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Spadaccia Gianfranco - 2 gennaio 1985
IL RICATTO COMUNISTA
PCI: UNA MAGGIORANZA NEOCOLONIALISTA

di Gianfranco Spadaccia

SOMMARIO: Dopo cinque anni di campagna radicale "contro lo sterminio per fame nel mondo", la Camera dei deputati approva la legge per "la realizzazione di programmi plurisettoriali integrati in una o più zone sottosviluppate, caratterizzate da uno stato d'urgenza endemico e da tassi di mortalità elevati". Prevede uno stanziamento per gli interventi straordinari di 1.900 miliardi di lire. Il Pci contesta la decisione del Governo di trasformare in decreto-legge il testo approvato dalla Camera. La violenta campagna di calunnie del Pci contro l'intervento straordinario denuncia - secondo Spadaccia - gli interessi che vuole coprire. "Il Pci non ha cessato un momento di accusarci di essere 'ruota di scorta della maggioranza' ma, se questo fosse vero - e non lo è - allearsi sui valori e sulla vita è doveroso".

(NOTIZIE RADICALI n. 75, 2 gennaio 1985)

Uno degli argomenti polemici e propagandistici che viene usato contro di noi dal Pci e ripetuto quasi con ossessione è quello secondo il quale i radicali, dopo le scelte compiute sulla legge contro lo sterminio, farebbero ormai parte della maggioranza. L'argomento fa parte - del resto - del consueto armamentario della polemica politica del Pci nei nostri riguardi dall'inizio della legislatura. Da quando abbiamo adottato il codice di comportamento, e con esso, attuato in Parlamento quello "sciopero del voto" che in tante occasioni avevamo proposto agli elettori, il Pci non ha cessato per un momento di accusarci di essere divenuti "ruota di scorta" della maggioranza. Il Pci ha sempre rifiutato di prendere in considerazione i motivi della nostra scelta: eppure erano motivi che chiamavano in causa responsabilità anche sue oltre che dei partiti di maggioranza. Come da tempo accade nel Pci, il dibattito viene sostituito dalle demonizzazioni e dagli insulti. E il Pci non poteva non reagire con la bava sulla bocca d

i fronte ad un comportamento che lo poneva, nella denuncia delle responsabilità partitocratiche, sullo stesso piano della maggioranza. L'unica differenza è che, con la legge sulla fame, da "ruota di scorta" saremmo divenuti "parte organica" della maggioranza.

Se queste affermazioni rispondessero a verità, come è nostro solito non avremmo paura di sostenere a viso aperto le nostre scelte e le nostre responsabilità. Non sta infatti scritto da nessuna parte che una forza politica anche di intransigente opposizione non possa trovare punti di incontro con alcuni o tutti i partiti della maggioranza. E noi - su questo argomento - l'incontro lo abbiamo addirittura ricercato. Il Pci si è forse dimenticato che dal 1979 abbiamo offerto, ad ogni governo che si è presentato in Parlamento, la nostra collaborazione in cambio di chiare scelte contro lo sterminio per fame e per l'aumento dei minimi di pensione? Abbiamo offerto i nostri voti o le nostre astensioni al governo Craxi come al governo Fanfani, ai governi Spadolini come al governo Forlani, e persino ai governi dell'on. Cossiga. Abbiamo fatto di più: abbiamo proposto al Pci e alle forze politiche di maggioranza di isolare la lotta contro lo sterminio per fame dalla polemica e dal normale scontro politico per farne un mot

ivo di convergenza, e di vera unità nazionale, fra governo e opposizioni.

Sarebbe davvero strano se, nel momento in cui è raggiunto lo scopo, ci tirassimo indietro, e avessimo paura di trarre tutte le conseguenze dalla politica che noi stessi abbiamo sviluppato, e dalle proposte che abbiamo avanzato e sollecitato.

Allearsi con i partiti della maggioranza - quando siano in gioco scelte di valore e di programma e non di potere - non è una vergogna. Potrebbe essere al più una scelta giusta o sbagliata; in certi casi potrebbe essere addirittura una scelta doverosa.

Per quanto ci riguarda, questa scelta semplicemente, non si è verificata. Perché si verificasse, avrebbero dovuto verificarsi prima almeno tre condizioni: 1) che la legge approvata fosse una legge nella quale noi potessimo riconoscerci pienamente; 2) che esistessero condizioni politiche sufficienti a far sperare nella sua efficace applicazione e realizzazione; 3) che la approvazione della legge, otre a significare una iniziativa di vita e di pace, significasse anche, o almeno facesse sperare, una inversione di tendenza nella sistematica degradazione partitocratica della nostra democrazia e delle nostre istituzioni repubblicane.

