaspettata, di Oreste Scalzone, ex leader di Potere operaio, riparato in Francia, e condannato in Italia in due distinti processi a 36 anni complessivi di carcere. E più tardi quella, assolutamente casuale di Ferdinando Imposimato, uno dei magistrati che, appunto, lo ha incriminato.

Inevitabile il »bailamme nella sala numero 5 al secondo piano del palazzo-bunker che ospita il Parlamento europeo. Alla guerra dei telegrammi relativa alla »dissociazione dei magistrati, ha fatto seguito quella dei comunicati sulla presenza di Scalzone, sgradita a tutti, radicali compresi, anche se il fondatore di »Metropoli ha poi pranzato con Pannella e per un'ora è stato a colloquio con lui.

L'apparizione di Scalzone nell'aula ha indotto gli organizzatori del convegno sullo »stato della giustizia in Europa: il caso Italia , Mario Didò (Psi), Maria Luisa Cassamagnago Cerretti (Dc), Diego Novelli (Pci) e Marco Pannella (radicale), a prendere posizione con un comunicato stampa emesso nel pomeriggio in cui si dice che a Scalzone è stato fatto notare che la sua presenza non era gradita »poiché del tutto estranea alle caratteristiche del convegno stesso e perché rischiava di conseguenza di »creare fra i partecipanti legittime obiezioni, potendo indurre in errore sulla configurazione e il significato del convegno stesso .

Poi, a prendere decisamente posizione erano il socialista Enzo Mattina e i comunisti Barzanti, Novelli, Squarcialupi e Trivelli. Il primo ha criticato »il taglio del convegno che, per l'assenza di »un minimo di approfondimento sulla qualità della criminalità politica e comune italiana , finisce con il minimizzare lo spessore dell'attacco terroristico e mafioso. Per Mattina, »è grave che non si sia fatto di tutto per avere la partecipazione al convegno di rappresentanti della magistratura .

»La verità è , ha concluso polemicamente Mattina »che qualcuno degli organizzatori ha ritenuto più opportuno assicurarsi la presenza del latitante Scalzone che non quella del giudice Falcone .

I comunisti hanno criticato »gli elementi che hanno limitato e turbato il convegno , dalla presenza di Scalzone al mancato approfondimento di certi temi, e hanno respinto »tutte le posizioni che tendono a porre sotto un'indiscriminata accusa di tendenze liberticide e antigarantiste i magistrati italiani . Fra tanti comunicati ufficiali non poteva mancare quello di Scalzone, in cui il leader autonomo precisa di essersi reso conto della delicatezza della situazione e di aver deciso »di togliere il disturbo . »Non senza , aggiunge »aver manifestato i sensi del mio disprezzo intellettuale e politico per il senso e i contenuti di una presa di posizione come quella di Mattina, alla quale si sono accodati i comunisti .

Chiuso, almeno per il momento, l'incidente Scalzone, conviene tornare alla polemica tra magistrati e organizzatori del convegno, Criscuolo, Beria e Ferri, e anche il segretario nazionale di »Magistratura democratica Palombarini e altri giudici, avevano aderito volentieri e il loro nome figurava nell'elenco, nutritissimo, di quanti sarebbero intervenuti al dibattito. Ieri, all'immediata vigilia, un telex firmato da Criscuolo e Ferri e indirizzato a Leonardo Sciascia, presidente del convegno, avvertiva che l'associazione magistrati aveva deciso di non venire a Strasburgo. Questa la motivazione: premesso di »non intendere in alcun modo sottrarsi a un serio dibattito sui problemi della giustizia italiana , l'associazione aggiunge però che, »nel caso di specie, mancano le condizioni elementari di obiettività e serietà necessarie per la partecipazione . Quindi, le »accuse specifiche alla relazione di Mellini, definita generica, »priva di qualsiasi riferimento al quadro istituzionale, storico e processuale della

giustizia italiana e di qualsiasi dato concreto sulla diffusione degli asseriti fenomeni degenerativi , fornita invece »di un carattere strumentale tendente a screditare e delegittimare la magistratura italiana a giudicare di gravissimi fenomeni di criminalità organizzata .

E così ieri a Strasburgo - a parte l'inattesa presenza di Imposimato che si è trattenuto solo pochi minuti - di magistrati ce n'era uno solo, Mario Battaglini, che diresse il processo sul calcio-scommesse, in pensione da due anni, del tutto all'oscuro dell'iniziativa dell'associazione magistrati e comunque tutt'altro che d'accordo con l'improvviso dietro-front dei suoi colleghi.

Conviene allora dare un'occhiata a questa tanto contestata relazione di Mellini. Il parlamentare radicale, che è anche avvocato, affronta tutti i nodi della legislazione dell'emergenza, dal carcere preventivo visto come pena anticipata al problema dei pentiti e alla loro »utilizzazione , dai maxiprocessi che il relatore definisce »rastrellamenti al regime carcerario, »duro per gli imputati pieno di privilegi per i pentiti , concludendo - ed è questo il passo che potrebbe aver mandato su tutte le furie i magistrati - che »si è pericolosamente modificata la mentalità dei giudici, molti dei quali non solo hanno dato mano alla creazione delle prassi di generalizzazione delle leggi d'eccezione di cui si è già detto, ma costituiscono un vero e proprio gruppo di pressione per il mantenimento e l'estensione di certi poteri e metodi eccezionali, pressione alla quale gli altri magistrati e i poteri politici non hanno saputo porre una adeguata e autonoma risposta .

Naturalmente c'è anche Enzo Tortora. Non interverrà personalmente »per una questione di buon gusto , ma ascolta attentamente tutti gli interventi. Quanto alla mancata presenza dei magistrati, Tortora ne è »rammaricato : »Avrei voluto vedere qui i miei giudici. Purtroppo non è stato possibile .

FRANCO COPPOLA

Avanti! - 24.10.1984

SCALZONE APPLAUDE I RADICALI CHE A STRASBURGO DEFINISCONO L'ITALIA UNO »STATO DI POLIZIA

Strasburgo, 23 - »Non si tratta per noi di porre qualcuno sul banco degli accusati. Scopo di questo incontro è invece quello di analizzare e dibattere lo stato della giustizia penale in Europa. Per motivi di correttezza e per l'esistenza di una situazione tra quelle che suscitano motivi di viva preoccupazione abbiamo voluto affrontare per primo il ``caso Italia'' .

Con queste parole il vicepresidente del Parlamento europeo compagno Mario Didò ha aperto praticamente il convegno sulla giustizia in Europa la cui prima puntata, per così dire, è stata appunto dedicata all'Italia.

»Abbiamo fatto in modo - ha proseguito Didò - che a questa conferenza partecipassero esponenti delle diverse parti interessate al tema della giustizia: magistrati, avvocati, politici, per un esame sereno di una situazione molto complessa. Da una Parte, ci troviamo di fronte ad una ``emergenza'', in fatto di criminalità organizzata che si prolunga senza fine e che preoccupa enormemente l'opinione pubblica. Dall'altra, siamo in presenza di un sistema giudiziario che deve affrontare una simile situazione in condizioni estremamente difficili. Noi non possiamo assistere all'imbarbarimento della società, dovuto alla nuova criminalità, che si accompagni, d'altra parte, ad eventuali fenomeni di degenerazione del sistema giudiziario e del sistema carcerario. I problemi qui rilevati, esistono in Italia ma si pongono anche in altri paesi dell'Europa comunitaria .

Indetto da un gruppo di parlamentari europei di diverse tendenze e di diverse nazionalità, il convegno rischia tuttavia di essere stravolto dalla strumentalizzazione in atto da parte appunto dei radicali italiani. Sin dalle prime battute è infatti apparso chiaro che Mauro Mellini non intendeva minimamente seguire la linea obiettiva proposta da Mario Didò e ribadita dal senatore Vassalli e preferiva spostare i termini della discussione sul terreno della polemica di parte per trascinare appunto l'Italia sul banco degli imputati, additandola come uno Stato di polizia popolato di romantici e miti terroristi nonché di innocui mafiosi e camorristi perseguitati. La relazione di Mellini è stata inoltre diffusa in anticipo in Italia ingenerando, scientemente, il sospetto che si trattasse di una loro manifestazione. Da questo malinteso è nato il rifiuto di partecipare al convegno da parte dell'Associazione nazionale magistrati che in un suo comunicato ha sottolineato come la magistratura italiana anche nei più gravi p

rocessi di criminalità organizzata si sia complessivamente mossa in un'ottica di rispetto delle garanzie e dei diritti costituzionali . Per la Anm la relazione Mellini è, »nella sua genericità, priva di qualsiasi riferimento al quadro istituzionale, storico, processuale della giustizia italiana . Esprimendo il proprio rammarico per tale decisione Mario Didò ha ricordato come la relazione Mellini coinvolgesse esclusivamente la responsabilità del suo autore. Sulla stessa linea il compagno Enzo Mattina ha dichiarato alla stampa che »non si può discutere sullo stato della giustizia in Italia, mettendo sotto accusa il sistema legislativo e l'intera magistratura, senza un minimo di approfondimento sulla qualità della criminalità politica e comune italiana. I terroristi non hanno distribuito confetti, ma pallottole. La criminalità organizzata ha un'aggressività e una pervasività sociale, politica ed economica tale da rappresentare un oggettivo pericolo per la convivenza civile e democratica, per lo sviluppo economi

co in Italia .

Anche il senatore Giuliano Vassalli ha preso le distanze dalla posizione radicale ricordando tra l'altro »la necessità di una lotta più drastica contro la mafia e l'inadeguatezza »delle sole misure di sorveglianza speciale e del soggiorno obbligato . Pur esaminando in una lunga e pacata analisi tutte le carenze dell'amministrazione della giustizia in Italia, affrontando il problema come era nello spirito del convegno, cioè secondo un'ottica scientificamente obiettiva, il professor Vassalli ha continuamente e realisticamente invitato i partecipanti a riflettere sulla situazione di fatto concludendo con un richiamo a considerare non soltanto certi abusi giudiziari, dei quali pure si ha una certa sensazione, ma anche una criminalità organizzata e pericolosa che rappresenta una realtà indiscutibile e che va sradicata nell'interesse di tutti .

Per concludere, una nota quasi di colore: Oreste Scalzone ha fatto la sua apparizione in aula, i radicali hanno smentito di averlo invitato, gli organizzatori del convegno hanno dichiarato »non gradita la sua presenza. Pannella sembra che abbia pranzato con lui. La »vittima del sistema giudiziario italiano sembrava in buona salute. »La verità - ha osservato Enzo Mattina - è che qualcuno degli organizzatori ha ritenuto più opportuno assicurarsi la presenza del latitante Scalzone che non quella del giudice Falcone .

ALBERTO CA'ZORZI

Il Tempo - 24.10.1984

SCALZONE SI PRESENTA A STRASBURGO MA VIENE CACCIATO DAI CONGRESSISTI

Strasburgo, 23 - »Se a coloro che dall'Italia domandano di Sakharov e dei dissidenti in Russia, e per loro giustamente si preoccupano e chiedono libertà, Cernienko rispondesse di guardare piuttosto a quel che in Italia accade in ordine all'amministrazione della giustizia, sarebbe in effetti una giusta e meritata risposta . Questo icastico giudizio che Leonardo Sciascia ha espresso in occasione del convegno sul »caso Italia , promosso da trenta eurodeputati e dal Comitato per una giustizia giusta, dà il segno preciso di quello che - in un più ampio contesto dello Stato e della giustizia in Europa - si sta discutendo nella sede del Parlamento europeo: un segno di polemica "tout court".

E la polemica non è mancata. Anzi, è scoppiata violenta al di là forse delle stesse intenzioni degli organizzatori. Con un telex fatto arrivare stamane all'europarlamento, l'Associazione nazionale magistrati ha declinato l'invito a partecipare al dibattito in quanto »ritiene che manchino le condizioni elementari di obiettività e serietà necessarie per la partecipazione .

Ma non è tutto. A trasformare questa polemica in un »bailamme singolare e inconsueto per un dibattito nell'aulico Parlamento europeo è stata l'apparizione inaspettata e imprevista di Oreste Scalzone, leader di Potere operaio da tempo riparato in Francia, due volte condannato in Italia: venti anni per il »7 aprile e sedi ci proprio ieri a Milano in un altro processo per terrorismo.

Inevitabile la protesta per una presenza sgradita a tutti, radicali compresi, anche se il fondatore di »Metropoli ha poi pranzato con Marco Pannella. Tanto per iniziare, la presenza di Scalzone - in un primo momento non notato - ha indotto gli organizzatori del convegno a prendere posizione con un comunicato stampa emesso nel pomeriggio in cui si afferma che a Scalzone è stato detto che la sua presenza non è ben accetta »perché del tutto estranea alle caratteristiche del convegno stesso e rischia di conseguenza di creare fra i partecipanti legittime obiezioni tanto da indurre in errore sulla configurazione, ed il significato, dello stesso dibattito .

Ma il singolare episodio non finisce qui. Da una parte Enzo Mattina, eurodeputato socialista, ha colto l'occasione per polemizzare con gli organizzatori del convegno accusandoli di aver preferito la presenza di Scalzone a quella del giudice palermitano Falcone, attualmente impegnato in prima persona nella maxi-inchiesta sulla mafia; dall'altra Oreste Scalzone - inseritosi tempestivamente nella polemica dei comunicati - ha rilasciato una dichiarazione nella quale accetta di togliere il disturbo »anche se - dice - sarei tentato di testimoniare con un comportamento di resistenza passiva il diritto per ogni fuoriuscito e rifugiato politico-sociale di esprimere le proprie preoccupazioni ed il proprio impegno sociale, culturale e politico : ed infine i quattro eurodeputati comunisti Barzanti, Novelli, Squarcialupi e Trivelli - partecipanti al dibattito - hanno a loro volta criticato tutta l'impostazione dei lavori che, dal loro punto di vista, appaiono affrettati ed incompleti ed hanno insistito infine sul fatto c

he la presenza di Scalzone è apparsa proprio come un tentativo di distorcere il senso del convegno. Ma torniamo al »"caso magistrati" .

I vertici dell'Anm - invitati ufficialmente al convegno - hanno ritenuto, dopo aver preso visione della relazione ufficiale di Mauro Mellini, »che il carattere strumentale della stessa, tendente a screditare e delegittimare la magistratura italiana a giudicare di gravissimi fenomeni di criminalità organizzata , rende impossibile la loro partecipazione. »A nome del Comitato promotore - è stata la pronta replica partita da Strasburgo - esprimiamo vivo rammarico per la sorprendente presa di posizione . E la risposta, dopo aver precisato che la relazione Mellini è solo una delle cinque in programma, sottolinea che il dibattito non vuole e non voleva che approfondire un confronto aperto sullo stato della giustizia in Italia »senza voler mettere alcuno sul banco degli imputati . Ed invece - complice anche questa »assenza inaspettata - sul banco degli imputati sono finiti proprio i giudici italiani. »Anche se sono venuto solo come spettatore - ha affermato Enzo Tortora, il presentatore-eurodeputato - mi avrebbe fa

tto piacere assistere ad un dibattito faccia a faccia con i magistrati . »Più volte ho provato la tentazione di chiedere scusa addirittura a Pinochet, a Stalin, a Hitler, ai dittatori insomma più neri e più feroci , ha scritto proprio Enzo Tortora nella prefazione di un libro che era sui tavoli del convegno. Ed aggiunge: »Ma almeno costoro avrebbero riso se qualcuno avesse loro parlato di Stato di diritto e di Costituzione democratica. Qui siamo sotto Pertini eppure accadono cose che neppure sotto il fascismo accadevano .

Un "j'accuse" contro la magistratura italiana è venuto anche dalla fredda enumerazione di alcuni dati statistici contenuti, chi per un verso chi per un altro, nelle relazioni ufficiali: da quella del prof. Marc Ancel, presidente del Centro di diritto comparato di Parigi, a quella del prof. Jorge De Figueiredo Dias, consigliere di Stato, membro della facoltà di diritto di Coimbra, autore di un progetto di riforma del processo penale portoghese; da quella del prof. Stefan Trechsel, membro della Commissione europea dei diritti dell'uomo, a quelle del prof. Giuliano Vassalli, presidente della Commissione giustizia del Senato, e dell'avv. Mauro Mellini. Centoquattromila cittadini sono stati prosciolti con formula piena e 111.000 per insufficienza di prove nel quinquennio '78-'82. Ma hanno dovuto attendere molto tempo - in alcuni casi svariati anni - prima di veder riconosciuta la propria innocenza.

La verità è che in Italia la giustizia non riesce a fronteggiare in tempi brevi, la valanga di denunce ed esposti che si abbattono quotidianamente sui tavoli delle preture e delle procure della Repubblica. Basti pensare che al 1· gennaio dello scorso anno risultavano ancora pendenti 1.504.000 inchieste penali, di cui 644.000 aperte nel 1982, esclusi però i furti. Esclusi i furti non perché il tipo di reato è di fatto in estinzione: al contrario, perché nonostante il vertiginoso incremento, è invaso il costume di lasciar correre visto che la denuncia diventa solo una perdita di tempo. Ma le ragioni di questo quadro dalle fosche tinte sono anche altre. »Nessuna nuova legge - ha sottolineato il prof. Pietro Nuvolone, docente di diritto penale all'università di Milano, in una breve ma chiara e compendiosa relazione - garantirà la libertà personale dei cittadini se non muterà anche l'atteggiamento di un certo numero di magistrati, che hanno il mandato di cattura troppo facile e impulsivo. Molti problemi della car

cerazione preventiva non sarebbero sorti se pubblici ministeri e giudici istruttori avessero fatto un uso più cauto dei provvedimenti restrittivi della libertà personale invece di emetterli quasi come premessa del processo, al profilarsi del più discutibile indizio .

»Al fondo c'è anche un problema di uomini. Cos'i per esempio - conclude Nuvolone - nell'organizzazione del lavoro giudiziario, che troppo spesso si svolge con le cadenze di un dramma teatrale, nel quadro di maxi-inchieste che potranno dare contributi sociologici, ma non fare opera di giustizia .

MARCELLO LAMBERTINI

Il Giorno - 24.10.'84

SCALZONE: GIUDICI NO, AMNISTIA SI'

Strasburgo, 24 ottobre - Pallido, magrissimo, un parlare inarrestabile (»è vero, sono prolisso ), un aggrapparsi continuo a citazioni, da Foucault a Pasolini, l'antico leader dl Autonomia è accorso al Parlamento europeo di Strasburgo deciso a partecipare al dibattito sulla giustizia in Italia organizzato dal Partito radicale. »Sono qui per fare il mio mestiere, quello di sindacalista dei 300 fuorusciti che ora vivono in Francia. Cosa significa? Che cerco in ogni modo di battermi perché venga varata un'amnistia collettiva . Arrestato nel '79, rimesso in libertà provvisoria per motivi di salute e poco dopo scappato a Parigi, condannato dai nostri tribunali: prima a vent'anni e poi ad altri sedici. Oreste Scalzone qui non ha nessun problema a mostrarsi in pubblico. »Per carità, partecipo spesso a convegni e a tavole rotonde .

