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De Andreis Marco, Miggiano Paolo - 1 maggio 1985
LA GUERRA CHIMICA E L'ITALIA: CONFLITTI E NEGOZIATI
CONSIDERAZIONI FINALI A CURA DI : MARCO DE ANDREIS E PAOLO MIGGIANO

IRDISP

Istituto di Ricerca per il Disarmo, lo Sviluppo e la Pace

Research Institute for Disarmament Development and Peace

Maggio 1985 - DOSSIER ARMI CHIMICHE

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Introduzione

Questo ``Dossier Armi Chimiche'' non è un trattato sulle armi chimiche in generale e neanche una approfondita ricerca sulle armi chimiche in Italia. Sebbene i libri di divulgazione generale sulla guerra chimica stampati in Italia siano pochi e non sempre all'altezza del problema, e sebbene manchino completamente ricerche indipendenti sulla produzione e l'uso delle armi chimiche da parte italiana, questo dossier ha una storia e una natura diversa.

Agli inizi di maggio il Gruppo parlamentare radicale, sulla base di informazioni in suo possesso sull'esistenza di agenti chimici all'interno di un deposito militare, ha richiesto all'Irdisp una ricerca-lampo sulle armi chimiche e sul loro possibile possesso e utilizzo da parte delle Forze armate italiane. Il dossier è stato fornito ai giornalisti nel corso di una conferenza stampa Radicali-Irdisp tenuta verso la metà di maggio e che ha provocato un vivace dibattito sui media. In appendice è riportata una stringata rassegna stampa.

Durante il mandato del precedente governo l'allora ministro della Difesa, Lelio Lagorio, aveva dato alcune timide ma reali risposte sulle armi chimiche possedute dall'Italia. Ma, da quando Giovanni Spadolini aveva assunto la direzione del Ministero della Difesa, una cortina di silenzio era calata sull'argomento. Nel periodo in cui l'Irdisp ha fatto questa ricerca due interrogazioni di deputati dell'opposizione sull'argomento attendevano ancora una risposta. Il 19 luglio 1984 il deputato della Sinistra Indipendente Giancarla Codrignani aveva chiesto al ministro della Difesa di sapere se l'Italia ``detenga o produca armi chimiche e batteriologiche''. Lo stesso giorno il deputato comunista Famiano Crucianelli aveva depositato un'interrogazione per sapere da Spadolini se la percentuale insolitamente alta di morti di cancro a Ronciglione (Lago di Vico) potesse collegarsi all'attività di un deposito di armi chimiche situato nelle vicinanze.

La conferenza stampa Radicali-Irdisp ha quindi avuto un primo effetto positivo: quello di rompere il muro del silenzio e costringere la Difesa a dare risposte più concrete e circostanziate.

Ora è diventato di dominio pubblico, attraverso la conferenza stampa e le successive conferme sia della Difesa che di singoli militari (vedi la lettera scritta dal sig. Valerio Ricci alla ``Repubblica'', riportata in appendice), che l'Italia non ha dismesso lo stock di armi chimiche accumulato fino alla seconda guerra mondiale. In vari depositi dislocati sul territorio nazionale vengono conservati consistenti quantitativi di aggressivi chimici, di cui alcuni obsoleti e altri - come l'iprite - tutt'ora militarmente validi. Anche ammettendo, come sostiene la Difesa, che si tratti solo di residuati non destinati all'impiego aggressivo, resta un grosso problema di natura ecologica. Gli aggressivi chimici rimangono attivi anche quando i loro contenitori si deteriorano. Nel Mare del Nord sono ormai diverse decine i pescatori rimasti gravemente ustionati da ``residuati'' chimici tedeschi della seconda guerra mondiale, affondati in mare dagli Alleati e i cui contenitori si sono crepati col tempo. D'altra parte è sol

o la pubblica distruzione di questi residuati da parte della Difesa che potrà fugare il sospetto che questi ``vecchi'' aggressivi chimici non stiano lì ad aspettare nuovi vettori e aggiornate dottrine d'impiego.

Un sospetto che cresce se consideriamo che le armi chimiche sono tornate ad assumere un ruolo importante negli arsenali militari delle grandi e medie potenze. Sull'utilizzo di armi chimiche da parte dell'esercito iracheno contro le truppe iraniane non esistono più dubbi, che invece permangono sull'identità dei fornitori di armi chimiche all'Irak. Ancora non si sa con certezza se sia stata solo la ditta tedesca Kolb a fornire all'Irak mezzi e materiali per la guerra chimica.

Il riarmo chimico riguarda anche le grandi potenze ed è ben più ampio.

Dopo sedici anni di moratoria unilaterale il governo americano è tornato a produrre nuove armi chimiche. Le prime chimiche binarie, di cui si tratta nel dossier, dovrebbero essere pronte per l'autunno dell'86. I teatri di impiego per cui queste armi sono state progettate sono l'Europa e il Terzo Mondo. Infatti i principali sostenitori del riarmo chimico americano presso il Congresso sono stati il generale Bernard Rogers, comandante della Nato, e il comandante della Rapid Deployment Force. Il fatto che una parte delle munizioni d'artiglieria e delle testate dei missili sovietici sia di natura chimica sta alla base delle spinte riarmiste in ambito occidentale. Ma la risposta di produrre armi chimiche di nuova concezione e maggiore potenza è destinata inevitabilmente ad aumentare la percezione della minaccia nell'avversario. E' ``la nuova corsa al riarmo?'' si è, un po' retoricamente, chiesto il settimanale ``Newsweek'' del primo luglio.

