Intervista a Marco Pannella di Marco BernardiniSOMMARIO: La squadra radicale è un fenomeno sensazionale. E' come se in campo ci fossero quattro uomini contro squadre di ventidue. Pensate ai nostri tremila iscritti in tutta Italia contro i milioni di iscritti ad altri partiti. Nel gioco politico italiano la regola è nel barare e gli arbitri sono venduti: perché la politica torni a meritare di essere discussa bisogna decidersi a buttar fuori i bari.
(TUTTOSPORT, 23 aprile 1985)
D: Il PR è finalmente pronto a vincere il suo primo scudetto della politica?
R: In genere non concorriamo ai campionati normali. Giochiamo solamente per le grandi coppe e tornei. In totale abbiamo partecipato alle elezioni chiedendo di votarci, in trent'anni, non più di tre o quattro volte. Fra i nostri trofei: divorzio, aborto, obiezione di coscienza, cacciata del Presidente Leone, antinucleare, voto ai diciottenni, decriminalizzazione dei tossicodipendenti, riduzione della carcerazione preventiva da 12 a 6, ora primo aumento delle pensioni minime e sociali e progressi nella lotta contro lo sterminio per fame nel mondo... E' il trofeo della onestà e della speranza. Vorremmo, questa volta, che lo scudetto - moralmente parlando - fosse conquistato dai verdi, e dalla lista piemontese "civica e verde".
D: Pannella, da bomber di sfondamento a uomo di centrocampo e regista: come ti trovi?
R: Bene, visto che la squadra è sensazionale. E' come se fosse, in proporzione, di 4 uomini al massimo in campo, contro squadre di ventidue. Pensate ai nostri tremila iscritti in tutta Italia contro i milioni di iscritti agli altri partiti. Vorrei adesso, per un po', riposarmi: stare in porta.
D: La gente dedica sempre più spazio a discussioni sportive e sempre meno a problematiche politiche: giusto? sbagliato? Come si può rimediare?
R: Comprensibilissimo. Se in un gioco la regola è nel barare, e gli arbitri sono venduti, alla fine di quel gioco non ci si occupa più. Finché - per recuperarlo - non ci si decida a buttar fuori i bari. E quest'ultima é la cura perché la politica torni a meritare di esser discussa, praticata, amata.
D: Sarebbe possibile dar vita ad un grosso e credibile squadrone della politica. Una specie di nazionale in grado di soddisfare i "tifosi" e di vincere? E chi dovrebbe essere l'allenatore?
R: C'è, ed è quello radicale, credetemi. I risultati sono chiari Solamente che televisione, giornali, non fanno nemmeno saper dove si gioca, quando e inventano poi cronache false. Fuori Italia ci se ne sta accorgendo, in Europa, negli USA, in Africa. Potrebbe essercene un altro, del tipo di quello cui alludete, ad una condizione: che si cambi sistema elettorale, si passi al sistema uninominale, si costringa così i partiti a divenire due o al massimo tre. Ma siamo i soli a volerlo, e la gente non lo sa nemmeno. In tal caso l'allenatore dovrebbe essere straniero: britannico, statunitense, canadese o australiano.
D: Il PR ha un ``progetto'' sportivo per l'Italia?
R: Da noi ciascuno ragiona con la propria testa. Io da una vita sostengo che occorra far leggi con cui si cominci con l'imporre che in ogni abitazione, in ogni palazzo ci sia lo spazio-palestra, tanto per cominciare.
Mentre per ora, per la ginnastica e lo sport, c'è in casa solo la camera da letto, quando c'è: dove si pratica una cultura e uno sport nonviolenti, bellissimi, se se ne è capaci: l'amore. Insomma lo sport è quello che si pratica, si vive non tanto quel che si guarda mentre gli altri lo fanno.
Se non viene il tifo, che qualche volta è una brutta malattia, se invece d'essere amore per il gioco diventa sfogo per i frustrati.
(*) Intervista riprodotta dall'originale dattiloscritto