La sua poco opportuna comparsa ha messo ieri a disagio gli organizzatori del dibattito di Strasburgo. Marco Pannella ha preso le distanze (ma se Scalzone non era stato invitato come ha fatto a entrare nel gran palazzo del Parlamento?), hanno protestato con indignazione i socialisti Mattina e Didò, il comunista Novelli e la democristiana Cassamagnago. Scalzone incassa, deve esserci abituato.

Su Negri, che a Parigi non vede e non frequenta, dà giudizi poco amichevoli: »Contesto il suo opportunismo, il suo travestitismo, il suo adeguarsi alle mode, il suo desiderio di mostrarsi innocente accusando altri . Ma aggiunge: »La sua grave responsabilità allora fu quella di aver santificato quanto già avveniva. Insomma è stato un grande intellettuale ma un pessimo politico . Scalzone per sé invece non accetta alcuna abiura e rivendica tranquillo una corresponsabilità »intellettuale, politica, organizzativa per quanto avvenne in quei tremendi anni di piombo. »Ritenevo giusto lavorare per una trasformazione della società e pensavo che per prepararla occorresse un partito organizzato di massa dotato però anche di un braccio armato .

Come vive oggi a Parigi una persona accusata e condannata in Italia per terrorismo? »In condizioni precarie, senza permesso di soggiorno, ma alla luce del sole . Infatti lui abita tranquillamente in un appartamento con la moglie e la figlia di 10 anni. Scalzone si lamenta delle sue scarse entrate finanziarie: riceve 400 mila lire come traduttore, qualche aiuto dalla famiglia e 350 mila lire al mese, un terzo del suo stipendio di insegnante, che gli viene tuttora retribuito dallo Stato italiano.

Ieri, assistendo al convegno sul »caso Italia in cui in pratica è stata messa sotto processo la stessa magistratura che l'ha condannato, quali sono state le reazioni di questo stanco ragazzo di 37 anni?: »Non ho provato sentimenti di revanche. Ma mi sembra che si cominci a rendere giustizia a chi sta in galera. Però non mi faccio illusioni. Il nostro paese è andreottiano, post-moderno, un luogo dove tutto fa spettacolo e tutto poi sfuma .

Ma Scalzone non teme prima o poi di essere arrestato? Effettivamente qualche problema ce l'ha ma non riguarda un futuro immediato: »Dopo le elezioni dell'86, se in Francia dovesse cambiare il governo... .

Se potesse tornare indietro come si comporterebbe? »Cercherei nei confronti del Movimento di fare l'avvocato del diavolo, la coscienza critica. Oggi però non credo di avere alcuna ricetta da proporre. Posso solo affermare che mi sento molto vicino a Solidarnosc .

Stretto nel suo pullover blu, Oreste Scalzone dichiara che non considera nessun tribunale legittimato a giudicare le sue azioni. Però se arrivasse l'amnistia allora si, quella l'accetterebbe! »Che c'entra? Uno, se ha sete, per comprarsi la birra usa dei soldi, senza per questo diventare un opportunista . Ammette di aver commesso nel suo passato molti errori. Si è dunque pentito? »No, sono autocritico ma non posso certo definirmi un pentito . Ma non sente il peso dei molti assassinati di quegli anni? »Non ho questo problema. Facendo un bilancio del mio comportamento posso dire di avere evitato più morti di quanti indirettamente possa averne provocato .

DONATA RIGHETTI

Corriere della Sera, 24.10.'84

IL LATITANTE SCALZONE IN UN'AULA DELL'EUROPARLAMENTO ASSISTE AD UN »PROCESSO CONTRO LA GIUSTIZIA ITALIANA

Strasburgo - Oreste Scalzone, già leader di Autonomia, condannato a vent'anni di carcere nel processo »7 aprile per partecipazione a banda armata e per altri reati connessi al terrorismo e ancora condannato, si può dire poche ore fa, ad altri sedici anni di reclusione nel processo contro i Co.Co.Ri (Comitati comunisti rivoluzionari) non si è voluto perdere l'occasione di vedere questa volta sul banco degli imputati la giustizia che l'ha condannato. Ed è venuto da Parigi, dove è rifugiato dal 1981 con la moglie ed una figlia di dieci anni, ad assistere al processo che il »Comitato per una giustizia giusta , presieduto da Leonardo Sciascia, assente, e composto da numerosi parlamentari euorpei, ha intentato alle leggi e alla magistratura italiane in un'aula di commissione del Parlamento europeo di Strasburgo, in periodo di piena sessione assembleare.

Piccolo, barbuto, pallido, con indosso un pesante eskimo blu, Scalzone si è seduto a pochi scanni di distanza dal pubblico ministero del tribunale di Trieste, dottor Oliviero Drigani, il quale non sapeva come nascondere il proprio estremo disagio per avere accanto un latitante della Repubblica italiana con 36 anni di carcere sulle spalle.

Scalzone ha ascoltato con attenzione la dura requisitoria contro leggi e magistratura italiane fatta dal deputato radicale Mauro Mellini. Questa relazione, resa nota in partenza, ha provocato la sconfessione del »processo venuta da parte dell'Associazione italiana magistrati e il rifiuto di questa di presenziare a Strasburgo.

Scalzone ha ascoltato anche la dotta ed equilibrata relazione del giurista socialista senatore Giuliano Vassalli, presidente della Commissione giustizia di Palazzo Madama, ed è stato uno dei pochi a non unirsi agli applausi quasi generali.

Tra i presenti, gli eurodeputati Baget Bozzo (socialista), Pannella e Tortora (radicali), Cassamagnago (democristiana), Novelli, Squarcialupi, Trivelli e Barzanti (comunisti) e ancora i socialisti Didò e Mattina. Quest'ultimo, quando ha visto Scalzone, ha immediatamente dettato una dichiarazione di protesta, cui si sono associati i comunisti.

Mattina ha anche sconfessato in blocco l'iniziativa: »I terroristi non hanno distribuito confetti, ma pallottole e qui si mettono sotto accusa leggi e magistratura italiane senza approfondire sulla criminalità politica e comune in Italia .

Una nota dl protesta per la presenza di Scalzone è stata subito dopo dettata, a nome del comitato organizzatore, anche da Didò, dalla Cassamagnago, da Pannella e da Novelli.

La radicale Emma Bonino ha bloccato Oreste Scalzone, in un corridoio, e gli ha detto: »Nessuno ti aveva invitato, quindi la tua presenza è sgradita e fuorviante .

Scalzone ha chiesto di parlare in aula. Non gli è stato concesso.

Abbiamo avvicinato l'ex leader di Autonomia.

- Che cosa prova a vedere sotto processo la giustizia italiana?

»Nessuno spirito di Rivincita. E' una iniziativa che rende giustizia a chi si trova nelle galere italiane. Del resto, in Italia succede che duecento deputati protestino contro la Cassazione che ha negato la libertà a Giuliano Naria .

- Appena l'altro ieri, altra condanna per lei. Si sente colpevole o innocente?

»Non ho mai cessato di rivendicare di essere stato militante di una frangia estrema sovversiva attraverso la quale è passata anche la violenza armata e questo sia intellettualmente che politicamente che organizzativamente .

- Allora si sente colpevole?

»Non accetto la logica della colpa perché non accetto quei tribunali, quel sistema, quei processi politici. Nego loro legittimità .

- Ma lei si batte per l'amnistia generale... Le istituzioni che dovrebbero concedergliela, quelle, lei le accetta e le legittima...

»Io respingo anche il capitalismo ed il salario che ne è una istituzione, ma lotto per gli aumenti salariali... .

- Certe distinzioni, anche tra livelli di responsabilità, come fa Toni Negri, possono essere comode...

»Questo riguarda Toni Negri; non per niente io e lui non ci siamo mai cercati, qui. Io mi limito a dire che con la tenaglia tra il ``pentimento'' e ``concorso nel reato'' si possono dare secoli di galera...

- Ma i morti, quelli pesano sulla sua coscienza »indiretta ? »Potrei dirle che di morti ne ho evitati molti di più di quanti possa averne provocati la mia ideologia .

- Ed il suo rapporto con la violenza qual è oggi?

»Sono oggi in mezzo al guado. Se sentissi parlare di violenza, farei l'avvocato del diavolo su tutte le teorie sistematiche. Non sono un ``continuista'', ma nemmeno un dissociato .

Tornando al »processo nei confronti della giustizia italiana, processo al quale altri seguiranno a carico di altri Paesi, le accuse all'Italia hanno avuto, come pubblico ministero Mauro Mellini, ma anche, in parte, Stefan Trechsel, membro della commissione europea dei diritti dell'uomo.

Il senatore Vassalli non ha eluso nessuno dei capi di accusa, ma li ha considerati più come reazioni localizzate al fenomeno della »criminalità di massa che come comportamenti generali.

NICOLA D'AMICO

La Stampa, 24.10.'84

STRASBURGO, PROCESSO ALLA GIUSTIZIA ITALIANA

Strasburgo - Giustizia greve, borbonica, fascista? Italia Paese di perversioni giudiziarie, di giustizia indulgente e terrorizzanti ingiustizie? Il »processo è cominciato ieri, nell'aula 5 dell'Europarlamento. Per volontà del Comitato per una giustizia giusta, presieduto da Leonardo Sciascia e animato da una trentina di parlamentari di ogni gruppo (da Baget-Bozzo a Bettiza, da Gavronski a Novelli, da Emma Bonino a Selva a Tortora a Moravia). Con accusatori spietati, difensori attenti, presenze provocatorie. E tante polemiche.

"L'accusa" - I più severi sono i radicali. Una diagnosi aspra, senza attenuanti: alle carenze del passato, a errori antichi, a »innovazioni troppo timide , si sono aggiunte leggi speciali, spiega per tutti Mauro Mellini. Per »fronteggiare l'emergenza , in origine: il terrorismo. E, subito dopo, »emergenze sempre nuove , dalla mafia alla criminalità organizzata. Fino a invadere, come un animale immondo e perverso, l'intera organizzazione giuridica, a far tutt'uno, spesso, con la giustizia.

E proprio ora, insistono i radicali, proprio mentre si annunciano »timide manifestazioni di un rinsavimento legislativo , i giudici italiani ignorano comportamenti più liberali, garantisti. Proprio ora si sviluppano metodi ed espedienti che sono lo specchio di »logiche perverse . Gli aspetti della crisi? Tanti: una carcerazione preventiva facile e »a discrezione , l'uso delle dichiarazioni dei pentiti come mezzo di prova, maxiprocessi e »processi-inchiesta (come il »caso Tortora - ieri silenzioso a Strasburgo - insegna), una condizione carceraria intollerabile, i metodi stessi dell'indagine istruttoria.

Leonardo Sciascia (assente perché malato, ma Emma Bonino ha letto il suo intervento) riassume con una provocazione: »Se a coloro che dall'Italia domandano di Sacharov e dei dissidenti in Russia Cernenko rispondesse di guardare piuttosto a quel che accade in Italia in ordine all'amministrazione della giustizia, sarebbe in effetti una giusta e meritata risposta .

"La difesa" - Più variegata, più smorzata alle volte. I socialisti, intanto. D'accordo con i radicali che »l'emergenza senza fine preoccupa l'opinione pubblica, che »molte sono le denunce di episodi sconcertanti e storture , che si sono sviluppate »tendenze inquisitorie , riconoscono tuttavia che il sistema giudiziario »deve affrontare una simile situazione in condizioni estremamente difficili . Un giurista insigne, Mario Pisani, dell'Università di Pavia: questo »Paese dell'Europa del Sud non presenta soltanto una giustizia penale affannosa e lenta.

Proprio l'emergenza ha rivelato una gran forza: prove tremende, esperienze agghiaccianti (»i terrorismi, le mafie, i contropoteri organizzati ) sono state affrontate »senza cadute di legalità , con i tribunali ordinari, con procedimenti ordinari e senza pene straordinarie. Il prof. Vassalli: ci sono inconvenienti che risalgono alle leggi del Paese o a difetti degli organismi giudiziari, certo. Ma la maggior parte delle accuse radicali si riferiscono alla mentalità e alle pratiche di taluni magistrati. Troppo disinvolti, talora, nel dar preminenza alla lotta contro il delitto piuttosto che ai diritti di difesa e libertà.

Il problema, spesso, non è di leggi ma di »condotta giudiziale . Anche per la carcerazione preventiva e la sua durata: »Al pericolo che l'imputato commetta altri delitti e all'esigenza di prevenzione speciale faceva già riferimento la dottrina liberale dell'Ottocento . E la stessa Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo ammette la custodia provvisoria: »Il problema non è dunque quello di una legge sbagliata o illiberale, quanto quello di un uso sbagliato .

"La miccia Scalzone" - Si è accesa subito, all'inizio dei lavori. Quando, magrissimo e pallido, l'ex leader di Potere operaio è entrato nell'aula numero 5 e si è seduto tra gli invitati, l'hanno guardato tutti. Lui non si è mosso, non ha parlato. La reazione è venuta presto. Una cartella, firmata da Enzo Mattina, deputato europeo: »Qualche organizzatore ha ritenuto più opportuno assicurarsi la presenza del latitante Scalzone che quella del giudice Falcone , accusa. E insiste: »I terroristi non hanno distribuito confetti... Il taglio del convegno finisce col minimizzare lo spessore dell'attacco terroristico e mafioso .

Poco dopo, gli organizzatori: »La presenza di Scalzone non è gradita perché estranea alle caratteristiche del convegno . Infine, i comunisti: »La presenza di Scalzone appare come un tentativo di distorcere il senso del convegno e va denunciata .

"Scalzone accetta di" »togliere il disturbo . Con una precisazione: »Ritengo un onore aver collezionato condanne per 36 anni di prigione per le mie scelte di ribelle e sovversivo , visto il »grado di criminalità sociale del Paese .

EMANUELE NOVAZlO

Gazzetta del Mezzogiorno - 24.10.'84

LA GIUSTIZIA ITALIANA »PROCESSATA A STRASBURGO

Strasburgo - Trentatré parlamentari europei di quasi tutte le tendenze politiche, per oltre due terzi italiani, hanno costituito un Comitato »per una giustizia giusta e ne hanno affidato la presidenza allo scrittore Leonardo Sciascia, ex deputato a Strasburgo. Si propongono di discutere la »situazione della giustizia in Europa , e hanno cominciato ieri con il caso forse più scottante, il caso italiano. Come era facile attendersi di fronte ad un tema così cauto, sul quale si misurano tesi dottrinali diverse, linee politiche talvolta addirittura opposte (mentre numerosi sono i casi personali clamorosi) non potevano mancare le polemiche.

Così, polemicamente, alcuni autorevoli magistrati (Beria D'Argentine, Criscuolo, Ferri, Palombarini), ritengono di essere stati ingiustamente posti sul banco degli imputati da una delle cinque relazioni introduttive, quella dell'on. Mellini, radicale, e hanno ritirato la loro adesione. Ad essi, con rammarico, ha risposto l'on. Didò, vice presidente del gruppo socialista, facendo notare che la relazione »incriminata era soltanto una delle cinque previste e non impegnava che il suo autore, ribadendo invece il carattere aperto del convegno. Troppo aperto, osservava un altro deputato socialista, il sindacalista Enzo Mattina, criticando la presenza al convegno »del latitante Scalzone .

Oltre a Mellini, hanno svolto relazioni ieri mattina, i professori Ancel, Figueiredo Dias, Trechsel e il senatore Giuliano Vassalli, presidente della Commissione giustizia del Senato. E proprio quest'ultima relazione, con profonda competenza, ha messo in rilievo l'estrema complessità del caso Italia. Ha detto Vassalli che »la procedura penale continua a muoversi tra spinte ed esigenze contrapposte, in particolare tra l'aspirazione ad un sistema più rispettoso dei diritti individuali di libertà e l'esigenza della collettività e dei singoli di difendersi dagli attacchi di una criminalità estremamente pericolosa.

Una situazione, quella italiana, nella quale - ha messo in rilievo Vassalli - vanno esaminati non soltanto la legislazione d'emergenza con il caso dei pentiti, ma anche i problemi della carcerazione preventiva, quelli del sistema carcerario, affollato soprattutto da imputati in attesa di giudizio, le carenze dell'amministrazione della giustizia, la tendenza ai maxiprocessi, la lunghezza dei processi stessi, il problema dei diritti della difesa. Tuttavia, secondo Vassalli, governo e parlamento hanno fatto nell'ultimo anno tutto quanto in questo campo era possibile.

FRANCO COLOMBO

Unità - 24.10.'84

GIUSTIZIA IN EUROPA. A STRASBURGO UN CONVEGNO NATO MALE

Strasburgo - Un convegno decisamente nato male quello che si è svolto ieri a Strasburgo sul tema: »La giustizia in Europa: il caso Italia . Nelle intenzioni dei suoi organizzatori doveva essere la prima di una serie di iniziative per approfondire il tema delle necessarie modifiche negli ordinamenti giuridici dei paesi comunitari per una maggiore conformità alle esigenze poste dalla carta europea dei diritti dell'uomo. In realtà una serie di elementi, a cominciare dalla relazione del radicale Mellini, fino alla presenza tra il pubblico del latitante Oreste Scalzone, hanno contribuito a distorcere gravemente il significato del convegno.

In una dichiarazione, i partecipanti al convegno del gruppo comunista e apparentati (gli onorevoli Barzanti, Novelli, Squarcialupi e Trivelli) rilevano che »la gravità dei problemi della giustizia avrebbe richiesto una più accurata preparazione ed approfondimento della qualità della criminalità politica e comune in Italia e in Europa e un »lavoro più accurato e serio per garantire una pluralità di presenze e di posizioni .

Anche l'onorevole Enzo Mattina, socialista, ha dichiarato che questo convegno »ha sprecato una occasione importante e ha denunciato che »non si sia fatto di tutto per avere la partecipazione dei rappresentanti della magistratura .

In merito alla presenza al convegno del latitante Oreste Scalzone, l'eurodeputato socialista Mario Didò, a nome degli organizzatori, ha definito »non gradita la sua presenza che »è del tutto estranea alle caratteristiche del convegno stesso .

G.M.

Il Gazzettino - 24.10.'84

I MAGISTRATI DISERTANO A STRASBURGO IL »PROCESSO ALLA GIUSTIZIA ITALINA

Strasburgo - »Se a coloro che dall'Italia domandano di Sacharov e dei dissidenti in Russia, e per loro giustamente si preoccupano e chiedono libertà, Cernenko rispondesse di guardare piuttosto a quel che in Italia accade in ordine all'amministrazione della giustizia, sarebbe in effetti una giusta e meritata risposta . Questo icastico giudizio che Leonardo Sciascia - con chiaro intento provocatorio - ha espresso in occasione del convegno sul »caso Italia , promosso da trenta eurodeputati e dal Comitato per una giustizia giusta, dà segno preciso di quello che - in un più ampio contesto dello Stato e della giustizia in Europa - si sta discutendo nella sede del parlamento europeo: un segno di polemica "tout court". E la polemica non è mancata. Anzi, è scoppiata violenta al di là forse delle stesse intenzioni degli organizzatori. Con un telex fatto arrivare stamane all'europarlamento, l'Associazione nazionale magistrati ha declinato l'invito a partecipare al dibattito in quanto »ritiene che manchino le condizioni

elementari di obiettività e serietà necessarie per la partecipazione .