Il riarmo chimico deciso dal governo americano ha riflessi sostanziali sulla sicurezza dell'Europa occidentale. Se infatti, come per le armi nucleari di teatro (Cruise e Pershing II), queste nuove armi dovessero essere installate in Europa provocherebbero una ulteriore spirale di riarmo anche in questo campo. Lo stesso generale Rogers, in occasione delle recenti manovre autunnali 'Autumn Forge 1985', ha dichiarato che la decisione sull'installazione delle armi chimiche in Europa ``non potrà essere presa dagli Stati Uniti da soli, ma in consultazione con gli Alleati''. Come già accaduto per gli euromissili sarà necessaria l'approvazione dei singoli governi per procedere all'installazione.

Per ora il governo americano non ha trovato negli alleati della Nato il consenso necessario. Anche le forze politiche italiane vicine al pacifismo sembrano aver imparato la lezione degli euromissili, quando iniziarono la loro azione a decisione già presa dal governo. Due proposte di risoluzione che affermano l'indisponibilità italiana ad ospitare le armi chimiche prodotte dagli Stati Uniti, una radicale e l'altra comunista, saranno tra poco sottoposte al voto della Commissione Difesa della Camera. Ma già il 31 luglio scorso il sottosegretario alla difesa Tommaso Bisagro ha dichiarato che ``l'atteggiamento italiano... prevede il non uso di siffatte armi e l'adozione di misure passive. Non è pertanto previsto lo schieramento sul territorio nazionale di armi chimiche e batteriologiche alleate, né prevista alcuna forma di cooperazione nel settore se non per scopi esclusivamente difensivi''.

Infine ancora due parole contro le armi chimiche.

Le armi chimiche sono state le prime moderne armi di sterminio conosciute dall'umanità. Dalla prima generazione di aggressivi come il fosgene e l'iprite si è ormai giunti alla seconda generazione, quella dei gas nervini. Intanto le superpotenze sovvenzionano ricerche sulla terza generazione, quella delle micotossine.

Le capacità distruttive dei nervini sono simili a quelle delle armi atomiche. Essi provocherebbero, soprattutto in una zona fittamente popolata come l'Europa, stragi di ampie proporzioni, tra i militari e - venti volte di più - tra i civili. Il

loro uso, anziché evitarla, porterebbe rapidamente all'escalation nucleare. Questo ci pare un ulteriore valido motivo per mantenere e rafforzare l'adesione dell'Italia alle Convenzioni e ai Trattati internazionali che vietano l'uso, la produzione e la ricerca delle armi chimiche e batteriologiche.

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La guerra chimica e l'Italia

Guerra chimica e batteriologica: conflitti e negoziati

Considerazioni finali

Appendice. Caratteristiche di: cloroacetofenone, difenicloroarsina, fosgene, acido cianidrico

a cura di: Marco De Andreis e Paolo Miggiano

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La guerra chimica e l'Italia

Nascita della guerra chimica moderna

Il 22 aprile 1915 una grande rube di cloro, spinta da vento favorevole e mantenendosi attaccata al terreno, soffoca un'intera divisione francese nel settore di Ypres (Belgio), causando 5mila morti su 15mila colpiti. L'impiego del gas, deciso dall'Alto Comando Germanico, era vietato dalla Convenzione dell'Aja del 1899.

Da quel momento la costruzione di nuovi aggressivi chimici (e delle maschere antigas) si sviluppa in tutta Europa. In breve tempo vengono creati la difenilcloroarsina, la cloropicrina, il difosgene e altri cloroderivati.

Impiego aggressivi chimici contro italiani

Il 6 giugno 1916 a S. Martino del Carso una nube di cloro e fosgene, creata da 3mila bombole da 30 kg. l'una, invade le linee italiane dell'XI Corpo d'Armata. Su ottomila soldati, quattromila muoiono.

Il 1917 segna un grande sviluppo della guerra chimica. I tedeschi adoperano per la prima volta l'iprite (solfuro di etile biclorurato) che, per gli effetti che procura, viene subito definita la ``regina delle armi chimiche''.

Prime esperienze di guerra chimica da parte italiana

Nell'agosto 1915 nasce la Commissione per lo studio e l'eventuale adozione di congegni e gas asfissianti. Questo organismo decide in breve tempo di adottare le armi chimiche, dando vita a permanenti strutture specializzate e centralizzate. Ma lo sviluppo più significativo si ha al fronte.

Ogni Direzione di Sanità dispone di un Laboratorio Chimico Batteriologico da Campo che - prima della nascita della guerra chimica - si occupa di assicurare l'igiene delle truppe in campagna. Durante il conflitto il laboratorio della IIIa Armata si sviluppa a tal punto da essere nominato dal Comando Supremo ``Ente Centrale consultivo in materia di chimica per la zona di guerra''.

Nel luglio 1916 viene creata la Compagnia Speciale X, formata da ufficiali specializzati nei gas e che forniscono la propria opera a tutte le unità del fronte.

Lo sviluppo delle unità chimiche dopo la prima guerra mondiale

Nel primo dopoguerra la tecnologia emergente della chimica si sposa con l'altra tecnologia emergente, quella aeronautica. La strategia militare italiana si orienta verso l'impiego delle armi chimiche per bombardamenti nei centri vitali del paese nemico e sulle stesse popolazioni civili. E' un grande salto in avanti nella tecnologia delle armi di distruzione di massa. Parallelamente si sviluppano anche le prime strutture e materiali (maschere antigas) anche per la difesa della popolazione civile.

