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Negri Giovanni - 2 gennaio 1985
APPUNTI DI CAPODANNO
di Giovanni Negri

(Non è la proposta dei sindaci, né quella Piccoli. Il Pci, Scalfari, la lobby del Dipartimento, vogliono spezzarla. Ma l'intervento straordinario italiano contro lo sterminio per fame... E' LEGGE)

SOMMARIO: Dopo cinque anni di campagna radicale "contro lo sterminio per fame nel mondo", la Camera dei deputati approva e il Governo trasforma in decreto la legge per "la realizzazione di programmi plurisettoriali integrati in una o più zone sottosviluppate, caratterizzate da uno stato d'urgenza endemico e da tassi di mortalità elevati". Prevede uno stanziamento per gli interventi straordinari di 1.900 miliardi di lire. Il segretario del Partito radicale Giovanni Negri, partendo da questa vittoria radicale, analizza le difficoltà del Pr, in particolare per quanto riguarda la campagna d'iscrizione.

(NOTIZIE RADICALI n. 75, 2 gennaio 1985)

E' capodanno, il 1· gennaio di questo 1985. I lettori del giornale sopporteranno quello che non è il solito "fondo", bensì qualche appunto sparso, qualche pensiero su ciò che è accaduto e ciò che ci attende. Troppi e troppo importanti sono stati gli avvenimenti di questi ultimi due mesi, troppe e troppo importanti le prossime scadenze per crocifiggere il tutto nelle solite 80 righe "organiche e ufficiali", tassa obbligata che sovente si paga alla necessità di un'informazione generica, contro la drammatica necessità di comunicazione, dialogo, riflessione corale che tutti abbiamo. Dico tutti, perché credo che tutti comprendiamo come il nuovo anno sia ricco di verifiche e appuntamenti: possibili occasioni di crescita, di vittoria dei radicali o invece ragione di paralisi, di debolezza.

La legge per l'intervento straordinario italiano contro lo sterminio per fame è una realtà del 1984. Siamo nell'85, e guai a sedersi sugli allori: non ve n'è alcun motivo. Solo migliorando questa legge, solo riconquistando i suoi punti qualificanti (e in primo luogo quelli sull'Alto commissario e sui tassi di mortalità) avremo creato le garanzie di sopravvivenza per almeno una parte delle potenziali vittime dell'olocausto. Dipende dai radicali, dipende ancora una volta da noi. Così come dipende dalle nostre capacità di sviluppare iniziativa politica il raggiungimento di un altro obiettivo inseguito per anni. Ma quanti compagni, persino fra gli iscritti, hanno oggi la consapevolezza che nelle prime settimane di gennaio è possibile strappare l'aumento delle pensioni minime e sociali ad almeno 400 mila lire al mese? Quanti compagni hanno la consapevolezza che ottenendo questo provvedimento si romperà sul territorio sociale la prassi del finto, generico, fallimentare "riformismo" nel quale si annega ogni vera e

profonda esigenza riformatrice?

Non dimentichiamolo: si giunge al diritto di famiglia solo dopo il divorzio. Si potrà giungere ad una rifondazione della cooperazione allo sviluppo solo dopo l'intervento straordinario per la vita. Un nuovo atteggiamento della classe politica verso i più deboli, i meno socialmente tutelati, i disoccupati può essere inaugurato solo tirando il bandolo della matassa dell'immediato miglioramento delle condizioni di vita dei più anziani, dei più soli e abbandonati, obbligati dallo Stato ad una umiliante condizione di mendicità. E' un impegno per questi giorni, è un'occasione alla nostra portata, per un partito che su questo tema può giustamente pensare di compiere un salto di qualità nella sua immagine, nel suo rigore, nella sua serietà. La petizione che viene diffusa con il giornale non è uno strumento generico: se alle firme dei cittadini si aggiungeranno quelle del mondo del lavoro, di migliaia di sindacalisti ed esponenti politici di partiti locali, di organizzazioni sociali e di categoria, governo e Parlamen

to non potranno più rimanere muti e passivi. Possono e debbono decidere.