Ma non è tutto. A trasformare questa polemica in un »bailamme singolare e inconsueto per un dibattito nell'aulico parlamento europeo è stata l'apparizione inaspettata e imprevista di Oreste Scalzone, leader di Potere operaio da tempo riparato in Francia, due volte condannato in Italia: venti anni per il »7 aprile e sedici proprio ieri a Milano in un altro processo per terrorismo. Inevitabile la protesta per una presenza sgradita a tutti, radicali compresi, anche se il fondatore di »Metropoli ha poi pranzato con Marco Pannella.

Gli organizzatori del convegno hanno emesso un comunicato stampa nel pomeriggio in cui si afferma che a Scalzone è stato detto che la sua presenza non è ben accolta »perché del tutto estranea alle caratteristiche del convegno stesso e rischia di conseguenza di creare fra i partecipanti legittime obiezioni tanto da indurre in errore sulla configurazione ed il significato dello stesso dibattito .

Ma il singolare episodio non finisce qui. Da una parte Enzo Mattina, eurodeputato socialista, ha colto l'occasione per polemizzare con gli organizzatori del convegno accusandoli di aver preferito la presenza di Scalzone a quella del giudice palermitano Falcone, attualmente impegnato in prima persona nella maxi-inchiesta sulla mafia; dall'altra Oreste Scalzone - inseritosi tempestivamente nella polemica dei comunicati - ha rilasciato una dichiarazione nella quale accetta di togliere il disturbo »anche se - dice - sarei stato tentato a testimoniare con un comportamento di resistenza passiva il diritto per ogni fuoriuscito e rifugiato politico-sociale di esprimere le proprie preoccupazioni ed il proprio impegno sociale, culturale e politico , ed infine i quattro eurodeputati comunisti Barzanti, Novelli, Squarcialupi e Trivelli - partecipanti al dibattito - hanno a loro volta criticato tutta l'impostazione dei lavori che, dal loro punto di vista, appaiono affrettati ed incompleti ed hanno insistito infine sul fa

tto che la presenza di Scalzone è apparsa proprio come un tentativo di distorcere il senso del convegno.

Tornando ai magistrati, i vertici dell'Anm - invitati ufficialmente al convegno - hanno ritenuto, dopo aver preso visione della relazione ufficiale di Mauro Mellini, »che il carattere strumentale della stessa, tendente a screditare e delegittimare la magistratura italiana a giudicare di gravissimi fenomeni di criminalità organizzata , rende impossibile la loro partecipazione. E - complice anche questa »assenza inaspettata - sul banco degli imputati sono finiti proprio i giudici italiani. »Anche se sono venuto solo come spettatore - ha affermato Enzo Tortora, il presentatore eurodeputato - mi avrebbe fatto piacere assistere ad un dibattito faccia a faccia con i magistrati . »Più volte ho provato la tentazione di chiedere scusa addirittura a Pinochet, a Stalin, a Hitler, ai dittatori insomma più neri e più feroci , ha scritto proprio Enzo Tortora nella prefazione di un libro che era sui tavoli del convegno. Ed aggiunge: »Ma almeno costoro avrebbero riso se qualcuno avesse loro parlato di stato di diritto e di

costituzione democratica. Qui siamo sotto Pertini: eppure accadono cose che neppure sotto il fascismo accadevano .

MARCELLO LAMBERTINI

ADESSO SCALZONE SI RECA ANCHE AL PARLAMENTO EUROPEO

Strasburgo, 24 - Ex leader di Autonomia operaia, condannato in Italia a vent'anni di reclusione per partecipazione a banda armata e per altri reati connessi al terrorismo, e ad altri sedici in un processo contro i Comitati comunisti rivoluzionari, rifugiatosi a Parigi dove risiede dal 1981, Oreste Scalzone si è presentato ieri al Parlamento europeo, in un'aula del quale si teneva - organizzato da un Comitato per la giustizia giusta, presieduto dal radicale Leonardo Sciascia, ieri comunque assente, e composto da una trentina di deputati dei diversi gruppi - un »processo contro la giustizia italiana.

Scalzone, che ha chiesto di poter parlare dinnanzi al Comitato, è stato allontanato dall'aula, in seguito alle proteste di parlamentari democristiani, socialisti e comunisti. Lo stesso Comitato organizzatore, del resto, ha subito dopo condannato la presenza del terrorista.

Per inciso va ricordato che, conosciuta in precedenza la requisitoria del deputato radicale Mellini contro le leggi e la magistratura italiana, l'Associazione italiana magistrati ha sconfessato il »processo .

Avvenire - 25.10.'84

PRESENTE SCALZONE LA DC SI RITIRA

Strasburgo - La delegazione della Dc italiana nell'europarlamento si è nettamente dissociata ieri dai promotori del convegno »il caso Italia sullo stato della giustizia nel nostro Paese.

In un documento approvato dalla delegazione democristiana italiana, presente il segretario della Dc, Ciriaco De Mita, viene criticata la »netta unilateralità di impostazione emersa dalla prima giornata della conferenza.

La nota demoscristiana critica l'attacco »approssimativo e ingiustificato alla magistratura italiana , e definisce »inaccettabile la presenza al convegno di Oreste Scalzone, il presunto terrorista contro il quale la magistratura italiana ha spiccato mandati di cattura.

Il Manifesto - 25.10.'84

FINISCE TRA LE POLEMICHE IL CONVEGNO EUROPEO SULLA GIUSTIZIA IN ITALIA

Strasburgo (s. me.). - Insomma, questo convegno europarlamentare sul »caso Italia è diventato a sua volta un vero »caso . Raramente il sonnolento tran-tran dei saloni di Strasburgo è stato così animato, come durante queste due giornate di convegno sulla situazione della giustizia italiana, organizzato da trentatré eurodeputati di tutte le formazioni (dai comunisti ai democristiani, ai socialisti, fino a Dp italiana), con lo stimolo determinante del Partito radicale.

Alla bufera sollevata ieri dalla presenza tra il pubblico del latitante Oreste Scalzone (»indesiderato dagli stessi organizzatori), si sono aggiunti ieri due attacchi diretti al convegno stesso, da parte di personaggi e gruppi invitati.

L'Associazione nazionale dei magistrati ha preferito per l'occasione giocare in casa. Dalla sala stampa del palazzo di giustizia di Roma, il suo presidente, Sandro Criscuolo, il segretario generale Enrico Ferri, e il suo vice, Vincenzo Accattatis, hanno spiegato perché non sono voluti neanche partire per Strasburgo, nonostant e fossero tutti inclusi tra gli invitati. »E' del tutto inammissibile - hanno detto ieri i magistrati - che il cosiddetto caso Italia venga affrontato con una logica assolutamente provocatoria e anche al di fuori della realtà storica . Le valige dell'Anm erano già pronte, quando è arrivata copia della relazione introduttiva di Mauro Mellini.

»Si trattava di una vera e propria requisitoria contro l'amministrazione della giustizia nel nostro paese - ha detto Criscuolo - liquidando con approssimazione tutti i problemi veri . All'Anm, per la verità, gli organizzatori del convegno avevano già risposto nei giorni scorsi, per bocca dell'eurodeputato socialista Mario Didò, che aveva ricordato come la relazione di Mellini fosse a titolo personale, e comunque solo uno delle quattro previste e poi effettivamente lette. Una seconda »stoccata contro »Il caso Italia è venuta dalla delegazione europea della Dc italiana, che pure annovera tra le file dei promotori tre suoi rappresentanti, cioè Gustavo Selva, Geardo Galbisso e Maria Luisa Cassamagnago. Costoro sono stati autorevolmente smentiti visto che il documento di ieri è stato stilato alla presenza dello stesso segretario De Mita.

Il Resto del Carlino - 25.10.'84

PROCESSO ALLA GIUSTIZIA

Strasburgo - Doveva essere un convegno unitario per denunciare le storture nell'amministrazione della giustizia nella patria del diritto: le norme sollecitate dall'emergenza, il pentitismo, la lunga detenzione preventiva, l'inferno carcerario. Insomma, il »caso Italia , da discutere nell'aula 5 dell'Europarlamento, presenti rappresentanti di tutti i gruppi politici, per iniziativa del Comitato per giustizia giusta, presieduto da Leonardo Sciascia. Invece si è trasformato in un dibattito-scontro, con comunicati di protesta e dissociazione tra gli stessi che vi avevano aderito con iniziale entusiasmo. La delegazione della Dc italiana all'Europarlamento, ad esempio, ha preso larga distanza. In un documento, approvato alla presenza del segretario Ciriaco De Mita, viene criticata la »netta unilateralità di impostazione emersa dalla prima giornata di lavori del convegno, che »non ha rispettato le attese e le motivazioni che avevano giustificato una larga adesione . La nota democristiana critica l'attacco »appross

imativo e ingiustificato alla magistratura italiana , la »incomprensibile dimenticanza delle riforme attuate recentemente , la »mancanza di analisi del fenomeno terroristico ; e definisce »inaccettabile la presenza al convegno di Oreste Scalzone. I democristiani italiani concludono riaffermando la loro stima nei confronti della magistratura e nelle forze dell'ordine.

Gli eurodeputati comunisti, Barzanti, Novelli, Squarcialupi e Trivelli, avevano già fatto sapere che »la gravità dei problemi della giustizia avrebbe richiesto una più accurata preparazione ed un approfondimento del tipo di criminalità politica e comune in Italia e in Europa . Enzo Mattina, socialista, ha sostenuto che »è grave che non si sia fatto di tutto per avere la partecipazione al convegno dei rappresentanti della magistratura . I giudici avevano infatti inviato un telex di rinuncia per la mancanza delle »condizioni elementari di obiettività e di serietà , e hanno poi diffuso il comunicato che pubblichiamo qui a parte.

Tutto questo accade a Strasburgo, su un tema così delicato, in un contesto così importante, principalmente per due circostanze mostratesi nel primo giorno di lavori. La prima è legata alla relazione di Mauro Mellini, eurodeputato radicale, che se l'è presa coi giudici italiani, che »hanno dato mano alla creazione delle prassi di generalizzazione delle leggi d'eccezione o »non hanno saputo porre una adeguata e autonoma risposta al fenomeno . O addirittura si sono costituiti in un »gruppo di pressione per il mantenimento e l'estensione di certi poteri e metodi eccezionali . Da qui le reazioni contenute nel documento dc, del quale abbiamo riferito all'inizio.

La seconda circostanza di scontro è legata alla presenza, alla riunione, di Oreste Scalzone, ex esponente di Potere operaio, fuggito in Francia dopo la concessione della libertà provvisoria per malattia, recentemente condannato, in due processi, a 36 anni di carcere. Il ricercato si è messo a sedere proprio accanto a un sostituto procuratore giunto dall'Italia. Poi si è presentato come »sindacalista dei fuoriusciti . Infine si è lasciato andare a dichiarazioni deliranti, tipo: »Ritengo un onore aver collezionato condanne per 36 anni per le mie scelte di ribelle e di sovversivo considerato il »grado di criminalità sociale - dice - del mio Paese d'origine ; oppure: »Non accetto la logica della colpa perché non accetto i tribunali italiani; quel sistema quei processi politici. Nego la loro legittimità ; o infine: »Perché allora sollecito l'amnistia: Se uno ha sete, per comprarsi una birra usa i soldi, senza per questo diventare un opportunista . Scalzone, non invitato al convegno, è stato sollecitato ad abband

onare l'aula. Anzi gli organizzatori hanno emesso un comunicato affermando che la sua presenza »non era gradita e »del tutto estranea alle caratteristiche del convegno stesso . Enzo Mattina è sbottato: »Qualcuno ha ritenuto più opportuno assicurarsi la presenza del latitante Scalzone che quella del giudice Falcone . Anche i radicali si sono lagnati. A questo punto l'»esule se ne è andato non senza protestare e atteggiandosi a vittima.

Dopo queste premesse, e le ripercussioni delle quali abbiamo parlato, la seconda giornata è stata vissuta con i nervi a fior di pelle. Ha visto, fra gli altri, l'intervento dell'Abbé Pierre, il settantenne fondatore di »Emmaus . Egli ha puntato il dito contro i servizi segreti italiani responsabili, a suo giudizio, »dell'intossicazione della stampa e dell'opinione pubblica italiana sul caso Hiperion, l'istituto di lingue parigino sospettato di essere stato un covo delle Brigate rosse.

Roma - »Che esista un ``caso Italia'' nessuno lo contesta, ma certo affrontarlo e dibatterlo senza alcuna reale volontà di fare chiarezza, con una logica assolutamente provocatoria ed anche al di fuori della verità storica, è del tutto inammissibile . Lo ha detto il presidente dell'Associazione nazionale magistrati, Sandro Criscuolo, durante una conferenza stampa, indetta dalla giunta esecutiva del »sindacato dei giudici per spiegare perché l'Anm non è intervenuta al »processo contro la giustizia italiana in corso davanti ad una commissione del Parlamento europeo di Strasburgo: non erano previsti - è stato detto fra l'altro - i necessari spazi d'intervento per i delegati Anm a difesa della giustizia italiana. Durissime le critiche alla relazione letta a Strasburgo dal radicale Mellini: »I problemi veri della giustizia italiana - ha detto Enrico Ferri segretario nazionale Anm - sono liquidati in quella relazione in maniera molto approssimativa, trascurando tutto quello che si è fatto e si sta facendo per su

perarli . Ferri ha respinto le affermazioni di Mellini, e cioè che in Italia si fanno »processi per rastrellamento , che il »giudizio di primo grado serve solo ad un primo esame sommario dei fatti , che si ricorre ai maxiprocessi per reati associativi del tutto privi di fondamento.

POVERINI I TERRORISTI COSI' PERSEGUITATI

Per qualificare il clima di confusione morale e di mistificazione della verità, che ha inquinato il convegno di Strasburgo sulla giustizia in Italia, promosso principalmente per iniziativa dei radicali, è sufficiente citare il messaggio di Leonardo Sciascia, presidente del Comitato per una giustizia giusta, organizzatore del convegno. »Se a coloro che dall'Italia domandano di Sakharov e dei dissidenti in Russia, Cernenko rispondesse di guardare piuttosto a quel che accade in Italia in ordine all'amministrazione della giustizia, darebbe in effetti una giusta e meritata risposta .

Un giudizio che stravolge la verità e ferisce la coscienza morale, assimilando di fatto i dissidenti sovietici, perseguitati per la loro eroica e inerme testimonianza di libertà, ai terroristi e ai mafiosi processati per i loro crimini sanguinari contro le nostre libere istituzioni e la società civile, e paragona la giustizia del nostro Stato di diritto all'arbitrio poliziesco di uno Stato totalitario. Sciascia è coerente. E' rimasto quello che nel maggio del '77 - mentre già in difesa dello Stato erano caduti i magistrati Coco e Occorsio, l'avv. Croce e tanti poliziotti e carabinieri - scriveva: »Non capisco che cosa polizia e magistratura difendano (...). Salvare la democrazia, difendere la libertà, non cedere, non arrendersi (...) sono soltanto parole .

Su un'analoga linea tendenziosa la relazione del radicale Mauro Mellini. L'Associazione nazionale magistrati, decidendo opportunamente di non partecipare al convegno (perché mancavano »le condizioni elementari di obiettività e di serietà necessaria ), ne ha rilevato »il carattere strumentale, tendente a screditare e delegittimare la magistratura italiana . Con queste premesse il terrorista latitante Oreste Scalzone doveva sentire naturale la sua presenza, anche se non richiesta.

Era chiaro, a questo punto, che il convegno veniva strumentalizzato, certo contro la volontà di altri, illustri partecipanti, che portava acqua al mulino dell'insidiosa e tenace campagna perbenistica che tende di fatto a conferire una legittimazione politica al terrorismo, costruendo l'immagine di uno Stato persecutore e oppressivo e rappresentando i terroristi come romantici rivoluzionari perseguitati. Che altro significa intentare, come ha dichiarato Pannella nella sua conferenza stampa, un unilaterale »processo contro i pericoli della giustizia nel nostro Paese , e montare un presunto »caso Italia ?

Giustamente ha osservato Enzo Mattina, in accordo con altri eurodeputati di diversi partiti, che non si può mettere sotto accusa il sistema legislativo e la magistratura »senza un minimo di approfondimento sulla qualità della criminalità politica e comune italiana. I terroristi non hanno distribuito confetti, ma pallottole . »E la criminalità organizzata rappresenta un pericolo per la convivenza civile e democratica, per lo sviluppo economico in Italia . Quest'esame obiettivo ed equilibrato è stato fatto per fortuna, tra gli altri, dal senatore Giuliano Vassalli. Naturalmente la giustizia italiana presenta carenze e disfunzioni, anche gravi, ma, come ha rilevato il giurista Mario Pisani, le prove tremende ed agghiaccianti dell'emergenza terroristica e mafiosa sono state affrontate »senza cadute di legalità , con tribunale e procedimenti ordinari e senza pene straordinarie. Questo è un vanto della nostra democrazia, che deve essere affermato con voce alta e ferma.

Nella necessaria riflessione sulle disfunzioni della giustizia, e sui mezzi per superarle, occorre evitare ogni confusione di valori, e tener ferma una netta discriminante politica e morale. Pannella può ben andare a colazione col terrorista Scalzone. Non è nuovo a questo genere di frequentazioni, come insegna la candidatura di Toni Negri. Ma ad altri questa esperienza dovrebbe insegnare una maggiore cautela.

ANGELO VENTURA

Paese Sera - 25.10.'84

ESPLODE LA POLEMICA PER IL »PROCESSO ALLA GIUSTIZIA ITALIANA

La giustizia e il »caso Italia all'ordine del giorno di un convegno in corso al Parlamento europeo, a Strasburgo, su iniziativa del Partito radicale. L'accusa è agguerrita, numerosi gli avvocati di parte civile, ma il banco degli imputati è vuoto.

»Sappiamo bene che rischiamo di essere condannati in contumacia, ma abbiamo la sensazione che i promotori del processo abbiano già scritto la sentenza senza concedere alla difesa di svolgere il suo mandato istituzionale. E' per questo che prima abbiamo accettato di partecipare al convegno di Strasburgo e poi abbiamo annunciato il nostro netto dissenso con la conseguenza di rinunciare a intervenire. Che esista un ``caso Italia'' non lo contestiamo, ma certo affrontarlo e dibatterlo senza alcuna reale volontà di fare chiarezza, ma con una logica provocatoria e di scontro e al di fuori della verità storica è del tutto inammissibile. Avrebbero dovuto impostare un processo leale, invece ci saremmo trovati di fronte un tribunale speciale senza aver potuto conoscere in tempo le altre relazioni. Altro che dialettica democratica, confronto di posizioni. Un convegno così è unilaterale .