Nel 1923 viene istituito il Servizio Chimico militare dell'Esercito, supportato da un Centro Chimico Militare per la ricerca e sperimentazione, ambedue sono alle dirette dipendenze del Ministro della Guerra. Analoghi servizi sviluppano la Marina e l'Aeronautica.

Nel settembre 1931, all'interno delle grandi manovre aeree, la Direzione del Servizio Chimico provvede a simulare a La Spezia e Milano un attacco con bombardamento esplosivo e chimico; sulle città calano cortine di nebbia. Analoghe esercitazioni vengono tenute nell'agosto 1937 nella pianura veneto-friulana e nel maggio 1936 in Cirenaica.

Nel corso degli anni Trenta viene formato il Reggimento Chimico articolato nelle specializzazioni: lanciafiamme, nebbiogene, bonifica e irroratori.

``Il Servizio Chimico Militare raggiunse pertanto la massima potenzialità ed efficienza nel periodo immediatamente precedente il secondo conflitto essendo in grado di consentire la realizzazione di tutti i materiali chimici di offesa e difesa, la loro sperimentazione campale, sia nel territorio nazionale che nelle colonie'' (Raffaele Biondo (magg.), ``Il Corpo Tecnico dell'Esercito - Attività chimico-fisica'', in "Rivista Militare", gennaio-febbraio 1982).

La guerra chimica all'Etiopia

Alla campagna dell'Africa Orientale (AO) partecipano 2 compagnie chimiche, 4 plotoni chimici, 7 squadre per campi d'aviazione per un totale di circa mille militari specialisti. Per questa campagna il Reggimento Chimico viene decorato con due medaglie di bronzo.

La ricostruzione storica del magg. Biondo non parla della attività bellica svolta dalle unità chimiche in Etiopia. Precise informazioni ci sono invece fornite al riguardo dalla rigorosa ricostruzione di Angelo Del Boca ("Gli Italiani in Africa Orientale", vol. 2, "La conquista dell'impero", Roma-Bari, Laterza, 1979. In particolare le citazioni sono tratte dal paragrafo sulla guerra chimica, pp. 487-497). Altra fonte su questo argomento è l'opera del Sipri - Stockholm International Peace Research Institute - ("The Problem of Chemical and Biological Warfare", vol. 4, "CBS Disarmament", Stockholm, New York and London, 1971. In particolare dal par. 1 del cap. 6, ``The Use of Gas in Ethiopia'', pp. 175-189).

A fine novembre del 1935 il militare Badoglio sostituisce il fascista De Bono al comando del corpo di spedizione italiano in AO. Con l'arrivo di Badoglio inizia l'uso sistematico della guerra chimica contro gli etiopi. Di seguito riportiamo alcuni telegrammi scambiati tra Badoglio e Mussolini nel corso della guerra.

- Badoglio a M., 9 gennaio 1936: ``Impiego iprite si è dimostrato molto efficace, specie verso la zona del Tacazzè. Circolano voci di terrore per effetto gas''.

- Mussolini a B., 19 gennaio 1936: ``Autorizzo V.E. a impiegare tutti i mezzi di guerra - dico tutti - sia dall'alto che da terra. Massima decisione''.

- Mussolini a B., 4 febbraio 1936: ``Autorizzola impiegare qualsiasi mezzo''.

- Badoglio a M., 19 febbraio 1936: ``Tanto in Eritrea quanto in Somalia l'aviazione ha, nel recente ciclo operativo, impiegato bombe cariche di benzolo y. Nella battaglia dell'Endertà sono state impiegate granate da 105 caricate con arsina. Tali

aggressivi, di impiego facile e sicuro essenzialmente contro truppe, hanno dato buoni risultati''.

Così Argelo Del Boca sintetizza l'utilizzo della armi chimiche da parte italiana:

``Sia con le artiglierie che con l'aviazione (ma soprattutto con quest'ultima) egli [Badoglio, ndr] sottopone l'avversario e le popolazioni civili a questi tipi di aggressivi: 1) gas soffocanti (fosgene, difosgene, cloropicrina); 2) gas vescicanti (iprite, levisivite); 3) gas lacrimogeni e starnutatori (cloroacetofenone e vari tipi di arsine); gas tossici (benzolo). Più difficile è stabilire la quantità di aggressivi usati. Il solo dato certo è che nel deposito di Sorodocò vengono immagazzinati, fra l'agosto 1935 e il maggio 1936, 6.170 quintali di aggressivi chimici e che alla fine del conflitto il deposito risulta vuoto per due terzi'' (Angelo Del Boca, op. cit., p. 489).

Per evitare la criminalizzazione di tutto il contingente italiano in Etiopia è bene chiarire che Badoglio cerca di realizzare le missioni chimiche nel massimo segreto, tenendo lontani i giornalisti dalle zone di impiego degli aggressivi chimici. ``Al corrente dell'operazione sono soltanto alcuni ufficiali dell'intendenza e un numero ristretto di piloti dell'aviazione; la grande maggioranza dei soldati ignora del tutto l'impiego dei gas e reagirà indignata quando i giornali stranieri comincereanno a parlarne'' (Angelo Del Boca, op. cit., p. 493). Una curiosità: tra i pochi che organizzano l'uso delle armi di sterminio chimiche in Etiopia c'è il generale dell'Aeronautica Vincenzo Magliocco, al cui nome è intitolato l'aeroporto di Comiso dove sono state installate nuove armi di sterminio atomiche. Sebbene casuale, dato che l'aeroporto stà lì da decine d'anni, questa coincidenza ha il sapore di un riconoscimento postumo a un pioniere della guerra di sterminio.