Buon anno al migliore di questa classe politica: al Presidente della Repubblica. Sono consapevole che con questi auguri rischio di aver già compromesso la prossima udienza al Quirinale, prevedibilmente destinata a terminare nell'imbarazzo non mio, ma dei circostanti, dei commessi e dei compìti funzionari improvvisamente destati da qualche urlo di troppo. Eppure non riesco a tacere la delusione e il senso di vergogna. Quindici anni di stragi. Quindici anni nei quali tutto è buio e siamo stati calunniati solo noi, solo chi ha avuto il coraggio di urlare qualche verità. Calunniati dal "Corriere della Sera" poi scoperto organo della P2. Calunniati e censurati dalla Rai, poi scoperta inquinata dalla P2. Presi per pazzi perché accostavamo P2 e P38. Insultati in Parlamento, definiti brigatisti per aver svelato gli inquinamenti negli apparati dello Stato, per aver gridato che il marcio era ed è nel cuore stesso dello Stato. Gettati fuori dal Comitato parlamentare sui servizi segreti, dove il compagno Pecchioli dopo

aver denunciato la mattina la matrice sicuramente "nera" dell'ultima strage si riunisce al pomeriggio con il camerata Pazzaglia per vendere alla gente vergognose verità di Stato sui partiti della fermezza che trattavano e mercanteggiavano con gli assassini, con gli eversori, con la malavita. Siamo vittimisti? No, siamo altro da voi.

Tutti in fila, dopo San Benedetto Val di Sambro, chiedete giustizia e denunciate gli inquinamenti dei servizi segreti. Tutti voi che avete distrutto lo Stato di diritto in Italia e avete promosso o tollerato i Sifar, i Sid, i Sisde, i Sismi, i Musumeci, le deviazioni divenute prassi, la strategia del terrore. Partiti e capigruppo di maggioranza, Pci e senatore Picchioli, Craxi e Pertini sono comparsi sui teleschermi. Ognuno, letteralmente, si è "associato alla richiesta di giustizia degli italiani". Noi non ci siamo "associati". La nostra, è storia diversa. Noi abbiamo celebrato il processo ai capi storici delle Br, chiesto conto a Cossiga dell'assassinio di Giorgiana Masi, chiesto ragione ad Andreotti delle visite del signor Gelli, invocato l'apertura del Parlamento durante il sequestro Moro, scritto verità inoppugnabili sulla P2 con la relazione Teodori, siamo stati nei giorni del caso D'Urso i principali bersagli dei signori Scalfari e Di Bella. E la storia sarebbe ancora lunga, storia di vicende e verità

pre-dette e pre-viste. Ora partiti e gruppi parlamentari chiedono giustizia, il governo chiede giustizia. Il migliore, il Presidente della Repubblica, presidente del Consiglio superiore della magistratura, capo supremo delle Forze armate, denuncia gli inquinamenti dei servizi e chiede giustizia. Ma a chi chiedere giustizia? A Domine Iddio, mentre l'Italia è lorda di sangue?

Continuiamo allora a fare gli auguri di buon anno. Anche qui, immerso per qualche ora fra cumuli di neve, continuo a sentire gracchiare dalla radio il nostro nuovo capo d'imputazione. "Siete maggioranza". "Siete governo". "Esapartito". "Stampelle della Dc e di Craxi". Qualcuno non sopporta che per un giorno o una stagione il Partito radicale abbia ritrovato la sua funzione naturale e storica: quella di una ostinata minoranza che al prezzo di tenaci lotte democratiche e nonviolente sa essere per un momento maggioranza, conquistare non parecchio per sé, ma molto per il Paese, svolgere appieno il proprio ruolo di ispirazione di una grande scelta politica, sa essere vero "governo". E' vero, non è uno slogan: siamo ricchi di influenza e di forza delle idee. E poveri - sempre più poveri - di potere.