Alessandro Criscuolo, presidente dell'associazione nazionale magistrati, è tanto duro quanto sereno. In una conferenza stampa indetta ieri mattina al Palazzo di giustizia di Roma con il segretario dell'associazione Enrico Ferri e il vice presidente Vincenzo Accattatis, i magistrati hanno rintuzzato le accuse e soprattutto stigmatizzato l'impostazione del convegno che Oreste Scalzone, il leader di Autonomia, ha cercato di strumentalizzare. »In un primo momento avevamo molto volentieri aderito. Poi, ma solo una settimana fa, abbiamo letto una delle relazioni, quella del radicale Mauro Mellini, e visto i depliant. E a quel punto abbiamo detto no, senza tentennamenti. E abbiamo disertato il processo alla giustizia italiana per due ragioni: di sostanza e di metodo. Di sostanza perché nella relazione di Mellini si registrano forti carenze di verità in quanto non è una fotografia fedele della realtà giudiziaria, ma un libello offensivo. Fornisce un quadro sconvolto della giustizia italiana, tende a mostrare una mag

istratura nel complesso reazionaria, che gestisce i processi in maniera distorta. Non voglio fare gli esempi di altri paesi, potrei sollevare incidenti diplomatici - commenta Criscuolo - ma è giusto dire che noi gestiamo la giustizia e i processi senza ricorrere all'esercito o alle corti straordinarie. Non si fanno i maxiprocessi per compiere dei rastrellamenti, come sostiene Mellini. I dibattimenti non sono sommari e lo ha dimostrato, ad esempio, il processo 7 aprile. Avete visto se il processo è stato fatto sommariamente o se invece non si è dato ampio spazio a tutti .

E quanto alla questione di metodo Criscuolo ha incalzato così: »Fossimo stati correlatori, avessimo avuto la possibilità di spiegare in dettaglio la nostra posizione, a Strasburgo saremmo andati. Invece non c'era possibilità di contraddittorio, dopo appena 10 minuti mi avrebbero tolto la parola. E allora vorrà dire che faremo noi un convegno in Italia o all'estero, per discutere seriamente senza preclusioni, per raggiungere la verità .

Enrico Ferri e Vincenzo Accattatis non sono stati meno teneri. Ferri: »Qualcuno si dovrebbe chiedere in quali condizioni lavoriamo. E quanto alla comprensione verso i pentiti debbo dire che il fenomeno del pentitismo è stato liquidato frettosolamente, senza approfondire l'importanza di certi atteggiamenti che Possono offrire validi contributi anche alla lotta contro la criminalità organizzata. E nel periodo in cui si sta faticosamente cercando un punto di coesione di varie esigenze istituzionali si prospetta la situazione della giustizia italiana in una logica di scontro che noi respingiamo. Dobbiamo lavorare insieme, proficuamente, senza preclusioni. E invece i veri problemi della giustizia italiana vengono liquidati in misura molto approssimativa .

Vincenzo Accattatis ha sezionato la relazione di Mellini, con la razionalità del ricercatore: »I radicali destoricizzano il fenomeno italiano, mettendo in rilievo solo i dati negativi e non quelli positivi. Faccio notare che in Italia il magistrato è indipendente più che altrove. Agiamo senza farci scrupoli. Per ``Paese Sera'' di recente ho tradotto un articolo pubblicato sull'autorevole quotidiano inglese ``The Economist'' a proposito della nostra giustizia. Anche il ``New York Times'' ha parlato dei giudici italiani ed entrambi i quotidiani lo hanno fatto con toni lusinghieri basati sui fatti. La giustizia italiana è stata giudicata capace di tutelare i diritti dell'uomo anche in situazione di obiettiva difficoltà. E se i maxiprocessi sono gestiti male questo è dovuto a carenze organizzative, a un'impreparazione che deriva da una giustizia non concepita per certe situazioni. Il reato di associazione per delinquere impone dibattimenti colossali ma anche per questo ci si sta organizzando. E' poi un'ultima an

notazione: all'estero i magistrati italiani sono elogiati, e capiscono bene perché non siamo bene accetti da alcuni gruppi di politici. Perché, e lo hanno scritto, siamo noi che facciamo opera di moralizzazione .

E quanto ai rapporti fra stampa e magistratura, alle interferenze talvolta esercitate dalla magistratura (vedi la recente sentenza della Cassazione sulla diffamazione) Criscuolo, Ferri e Accattatis hanno convenuto sull'esigenza di una discussione franca per fissare dei principi comuni.

FRANCESCO CIOCE

La Nazione - 25.10.'84

A STRASBURGO C'E' SCALZONE

Strasburgo - Doveva essere un convegno unitario per denunciare le storture dell'amministrazione della giustizia nella patria del diritto: le norme sollecitate dall'emergenza, il pentitismo, la lunga detenzione preventiva, l'inferno carcerario. Insomma, il »caso Italia , da discutere nell'aula 5 dell'Europarlamento, presenti rappresentanti di tutti i gruppi politici, per iniziativa del Comitato per una giustizia giusta, presieduto da Leonardo Sciascia. Invece si è trasformato in un dibattito-scontro, con comunicati di protesta e dissociazione fra gli stessi che vi avevano aderito con iniziale entusiasmo.

La delegazione della Dc italiana all'Europarlamento, ad esempio, ha preso larga distanza. In un documento, approvato alla presenza del segretario Ciriaco De Mita, viene criticata la »netta unilateralità di impostazione emersa dalla prima giornata di lavori del convegno che »non ha rispettato le attese e le motivazioni che avevano giustificato una larga adesione . La nota democristiana critica l'attacco, »approssimativo e ingiustificato alla magistratura italiana , la »incomprensibile dimenticanza delle riforme attuate recentemente , la »mancanza di analisi e di comprensione del fenomeno terroristico e definisce »inaccettabile la presenza al convegno di Oreste Scalzone. I democristiani italiani concludono affermando la loro stima nei confronti della magistratura e nelle forze dell'ordine.

Gli eurodeputati comunisti, Barzanti, Novelli, Squarcialupi e Trivelli, avevano già fatto sapere che: »la gravità dei problemi della giustizia avrebbe richiesto una più accurata preparazione e approfondimento della qualità della criminalità politica e comune in Italia e in Europa . Enzo Mattina, socialista, ha sostenuto che »è grave che non si sia fatto di tutto per avere la partecipazione al convegno dei rappresentanti della magistratura . Mentre i giudici hanno inviato un telex di rinuncia per la mancanza delle »condizioni elementari di obiettività e di serietà e hanno diffuso il comunicato che pubblichiamo a parte.

Tutto questo accade a Strasburgo, su un tema così delicato, in un contesto così importante, principalmente per due circostanze mostratesi nel primo giorno di lavori. La prima è legata alla relazione di Mauro Mellini, eurodeputato radicale, che se l'è presa coi giudici italiani che »hanno dato mano alla creazione delle prassi di generalizzazione delle leggi d'eccezione o »non hanno saputo porre una adeguata e autonoma risposta al fenomeno . O addirittura si sono costituiti in un »gruppo di pressione per il mantenimento e l'estensione di certi poteri e metodi eccezionali . Da qui le reazioni contenute nel documento democristiano del quale abbiamo riferito all'inizio.

La seconda circostanza di scontro è legata alla presenza, alla riunione, di Oreste Scalzone, ex esponente di Potere operaio fuggito in Francia dopo la concessione della libertà provvisoria per malattia, recentemente condannato, in due processi, a 36 anni di carcere. Imperturbabile, il ricercato si è messo a sedere proprio accanto a un pubblico ministero gitto dall'Italia. Poi si è presentato come »sindacalista dei fuoriusciti . Infine si è lasciato andare a dichiarazioni tipo »ritengo un onore aver collezionato condanne per 36 anni per le mie scelte di ribelle e di sovversivo considerato il »grado di criminalità sociale del mio Paese d'origine ; ancora: »Non accetto la logica della colpa perché non accetto i tribunali italiani: quel sistema, quei processi politici. Nego la loro legittimità ; infine: »Perché allora sollecito l'amnistia: Che c'entra. Se uno ha sete, per comprarsi la birra usa i soldi, senza per questo diventare un opportunista .

Scalzone, non invitato al convegno, è stato invece sollecitato ad abbandonare l'aula. Contemporaneamente gli organizzatori hanno emesso un comunicato per segnalare la presenza »non gradita e »del tutto estranea alle caratteristiche del convegno stesso . Enzo Mattina è sbottato: »Qualcuno ha ritenuto più opportuno assicurarsi la presenza del latitante Scalzone che quella del giudice Falcone . Anche i radicali si sono lagnati. A questo punto, l'»esule se ne è andato, non senza protestare e atteggiandosi a vittima.

Dopo queste premesse, e le ripercussioni delle quali abbiamo parlato, la seconda giornata è stata con i nervi a fior di pelle. Ha visto, fra gli altri, l'intervento dell'Abbé Pierre, il settantenne fondatore di Emmaus. Egli ha puntato il dito contro i servizi segreti italiani responsabili, a suo giudizio, »dell'intossicazione della stampa e dell'opinione pubblica italiana sul caso Hiperion, l'istituto di lingue parigino sospettato di essere stato un covo delle Brigate rosse. Da tempo, il sant'uomo si interessa alla »scuola (nella quale insegnava il nipote) e alla sorte di Vanni Mulinaris, incarcerato, posto in libertà provvisoria, riarrestato.

La relazione conclusiva è stata tenuta dal professor Gian Domenico Pisapia che ha puntato in particolare sulla lentezza dei processi e sulla parallela durata eccessiva della detenzione preventiva. Si è anche pronunciato per una inversione di tendenza legislativa che chiuda il periodo dell'emergenza.

Abbassato il sipario sul convegno, sono rimaste però nell'aria le polemiche. Marco Pannella, fra i principali organizzatori in nome dei radicali, ha dichiarato »lesive dell'onore dei partecipanti le dichiarazioni democristiane. Enzo Tortora si è mostrato dispiaciuto di non aver »potuto vedere in viso i suoi giudici accusatori .

CLAUDIO SANTINI

Secolo XIX - 25.10.'84

I MAGISTRATI RESPINGONO IL PROCESSO ALLA GIUSTIZIA

Strasburgo - Con una relazione conclusiva del professor Gian Domenico Pisapia, presidente della commissione per la riforma del codice penale, si è conclusa ieri sera a Strasburgo la conferenza »Il caso Italia sullo stato della giustizia nel nostro Paese, promossa dal Comitato per una giustizia giusta.

Riassumendo gli interventi dei due giorni di lavoro Pisapia ha individuato in particolare nella lentezza dei processi e nella parallela durata eccessiva della detenzione preventiva la principale anomalia attuale della giustizia italiana del »dopo-emergenza : la carcerazione preventiva - ha detto - deve essere l'eccezione, non la norma, e non deve essere usata in forma »indiziaria , per permettere la raccolta della prova, la quale deve precedere l'arresto.

I magistrati italiani contestano però il processo alla Giustizia italiana, celebrato al Parlamento europeo. L'accusa era agguerrita, numerosi gli avvocati di parte civile, ma il banco degli imputati - cioè dei magistrati - era vuoto. »Sappiamo bene che rischieremo di essere condannati in contumacia, ma abbiamo la sensazione che i promotori del processo avessero già scritto la sentenza senza concedere alla difesa di svolgere il suo mandato istituzionale. E' per questo che prima abbiamo accettato di partecipare al convegno di Strasburgo e poi abbiamo annunciato il nostro netto dissenso con la conseguenza di rinunciare a intervenire. Che esista un ``caso Italia'' non lo contestiamo, ma certo affrontarlo e dibatterlo senza alcuna reale volontà di fare chiarezza, ma con una logica provocatoria e di scontro e al di fuori della verità storica è del tutto inammissibile. Avrebbero dovuto impostare un processo leale, invece ci saremmo trovati di fronte un tribunale speciale senza aver potuto conoscere in tempo le altr

e relazioni. Altro che dialettica democratica, confronto di posizioni. Un convegno così è unilaterale .

Alessandro Criscuolo, presidente dell'Associazione nazionale magistrati, è tanto duro quanto sereno. In una conferenza stampa indetta al Palazzo di giustizia di Roma, con il segretario dell'associazione Enrico Ferri e il vice presidente Vincenzo Accattatis, i magistrati hanno rintuzzato le accuse e soprattutto stigmatizzato l'impostazione del convegno che Oreste Scalzone, il leader di Autonomia, latitante, ha cercato di strumentalizzare.

»In un primo momento avevamo molto volentieri aderito. Poi, ma solo una settimana fa, abbiamo letto una delle relazioni, quella del radicale Mauro Mellini, e visto i dépliant. E a quel punto abbiamo detto no, senza tentennamenti. E abbiamo disertato il processo alla giustizia italiana per due ragioni: di sostanza e di metodo. Di sostanza perché nella relazione di Mellini si registrano forti carenze di verità in quanto non è una fotografia fedele della realtà giudiziaria, ma un libello offensivo. Fornisce un quadro sconvolto della giustizia italiana, tende a mostrare una magistratura nel complesso reazionaria, che gestisce i processi in maniera distorta. Non voglio fare gli esempi di altri Paesi, potrei sollevare incidenti diplomatici - commenta Criscuolo - ma è giusto dire che noi gestiamo la giustizia e i processi senza ricorrere all'esercito o alle corti straordinarie. Non si fanno i maxiprocessi per compiere dei rastrellamenti, come sostiene Mellini. I dibattimenti non sono sommari e lo ha dimostrato, ad

esempio, il processo ``7 aprile''. Avete visto se il processo è stato fatto sommariamente o se invece non si è dato ampio spazio a tutti .

E quanto alla questione di metodo Criscuolo ha incalzato così: »Fossimo stati correlatori, avessimo avuto la possibilità di spiegare in dettaglio la nostra posizione, a Strasburgo saremmo andati. Invece non c'era possibilità di contraddittorio, dopo appena 10 minuti Mi avrebbero tolto la parola. E allora vorrà dire che faremo noi un convegno, in Italia o all'estero, per discutere seriamente, senza preclusioni, per raggiungere la verità .

Il Giorno - 25.10.'85

TROPPO GONFIATO IL »CASO ITALIA

Strasburgo, 25 ottobre. - Ultima giornata del convegno sul »caso Italia . I grandi temi si mescolano alle polemiche più meschine e alle preoccupazioni più banali. I numerosi avvocati e i due o tre magistrati, arrivati qui di loro iniziativa, si lamentano: la stampa s'è dimostrata troppo interessata all'imprevista e rapida irruzione del latitante Scalzone e ha invece quasi ignorato i loro interventi. »Eppure siamo qui a nostre spese e per essere presenti abbiamo trascurato il nostro lavoro . Emma Bonino, che per organizzare questo convegno sui mali della giustizia italiana si è data un gran da fare, ha un'aria stanca e depressa. Tutti i radicali insistono nel ripetere, con ostinazione: »questo non è un dibattito di parte, nessuno vuole mettere i magistrati sul banco degli imputati . E intanto Italo Mereu, docente di Storia del diritto, nel suo discorsi ripropone un'affermazione poco felice di Leonardo Sciascia: »A tutti quegli italiani che si sdegnano sul caso Sacharov, Cernenko potrebbe rispondere e a ragion

e: perché, invece, non date un'occhiata a come si amministra la giustizia in Italia? .

Alcuni, che in un primo tempo avevano aderito senza problemi all'invito di partecipare, nei loro interventi prendono decise distanze. Diego Novelli, sindaco di Torino, sostiene che il tono della relazione del radicale Mauro Mellini rischia di far passare tutti i pentiti del terrorismo e della mafia come spie e di trasformare gli »irriducibili in eroi. Quindi difende con calore la magistratura, ricordando come si è comportata nella sua città, durante anni recenti e sanguinosi. Un discorso, il suo, ascoltato con vistose impazienze, e commenti infastiditi da parte di un pubblico poco imparziale: »Ecco il solito comunista, ecco il solito reazionario .

Una critica senza mezzi termini al convegno arriva da tutta la delegazione dc del Parlamento europeo: »Di fenomeni complessi sono state date interpretazioni unilaterali, simili a quelle formulate nel passato dalla cultura del terrorismo .

Nella grande e asettica sala del palazzone di Strasburgo, in un clima di malumore e di equivoci, c'è chi, come Marc Ancel, professore di Diritto comparato a Parigi, parla davvero di problemi legati all'amministrazione della giustizia; chi, come Emilio Molinari, deputato di Democrazia proletaria, ripete denunce non nuove sulla nostra situazione carceraria. C'è chi, come Gian Domenico Pisapia, critica ma senza indulgere a polemiche, l'assenza dei magistrati: »Sarebbe stato molto meglio che si confrontassero con chi li accusa .

Intanto continuano ad accumularsi comunicati e spiegazioni sulla scomoda presenza di Scalzone. Come ha fatto, l'altro giorno, a entrare senza invito: Lo spiega lui stesso per iscritto: un deputato tedesco gli ha prestato una tessera.

Ma il momento più rumoroso e spettacolare ha visto nel ruolo di protagonista, come è ovvio, l'irruente Marco Pannella. Eccolo dal suo banco alzare il dito accusatore contro tutti i cronisti italiani presenti. Eccolo scandire: »Voi siete dei terroristi, terroristi dell'informazione. Nei vostri articoli avete distorto l'immagine di questo congresso, avete messo il bavaglio a insigni esperti di diritto, preferendo invece dare spazio a episodi casuali e imprevisti come l'arrivo di Scalzone . Dopo alcune rapide e apocalittiche lezioni di etica giornalistica, Pannella passa ad affrontare la defezione dei magistrati. A chi si deve attribuire la colpa del loro ingiustificato sdegno? Al professor Guido Neppi Modona, comunista, naturalmente: »E' stato lui a telefonare ai vari giudici invitati, dando false notizie. Spaventandoli, dicendo che qui avrebbero parlato solo radicali e che il senatore Vassalli non si sarebbe presentato .

Il disagio per questo tipo di pettegolezzo poco elegante viene mitigato da un certo divertimento: infatti la sua requisitoria contro gli italiani, Pannella la fa in francese. Per rincarare la dose, il leader radicale si lancia, poi, in una gran lode della recente sentenza della Corte di Cassazione che nei giorni scorsi ha allarmato molte persone di buon senso. Quella sentenza che, fra l'altro, vieta, negli articoli, l'uso di virgolette e »di accostamenti suggestionanti . »Se la Cassazione ha peccato, è stato solo per difetto .

Ecco qua, dunque, la cronaca di queste modeste e poco emozionanti giornate. I temi da affrontare erano molti e gravi, ma sono stati spesso presentati in modo deformato, o almeno mutilato. Perché parlando della giustizia, non sono stati denunciati i problemi concreti che impediscono ai magistrati di svolgere in modo adeguato il loro lavoro? Perché non ci si è indignati sull'esiguità del loro organico (7400 posti di cui solo 68000 occupati). Perché non ci si è scandalizzati sull'impreparazione della polizia giudiziaria, spesso non in grado di compiere quelle indagini bancarie indispensabili per combattere mafia e camorra? Perché non si è ricordato come sono costretti a vivere alcuni giudici, per esempio Falcone, a Palermo? Perché non s'è denunciato che una procura come quella di Palmi, uno dei paesi più bersagliati dalla malavita, abbia a disposizione, come urca attrezzatura tecnica, una fotocopiatrice?