Gli effetti delle armi chimiche in Etiopia

Ecco come Ras Immurù (un comandante etiopico) descrive gli effetti dei bombardamenti chimici citati da Badoglio nel suo telegramma a Mussolini del 9 gennaio 1936:

``Era la mattina del 23 dicembre, e avevo da poco attraversato il Tacazzè, quando comparvero nel cielo alcuni aeroplani. Il fatto tuttavia non ci allarmò troppo, perché ormai ci eravamo abituati ai bombardamenti. Quel mattino però, non lanciarono bombe, ma strani fusti che si rompevano, appena toccavano il suolo o l'acqua del fiume, e proiettavano un liquido incolore. Prima che mi potessi rendere conto di ciò che stava accadendo, alcune centinaia fra i miei uomini erano rimasti colpiti dal misterioso liquido e urlavano per il dolore, mentre i loro piedi nudi, le loro mani, i loro volti si coprivano di vesciche. Altri, che si erano dissetati al fiume, si contorcevano a terra in un'agonia che durò ore'' (cit. in Angelo Del Boca, op. cit., p. 490).

E' ancora sul campo di guerra che la sperimentazione avanza e in breve tempo il comando italiano scopre una tecnica più efficace di quella dei fusti che si rompono al suolo. L'iprite e altri gas vengono irrorati da diffusori installati sugli aerei in modo da vaporizzare, su vaste aree di territorio, una sottile pioggia chimica. Ecco come l'imperatore d'Etiopia ricorda la nuova tecnica:

``A Quoram, ad esempio, squadriglie di sette o di nove apparecchi sorvolarono il nostro quartier generale, le nostre truppe, i nostri villaggi, per intere settimane, dall'alba al tramonto. Il paese sembrava sciogliersi... Né gli uomini né le bestie erano più in grado di respirare. Ogni essere vivente che veniva toccato dalla leggera pioggia caduta dagli aerei, che aveva bevuto l'acqua avvelenata o mangiato cibi contaminati, fuggiva urlando e andava a rifugiarsi nelle capanne o nel folto dei boschi per morirvi'' (cit. in Angelo Del Boca, op. cit., p. 491).''

Le sanzioni della Lega delle Nazioni contro l'Italia

L'11 ottobre 1935 il Comitato di coordinamento eletto dall'Assemblea della Lega approva una mozione di embargo di prodotti militari o di possibile uso militare verso l'Italia. Nel giro di due mesi cinquanta paesi membri della Lega aderiscono alla mozione.

Ma, come nota il Sipri, ``Le sanzioni della Lega furono applicate tiepidamente e non comprendevano misure militari. Esse fallirono nello scopo di fermare l'aggressione e l'uso delle armi chimiche''. Il 6 luglio 1936, su proposta del governo

argentino, il Comitato di coordinamento della Lega propone la revoca delle sanzioni.

Nel corso del 1936 il governo etiopico porta alla Lega testimonianze sull'utilizzo delle armi chimiche da parte degli italiani. Sono testimonianze del personale delle ambulanze della Croce Rossa, di medici, giornalisti e missionari inglesi, norvegesi, tedeschi e svedesi. Testimonianze precise, documentate, attendibili.

Il governo italiano ribatte alle accuse senza ammettere l'uso di aggressivi chimici, ma rivendicando il diritto di ritorsione contro ``le barbarie'' degli etiopi (evirazioni delle tribù Galla, uso delle pallottole esplosive dum-dum) e, infine, negando alla Lega delle Nazioni il diritto ad interpretare la Convenzione di Ginevra del 1925, che pure l'Italia aveva sottoscritto.

La seconda guerra mondiale

All'inizio della seconda guerra mondiale il Servizio Chimico Militare è comandato dal un generale di Corpo d'Armata e può contare su: una Direzione del Servizio, da cui dipendono organi tecnici, sperimentali e di collegamento; un Centro Chimico Militare, per l'approvvigionamento, conservazione, manutenzione e distribuzione dei materiali; un Reggimento Chimico formato da cinque battaglioni, per reclutamento, addestramento e impiego delle armi; un Battaglione Chimico per ogni Armata formato da cinque compagnie; una Compagnia Chimica per Corpo d'Armata formata da cinque plotoni; Venti depositi di materiali chimici; Dodici impianti per la produzione di aggressivi chimici.

Particolarmente attivo durante il conflitto il laboratorio campale dell'Armir (Armata Italiana in Russia) e le specialità ``nebbiogeni e lanciafiamme'' presso le intendenze dei vari fronti.

E' difficile stabilire la quantità e qualità delle armi chimiche immagazzinate nel secondo conflitto mondiale. Secondo il Sipri l'Italia possiede in quel periodo notevoli quantitativi di aggressivi chimici, soprattutto iprite e fosgene. In un deposito tedesco catturato dagli inglesi sono stati identificati 120mila proiettili chimici d'artiglieria italiani di vario calibro. Le casse sono contrassegnate con croci rosse, verdi o bianche. Supponendo che gli italiani abbiano usato il sistema di riconoscimento tedesco precedente la seconda guerra mondiale, le casse avrebbero dovuto contenere lacrimogeni, vescicanti, fosgene e iprite. (cfr. Sipri, "The Problem of Chemical and Biological Warfare", vol. 1, "The Rise of CB Weapons", Stockholm, New York and London, 1973)

Le armi chimiche dopo il trattato di pace

La sconfitta militare del regime fascista ad opera degli Alleati e dei partigiani ha come sottoprodotto il ridimensionamento del Servizio Chimico Militare.