Ammetto una mia debolezza, o una mia presunzione: tutta l'umiltà che ho conosciuto e imparato nella lotta politica la devo a questo partito. Ma soffro nel pensare che pregiudizialmente e comunque questo partito, il patrimonio straordinario delle battaglie e conquiste di civiltà che sono non solo il suo volto, ma anche l'immagine di un'altra Italia possibile, siano condannati a non essere mai e in ogni caso anche governo formale della Repubblica. Non mi vergogno di questo dolore, non rinuncio a quella che non riesco a cancellare come una giusta speranza. Ma tutto ciò non appartiene alla polemica di oggi: è su altro, a partire da altro che deve svilupparsi e crescere un confronto ormai ineludibile. Ed è il confronto con chi ha trovato comodo e facile (ahi quanto comodo, ahi quanto facile) mettere sul banco degli accusati i radicali e il loro invito al non-voto, le loro analisi sulla partitocrazia, il loro comportamento parlamentare, e ora - a quanto pare - il loro essere "maggioranza", "esapartito", sponsorizz

atori di lottizzazioni e di posti da alto commissario. Cari compagni comunisti, cari compagni demoproletari, cari camerati deputati missini: potete contare su un'informazione che è complice, ma i fatti sono duri come pietre. E' ora che ci si spieghi a cosa, dal 17 giugno 1983, siano serviti i vostri voti, i vostri gruppi parlamentari, il vostro essere maggioranza non per un giorno su una grande idea-forza ma mediocre maggioranza di ogni giorno, pro-Andreotti o pro-Berlusconi, pro-servizi segreti piduisti, pro-assoluzioni (spontanee o comprate) in commissione inquirente, pro-leggi, leggine, decreti corporativi e parassitari votati ogni santo giorno dei 365 dei quali l'anno di compone. Pci, Msi, Dp, con un complessivo 43% di voti degli italiani, avete oscillato fra la complicità attiva con le scelte della maggioranza e l'urlo impotente di chi si rifugia nella demagogia. Non c'è legge che passi in Parlamento senza il vostro consenso, nemmeno quella sulla fame, e non c'è unità sanitaria locale, consiglio comunal

e o ente locale, comprensorio, cooperativa o municipalizzata che non vi veda presenti e onnivori. Buon anno, allora, buon 1985 alle grandi opposizioni del Palazzo, a chi non sa cambiarlo nemmeno di un'unghia, ci vive e ci vota dentro, ci sputa sopra intingendo il dito nel piatto. La polemica sarà più che mai franca nel 1985, a cominciare dalle elezioni comunali e regionali: il nuovo che è possibile, non può giungere da voi. E già sarebbe molto se almeno giungesse chiarezza, analisi, proposta sull'utilizzo comune della forza parlamentare di "opposizione": per quale progetto, per quali ideali, per quale soluzione di governo nuovo e alternativo della cosa pubblica? Noi abbiamo indicato nuove vie, ma il solo fatto che se ne imbocchi una sulla lotta allo sterminio per fame, fa imbestialire. Oltre la rabbia, però, non giunge risposta: c'è il deserto dei Tartari, un raccapricciante vuoto di iniziativa, di idee, di proposta, riempito della sola forza degli apparati, della sola violenza di un'informazione sotto tutel

a.

Quindici anni, solo quindici anni e saremo al 2.000. Non è stato l'anno di Orwell, ma rivedendo questo 1984, come in un filmato, si scorgono i segni di una tragica anteprima. Le democrazie politiche sono un'infima minoranza, milioni di esuli e profughi si trascinano in esodi biblici in Cambogia e in Afghanistan, le guerre stellari sono una realtà, la tecnologia cammina in bilico fra un'improbabile e straordinaria moltiplicazione delle facoltà di conoscenza e intelligenza dell'uomo e il suo mostruoso utilizzo di oppressione, abbrutimento, annichilimento. La legge contro la fame, l'idea di una nuova politica estera è una goccia nel mare della violenza e della repressione; un tentativo costruito in questi cinque anni di lotta da una manciata di iscritti a questo partito-miracolo, sempre più partito dei diritti dell'uomo e dei diritti del cittadino. E' in queste ore di apparente pausa di riflessione più generale e meno sottoposta al fiato sul collo di una attualità incalzante che ci si interroga sui nostri compi

ti e le nostre responsabilità. Viviamo una fase transitoria o ormai stabilizzata? Armata Brancaleone di 1.100 iscritti?