DONATA RIGHETTI

APPLAUSI ALLA MOGLIE DI NARIA

Strasburgo, 25 ottobre. (D.R.) - La più applaudita a questo nervoso convegno di Strasburgo è stata una donna dall'aspetto quieto e qualunque. Rosella Simone ha superato l'impaccio di chi non è abituato a parlare in pubblico e ha usato, per il suo intervento, un tono deciso, determinato. Lei e la moglie di Giuliano Naria, il detenuto in attesa di giudizio che si sta lasciando morire di depressione e anoressia.

»Giorno per giorno, mio marito si consuma senza più voglia di vita. Da 8 anni e tre mesi è in carcere a immaginare la libertà, ad aspettare una giustizia che non arriva, a subire una tortura fisica e morale. Intanto noi familiari dobbiamo sopportare ingiurie, soprusi, umiliazioni. Eppure lui cinque anni di condanna per banda armata li ha già scontati ancora prima della sentenza .

E, continuando il suo intervento di denuncia: »Nemmeno in stato di guerra possono essere giustificate condanne su accuse per sentito dire . Quindi ha concluso: »Molti mi chiedono perché, malgrado le pressioni dell'opinione pubblica, mio marito continui a restare in carcere. Io rispondo: perché se Giuliano venisse liberato, diventerebbe una prova concreta delle aberrazioni del sistema legislativo italiano .

TORTORA CONFERMA: VOGLIO IL PROCESSO

Strasburgo, 25 ottobre - Il congressista più diligente è Enzo Tortora. Sempre attento, sempre a prendere appunti. Il neo eurodeputato, accusato dalla magistratura italiana di appartenere alla »Nuova camorra organizzata , ha preferito non prendere ufficialmente la parola al convegno sulla giustizia in Italia, »per ragioni di buon gusto . Ma si dice amareggiato per come sono andate le cose: »Questo incontro è stato snaturato e reso meschino da polemiche e da elementi estranei di disturbo . Tortora commenta la defezione dei magistrati con un »hanno dimostrato una sensibilità esasperata .

Per quanto riguarda la sua situazione personale, la faccia abbronzata, irriconoscibile da quella sofferente di pochi mesi fa, sostiene di non aver nulla da temere o da nascondere. »Qualcuno insinuava che dopo la mia elezione sarei fuggito. Invece eccomi qua. Quattro giorni addietro, nell'emiciclo di Strasburgo, ho supplicato di concedere l'autorizzazione a procedere nei miei confronti chiesta dalla magistratura italiana. L'altro giorno ho fatto lo stesso davanti alla commissione giuridica di Bruxelles. In entrambi i casi ho iniziato il mio discorso ai colleghi con un »vi supplico . E credo che dopo le mie pressioni il parere favorevole verrà dato entro due mesi .

Che significa? Che Tortora fra due mesi tornerà in manette? No, che quando verrà celebrato il suo processo, lui si presenterà in veste di imputato per farsi giudicare. Puntiglioso, Tortora ci tiene a precisare: »Avrei potuto congelare la mia situazione per altri 5 anni, vale a dire la durata del mio mandato. Non l'ho fatto e credo che la mia scelta, se penso a tanti casi di parlamentari italiani, sia piuttosto anomala . Aggiunge: »Nel frattempo credo di non aver impiegato male il mio tempo come europarlamentare, occupandomi con impegno dei problemi della giustizia italiana .

Ma i suoi programmi non si fermano qui: promette di battersi perché al più presto vengano organizzati anche convegni sulla giustizia di altri Paesi europei. Il prossimo dovrebbe essere dedicato alla Germania.

L'Unità - 25.10.'84

NELL'EUROPA DEL FUTURO AVREMO LEGGI »OMOGENEE ?

Strasburgo - Nonostante un avvio molto movimentato, reso turbolento per la presenza, dichiarata »non gradita del latitante Scalzone e per la provocatoria relazione del radicale Mellini il convegno »sulla giustizia in Europa, il caso Italia non ha mancato di presentare alcuni elementi di utile riflessione. Non solo sulla »crisi della giustizia in Italia e sulla necessità del »rientro dall'emergenza , ma anche sulla necessità di una armonizzazione delle legislazioni europee e del rispetto generalizzato delle garanzie alla libertà dei cittadini derivanti dalla convenzione europea dei diritti dell'uomo.

Concludendo ieri il convegno, il professor Gian Domenico Pisapia ha sottolineato il legame abnorme che si è stabilito in Italia tra la lentezza dei processi e la lunghezza della carcerazione preventiva. Pisapia ha in particolare rilevato come l'»uso dei pentiti non possa esimere dalla raccolta e dall'apprezzamento oggettivo degli elementi di prova. Occorre quindi proseguire, ha detto, il lavoro già intrapreso dal Parlamento italiano per giungere alla necessaria revisione del codice di procedura penale. Alcuni elementi vanno colti dal dibattito. Va intanto rilevato come si siano manifestati larghi consensi all'impostazione della relazione presentata dal professor Giuliano Vassalli, presidente della commissione Giustizia del Senato. E' stata invece criticata la tendenza ad applicare quel metodi - che la legislazione aveva previsto per casi eccezionali - anche nei processi più comuni. Il professor Vassalli aveva rilevato nella sua relazione che »sarà molto difficile percorrere rapidamente il cammino del cosidd

etto rientro dall'emergenza almeno fino a quando sussisterà l'emergenza criminale rappresentata dalla mafia e dal traffico di droga, e il governo sarà indotto a ripetere contro questi poteri criminali le vie tentate, non senza successo, contro il terrorismo.

L'onorevole Diego Novelli, del gruppo comunista, e intervenuto polemizzando con la relazione del radicale Mellini rilevando che senza le misure di emergenza non si sarebbero potuti tenere i processi, nel pieno rispetto della legalità, contro i terroristi. Novelli ha rilevato la pericolosità di certe analisi che rischiano di presentare i pentiti come del traditori e gli irriducibili come degli eroi. Infine, il sindaco di Torino sulla base dell'esperienza vissuta negli anni di piombo ha ricordato il valore del coordinamento tra i vari magistrati che hanno operato contro il terrorismo.

Tra le relazioni presentate al convegno quelle del professor Marc Ancel, del Centro di diritto comparato di Parigi, del professor Stefan Trechsel, membro della Commissione europea dei diritti dell'uomo. Trechsel ha in particolare rilevato come da parte dei cittadini italiani, sostanzialmente per mancanza di conoscenza, vengono usate poco le possibilità di controllo derivanti dalla convenzione europea per i diritti dell'uomo. L'Italia, ha detto, e all'ultimo posto, con solo due ricorsi per ogni milione di abitanti rispetto agli altri paesi della Comunità. Un punto è stato rilevato infine nel dibattito: la necessità che questa iniziativa non si fermi al »caso Italia , ma proceda all'esame di altre situazioni di »crisi della giustizia , in Europa per poi giungere ad una più precisa e globale valutazione dello stato della giustizia nel continente.

G. M.

Il Giornale - 25.10.'84

DURI I DC PER IL »PROCESSO ALLA MAGISTRATURA ITALIANA

Strasburgo, 24 ottobre. - La delegazione della Dc italiana all'Europarlamento si è nettamente dissociata oggi dai promotori del convegno »Il caso Italia sullo stato della giustizia nel nostro Paese, organizzato dal »comitato per una giustizia giusta di Leonardo Sciascia e da 33 eurodeputati. Il convegno, apertosi ieri, si è concluso oggi.

In un documento approvato questa sera dalla delegazione democristiana italiana, presente il segretario della Dc Ciriaco De Mita, viene criticata la »netta unilateralità di impostazione emersa ieri dalla conferenza, la quale »non ha rispettato le attese e le motivazioni che avevano giustificato una larga adesione .

La nota democristiana deplora l'attacco »generalizzato, approssimativo e ingiustificato alla magistratura italiana , la »incomprensibile dimenticanza delle riforme attuate recentemente , la »mancanza di analisi e di comprensione del fenomeno terroristico emersi dal colloquio e definisce »inaccettabile la presenza al convegno di Oreste Scalzone, il presunto terrorista contro il quale la magistratura italiana ha spiccato mandati di cattura.

I democristiani italiani concludono affermando la loro stima nei confronti della magistratura e nelle forze dell'ordine.

Rispondendo per il comitato promotore, il radicale Pannella ha ribadito definendo lesive dell'onore dei partecipanti e della verità »le dichiarazioni democristiane .

Termini molto duri nei confronti della magistratura italiana erano stati usati ieri al convegno dal deputato radicale Mauro Mellini. Il suo intervento è stato oggi criticato dall'Associazione nazionale magistrati. »La relazione dell'on. Mellini ha dato un taglio particolare e parziale della situazione della giustizia in Italia; se ci fosse stata data la possibilità di intervenire in tempi ragionevoli, saremmo andati a Strasburgo per esporre le nostre ragioni e riferire come stanno le cose nel nostro Paese , hanno detto in una conferenza-stampa tre principali esponenti dell'Anm, il presidente Criscuolo, il vicepresidente Accattatis e il segretario Ferri.

In sostanza, hanno detto i tre magistrati (che rappresentano le tre componenti dell'Anm), si svolge a Strasburgo un processo senza contraddittorio che non dà alla magistratura italiana la possibilità di intervenire. Se il dibattito fosse stato aperto senza alcun documento preclusivo e i temi non presentati in maniera distorta, hanno dichiarato i tre magistrati, noi avremmo accettato la dialettica e il dibattito. Ma quando il dibattito è impostato su un documento precostituito, che non è stato materialmente posto all'attenzione degli interlocutori, si capisce che esso era orientato e finalizzato in una certa maniera.

La Stampa - 25.10.'84

STRASBURGO, SUL »CASO ITALIA NE' CONDANNA NE' ASSOLUZIONE

Strasburgo - Nessuna condanna, ma neppure l'assoluzione. La nostra giustizia è in crisi, ma il male può essere curato, la speranza della guarigione esiste. La »sentenza sul caso Italia è venuta ieri sera, al termine del convegno organizzato a Strasburgo da un gruppo di eurodeputati (il Comitato per una giustizia giusta presieduto da Leonardo Sciascia).

Tra polemiche roventi, momenti di grande vigore scientifico e cadute di parte, corse e rincorse a comunicati-denuncia (la DC contro »giudizi simili alla cultura del terrorismo , Pannella contro »questi esempi di confusione e inciviltà, queste aggressioni a partecipanti e relatori ; Scalzone contro le »provocazioni socialiste e chi ha speculato sulla sua presenza: l'ex leader di autonomia è stato invitato da un parlamentare, un »verde tedesco). A pronunciarla un giurista illustre, il professor Gian Domenico Pisapia: che l'ha sostenuta con un'analisi colma di rigore e di vigore. E' un invito, un appello quasi, a muoversi, a reagire, a difendersi dalle »degenerazioni del sistema che ledono i diritti fondamentali .

I mali esistono, sono tanti. Si chiamano tentazioni autoritarie, legislazioni d'emergenza andate al di la dei limiti (»Ogni tanto anche i giuristi democratici ne sono contaminati , perché »non e facile trovare un punto di equilibrio tra autorità e libertà ). Si chiamano erosioni, lente e striscianti, dei processi costituzionali. Ma qualcosa sta cambiando, progetti e leggi recenti mostrano che c'è il desiderio di avviare un'inversione di tendenza: non si può trascurare quanto si sta facendo per superare la legislazione d'emergenza.

Purtroppo, il male autoritario è sottile, s'insinua ovunque: perfino la Corte costituzionale, »vessillifera di libertà , ha legittimato una carcerazione preventiva di 10 anni e 8 mesi. E con una giustificazione che nasconde »un equivoco di fondo: »l'esigenza di addurre prove sufficienti a giustificare, appunto, la carcerazione preventiva .

Pian piano, nel panorama giuridico italiano, si è creata così la figura del »sospettato , anticipando e travolgendo tempi, modalità del processo penale. Si è incistita la figura del »pentito». L'errore, ammonisce Pisapia, può essere grave, qui: il »pentimento non può essere utilizzato come prova d'accusa. Mai.

Non basta: gli equivoci possono nascere ovunque. E' sbagliato giustificare una lunga custodia preventiva con la lentezza del processo: »La libertà è la regola, la carcerazione l'eccezione . E' sbagliato appoggiarsi soltanto a prove raccolte nel segreto di un ufficio istruttorio: la prova deve formarsi nel dibattimento, »prima si raccolgono le fonti di prova. E cosa dire dei »casi drammatici che nei due giorni del convegno sono stati elencati; quello di Vanni Mulinaris, riproposto dall'Abbé Pierre con il suo "j'accuse" ai servizi segreti italiani; quello di Giuliano Naria da 8 anni in attesa di giudizio, rievocato con passione e indignazione dalla moglie Rosella Simone?

Martedì, Baget Bozzo aveva definito la crisi della giustizia italiana un aspetto della crisi dello Stato e delle istituzioni. Ieri, Pisapia ha chiosato: la giustizia è la più importante delle istituzioni, lei stessa e causa della crisi dello Stato. La crisi dello Stato non la si può combattere, dunque, senza combattere la crisi della giustizia.

EMANUELE NOVAZIO

Ansa

»PROVOCAZIONE SENZA SPAZI PER DISCUTERE SERIAMENTE

ROMA - »Che esista un ``caso Italia'' nessuno lo contesta, ma certo affrontarlo e dibatterlo senza alcuna reale volontà di fare chiarezza, con logica assolutamente provocatoria ed anche al di fuori della verità storica, è del tutto inammissibile . Lo ha affermato il presidente dell'Associazione nazionale magistrati, Sandro Criscuolo, durante una conferenza stampa convocata dalla giunta esecutiva dell'Anm per spiegare le ragioni che l'hanno spinta a non intervenire al »processo contro la giustizia italiana davanti ad una commissione del Parlamento europeo di Strasburgo.

Criscuolo, che era affiancato dal segretario generale dell'Anm, Enrico Ferri, e dal vicesegretario, Vincenzo Accattatis, ha precisato che l'associazione ha deciso di non partecipare al convegno di Strasburgo dopo avere accertato che »non erano previsti i necessari spazi d'intervento per i suoi delegati a difesa della giustizia italiana .

Durissime le critiche rivolte dai tre dirigenti dell'Anm alla relazione del radicale Mauro Mellini: »I problemi veri della giustizia italiana sono liquidati in maniera molto approssimativa, trascurando tutto quello che si è fatto e si sta facendo per superarli .

Il Mattino - 25.10.'84

LA GIUSTIZIA »PROCESSATA A STRASBURGO

Roma - Diritti umani nella Cee e »caso Italia , »la nostra giustizia sotto processo a Strasburgo in un convegno promosso dallo scrittore Leonardo Sciascia, un "j'accuse" pesantissimo contenuto nella relazione ufficiale del radicale Mellini secondo il quale la magistratura italiana è reazionaria e gestisce i processi in modo distorto. E' la premessa di un discorso più serio di quel che sembra e che ieri ha visto - di fronte ad un pubblico ministero assente - l'imputata Associazione nazionale magistrati difendersi da pesanti contestazioni.

Ha ragione Mellini di dire quello che ha detto? Per l'Anm senz'altro e per motivi che ieri mattina - nel corso di una conferenza tenuta presso la sala stampa giudiziaria - hanno argomentato a turno il presidente dell'Associazione Sandro Criscuolo, il segretario generale Enrico Ferri e il vicesegretario Vincenzo Accattatis.

»La relazione di Mellini è un libello che, partendo da alcuni problemi, dà un quadro sconvolto della giustizia in Italia - ha subito dichiarato Criscuolo che tra l'altro ha spiegato il perché non siano stati mandati rappresentanti dell'Anm a Strasburgo a seguito dell'invito che fece l'on. Calderisi del Pr. »Avremmo aderito di buon grado se ci fosse stato offerto dello spazio per una replica ma così non è stato. La nostra è una difesa nella sostanza e nel merito - ha precisato Criscuolo -. Questo Paese ha saputo portare avanti processi senza ricorrere a Corti straordinarie e all'intervento dell'esercito come altrove, questo è un paese dove i processi non si fanno certo per rastrellamenti. Parliamoci chiaro: ma le Brigate rosse erano una associazione sovversiva o circoli parrocchiali? . La replica a Mellini va però più in là. Come si fa infatti a sostenere che la mafia è un fenomeno sociologico - si è chiesto il presidente dell'Anm, disposto ad organizzare un dibattito in Italia sul tipo di quello di Strasbur

go, proprio al fine di discutere e approfondire problemi affrontati dall'esponente radicale.

»Quella che ci è stata tolta è una occasione preziosa - ha incalzato a sua volta Enrico Ferri che ha voluto puntualizzare soprattutto su tre punti: i maxiprocessi, il fenomeno del pentitismo e la carcerazione.

Perché i maxiprocessi? Ma perché il crimine non è più individuale ma organizzato, allargato. Ecco allora che - pur circoscrivendo la normativa - una svolta per ottenere risultati positivi nella lotta alla mafia e alla camorra certamente può venire dai pentiti.

»In Mellini c'è la logica dello scontro che non giova a nessuno. Da una parte si evidenziano problemi quali quello del sovrappopolamento nei penitenziari, dall'altro però si trascura di dire quello che è stato fatto in questi anni a favore dei detenuti. Non è retorica ma dobbiamo ricordare anche i magistrati uccisi nell'adempimento del loro dovere. Un dovere, nostro, che è storico oltreché morale .

Destoricizzare. Il vicesegretario dell'Associazione nazionale magistrati, a proposito della relazione di Strasburgo, ne ha focalizzato la gravità per sostenere che, se esiste una magistratura indipendente, è proprio quella italiana. »Solo da noi esiste un Pm indipendente come non è ad esempio nella democraticissima Inghilterra . Ha ricordato in un suo articolo un giornalista del »The Economist ; »che la magistratura italiana è il coraggioso braccio della legge .

Libertà di stampa e libertà di critica. Non si possono disconoscere, come non si disconosce che i maxiprocessi in fondo possono anche gestire male la giustizia imputabile di grossi errori. Accattatis, un giudice di Md, ha fatto sue alcune critiche rivolte alla categoria ma solo se storicizzate. Diversamente la relazione Mellini - come è riportato in un comunicato dell'Anm - è nella sua genericità priva di qualsiasi riferimento al quadro istituzionale e processuale della giustizia italiana .

Pi.In.

DAL PULPITO DELLA LATITANZA

Ricordate Oreste Scalzone? Oreste Scalzone è l'ex leader di Autonomia che fuggi nell'81 a Parigi dopo aver ottenuto la libertà provvisoria per le sue precarie condizioni di salute (si era ridotto pelle e ossa). I giudici gli concessero la libertà, sotto la spinta di un gran movimento di opinione sempre sensibile alle vicende del singolo imputato eccellente e mai a quelle di tanti anonimi cittadini. Scappò e fu una pugnalata per quanti in assoluta buona fede si erano battuti in suo favore.

Ora Scalzone, che vive a Parigi come Toni Negri, è stato regolarmente processato e condannato prima a Roma (»7 aprile ) e poi a Milano, totalizzando complessivamente pene per 36 anni di reclusione.