Il 10 febbraio 1947 gli Alleati concludono i trattati di pace con Bulgaria, Finlandia, Ungheria, Romania e Italia. Questi trattati prevedono identiche restrizioni per le armi chimiche-batteriologiche.

Le clausole militari stabiliscono i livelli di forza post-bellici permessi alle nazioni sconfitte. Ai cinque paesi viene proibito chiaramente di possedere determinati tipi di armamenti, elencati in apposita lista (ad es. armi nucleari, grandi sistemi d'arma, etc.). I restanti armamenti, di cui viene fornita un'altra lista, debbono invece essere proporzionali ai livelli di forza consentiti, e i quantitativi eccedenti debbono essere distrutti. Stranamente le armi chimiche si trovano nella seconda e non nella prima lista.

Dal testo del trattato non emerge quindi con chiarezza se i cinque debbano disfarsi completamente o solo in parte delle armi chimiche-batteriologiche immagazzinate (cfr. Sipri, "The Problem of Chemical and Biological Warfare", vol. 5, "The Prevention of CBW", Stockholm, New York and London, 1973).

Anche i militari italiani si adeguano a questa ambiguità. Lo Stato Maggiore dell'Esercito (SME) delega all'arma dell'Artiglieria il compito di determinare le dotazioni e liquidare gli impianti. Di questo compito si occupano ben tre Sezioni Chimiche. Ma una quarta Sezione Chimica e Laboratorio Sperimentale, sempre dell'Artiglieria, già si occupa di nuovi studi ed esperimenti.

Il secondo conflitto mondiale introduce una grossa novità nel campo della guerra non convenzionale, dominato fino a quel momento dalla guerra chimica: la bomba atomica.

Nel 1953 viene costituita la Scuola Unica Interforze per la Difesa ABC (Atomica, batteriologica e chimica). Nel 1956 viene costituito il Comitato Interforze per la Difesa ABC e il Centro Applicazioni Militari Energia Nucleare (CAMEN). Le due

strutture - a dimostrare la rinascente importanza del settore ABC per la dirigenza militare - vengono poste alle dirette dipendenze dello Stato Maggiore della Difesa.

La situazione attuale

L'ordinamento attuale del settore ABC - detto anche NBC, cioè Nucleare, Chimico e Batteriologico - legge n. 574 del 20 settembre 1980, prevede: Un Ufficio del Capo del Servizio Tecnico Chimico Fisico presso lo SME; il 3 Reparto della Direzione Generale delle Armi Munizioni e armamenti Terrestri (AMAT); un Centro Tecnico Militare Chimico Fisico e Biologico; uno Stabilimento Militare dei Materiali di Difesa NBC.

I compiti del Servizio Tecnico Chimico, secondo la legge, consistono nel:

- presiedere agli studi scientifici e tecnici dei mezzi NBC occorrenti all'Esercito, nonché alla realizzazione e alla sperimentazione dei relativi prototipi;

- provvedere alla elaborazione delle condizioni tecniche dei progetti di regolamentazione tecnica per la riparazione dei materiali NBC dell'Esercito;

- sovrintendere al controllo della produzione e fissare le direttive tecniche per il collaudo dei materiali da approvvigionare.

``L'alta vigilanza sulle attività di ricerca e studio - secondo la Rivista Militare - è devoluta al Capo del Servizio che indirizza e segue, sotto l'aspetto tecnico, la realizzazione dei prototipi e dirige la sperimentazione ai fini dell'omologazione'' (Raffaele Biondo (magg.), op. cit.).

Il Centro Tecnico Militare Chimico Fisico è insediato in fabbricati di recente costruzione a S.Lucia di Civitavecchia, dove dispone di un Campo Sperimentale Chimico di circa 15mila m2. Tra i suoi compiti, oltre a quelli di ricerca a fini chiaramente

difensivi, suscitano perplessità e quesiti i seguenti, citati dalla Rivista Militare:

``- messa a punto di tecniche strumentali per il dosaggio dei tossici in acqua, aria e suolo;

- studio di materiali ed apparecchiature per il... controllo degli aggressivi chimici;

- sintesi organica di aggressivi chimici e loro simulanti'' (Raffaele Biondo (magg.), op. cit.)

Lo Stabilimento Militare dei Materiali per la Difesa NBC è, sempre secondo il magg. Biondo, ``L'unico Stabilimento sopravvissuto al complesso apparato del Servizio Chimico Militare d'anteguerra''.

E' stato recentemente trasferito a S.Lucia di Civitavecchia, in edifici appena costruiti, più grandi dei precedenti e meglio attrezzati. Ha alle sue dipendenze tre Magazzini Materiali per la Difesa NBC distaccati a:

- Scanzano Belfione (Pg), materiale protettivo;

- S.Lucia di Civitavecchia (Rm), materiale aggressivo e nebbiogeno;

- Lago di Vico (Rm), conservazione, caricamento e scaricamento artifici vari, bombe al fosforo e nebbiogene.

Lo stabilimento produce manufatti e servizi (approvvigionamento e collaudo di materiali, controllo lavorazioni eseguite da privati, riparazione e revisione dei materiali NBC.