Quanto al primo punto, è sufficiente guardare al testo di legge approvato dalla Camera e poi divenuto decreto legge del governo, per rendersi conto della distanza culturale e politica che lo divide dalla legge Piccoli che noi avevamo sottoscritto. La legge Piccoli proponeva - nel suo stesso obiettivo (tre milioni di vite da salvare, con quattromila miliardi di lire in un periodo determinato di tempo) - un metodo alternativo di intervento. Sia l'obiettivo che il metodo sono scomparsi dal testo di legge. E se questo è avvenuto, lo si deve alla campagna forsennata - che nella difesa del vecchio - soprattutto l'ufficio esteri del Pci ha condotto contro il vasto movimento che era stato ispirato dal manifesto dei Premi Nobel e a cui avevano aderito 3.500 sindaci italiani, di cui quasi 1.500 sindaci comunisti. Tre anni di campagna politica cui hanno partecipato da protagonisti i sindaci comunisti sono diventati improvvisamente, per i Rubbi, i Sanlorenzo e gli altri cui il Pci ha delegato la conduzione politica e pa

rlamentare di questa questione, manifestazione "demagogia umanitaristica".

Strana pretesa invero quella del Pci. Noi faremmo parte organica ormai della maggioranza. Ma noi questa legge non l'abbiamo votata. L'ha invece votata il Pci, pago del compromesso raggiunto con Craxi e con i capigruppo della maggioranza da Napolitano.

Il Pci rimprovera dunque a noi la pratica del compromesso con la maggioranza che lui ha invece praticato e continua a praticare. Noi non avevamo invece nulla da compromettere perché la legge Piccoli era - come gli stessi comunisti a gran voce sostengono - la nostra legge. Ogni modificazione alla legge Piccoli è stata dunque, da parte della maggioranza, un allontanamento dalle posizioni radicali e un avvicinamento alle pretese comuniste.

Queste pretese sono state portate avanti con il più sfacciato e diretto ricatto politico: accettare le nostre posizioni e la legge passa; non accettare le nostre posizioni e la legge non passa. E' andata così per mesi secondo il rituale della costituzione materiale partitocratica che si fonda sulla norma non scritta del diritto di veto del Pci rispetto ai progetti del governo e delle maggioranze.

Togliete di mezzo l'alto commissario e noi vi concediamo la sede legislativa. Non lo togliete di mezzo? E allora si va in aula, dove ai nostri voti si sommeranno quelli dei franchi tiratori. Si va in aula. Il governo pensa di porre la questione di fiducia? Il governo prevarica sul Parlamento! Il governo non pone la questione di fiducia e raggiunge con il Pci un compromesso? Il governo non è più un prevaricatore, ma solo per ventiquattro ore. Perché al Senato ricomincia lo stesso gioco della Camera. La legge va modificata. Se la modificate vi concediamo la legislativa, e la legge passa, anche subito. Se non la modificate...

Il governo decide allora di approvare un decreto legge? Il governo prevarica il Parlamento. Sei mesi fa, il governo accettava il diktat comunista, il decreto legge era "necessario" e "urgente", perfettamente legittimo e costituzionale. Sei mesi dopo - siccome il Pci non è d'accordo, pur trattandosi di una legge che ha votato alla Camera - non esistono ragioni di necessità e di urgenza, e il decreto è anticostituzionale. Naturalmente quelli che crepano giorno dopo giorno, settimana dopo settimana, con i motivi costituzionali di necessità e di urgenza non hanno nulla a che fare.

La verità non è dunque come la vuol mettere il Pci. E' insieme assai più semplice e complessa. Una parte della maggioranza condivide le ragioni ideali e politiche di un intervento straordinario contro lo sterminio. Un'altra parte della maggioranza, insieme al Pci, vi si oppone, in nome di una politica di cooperazione allo sviluppo che finora ha prodotto soltanto affari e sterminio, traffico d'armi e neocolonialismo.

Questi sono i due veri schieramenti. E molti dirigenti del Pci hanno la bava alla bocca perché il loro schieramento non è prevalso. E perché la legge, se fosse approvata, avrebbe ancora qualche probabilità di produrre effetti positivi contro lo sterminio, nonostante tutto.

Questi due schieramenti torneranno a confrontarsi nei prossimi giorni. Ciascuno si assuma la propria responsabilità. Noi ci assumiamo la responsabilità di chiedere al governo e alle forze politiche di non peggiorare, ma al contrario di migliorare il testo del governo, riavvicinandolo al testo della legge Piccoli.

 
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