Ieri l'altro a Strasburgo, come riferiamo a parte, si è aperto un »processo alla giustizia italiana, accusata tra l'altro di gravi disfunzioni. Mentre uomini politici e giuristi discutevano in un'aula di commissione del Parlamento europeo, c'è stato il clamoroso colpo di scena. Scalzone si è presentato tra la meraviglia dei presenti, ed è andato a sedersi a pochi metri dal pubblico ministero del Tribunale di Trieste.

Una provocazione, una sfida alla giustizia italiana, come è stato da più parti sottolineato, anche perché il latitante Scalzone, senza minimamente scomporsi, ha avuto anche il coraggio di chiedere la parola. Parola che ovviamente non gli è stata concessa.

Non è questa la sede per discutere sulle vicende giudiziarie dell'ex leader di Autonomia (ci sono i tribunali, che devono giudicare); tuttavia alcune considerazioni sul suo sconcertante comportamento si possono fare.

Scalzone, a differenza dei suoi compagni di cordata, poteva difendersi dinanzi alle Corti di Roma e di Milano, in una condizione privilegiata, essendo stato scarcerato prima dei termini previsti dalla legge per le sue condizioni di salute. Non l'ha fatto ed è fuggito all'estero, perché non crede nei tribunali e nella giustizia italiana. Bene. Ma dall'estero non può contemporaneamente continuare a chiedere un'amnistia generale proprio a quelle istituzioni che egli contesta e processa con tanta arroganza. Un minimo di coerenza politica non guasterebbe.

Ieri, proprio mentre in un'aula dell'Europarlamento Scalzone si rendeva protagonista di questa inquietante e singolare provocazione, a Firenze una terrorista di Prima Linea, Giulia Borelli, recentemente condannata all'ergastolo, scoppiava in lacrime, durante il processo per l'assassinio dei carabinieri Enzo Tarsilli e Giuseppe Savastano.

»Vorrei poter chiedere perdono ai familiari delle vittime ha detto piangendo la Borelli.

Ecco, si può aver comprensione e sollecitare condanne meno dure per chi ha capito di aver sbagliato. Ma non si può dimenticare ciò che ha fatto e continua a fare dal pulpito della latitanza un cattivo maestro come Oreste Scalzone, ancorché egli dica di aver »evitato più morti di quanti indirettamente possa averne provocato . I giochi di parole ormai non pagano più.

ERNESTO TEMPESTA

LA DC PRENDE LE DISTANZE. PANNELLA POLEMIZZA.

Strasburgo - Con una relazione del professor Pisapia si è conclusa la conferenza sul »caso Italia . Pisapia si è pronunciato per una inversione di tendenza che chiuda il periodo dell'emergenza.

Il convegno si è concluso, come era iniziato, in un clima di aperta polemica. Dopo la comparsa, martedì, nell'aula, di Oreste Scalzone, e le polemiche fra l'Associazione nazionale magistrati e i promotori del convegno, ieri sera sono stati i democristiani italiani a riscaldare l'atmosfera dei lavori. In un documento approvato in una riunione cui partecipava il segretario del partito De Mita, la delegazione dc italiana al Parlamento europeo ha preso le distanze dal convegno denunciandone la »netta unilteralità di impostazione e la »critica generalizzata, approssimativa ed ingiustificata alla magistratura italiana .

Rispondendo per il comitato promotore il radicale Pannella ha ribattuto definendo lesive dell'onore dei partecipanti e della verità »le dichiarazioni democristiane evocando »l'indissolubile legame fra P2 e P38 .

In precedenza Pannella aveva accusato la stampa italiana di aver deformato il contenuto dei dibattiti della prima giornata di lavori.

Giornale d'Italia - 25.10.84

L'ASSOCIAZIONE NAZIONALE MAGISTRATI: E' VERO, ESISTE UN »CASO ITALIA MA E' INAMMISSIBILE AFFRONTARLO COSI'

»Che esista un ``caso Italia'' nessuno lo contesta ma, certo, affrontarlo e dibatterlo senza alcuna reale volontà di fare chiarezza, con una logica assolutamente provocatoria ed anche al di fuori della verità storica, è del tutto inammissibile . Lo ha affermato il presidente dell'Associazione nazionale magistrati, Sandro Criscuolo, durante una conferenza stampa indetta dalla giunta esecutiva del sodalizio dei giudici italiani per spiegare le ragioni per le quali l'associazione ha deciso di non intervenire al »processo contro la giustizia italiana in corso davanti ad una commissione del parlamento europeo di Strasburgo.

Il Tempo - 25-10-'84

DE MITA A STRASBURGO RESPINGE LE ACCUSE AI NOSTRI MAGISTRATI

Strasburgo, 24 ottobre - Minore »protagonismo più prudenza nelle

valutazioni iniziali della »notitia criminis e minore precipitazione: maggior controllo del fondamento giuridico dell'accusa; minore prevenzione a favore dei denuncianti; minore disinvoltura nel dar credito agli scritti anonimi, maggiore considerazione per i limiti razionali e legali del proprio potere discrezionale. E per finire maggiore considerazione per la presunzione costituzionale di non colpevolezza e, soprattutto, per la libertà personale dell'inquisito, che viene invece troppe volte sacrificata senza alcuna reale necessità.

Dal Parlamento europeo - a conclusione del convegno sul »caso Italia promosso da 30 eurodeputati e dal »comitato per una giustizia giusta presieduto da Leonardo Sciascia - queste le »raccomandazioni che idealmente sono state rivolte ai giudici italiani.

Non che sia esclusivamente loro la colpa della crisi della giustizia, che ha ben altri e complessi meccanismi negativi, nel nostro Paese. Ma proprio loro, detentori di un potere entro certi limiti perverso, debbono dimostrare che alcune norme pur se dettate da uno stato di necessità debbono far salvi, per ogni cittadino, i principi della certezza del diritto e dell'uguaglianza di fronte alla legge.

Ma anche oggi, come ieri, il convegno ha camminato su due binari paralleli: la discussione sul »caso Italia arricchita da una serie di interventi ad alto livello; le polemiche per quanto accaduto ieri (vedi l'inaspettata e inopportuna presenza nel Parlamento europeo di Oreste Scalzone; vedi la imprevista defezione dei vertici associativi della magistratura italiana) e per quanto è accaduto oggi. E' così, mentre a Roma l'associazione magistrati spiegava in una conferenza stampa i motivi per i quali aveva rinunciato ad inviare una delegazione »ufficiale qui a Strasburgo, nella sede dell'Europarlamento Marco Pannella, in una informale conferenza stampa, stigmatizzava questa assenza a suo avviso »ingiustificata .

»Dopo aver accolto il nostro invito solo sedici ore prima dell'apertura del convegno, l'associazione magistrati ci ha fatto sapere che nessuno di loro sarebbe venuto in quanto il dibattito non appariva accettabile ha sottolineato Pannella. Ed ha aggiunto: »Questa decisione che appare come una chiara scelta politica non ha per nulla colpito il convegno perché anche se l'assenza è dolorosa non ha minimamente determinato un calo dei livelli culturali .

»Quello che è accaduto - ha incalzato dal canto suo Enzo Tortora - conferma l'esattezza della mia scelta di non voler intervenire nel dibattito. Non mi è sembrato opportuno, in un clima che già dalla vigilia tendeva ad arroventarsi con polemiche strumentarli, aggiungere un elemento personale . »La sala del convegno - ha concluso Tortora - dedicato al ``caso Italia'', assomiglia vagamente ad un anfiteatro anatomico. E ho preferito che stesa sul lettino, al centro dell'osservazione degli esperti, ci fosse solo la malata. Non il malato .

Per quanto riguarda, invece, il caso Scalzone è stato lo stesso fondatore di »Metropoli - ricercato dalla polizia italiana per aver già collezionato 36 anni di reclusione - a chiarirlo entro certi limiti. »Non c'è nessun giallo nella mia presenza qui al Parlamento europeo - ha detto Scalzone girando tranquillamente da una sala all'altra del megacomplesso - perché, contro ogni speculazione, sono entrato usufruendo di un lasciapassare rilasciatomi su invito e garanzia del deputato »verde di Berlino, Brung Harlin .

Ma le polemiche, come spesso accade, chiamano polemiche. E così, alla fine, questo binario parallelo sul quale si è incamminato il »caso Italia ha avuto la meglio su quello esclusivamente scientifico.

Comunisti da una parte e democristiani dall'altra, tanto per rimanere in tema di polemiche, hanno finito per trovare un facile obiettivo comune. Il sindaco del Pci di Torino nonché eurodeputato Diego Novelli ha criticato (più volte interrotto) l'impostazione dei lavori ed in particolare la relazione di Mauro Mellini; i democristiani con alla testa De Mita, arrivato oggi a Strasburgo, hanno approvato un ordine del giorno contro Pannella e amici radicali.

In sostanza, il gruppo dc ha rilevato che lo svolgimento del convegno ha presentato una impostazione unilaterale risultante da una critica generalizzata quanto approssimativa ed ingiustificata alla magistratura italiana.

Da tutto ciò la delegazione democristiana italiana, presente al Parlamento europeo »afferma - così conclude il comunicato - la propria stima nei confronti della magistratura e delle forze dell'ordine complessivamente considerate .

A questo punto - volenti o nolenti - lo spazio dell'aspetto giuridico del convegno ha finito per essere sacrificato. Prima della relazione di sintesi tenuta dal prof. Gian Domenico Pisapia, docente di procedura penale all'Università di Milano e dopo gli ultimi interventi (D'Ovidio, Battimelli, Mereu, Gregori) c'è da registrare, per onore di cronaca, un appello di Rosella Simone, moglie di Giuliano Naria. »Mio marito è in attesa di un giudizio che non arriverà mai , ha detto la donna. Ed ha aggiunto: »Resta in carcere perché la sua liberazione sarebbe una prova concreta della aberrazione della giustizia italiana .

MARCELLO LAMBERTINI

E I GIUDICI A ROMA AGGIUNGONO: ACCUSE PROVOCATORIE E FAZIOSE

Al convegno di Strasburgo non si sono presentati per protesta, ma da quel »processo in contumacia alla giustizia italiana i magistrati dovevano pur difendersi. E lo hanno fatto ieri mattina in una conferenza stampa organizzata a Roma il presidente, il segretario e il vicesegretario dell'Associazione nazionale magistrati, Sandro Criscuolo, Enrico Ferri e Vincenzo Accattatis.

»Che esista un ``caso Italia'' nessuno lo vuol negare, ma certo dibatterlo ed affrontarlo senza alcuna volontà di fare chiarezza e con una logica assolutamente provocatoria, e anche al di fuori della verità storica, è completamente inammissibile ; le accuse di Criscuolo sono tutte contro la relazione presentata al convegno di Strasburgo dall'eurodeputato radicale Mauro Mellini, l'unica, in verità, delle cinque in programma che avevano avuto in visione prima dell'inizio del dibattito. Per quella relazione che, presentando »una magistratura nel suo complesso reazionaria, tesa a gestire i processi in modo non democratico, dà un'immagine distorta dell'intera società italiana l'Associazione dei magistrati ha deciso di ritirare l'adesione data in un primo momento all'iniziativa.

Senza dire del rischio, e i giudici lo hanno taciuto, che il »caso Italia , con i radicali attivi fautori della riunione, si trasformasse nel »caso Tortora . Il neodeputato passato dagli arresti domiciliari al Parlamento europeo, presente a Strasburgo come »spettatore , e stato infatti il primo a dolersi dell'assenza dei magistrati italiani: »Mi avrebbe fatto piacere assistere a un faccia a faccia con loro .

»Un'occasione mancata è il rammarico del segretario dell'Anm Enrico Ferri. »La possibilità di andare a discutere dei nodi vitali della giustizia in una sede internazionale, in un momento in cui si fanno sempre più chiare le matrici internazionali del terrorismo e della malavita organizzata, avrebbe dovuto essere salutata da tutti come un fatto estremamente positivo . Ma nel programma del convegno »non c'era stato lasciato lo spazio per controbattere a una relazione come quella di Mellini . »Non si potevano accettare - spiega - quegli attacchi acritici ai maxiprocessi, al ``pentitismo'', alla carcerazione preventiva. Sono problemi grossi, che esistono, ma che vanno inquadrati nella realtà del paese .

Per il vicesegretario Accattatis »Mellini, invece, destoricizza certi fenomeni italiani e mette in rilievo soltanto i dati negativi e non anche quelli positivi . »Il periodo dell'emergenza ad esempio, si sta ormai esaurendo, il fenomeno è storicamente mutato e noi magistrati siamo ormai impegnati in una realtà che è diversa da quella di ieri . E Criscuolo ha voluto rivendicare alla magistratura il merito di aver saputo »portare avanti un certo tipo di processo, quello al terrorismo, senza dover incorrere, come è successo in altri paesi, a corti straordinarie o peggio a interventi dell'esercito .

GABRIELLA LEONZI

La Repubblica - 25-10-'84

LA MAGISTRATURA ITALIANA PROCESSATA IN CONTUMACIA

Strasburgo - L'Italia sul banco degli imputati, la giustizia alla sbarra. Nutritissimo il capo d'accusa: carcerazione preventiva che si trasforma in pena anticipata, mandati di cattura troppo facili, diritti della difesa conculcati, estrema rigidità nel concedere la libertà provvisoria il pentitismo che diventa di fatto impunità, maxiprocessi con centinaia di imputati che finiscono per presentarsi come veri e propri rastrellamenti, carceri speciali che assomigliano sempre più a cimiteri per vivi, e via di questo passo. Il fatto è, però, che qui a Strasburgo sono quasi tutti accusatori. Manca la voce della difesa, perché l'Associazione nazionale magistrati ha deciso di disertare il dibattito, in polemica con il contenuto di una delle cinque relazioni ufficiali, quella del deputato radicale, nonché avvocato penalista, Mauro Mellini.

Così, a scendere in campo a fianco della magistratura, soprattutto di quella impegnata in prima linea a combattere il terrorismo e la criminalità organizzata sono stati Giuliano Vassalli, presidente della commissione Giustizia del Senato, peraltro con molti distinguo, Diego Novelli, sindaco di Torino e eurodeputato Pci, e pochi altri. Ma nessun magistrato. Tanto che, alla fine incaricato di sintetizzare tutti gli interventi di questa »due giorni , Gian Domenico Pisapia, avvocato e docente in Procedura penale a Milano, ha ammesso che i magistrati avrebbero fatto meglio a venire qui a Strasburgo a dibattere sui temi in questione piuttosto che lasciare sguarnito »il banco della difesa .

L'Italia, intesa come »azienda giustizia sul banco degli imputati, dunque. Eppure, c'è chi nega che sia questo il tema in discussione. Marco Pannella, ad esempio. Ieri, il leader radicale si è lanciato in una requisitoria, durissima com'è suo costume, contro la stampa italiana che avrebbe distorto l'essenza del convegno dando spazio alla querelle, suscitata dalla presenza di Scalzone a Strasburgo e della diserzione dei magistrati, e sacrificando gli interventi dei convegnisti. Pannella, come al solito, va al di là delle sue stesse intenzioni e aggiunge che »ha ragione la Cassazione a dettare delle norme di comportamento per i giornalisti . Dopo aver chiosato riga per riga tutti i servizi degli inviati a Strasburgo, censurandone il modo di presentare il convegno, e la scelta degli intervenuti dei convegnisti, Pannella ha concluso che si riserva »di adire le vie legali . Ma non si capisce contro chi o che cosa. Assai più pacatamente le stesse cose le ha dette anche Enzo Tortora.

Intanto, Oreste Scalzone, per la giustizia italiana latitante e condannato in due distinti processi a venti e a sedici anni, continua ad aggirarsi per la sala stampa finendo per buttare giù un nuovo comunicato in cui, sulla scia dei radicali, attacca la stampa italiana per il suo »atteggiamento strumentale e isterico e la sua »volontà ostruzionistica nei confronti di una analisi della giustizia d'eccezione in Italia . L'ex leader di Potere operaio chiarisce poi di essere riuscito ad entrare nel palazzo che ospita il Parlamento europeo grazie alla fotocopia del lasciapassare fornitagli dal deputato dei »verdi tedeschi Brung Harlin.

L'ultimo comunicato ufficiale in ordine di tempo - pare ispirato da De Mita - è quello della delegazione italiana Dc del Parlamento europeo che ha voluto »affermare la propria stima nei confronti della magistratura italiana e delle forze dell'ordine complessivamente considerate , auspicando che »argomenti di tanta importanza vengano trattati senza strumentalizzazioni di parte, senza semplificazioni superficiali e riduttive, con il concorso di tutte le forze politiche .

Chiuso il capitolo delle polemiche conviene tornare al tema del convegno. Ricordato il violento »J'accuse , assai poco in sintonia con il suo abito talare, dell'Abbé Pierre in difesa di Vanni Mulinaris, va citato soprattutto chi non si è sottratto al confronto con gli accusatori della magistratura italiana. Giuliano Vassalli, anzitutto.

Vassalli non è uno che chiude gli occhi e si tappa le orecchie di fronte alla realtà. Riconosce che »vi sono stati in Italia alcuni casi (anche famosi) in cui si è fatto riferimento a pericolosità manifestamente inesistenti per mantenere in carcere persone su cui si era già abbondantemente indagato e per le quali non esisteva alcun sospetto di fuga .

Ma è anche vero - aggiunge - che »molti inconvenienti risalgono alle stesse leggi del paese e altri alla deficiente organizzazione giudiziaria o penitenziaria, che »l'obbligatorietà nell'esercizio dell'azione penale fa sì che si debba indagare »con la stessa penetrazione ed estensione delle indagini per un reato da ergastolo e per reati minori o minimi. Per quanto riguarda »il ricorso al pentitismo , secondo Vassalli, esso »non può essere egemonizzato . »Le leggi italiane che negli anni più duri del terrorismo hanno creato queste figure di imputati, facendoli oggetto di trattamenti molto privilegiati ed agevolando così le loro denunce, hanno certamente contribuito a valorizzare questa fonte di prova; ma non bisogna dimenticare che lo scopo primo e principale delle leggi stesse era quello di agevolare la scoperta di covi, di impedire attività delittuose progettate o già in corso, di arrestare le attività terroristiche . Infine, una stoccata ai radicali: »Nel valutare il caso Italia , avverte Vassalli, »non

sembra lecito dimenticare che la più gran parte delle disposizioni di cui consta la legislazione dell'emergenza sono state sottoposte, per iniziativa radicale, a referendum abrogativo e che una forte maggioranza di votanti ebbe a rifiutare tale abrogazione .

Tra gli altri, prima che il convegno chiudesse i battenti, è intervenuta Rosella Simone, la moglie di Luciano Naria, per denunciare che il marito »giorno dopo giorno, si sta consumando, aspettando da otto anni e tre mesi una giustizia che non arriva . Quella di Naria, la moglie la definisce »una storia esemplare, neppure giustificata da uno stato di guerra . Perché Giuliano resta in carcere? si chiede la donna. La sua risposta è questa: »Perché la galera deve giustificare se stessa e la sua liberazione sarebbe una prova concreta dell'aberrazione della giustizia .