In particolare, ``Lo Stabilimento ha condotto e sta conducendo, con proprio personale e mezzi, importanti operazioni di bonifica del territorio nazionale dovute alla dismissione di impianti e di depositi di materiale aggressivo sintetizzato e immagazzinato prima del secondo conflitto mondiale'' (Raffaele Biondo, op. cit.).

E' difficile stabilire quanto viene speso per la chimica militare. Il bilancio della difesa italiano ha una lunga tradizione di illeggibilità. E' strutturato in capitoli che possono contenere le cose più diverse. Un esempio: lo ``sfalcio di erba'' assieme ai missili. Stupisce semmai che i parlamentari accettino da sempre questo stato di cose. Altro esempio: la gran parte degli aumenti delle assegnazioni ai vari capitoli da un anno all'altro viene giustificata con la frase ``in relazione alle esigenze''. Impossibile pertanto sapere quanto costa la conservazione degli agenti chimici, nonché la ricerca e sviluppo in questo settore. A titolo puramente indicativo citiamo i capitoli di bilancio nei quali si menziona il termine NBC: 4011, 4031, 4051, 1878, 1838, 1802.

Recenti dichiarazioni del governo concernenti armi chimiche

Nel Libro bianco della Difesa, presentato da Spadolini qualche mese fa, sta scritto che ``L'Italia, pur possedendo - a somiglianza di altre nazioni dell'Europa occidentale - la capacità di combattere ed operare in ambienti NBC in campo terrestre, marittimo ed aereo, è priva di armamenti chimici e batteriologici'' (cfr. Ministero della Difesa, "La Difesa - Libro bianco - 1985", Roma, 1985, p. 55)

Nell'attuale legislatura il deputato Crucianelli ha interrogato il Ministro della Difesa per ``conoscere le valutazioni del Governo italiano sulle proposte presentate il 10 gennaio 1984 dal Patto di Varsavia per la totale interdizione delle armi

chimiche dal territorio europeo''. Il deputato ha chiesto inoltre di sapere ``se sul territorio nazionale siano custodite, dalle forze armate italiane o da forze armate dei paesi alleati, armi o munizioni chimiche di qualsiasi tipo''.

Il 5 novembre 1984, invece del ministro Spadolini, gli risponde Andreotti, Ministro degli Affari Esteri. Sulla presenza di armi chimiche in Italia, Andreotti afferma che ``Il Ministero della Difesa assicura infine che l'Italia, da parte sua, non

produce armi chimiche, non le ha mai esportate né ha esportato sostanze tossiche letali. Essa... non si è dotata né in proprio né per conto dell'alleanza atlantica di tali armamenti, né li custodisce sul territorio nazionale''.

In merito alla proposta del Patto di Varsavia, Andreotti precisa che ``nell'ottica del Governo italiano l'apertura di un negoziato a carattere regionale non avrebbe contribuito a facilitare il conseguimento dell'obiettivo più ampio perseguito a Ginevra, che per l'Italia resta invece prioritario''. Nel contesto dell'attività negoziale di Ginevra, Andreotti sottolinea che ``da parte italiana è stata salutata con particolare favore la presentazione da parte del vice presidente degli Stati Uniti Bush, il 18 aprile 1984, di un progetto di trattato sulla proibizione totale delle armi chimiche''.

Ulteriori dati sulle armi chimiche sono stati forniti nella precedente legislatura. Il 21 ottobre 1982, rispondendo a un'interrogazione del deputato Cicciomessere, il sottosegretario alla Difesa Martino Scovacricchi ha affermato:

``Presso i depositi di Scanzano Belfiore e del Lago di Vico non sono conservate né armi chimiche, né sostanze aggressive in genere.

Nel deposito di Santa Lucia di Civitavecchia, invece, sono stati concentrati limitati quantitativi di sostanze aggressive, residuati bellici della 1a e 2a guerra mondiale, parzialmente degradati e conservati in condizioni di massima sicurezza; dette sostanze sono state rastrellate dopo il termine del 2o conflitto mondiale in varie parti d'Italia, anche su segnalazione delle popolazioni locali''

Nella stessa risposta si afferma che il problema della distruzione dei residuati chimici ``non è facilmente risolvibile'' e che ``è in corso di avanzato studio un progetto che si spera riesca a risolvere il problema con una spesa non eccessiva e con processi di massima sicurezza''

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Guerra chimica e batteriologica: Conflitti e negoziati

Possibili casi di uso di gas venefici e di guerra batteriologica dal 1974

Presunto responsabile Periodo Armi di presunto uso

e circostanze

Forze vietnamite 1974-81 Iprite, irritanti

e laotaiane in Laos gas nervini e micotossine

Entrambe le parti maggio 1977 Frecce avvelenate

durante la ribellione

dello Shaba in Zaire

Forze sudafricane maggio 1978 ``Gas paralizzanti''

in un attacco aereo

su Kassiga, Angola

Forze vietnamite 1978-81 Irritanti, acido ciani-

in Kampuchea drico, tabun e micotossi-

ne; avvelenamento del-

l'acqua

``Covent Action'' degli 1978-81 Effetti: ruggine della

USA (CIA) a Cuba canna da zucchero, muffa

del tabacco, colera dei

suini e, nella popolazio-

ne, denga e congiuntivite

emorragiche

Forze vietnamite febbr. 1979 ``Gas velenosi''

contro l'invasione

cinese

Forze cinesi febb. 1979 ``Gas tossici'' e avvele-

in Vietnam namento di acque

Forze sovietiche 1979-81 Gas nervino, irritanti

in Afghanistan e incapacitanti, proiet-

tili tossici

Mujahideen in 1980-81 ``Granate chimiche''

