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Spadaccia Gianfranco - 10 novembre 1984
IL TEMPO DELLA VERIFICA
di Gianfranco Spadaccia

SOMMARIO: Il dibattito sulla legge finanziaria che costituisce il primo banco di prova della veridicità delle promesse fatte dai partiti del regime, ci ha dato pienamente ragione: gli unici due argomenti sui quali c'è stato un reale scontro politico sono stati quello delle pensioni e quello della lotta allo sterminio per fame grazie agli emendamenti radicali e al dialogo condotto in Aula e fuori dai parlamentari radicali. Riteniamo di aver fatto dei passi avanti in lotte che rimangono aperte e che dovranno essere risolte.Il codice di comportamento non ha impedito la nostra capacità di dialogo perché non si tratta di una scelta aventiniana, e i fatti di questi giorni lo dimostrano.

(NOTIZIE RADICALI N. 72, 10 maggio 1984)

(Né Piccoli, né gli altri firmatari della legge erano all'appuntamento

Ma per noi non è stato un voto conclusivo. Nella prossima settimana si voterà prima in commissione, poi in assemblea)

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Le solenni proclamazioni, gli impegni, le promesse fatte alla tribuna del congresso dei rappresentanti dei maggiori partiti della partitocrazia hanno trovato il primo, immediato terreno di verifica - come avevo subito in quella stessa tribuna annunciato - nel dibattito sulla legge finanziaria.

Era qui, subito, che, in termini di scelte politiche e di bilancio, di stanziamenti finanziari e di voti parlamentari, bisognava misurare la solidità o la fragilità, la verità o la falsità di quegli impegni.

Se dovessimo valutare i risultati politici conseguiti in questo dibattito con il metro con cui valutano i loro successi gli altri partiti, dovremmo oggi a buona ragione gridare vittoria. Gli unici due momenti di dibattito reale e di forte ed alto scontro politico si sono avuti sulle pensioni e sulla lotta allo sterminio per fame, grazie agli emendamenti radicali e al dialogo condotto in aula e fuori dai parlamentari radicali. Il resto infatti è stato solo dibattito e scontro rituale.

Sulle pensioni, per la prima volta la dizione "integrazione dei trattamenti minimi e delle pensioni sociali per i soggetti che non dispongono di altro reddito" entra nella legge dello Stato, e non è più soltanto petizione di ordini del giorno o impegno solo verbale di ministri: figura, infatti, accanto alle misure di rivalutazione e di perequazione pensionistica nel titolo sugli stanziamenti previsti per la riforma pensionistica, portati da 1.900 a 2.700 miliardi.

Sullo sterminio per fame, si deve solo alla nostra pressione sul governo e sulla maggioranza, al richiamo alla coerenza effettuato nei confronti dei firmatari della legge Piccoli e dello stesso presidente della Dc, al dialogo condotto con il gruppo comunista, se la cifra complessiva stanziata per la cooperazione allo sviluppo è salita da 3.000 miliardi a 3.500, e se il finanziamento per il 1985 del ddl presentato dal governo per l'intervento straordinario passa di conseguenza da 500 a 1.000 miliardi.

Nessuna altra forza politica ha raggiunto simili risultati, almeno in questa circostanza. Ma non misuriamo su questo metro, fragile quanto illusorio, l'efficacia della nostra azione politica. Riteniamo invece di aver conseguito qualche punto di vantaggio in lotte che rimangono per noi aperte e non risolte.

Le assicurazioni di Martelli sulle pensioni non si sono verificate. Non abbiamo trovato i socialisti all'appuntamento. Una misura necessaria e urgente di semplice giustizia sociale non è stata approvata e decisa per centinaia e centinaia di migliaia di pensionati. Una riforma necessaria e urgente ormai da almeno due anni, premessa indispensabile di ogni reale riforma pensionistica, non è stata avviata.

Quanto alla lotta contro lo sterminio per fame, quel salto di qualità per il quale nel lontano '79 il "ragionevole" Scalfari riteneva necessari 5 mila miliardi di allora, e cinque anni dopo i firmatari della legge Piccoli 4 mila miliardi di oggi, non si è verificato. Nonostante le sforzo del governo, non abbiamo trovato né Piccoli, né gli altri firmatari della legge all'appuntamento.

Abbiamo, invece, in una situazione, a volte (come sulle pensioni) di incomprensione e di dura polemica, trovato i comunisti. Trivelli aveva assicurato che, tranne sul punto sull'alto commissario, sul resto i comunisti rimanevano fedeli all'impostazione dei sindaci italiani: 4 mila miliardi per tre milioni di vivi. Ciò che non è stato affatto vero in questi anni, e in particolare durante tutto l'iter della legge Piccoli, è stato vero questa volta, e ne abbiamo dato atto e tratto le conseguenze politiche, anche accantonando dal nostro emendamento di riferimento all'alto commissario.

Avevamo chiesto a Piccoli e agli altri firmatari della legge di sostenere il nostro emendamento. Non l'hanno fatto. Le parole di Pannella nei confronti di Piccoli, di Rognoni, di Formica, di Reggiani, degli altri sono state dure. Lo stesso Pannella ne ha tratto la conseguenza di ritirare la sua firma dalla legge. Per quanto mi riguarda, ho annunciato invece che non la ritirerò: la ritirino invece quelli che l'hanno tradita e contraddetta. Credo che siano due atteggiamenti ugualmente legittimi e altrettanto chiari, per nulla divergenti.

E' stato un momento importante di verifica. Ma per noi non è stato un voto conclusivo. Nelle prossime settimane si arriverà al voto prima in commissione, poi in assemblea. La lotta e la scelta politica sui finanziamenti, sulla quantità e la qualità dell'intervento straordinario si riproporrà. Più che mai necessario è dunque l'impegno e il sostegno del partito e di tutti coloro che attendono una decisione di vita e una grande iniziativa di pace.

Mi sia consentito infine di sottolineare il fatto che il codice di comportamento non ha affatto paralizzato o impedito la nostra capacità di iniziativa e di dialogo parlamentare. Il codice di comportamento non è una scelta aventiniana. I fatti di questi giorni lo dimostrano, con buona pace degli appelli rivoltici da Melega a votare e delle polemiche strumentali del compagno Calamida di Dp che ha voluto definirci "franchi sostenitori" del governo. Senza l'iniziativa e gli emendamenti radicali, le scelte del Parlamento di questi giorni non sarebbero state possibili: e neppure il voto comunista, di Calamida e dello stesso Melega. Si può votare in Parlamento ed essere inerti quanto inconsapevoli (il che è una aggravante) complici di un rito falsato, e si può non votare - come abbiamo fatto e facciamo - e riuscire a influire sugli avvenimenti.

 
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