FRANCO COPPOLA

Messaggero - 25-10-'84

CRITICHE ALL'EMERGENZA, NON AI GIUDICI

Strasburgo - La più disperata è Emma Bonino. »Abbiamo speso fatica e soldi per organizzare questo convegno, arriva Scalzone, non invitato, e rovina tutto dice l'esponente radicale mentre impazza la polemica dei comunicati. Marco Pannella ha come al solito l'aria di chi nella tempesta ci si trova benissimo. Accusa Guido Neppi Modona d'essere all'origine del boicottaggio del convegno da parte dei magistrati, spara a zero contro la stampa che ha trasformato il dibattito in un processo alla giustizia, minaccia denunce per diffamazione, trova il modo di intervenire sul »caso Scalzone come sull'intempestivo comunicato dei parlamentari democristiani. Difficile sbagliarsi: organizzato da 33 deputati europei di quasi tutte le tendenze politiche costituitisi in Comitato per una giustizia giusta, il convegno sulla situazione della giustizia in Italia ha finito col caratterizzarsi per l'attivismo di Marco Pannella e dei suoi amici.

Eppure le intenzioni della vigilia erano buone. Mai si era riusciti a riunire in una sede extranazionale tante personalità per discutere delle storture del nostro ordinamento giudiziario, dell'imbarbarimento della giustizia provocato dalla lotta al terrorismo e alle altre forme di criminalità organizzata, della necessità di superare le leggi d'emergenza e di tornare allo Stato di diritto. E non c'è dubbio che da Giuliano Vassalli al francese Marc Ancel, presidente del Centro di diritto comparato di Parigi, da Gian Domenico Pisapia a Stefan Trechsel, membro della Commissione europea dei diritti dell'uomo, dagli avvocati Pietro D'Ovidio e Rocco Ventre ai giuristi Pietro Nuvolone, Gaetano Pecorella e Metello Scaparone sono stati offerti importanti contributi all'approfondimento di un problema vitale per il nostro Paese. Pannella, ma non solo lui, ha ragione quando sostiene che il convegno non è stato un'occasione per mettere sul banco degli accusati la magistratura italiana. Questo non è avvenuto.

Certamente non sono mancate le critiche alla »mentalità inquisitoria di taluni magistrati, le denunce a certe tentazioni autoritarie dei legislatori, ma da parte di tutti c'è stato lo sforzo di inquadrare le attuali difficoltà nel contesto di una situazione che ha visto lo Stato e dunque la magistratura prima affrontare gli attacchi terroristici, poi l'offensiva della mafia e della camorra.

Gustavo Selva, un democristiano con sospetto di simpatie verso atteggiamenti morbidi, l'ha capito al punto da affermare che »non si può e non si deve impedire a chicchessia di analizzare l'operato dei magistrati e, quando è necessario, di criticarlo. Non lo hanno capito invece altri autorevoli esponenti dc che nella tarda mattinata hanno preso le distanze dal convegno con un duro comunicato in cui, oltre a rilevare l'»inaccettabilità della presenza di Scalzone, »si afferma la propria stima nei confronti della magistratura e delle forze dell'ordine e si auspica che »argomenti di tanta importanza vengano trattati senza strumentalizzazioni di parte . Pannella ha avuto buon gioco nel definire la presa di posizione dc »un esempio di confusione e di viltà . A quel punto infatti il caso Scalzone era stato chiarito. I radicali non c'entravano. Ad invitare a Strasburgo l'ex leader di Autonomia operaia era stato Brung Harlin, un deputato »verde tedesco. E Proprio Emma Bonino si era assunta il compito di avvertire S

calzone che la sua presenza non era gradita e che non avrebbe potuto parlare al convegno. Che poi Scalzone ne abbia approfittato per rilasciare dichiarazioni polemiche è un'altra storia.

Quanto al »processo ai magistrati, non c'è mai stato. Lo hanno rilevato la dc Luisa Cassamagnago, presente martedì al tavolo della presidenza, i socialisti Mario Zagari e Mario Didò per i quali, »malgrado qualche bocciatura , sono emersi dal convegno indicazioni e suggerimenti validi. Sorpresi e un po' scandalizzati, avvocati e giuristi non hanno neppure preso in considerazione l'ipotesi di un attacco alla magistratura. Nella relazione conclusiva, il professor Gian Domenico Pisapia ha espresso il generale compiacimento per i tentativi compiuti con la legge del luglio di quest'anno al fine di »trovare un punto d'equilibrio tra sicurezza e libertà . Non è facile, ha spiegato Pisapia, resistere alle tentazioni autoritarie che finiscono col contaminare anche giudici fondamentalmente democratici di fronte al terrorismo invadente e alla criminalità organizzata. I tre poli fondamentali sui quali occorre agire riguardano la lentezza delle procedure, la prova, che è »cardine del processo e il collegamento fra il pr

oblema della prova e quello della lentezza procedurale. In definitiva, è giusto denunciare »ogni degenerazione del sistema , condividere l'affermazione di Baget Bozzo secondo cui la crisi della giustizia è un aspetto della crisi dello Stato, ma non si può trascurare quel che si sta facendo per superare la legislazione d'emergenza.

Vasta eco ha trovato nel dibattito la questione carceraria. Emilio Molinari, deputato di Democrazia proletaria, ha detto che »non c'è certezza di diritto neppure nelle carceri normali ed ha dato lettura di un documento inviato da un gruppo di detenuti di San Vittore che denunciano la »barbarie dei braccetti della morte. Rosella Simone, moglie di Giuliano Naria, ha parlato con accenti toccanti della sorte del marito e della »volontà reazionaria di mantenere l'emergenza . Infine, Enzo Tortora ha rotto il silenzio per ringraziare i pochi magistrati »eretici presenti a ribadire la propria fiducia nella giustizia.

ROMANO DAPAS

L'ASSOCIAZIONE MAGISTRATI SI DISSOCIA: »NON SIAMO DEI REAZIONARI

»Quella fornita a Strasburgo non è una fotografia fedele della realtà: si è fornita un'immagine di una magistratura completamente reazionaria tesa a gestire i processi in modo non democratico. E così, si è rappresentata in modo distorto anche la società italiana .

L'Associazione nazionale dei magistrati »non ci sta . Ieri ha convocato una conferenza stampa nel palazzo di giustizia romano per prendere le distanze da ciò che e accaduto a Strasburgo, l'altro giorno: un dibattito sul »caso Italia (ne seguiranno altri su vari paesi), che mette sotto accusa l'operato dei giudici del nostro paese. Relatori, nella sede del Parlamento europeo, esperti di vari paesi, oltre al senatore Giuliano Vassalli e al deputato radicale Mellini. Come si sa, al dibattito era presente, e la cosa ha creato imbarazzo e scalpore, Oreste Scalzone, che per lo Stato italiano è latitante.

All'ultimo momento l'Anm, che aveva dato la propria adesione, l'ha ritirata. Come è stato possibile?

»Nella settimana precedente il convegno - ha detto ieri Sandro Criscuolo, esponente di Unità per la costituzione - abbiamo ricevuto la relazione di Mellini. Ci ha lasciato allibiti. Rispetto ad essa, dissentiamo nel metodo e nella sostanza. In Italia non esistono processi per rastrellamento, come afferma l'esponente radicale, non è vero che i processi di primo grado vengono svolti in modo approssimativo. Va ricordato che in questo paese è stato possibile affrontare una situazione d'emergenza senza corti straordinarie, senza interventi dell'esercito, senza leggi eccezionali, anche se esiste una legislazione d'emergenza .

Già, ma perché l'Anm ha ritirato la propria adesione? »La relazione di Mellini - spiega Criscuolo - ci è arrivata troppo tardi; a Strasburgo, per l'ordine delle relazioni, non avremmo avuto lo spazio sufficiente per una risposta argomentata e per un reale contraddittorio. Siamo pronti a confrontarci su questi problemi con chiunque e in qualunque sede, ma con i dati dei ministeri della Giustizia, dell'Interno, dell'amministrazione carceraria.

Questa posizione ha trovato concordi tutte le componenti della magistratura, come hanno spiegato Enrico Ferri, di Magistratura indipendente e Vincenzo Accattatis, di Magistratura democratica. Per quest'ultimo, la relazione di Mellini »è generica e destoricizza il fenomeno italiano . E' giustissimo (questo il pensiero di Md) che a Strasburgo si critichi il sistema italiano, ma bisogna partire da un dato storico: quando si parla di maxiprocessi, bisogna ricordare che la criminalità tradizionale è sparita, lasciando il posto alle grandi organizzazioni del delitto.

»Non si vuol negare - ha detto Enrico Ferri - che esistano situazioni di gravi difficoltà, ma non si deve tacere ciò che è stato fatto negli ultimi anni per correggere il sistema .

Corriere della Sera - 25-10-'84

PROCESSI LUNGHI E TROPPO PENTITISMO

Strasburgo - Una cosa e apparsa difficilmente smentibile a Strasburgo, dove si è svolto, in un'aula del Parlamento europeo, l'esame del »caso Italia , una specie di »processo alla istituzione e al sistema giudiziario italiani: se un innocente incappa nel meccanismo della nostra giustizia, ne esce sempre con danni gravi, ma anche lo stesso colpevole paga, per le lungaggini del processo e per la realtà della condizione carceraria, un »surplus di pena.

Nel documento inviato all'incontro di Strasburgo (il primo di una serie sui vari Paesi europei e che, oltre a momenti di ambiguità, ha registrato altissimi contributi di eminenti scienziati) promosso dal Comitato per una giustizia giusta e presieduto da Leonardo Sciascia, lo scrittore ha ricordato che in Italia, nel quinquennio 1978-82, 104.000 cittadini sono stati prosciolti con formula piena e 111.000 per insufficienza di prove, dopo avere sopportato lunghi periodi di carcerazione preventiva. Questo, mentre al primo gennaio dell'anno scorso risultavano ancora pendenti un milione e mezzo di inchieste penali, di cui 644.000 aperte due anni prima, esclusi i casi di furto.

Da parte sua, il giurista e senatore socialista professor Giuliano Vassalli, presidente della Commissione giustizia di Palazzo Madama, ha calcolato nel 70% il numero dei detenuti in attesa di giudizio nelle carceri italiane.

Il giurista svizzero Stefan Trechsel, membro della Commissione europea dei diritti dell'uomo, ha riferito che se l'Italia, forse per difetto di informazione, è uno dei Paesi dai quali giunge il minor numero di ricorsi, è anche il Paese che totalizza il maggior numero di ricorsi accolti.

Al dibattito, la cui sintesi è stata tracciata dal professor Gian Domenico Pisapia, ordinario di diritto penale e presidente della Commissione per la riforma del codice di procedura, erano presenti giuristi italiani e stranieri, tra i quali Metello Scaparone dell'Università di Torino, Gaetano Pecorella, ordinario di procedura penale a Milano. Marc Ancel del Centro di diritto comparato di Parigi, Jorge De Figueiredo Dias, dell'Università portoghese di Coimbra; lo storico del diritto Italo Mereu. Sono intervenuti anche noti avvocati, come Pietro D'Ovidio di Roma; Rocco Ventre (che fu egli stesso vittima, 4 anni fa, di una accusa per favoreggiamento rivelatasi un clamoroso errore e conclusasi con la piena assoluzione) e il sardo Rovelli, che ha denunciato come non sia stato ancora avviato il processo agli indipendentisti isolani, in carcere da 4 anni.

Molte le accuse al sistema giudiziario italiano. Ma l'accusata numero uno è stata la lunghezza del processo, figlia della farraginosità delle procedure e della inadeguatezza dell'amministrazione, e madre a sua volta, per conseguenza, di una serie di storture e sofferenze gratuite inflitte all'imputato.

Ma non è tutto. Sotto accusa anche i numerosi altri punti caldi della giustizia italiana: dal ricorso alle »imputazioni a catena , al fine di prolungare la carcerazione cautelare, all'eccessivo rilievo dato al ruolo dei »pentiti ; dall'abuso della »connessione tra reati al fine di imbastire quei così detti »maxiprocessi , che semplificano il lavoro istruttorio, ma spesso a rischio dell'approfondimento delle responsabilità individuali.

E ancora la durezza della condizione carceraria, la eccessiva estensione della applicazione della legislazione di emergenza; il protagonismo di taluni magistrati, la frequente commistione di ruoli tra pubblico ministero e giudice istruttore; l'assenza di sanzioni per i giudici che sbagliano.

Non sono state tentate difese di ufficio. Ma poiché le accuse hanno minacciato di apparire esorbitanti nei confronti dei tentativi sia del legislatore che della magistratura di tenere il nostro Paese al riparo dalle più gravi tentazioni autoritaristiche, l'eurodeputato comunista e sindaco di Torino, Novelli, ha polemizzato con la relazione del radicale Mellini, affermando che certe sue prese di posizione rischiavano di presentare, per esempio, »I pentiti come spie e gli irriducibili come eroi ed il gruppo parlamentare europeo democristiano ha emanato un documento nel quale si giudicano i lavori del convegno spesso parziali e strumentalizzati.

Sono state poste a questo punto sulla bilancia (e lo hanno fatto il procuratore della Repubblica di Treviso, Labozzetta e il suo collega di Trieste, Drignani) sia le condizioni di pericolo personale sia i sacrifici e spesso il martirio affrontati dai magistrati italiani a cospetto di scandali, terrorismo, mafia e fenomeni di »criminalità di massa affini e gli indubbi successi riportati nonostante gli ostacoli e la farraginosità delle procedure.

Semmai, ha sottolineato il sacerdote e eurodeputato socialista Gianni Baget Bozzo, le notizie di questi giorni sulle deviazioni di alcuni organismi statali confermano che non si è prestata la necessaria attenzione per individuare e reprimere l'»Antistato , che covava le sue trame contro la società, trame non meno pericolose del terrorismo armato.

Nella sintesi finale, il professor Gian Domenico Pisapia, che ha magistralmente anticipato quelli che potrebbero essere elementi fondamentali della riforma del processo penale in corso, ha ammonito innanzi tutto che le ragioni dello Stato di diritto non hanno confronto con qualsiasi ragione processuale, che solo da quelle attinge significato. Pisapia ha sottolineato come la legge del luglio 1984 è un tentativo di arrestare la »erosione strisciante dei diritti di libertà nata dall'emergenza.

Sul »diritto premiale (il complesso delle norme che assicurano vantaggi ai cosiddetti »pentiti ), il giurista ha ricordato che le dichiarazioni del pentito possono essere utili alla giustizia, ma non sostituirsi all'obbligo di una ricerca rigorosa delle prove, prove che debbono nascere non nel segreto, ma dal dibattimento.

Pisapia ha ricordato ancora, a proposito della durata della carcerazione preventiva che »la regola è la libertà e la carcerazione è l'eccezione , per cui tra le due è la prima che deve vincere, anche attraverso l'impiego di misure alternative.

Lo studioso ha ricordato infine la necessità di emanare al più presto norme per il risarcimento dei danni derivanti dalla carcerazione preventiva, in collegamento con forme di responsabilizzazione, e non soltanto disciplinare, dei magistrati per il loro operato.

Prima della conclusione dei lavori hanno preso la parola Rosella Simone, moglie di Giuliano Naria, che ha ricordato come suo marito è in carcere da otto anni in attesa di processo, e il consigliere regionale demoproletario e eurodeputato Molinari,

che ha letto un messaggio nel quale i carcerati milanesi chiedono al Parlamento europeo che una commissione internazionale visiti i luoghi di detenzione in Italia.

Tra gli intervenuti anche gli eurodeputati Tortora (radicale) e Gastone Selva (liberale).

NICOLA D'AMICO

Epoca - 26-10-'84

TUTTO L'AGRO DELLA BILANCIA

Strasburgo - ottobre - Si può processare la giustizia italiana? E' possibile elevare un »capo d'imputazione contro le leggi e chi le amministra? Il tentativo è stato fatto a Strasburgo nei due giorni del convegno sulla »Giustizia in Europa: il caso Italia . Subito c'è stata una reazione stizzita delle componenti associative: magistrati, che avevano dato il loro consenso fino alla viglia, hanno fatto sapere all'ultimo momento che non se la sentivano più; la presenza di Oreste Scalzone alla prima giornata del dibattito ha scatenato altre polemiche e una fitta battaglia di comunicati. Fatto sta che l'ex leader di Potere operaio, condannato a 36 anni di reclusione per terrorismo, latitante in Francia, è rimasto nel Palazzo d'Europa a testimoniare quanto sia facce non andare d'accordo fra nazioni amiche.

Giustizia alla sbarra, dunque. Ma perché? Il capo d'imputazione consta di almeno cinque »reati , situazioni di illegalità ripetutamente denunciate. Per Giuliano Vassalli, presidente della Commissione giustizia al Senato, »la maggior parte delle accuse si riferiscono alla mentalità e alle pratiche di taluni magistrati, che troppo disinvoltamente credono di poter dare preminenza alle ragioni della lotta contro il delitto rispetto alle ragioni di tutela dei principi fondamentali del processo . Un problema di uomini e non di leggi? Si, dice il professor Pietro Nuvolone: »Deve mutare l'atteggiamento di un certo numero di magistrati che hanno il mandato di cattura troppo facile e impulsivo. Molti problemi della carcerazione preventiva non sarebbero sorti se pubblici ministeri e giudici istruttori avessero fatto un uso più cauto dei procedimenti restrittivi della libertà personale, invece di emetterli al profilarsi del più discutibile indizio .

Rincara la dose il professor Giorgio Gregori: »La giustizia sta cambiando volto, le leggi specie dettate dall'emergenza stanno condizionando tutta l'attività giudiziaria e hanno finito per creare un nuovo costume giudiziario valido per tutti i processi. Anche per quelli che nulla hanno a che vedere con il terrorismo, l'eversione, la criminalità organizzata. La verità è che, nel segno dell'emergenza, prospera oggi la menzogna e la frode palese dei diritti fondamentali dell'individuo che rischiano di capitolare di fronte alla consacrata normalità della barbarie .

Previsioni così fosche debbono basarsi su prove incontestabili. E queste prove le troviamo nelle »tavole d'accusa presentate contro la giustizia italiana dall'avvocato Mauro Mellini, radicale, autore di una delle cinque relazioni introduttive. Affrontiamoli, questi argomenti, esaminandoli alla luce degli interventi che su di essi hanno fatto giuristi di rango.

1) La carcerazione preventiva.

Sta assumendo »dimensioni impensabili (Giorgio Gregori); due terzi della popolazione carceraria è formata da imputati in attesa di giudizio, metà dei quali sarà riconosciuta innocente. Leonardo Sciascia ha ricordato come, nel quinquennio 1978-'82, siano stati prosciolti con formula piena 104 mila cittadini, mentre altri 111 mila abbiano ottenuto un'assoluzione per insufficienza di prove. Ormai la carcerazione preventiva (meglio chiamarla »custodia cautelare , come ha stabilito la normativa di luglio scorso...) viene considerata una sorta di misura di sicurezza e di polizia, diretta a eliminare dalla circolazione un potenziale delinquente. »Ci sono stati in Italia alcuni casi (anche famosi) in cui si è fatto riferimento a pericolosità manifestamente inesistenti per mantenere in carcere persone su cui si era già abbondantemente indagato e per le quali non esisteva alcun sospetto di fuga (Giuliano Vassalli).