Afghanistan

Forze etiopiche estate 1980 ``Guerra chimica''

contro gli eritrei aprile 1981 (le accuse coincidono con

e la Somalia notizie di forniture di

gas nervino giunte all'

Asmara e Massaua)

Forze irachene nov. 1980 ``Bombe chimiche''

in Iran

Esercito e Guardia 1981 ``Gas tossici'', ``bombe

Nazionale in Salvador chimiche'' e ``spray

acido''

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Fonte: "Sipri Yearbook 1982", pp. 340-41, dove sono pure indicate le fonti su cui si è basato l'autore, Julian Perry Robinson.

Nel corso del 1982, lo stesso Robinson riporta notizie di possibile uso di agenti chimici e batteriologici in: Afghanistan, Angola, Burma, El Salvador, Eritrea, Isole Falklands, Guatemala, Iraq, Kampuchea, Laos, Libano, e Tailandia (cfr Sipri, "The Arms Race And Arms Control 1983", p. 185).

Ecco infine dove è possibile si siano usate armi chimiche e batteriologiche nel 1983, sempre secondo le notizie collezionate da Robinson: Laos, Kampuchea, confine tra Iran e Iraq, Eritrea, Afghanistan (cfr. "Sipri Yearbook 1984", pp. 331 sgg.).

Evidentemente varia molto, in tutti i casi citati, il grado di attendibilità. Sull'uso delle armi chimiche da parte sovietica in Afghanistan c'è stata una presa di posizione piuttosto circostanziata del governo americano e un'inchiesta da parte delle Nazioni Unite.

Per quanto riguarda il Sud-Est asiatico vi sono state inchieste indipendenti da parte dei governi americano, canadese, francese, britannico e australiano. Chiaro quindi che gli indizi accumulati siano particolarmente numerosi - anche se uno studioso indipendente come Robinson rifiuta di trarre conclusioni definitive in un senso o nell'altro.

Per quanto riguarda il 1984 il caso più eclatante è quello dell'Iraq, accusato di aver usato agenti chimici - soprattutto iprite - contro le truppe iraniane. Tale accusa risulta confermata da diversi medici di paesi europei dove sono stati ricoverati soldati iraniani vittime presunte dell'uso armi chimiche. Nel marzo dell'84, inoltre, il governo americano ha pubblicamente condannato l'Iraq per aver fatto uso di ``gas venefici'' contro l'Iran. Tale condanna si è ripetuta nel marzo di quest'anno, nel corso di una visita del ministro degli esteri di Bagdad a Washington (cfr.``Inter-national Herald Tribune'', 27 marzo 1985). Va anche ricordato che, secondo gli Usa, l'Iran avrebbe fatto uso di gas nervini nella guerra contro l'Iraq e starebbe accumulando uno stock considerevole di agenti chimici.

Le potenze chimiche e le armi ``binarie''

I paesi noti per possedere stock significativi di armi chimiche moderne - cioè non solo residuati delle due guerre mondiali - sono tre: Francia, Usa e Urss. Sulla Francia non esistono dati attendibili. Sull'Unione Sovietica esistono stime il cui campo di variazione è assai ampio: si passa, infatti da 30.000 a 700.000 tonnellate di agenti stoccati. La cifra più frequentemente citata, sempre a proposito dell'Unione Sovietica, è quella di 350.000 tonnellate che però, secondo Robinson, ``non è nient'altro che la media aritmetica tra la stima più piccola e quella più grande'' ("Sipri Yearbook 1982", p. 334).

Al solito il governo americano è l'unico a fornire dati sulla consistenza delle proprie riserve di agenti chimici: si tratta di 38.000 tonnellate, divise grosso modo in parti eguali tra iprite e gas nervino. Nel 1982, comunque, l'amministrazione americana ha dichiarato al congresso che il 61% di questo stock sarebbe inservibile perché non conservato in forma di munizioni e che solo l'8,7% viene immagazzinato sotto forma di munizioni pronte all'uso. E' in corso tuttavia un programma che dovrebbe essere completato nel 1987, del costo di 100 milioni di dollari, per rimettere in condizioni operative una quantità considerevole - ma sconosciuta - di munizioni chimiche.

Oltre a questo l'amministrazione Reagan ha ripetutamente chiesto al congresso fondi per far partire la produzione delle armi chimiche ``binarie'' - così chiamate perché consistono di due sostanze innocue fintantoché rimangono fisicamente separate nella munizione. Tali sostanze si combinano in un agente letale solo dopo il lancio della munizione stessa. Fino al corrente anno fiscale, tuttavia, il parlamento statunitense ha sempre negato le risorse finanziarie necessarie a far partire il programma per le armi binarie. Queste armi vengono viste con particolare preoccupazione dagli ``arms controller'' in quanto, grazie alla facilità di stoccaggio e uso che offrono, abbassano drasticamente la soglia di impiego delle armi chimiche.

Dodici dei quattordici depositi americani di armi chimiche sono negli Stati Uniti continentali. Uno è nell'isola di Johnston, nell'Oceano Pacifico. E infine uno è in Germania federale, quasi sicuramente a Fischbach, vicino Pinmanses, dove vengono custodite circa 10.000 tonnellate di munizioni di gas nervino.