Brigata nonviolenta di giustizia e libertà? Partito di rivolta e protesta? Partito di progetto e di governo? Custodi di un'identità che è la premessa obbligata di ciascuna di queste risposte, dovremo però inoltrarci avanti. Ma intanto, in questa Italia, chi mai può assumersi il compito di ridisegnare una carta dei nuovi diritti, delle nuove libertà del cittadino dinnanzi allo Stato dei partiti? Chi se non i radicali ha oggi la credibilità per affrontare l'unica, la sola grande riforma della quale il Paese ha necessità: la riforma dei partiti, dei sindacati, nei loro stessi modelli costitutivi? Chi può credibilmente alzare la bandiera della liberazione dall'occupazione partitocratica degli enti locali, del territorio, dell'informazione, della sanità, della giustizia, di ogni settore di una società civile obbligata a sopravvivere e vegetare sotto una cappa asfissiante di strapotere non politico ma partitico, di lobby, di gruppo, di clan? Ecco il nostro compito, la nostra responsabilità. Ed ecco quindi l'import

anza dell'operato che i consiglieri federali si apprestano a compiere, con la stesura delle nuove iniziative e proposte legislative o di referendum, che saranno messe a punto entro febbraio. Le tematiche oggetto di studio e di iniziativa legislativa saranno amplissime: fra queste un'ecologia politica e una tutela dell'ambiente i cui confini vanno via via estendendosi. Entro i prossimi cinque-dieci anni la possibilità di fruire di nuovi servizi di cultura, tempo libero, informazione, spettacolo nei grandi centri metropolitani, nonché il diritto al metro cubo d'aria, al metro quadro di verde o di acqua puliti costituiranno forse una delle più giuste e diffuse rivendicazioni "di massa e di classe". Mi chiedo se non sia giusto proporre ad esempio il blocco edilizio immediato lungo tutte le coste italiane. Sarebbe una doverosa tutela delle nostre acque e delle nostre coste, di uno straordinario patrimonio: di fauna e di flora, artistico e storico, ma anche della nostra economia, di un turismo né saccheggiatore né

d'élite, maturo per un tempo nel quale l'uomo non ha più necessità né di temere né di domare la natura, cessando di sfruttarla per vivere in armonia con essa. Ma al di là di questo, spero che le proposte radicali, le analisi sugli enti locali, i partiti, i sindacati, le iniziative sulla sanità, la giustizia, l'informazione, il patrimonio di battaglie nonviolente e internazionaliste che sono le nostre possano contribuire al successo di quelle liste azzurre, verdi, civiche, alternative che - sole - possono portare aria nuova e aprire la finestra su una classe politica stantia e inaridita, priva di speranze, idee, progetti.

Il processo di formazione delle liste è spesso contraddittorio, lento, difficile. Ad esse non sono estranei, come è giusto, molti militanti radicali: entro la fine di marzo dovremo assumere una decisione sulla quantità e qualità dell'appoggio radicale per contribuire ad una primavera di cambiamento.

Buon anno, buon 1985 di iniziative e battaglie radicali. Abbiamo una grande necessità di aiuto, di energie, di intelligenze. E a ciascuno una domanda: cosa significa costringere il Partito radicale ad una dimensione di poco più di 1.000 iscritti? Cosa significa non iscriversi adesso, in questi giorni? Non è forse una scelta di passività, una inutile e troppo brutta responsabilità?

 
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