Una delle motivazioni su cui si basa il rifiuto dei magistrati a concedere la libertà provvisoria è quella dell'inquinamento delle prove. Ma si tratta il più delle volte di un riferimento generico e stereotipato; inquinamento viene considerata l'attività dell'imputato per affrontare la propria difesa, ricercare prove e testimoni a favore. »In un sistema in cui il pentimento è diventato la chiave di volta dell'indagine, avviene che non venga concessa la libertà se l'imputato non acconsente a confessare. Si è arrivati al punto di contestare reati più gravi di quelli sussistenti per indurre l'imputato, con la prospettiva di non poter ottenere la libertà provvisoria e di non poter fruire della scadenza dei termini massimi della carcerazione preventiva previsti per il reato realmente esistente, ad ammettere circostanze e fare ammissioni di colpevolezza per ottenere la scarcerazione. Questo è un vero e proprio crimine commesso dal magistrato (M. Mellini).

Ma la carcerazione preventiva può essere oltrettutto prolungata indefinitamente con l'emissione, scaglionata nel tempo, di nuovi mandati di cattura. Nel luglio scorso è stato deciso che comunque i termini della carcerazione decorrono dal momento del primo arresto. Ma si assiste lo stesso a episodi, come quello di Vanni Mulinaris, ricordato al convegno con parole accorate dall'Abbé Pierre: alla scadenza dei termini di carcerazione preventiva, dopo due anni e otto mesi, è stato emesso un nuovo mandato di cattura basato sulle stesse accuse del primo. »J'accuse! , ha esclamato ripetutamente l'Abbé, puntando il dito verso la presidenza, scagliandosi contro magistrati e funzionari dei Servizi segreti, »gli stessi recentemente arrestati per quei reati - traffico d'armi - che si continuano ad imputare ingiustamente a Mulinaris .

»Molte volte si mandano in prigione persone che non vi sarebbe alcun motivo di incarcerare, da nessun punto di vista , ha ribadito Vassalli, spiegando che »occorrerebbi restringere i casi di mandato di cattura facoltativo .

2) I pentiti.

Le legislazioni delle monarchie assolute del secolo scorso prevedevano l'impunità o la diminuzione di pena per i delatori. Con l'unità d'Italia si decide di rinunciare a quest'istituto barbaro e incivile. Il fascismo aveva invece premiato con l'impunità e premi in danaro taluni delatori che avevano consentito di sventare cospirazioni antifasciste, ma non avevano pensato di tradurre in legge un simile espediente. L'ha fatto lo Stato repubblicano, introducendo una serie sempre più estesa di normative »che rappresentano senza dubbio una infamia che ha reso possibile di concedere per esempio la libertà ad un assassino pentito e la contemporanea condanna fino a 29 anni di galera a chi è stato semplicemente suo complice e complice tradito (Raffaele Della Valle).

Uno degli aspetti maggiormente criticati di queste leggi è che vengono applicate proprio ai terroristi più pericolosi, a coloro insomma che hanno molto di cui pentirsi. »Il plafond dei benefici e delle ricompense tocca al reo che abbia raggiunto il massimo grado di compromissione terroristica e che abbia successivamente mostrato grandissima, quasi illimitata disponibilità all'accordo giudiziale; mentre l'esatto contrario avviene nei riguardi di chi sia stato solo limitatamente coinvolto nei fatti. Si fa incombente il rischio di una sovrapposizione di livelli di colpevolezza: per il crimine commesso e per la mancata conversione (professor Guglielmo Marconi). L'esempio più classico è quello del delitto Tobagi: Marco Barbone ha usufruito del trattamento previsto per i »pentiti eccezionali ed è in libertà; Francesco Giordano, pur esprimendo il suo totale distacco e tutto il proprio rincrescimento per il dolore causato ai parenti della vittima, è stato condannato a 30 anni e otto mesi di reclusione.

3) I maxiprocessi.

Sono »vere e proprie retate che, iniziate con criteri e intenti più da rastrellamento in zona di guerra che da operazione di giustizia, vengono portate avanti con successive selezioni necessariamente approssimative e sulla base di sistemi di prova, possibilità di difesa e metodi di valutazione che sarebbe assurdo e ingenuo ritenere possano assomigliare granché a quelli di un equo e ragionevole processo (Mauro Mellini). A provocare questi processi con centinaia di imputati sono spesso le rivelazioni-fiume dei pentiti. Dopo le recenti rivelazioni di Tommaso Buscetta, la magistratura ha arrestato 366 persone. Per Vassalli si possono comprendere i processi cumulativi, nonostante i pericoli di persecuzioni. Sono i magistrati che devono stare attenti a non abusarne. E' un problema di uomini, come ha ricordato anche Diego Novelli, sindaco comunista di Torino e europarlamentare: »I grandi processi alle Brigate rosse sono possibili nella mia città proprio per il concorso di cittadini disposti, per dovere civico, ad

esporsi personalmente .

Quindi, a volte, il processo con centinaia di imputati appare un male difficilmente evitabile, come il ricorso al »pentitismo , non può essere demonizzato. »Paese dell'Europa del Sud, l'Italia ha rivelato una gran forza proprio affrontando senza cadute di legalità i terrorismi, le mafie, i contropoteri organizzati. Hanno funzionato tribunali ordinari, con procedimenti ordinari e senza pene straordinarie (professor Mario Pisani). Ma recenti storie di processi-monstre, come quello alla »superanonima sarda dimostrano il contrario: al bandito che aveva parlato, Luciano Gregoriani, fu concessa la libertà; ma per centinaia di persone rinviate a giudizio per reati gravissimi, un buon numero furono assolte dalla Corte d'assise di Cagliari »senza peraltro ritenere che l'aver fatto arrestare degli innocenti potesse in qualche modo diminuire i meriti dei pentiti (avvocato Patrizio Rovelli).

4) Le carceri.

Le lunghissime attese sono diventate oramai una forma di pena anticipata e un mezzo di costrizione alla collaborazione. Chi ancora non è stato condannato vede così nel pentimento un mezzo per sfuggire al carcere speciale. Pino Scriva, »re delle evasioni , ha fatto emettere in Calabria 124 mandati di cattura e, dopo, ha potuto godere di un regime di carcerazione talmente particolare che, standosene fuori dalla caserma, è stato »perso dai carabinieri.

Un altro grande pentito dell'eversione nera, Aldo Tisei, pur di ottenere condizioni di favore, ha sparso accuse di ogni tipo: l'avvocato Pietro D'Ovidio ha esibito un dossier molto significativo al riguardo: 38 persone sono state prosciolte in nove diversi procedimenti penali perché i giudici non hanno ritenuto attendibili le accuse di Tisei, spesso unico elemento alla base di rinvii a giudizio. La situazione carceraria viene fatta risalire a »responsabilità politiche (Diego Novelli), dal momento che per costruire un penitenziario ci si impiega anche vent'anni e in quelli esistenti »la situazione è pesante (Giuliano Vassalli).

5) Difensori fuori legge.

Ultimo aspetto della degradazione del sistema giudiziario italiano è quello del difensore. Negli ultimi anni il suo ruolo è stato sempre più compresso, considerato »di disturbo o addirittura di pericolo per le indagini (G. Vassalli). Alcuni avvocati di terroristi sono stati accusati di complicità nei confronti dei loro assistiti »per aver fatto da tramite tra gli imputati in stato di detenzione e i loro complici ancora in libertà . Altre volte l'accusa è stata di favoreggiamento »per aver aiutato i loro clienti ad eludere le indagini .

»In questo genere di accuse si sono ben presto lanciati i pentiti e non senza aver ricetto opportune sollecitazioni. E le loro accuse hanno creato un clima di intimidazione e talvolta di non dissimulato ricatto. Certe prassi dell'istruttoria penale ormai si fondano su aperte violazioni di legge da parte di magistrati inquirenti e addirittura su veri e propri reati (M. Mellini).

Che ci sia un'aperta conflittualità tra magistrati e difensori è un dato di fatto talmente concreto che una delle relazioni al convegno, quella dell'avvocato Vittorio Battista, è stata interamente basata sulla crisi di tale rapporto. Battista ha notato una serie di episodi ufficiali in cui i magistrati hanno espresso concetti molto espliciti: si va dalla dichiarazione di un presidente di tribunale secondo il quale »il difensore genera sospetti , alla proposta di un »difensore alternativo . Del resto lo stesso Consiglio superiore della magistratura, nel predisporre un piano antimafia, propose l'anno scorso di »prendere contatto con gli ordini forensi per discutere il ruolo del difensore .

Ha detto in proposito il professor Pietro Nuvolone: »I dittatori, e gli aspiranti dittatori, hanno sempre cominciato, prima di abolire la libertà di tutti, a mortificar e la libertà della difesa! . Questo stato di tensione permanente tra giudici e avvocati è stato ulteriormente sottolineato dal professor Vassalli: »In effetti si sono verificati casi nei quali magistrati hanno creduto di potersi vendicare contro difensori ritenuti troppo zelanti arrivando a incriminarli e arrestarli, senza ragione, come complici dei loro clienti! Gli ordini forensi sono stati così indotti a chiedere per la funzione difensiva particolari garanzie e a reclamare quanto meno l'inizio di procedimenti disciplinari contro i magistrati colpevoli di abuso. Anche in questa materia sono decisivi il senso di responsablità del giudice e il rispetto per il proprio ruolo: che è pur sempre quello di un magistrato tenuto a obiettività e imparzialità, e non quello di un ``lottatore'' contro presunti ostacoli alla ricerca della verità .

Oltre tutto, il giudice che sbaglia non rischia mai. Non ci si sono praticamente sanzioni contro i magistrati colpevoli di abusare del proprio potere. Di una loro responsabilità civile, meglio nemmeno parlare (»Nessun governo oserebbe proporre una riforma in questo campo , G. Vassalli). Per la responsabilità disciplinare, il Consiglio superiore ha molto spesso assolto anche in presenza di casi in cui erano stati sacrificati diritti individuali.

L'avvocato Patrizio Rovelli, nella sua relazione sul »caso Sardegna , ha voluto ricordare il processo Manuella, un avvocato scomparso nell'aprile del 1981. Sulla scorta delle accuse che provenivano da tre pentiti, furono arrestati per omicidio quattro avvocati cagliaritani (Marongiu, Viana, Podda e Secci). Al processo, uno dei pentiti, pentitosi di essersi pentito, svela tutta la verità, scagionando dalle accuse i legali e dimostrando che le accuse - un mosaico quasi perfetto - erano frutto di una macchinazione ed erano state tutte preventivamente concordate. »Questa inquietante vicenda offre nelle sue agghiaccianti sequenze di immagini lo spaccato del nuovo processo penale così come lo hanno modellato le leggi dell'emergenza. Anche nel ``caso Manuell'' i pentiti furono tutti premiati e ottennero la libertà provvisoria ha ricordato Rovelli.

E' appena il caso di riferire che nessuno dei magistrati responsabili di quest'inchiesta è mai stato oggetto di alcuna censura.

ROBERTO CHIODI

IL MALATO ERA GRAVE, MA I MEDICI...

A un giornalista che mi chiedeva, durante questo convegno, »Onorevole, quando interviene? , ho risposto: »Mai . Non mi sembrava opportuno, in un clima che si tendeva ad arroventare con polemiche strumentali, aggiungere un elemento personale. La sala del convegno strasburghese dedicata al »caso Italia assomiglia, largamente, ad un anfiteatro anatomico. E ho preferito che, stesa sul lettino, al centro dell'osservazione degli esperti, ci fosse solo la malattia. Non il malato. Ho preferito che al centro dell'attenzione ci fossero le disfunzioni della giustizia del nostro paese. E non coloro che, come me o come molti altri, possono esserne le vittime o le spie. Già i medici avevano del tutto ritenuto di non presentarsi ufficialmente a questo convegno, adducendo motivazioni indignata: i radicali intendevano »processare la magistratura italiana, la relazione Mellini (solo una, fra l'altro, delle relazioni proposte a questo convegno) suonava offesa e vilipendio, eccetera eccetera.

Forse il »caso Italia è purtroppo tutto qui: in questo grande alveare di suscettibilità, di malintesi e di sussurri. Chi ha assistito, come me, al convegno sul »caso Italia ha potuto notare anzitutto come il tono, il clima, il livello di questa prima assise internazionale sulla giustizia nel nostro paese sono stati di estrema serietà, di grande correttezza, di profondo significato culturale. Erano fra l'altro presenti sia pure a titolo personale (presi un po' di contropiede dai fulmini della scomunica della loro associazione) molti magistrati italiani: hanno parlato in piena libertà, hanno toccato con mano sia la correttezza che la lealtà del dibattito e del confronto. Hanno ricevuto applausi e forse, rientrati in Italia, avranno potuto amaramente constatare come una certa informazione abbia dato di questo convegno una relazione volutamente distorta, suggestiva e persino falsificata. La televisione di Stato è arrivata al vertice di questa falsificazione storica annunciando che »dopo la relazione Mellini m

olti hanno abbandonato per protesta la sala. Qui siamo al colmo, all'apice della menzogna: Mauro Mellini ha parlato addirittura sotto gli occhi del presidente del Parlamento europeo Pflimlim, che ha brevemente presieduto una parte dei lavori, in tutta tranquillità. E nessuno, dico nessuno, dal senatore Vassalli al professor Pisapia, ai più noti giuristi europei presenti in sala, si è minimamente accorto di questo supposto »esodo di dissenzienti. Per il molto semplice motivo che l'esodo non c'è stato.

Il »caso Italia , del resto, sarà solo una delle tappe del nostro viaggio tra i paesi europei: vedremo, in futuro, se per il »caso Inghilterra o il »caso Germania , ci saranno assenze così vistosamente immotivate e polemiche così futili e roventi nello stesso tempo. Penso proprio di no.

Qualcuno ha detto che questo convegno aveva »due anime . Una buona, cioè tesa ad una riforma indispensabile delle leggi e delle strutture, e una »cattiva , che mirava ad infamare, immotivatamente, una categoria benemerita, quella dei magistrati, che caso mai sono obbligati ad applicare delle leggi: e non le creano certamente.

Qui sta la radice dell'equivoco. Questo convegno non aveva »due anime : ne ha avuta una sola. Quella del censimento, freddo e razionale, dei mali della giustizia italiana. Mali soprattutto politici.

Non c'è infatti uomo ragionevole oggi, salvo un criminale o un terrorista, che non possa non riconoscere alla magistratura italiana il merito di aver combattuto e di essere ancora impegnata a combattere, in prima linea, sola, e spesso con mezzi e strutture indegne, una grave battaglia contro organizzazioni criminali e pseudo-politiche. I magistrati sono stati lasciati soli da uno Stato latitante e sfasciato: troppe deleghe indebite sono state rilasciate a magistrati che hanno semplicemente dovuto riempire dei vuoti creati dall'ignavia di altri. Questo è tanto ovvio da apparire premessa inutile.

Discutere della giustizia non significa affatto attaccare i magistrati: al contrario, significa difenderli in un momento grave e delicato. Nulla appare più ingiusto infatti di una giustizia che, tra leggi sull'emergenza, pentitismo acriticamente accettato, mancata riforma dei codici, rischia di mietere più vittime innocenti che colpire dei responsabili veri. Evitare il dibattito o il dialogo non è mai buon segno di tranquillità o di salute. Parlare della giustizia italiana non è, io spero, ancora reato di vilipendio.

ENZO TORTORA

MA E' ANCORA POSSIBILE PROTESTARE PER SACHAROV?

»Centoquattromila cittadini sono stati prosciolti con formula piena e centoundicimila per insufficienza di prove nel quinquennio 1978-1982. Ma hanno dovuto attendere molto tempo - in alcuni casi svariati anni - prima di veder riconosciuta la propria innocenza... , sono dati che si leggevano qualche giorno fa (8 luglio 1984) sul »Corriere della Sera . E il servizio del maggior quotidiano del nostro Paese proseguiva così: »In Italia la giustizia non riesce a fronteggiare in tempi brevi la valanga di denunce ed esposti che si abbattono quotidianamente sui tavoli delle preture e delle procure della Repubblica. Basti pensare che al primo gennaio dello scorso anno risultavano ancora pendenti 1.504.000 inchieste penali, di cui 644.000 aperte nel 1982, esclusi però i furti ...

Esclusi i furti, perché pare che il furto sia in Italia un tipo di reato in via di estinzione, guardando alle carte giudiziarie; mentre è vero il contrario: appunto perché in vertiginoso incremento, e nell'esperienza del nulla di fatto in cui si risolvono tutte le denunce dei cittadini che ne sono vittime (senza dire della perdita di tempo e del sospetto di simulazione da cui a volte il denunciante viene toccato), è invalso negli italiani il costume di lasciar correre, di non denunciare; e specialmente quando il danno non è ingente.

Non so quale altro Paese possa vantare, in ordine all'amministrazione delle giustizia, un simile primato. E le parole »vantare e »primato non cadono a caso: se nulla si fa per rimediare, per correggere, per rinnovare, vuol dire che di una simile condizione la classe di potere, in cui preminente è la presenza dei magistrati, in effetti si appaga e gode, pur dichiarandosene dolente. E si consideri che questa spaventosa statistica si riferisce agli anni '78-'82: ché è del tutto prevedibile troveremo una notevole crescita in quella del quinquennio che stiamo attraversando. Una crescita nel numero e un aggravamento nella qualità e durata della privazione della libertà di cui cittadini innocenti sono vittime. Leggi sostanzialmente inique, come quelle sul »pentitismo , apprestate come misura eccezionale e limitata per combattere il terrorismo, sono state di fatto estese per combattere altre forme di criminalità e la criminalità in genere: dando luogo a indicibili confusioni e a un più difficile accertamento della

verità. Che simili leggi abbiano avuto un qualche effetto nella lotta al terrorismo non vuol dire che esse siano propriamente e intrinsecamente »leggi , poiché è inconcepibile che le leggi non attingano all'idea della giustizia, al rispetto delle libertà che sono in una democrazia fondamentali, al perseguimento delle verità. Innegabilmente il fascismo conseguì, nel combattere la criminalità più o meno organizzata, risultati che si dicono »d'ordine : ma qualunque disordine era preferibile, ed è preferibile, al fascismo.

Gravissimo è dunque il problema, che sempre più si involve e complica, dell'amministrazione della giustizia in Italia: e al punto che non basta più dibatterlo - ammesso che seriamente si dibatta - in Italia. Bisogna, ormai, agitarlo in Europa, nell'Europa che si dice libera, nell'Europa delle democrazie di cui l'Italia è parte affinché ne sia parte effettualmente, nei diritti dei propri cittadini. Il 1984 di Orwell in Italia sembra trovi una sua declinazione appunto nell'amministrazione della giustizia. Se a coloro che dall'Italia domandano di Sacharov e dei dissidenti in Russia, e per loro giustamente si preoccupano e chiedono libertà, Cernenko rispondesse di guardare piuttosto a quel che in Italia accade in ordine all'amministrazione della giustizia, sarebbe in effetti una giusta e meritata risposta.

LEONARDO SCIASCIA

 
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