Val la pena di ricordare che la Germania federale non possiede armi chimiche in proprio dalla fine della seconda guerra mondiale, quando gli stock accumulati dai nazisti vennero distrutti. Stesso discorso per il Giappone (cfr. H. Kurata, ``Lessons Leanned from The Destruction of The Chemical Weapons of The Japanese Imperial Forces, in Sipri, "Chemical Weapons: Destruction and Conversion", Taylor Francis, London, 1980).

Un paese come la Gran Bretagna invece - che a differenza di Germania, Giappone e Italia è tra i vincitori dell'ultimo conflitto - si è disfatta del suo arsenale di armi chimiche nel 1957. Dichiaratamente conserva piccoli quantitativi di alcuni agenti (gas nervini) a scopo di ricerca per la difesa NBC.

Non si può non far caso al fatto che non esistono informazioni - nella letteratura specializzata internazionale - concernenti il destino delle migliaia di tonnellate di agenti chimici prodotti dall'Italia nel periodo fascista. Alla fine della guerra un quantitativo venne rinvenuto in territorio tedesco ed è quindi presumibile sia stato distrutto assieme agli stock di quel paese. Nulla si sa, tuttavia, di quanto rinvenuto in Italia.

Quali sono i vettori di agenti chimici?

Gli Stati Uniti dispongono di proiettili d'artiglieria (calibri vari per mortai, obici e cannoni), mine terrestri, bombe per aereo, congegni per lo ``spray'' di sostanze aeromobili, razzi da 105 mm. L'Unione Sovietica dovrebbe valersi dello stesso tipo di ordigni con in più, forse, testate chimiche peri missili Scud, Scaleboard e SS-20 e una qualche sorta di munizioni per impiego navale. Come si vede si tratta di tecnologie non certo esoteriche e che non rappresentano un ostacolo, purtroppo, per la proliferazione orizzontale - nel Terzo Mondo - di armi chimiche.

Controllo degli armamenti: armi chimiche e batteriologiche

Gli accordi di controllo degli armamenti che riguardano le armi chimiche e batteriologiche sono due.

Il primo è il "Protocollo per la proibizione dell'uso in guerra di gas asfissianti, venefici o d'altro genere e dei metodi di guerra batteriologica", meglio noto come Convenzione di Ginevra dal luogo dove venne firmato il 17 giugno 1925 - entrato in forza l'8 febbraio 1928. Il trattato stabilisce che i firmatari si ritengono vincolati dalla proibizione stessa, che dovrebbe essene interpretata universalmente come parte del diritto internazionale, vincolando allo stesso modo la coscienza e il comportamento delle nazioni.

Nel 1925 venne firmato da 46 paesi, oggi i firmatari sono 106 e comprendono l'Italia. La Convenzione ha più di un difetto: è vincolante in effetti solo in caso di conflitti tra gli aderenti; inoltre è in realtà un accordo sul non-primo-uso e non proibisce in alcun modo ai firmatari di produrre e immagazzinare armi chimiche, ad esempio come deterrente contro l'uso altrui.

Il secondo è la "Convenzione sulla proibizione dello sviluppo, della produzione e dello sotccaggio di armi batteriologiche (biologiche) e tossiche e sulla loro distruzione", meglio nota come Convenzione sulle armi batteriologiche, firmata a Londra, Mosca e Washington il 10 aprile 1972 - entrata in forza il 26 marzo del 1975. La proibizione si applica a tutti gli agenti menzionati, qualsiasi sia la loro origine o il loro metodo di produzione, nei tipi e nelle quantità che non hanno giustificazione per scopi profilattici, protettivi o comunque pacifici e inoltre a tutti gli equipaggiamenti e i congegni progettati per usare tali agenti in conflitti armati o per scopi aggressivi. Le parti aderenti alla Convenzione si impegnano a distruggere agenti e congegni per il loro uso bellico entro nove mesi dall'entrata in forza della Convenzione stessa. Gli stati firmatari sono 99, tra i quali l'Italia.

Nel secondo dopoguerra il foro principale per le discussioni concernenti le armi chimiche è stato ed è la Conferenza sul Disarmo di Ginevra - questa è la sua attuale denominazione; in precedenza l'organismo si chiamava Comitato sul Disarmo delle Diciotto Nazioni, poi Conferenza del Comitato sul Disarmo; oggi comprende delegati di 40 paesi, tra cui le cinque potenze nucleari, ed è istituzionalmente collegata alle Nazioni Unite per il tramite del segretario generale di queste.

Dopo la Convenzione sulle armi batteriologiche, i negoziati su quelle chimiche ricevevano nuovo impulso nel 1977, quando Unione Sovietica e Stati Uniti costituivano sull'argomento un gruppo di lavoro bilaterale. Questo gruppo riusciva presto a raggiungere un ampio accordo su misure complessive di disarmo chimico - cioè per la messa al bando dello sviluppo, della produzione e dell'acquisizione in qualsiasi forma di armi chimiche. Sorprendentemente, le due superpotenze riuscivano ad appianare anche diverse questioni concernenti la verifica - un problema questo che oggi sembra insormontabile. Nell'estate del 1979, quando i colloqui bilaterali erano giunti alla decima tornata, un compromesso sembrava in vista. Tutto veniva rimesso in discussione dall'invasione sovietica dell'Afghanistan. Successivamente l'amministrazione Reagan interrompeva tutto: sviluppi significativi su questo piano non ce ne sono stati sino all'aprile 1984.

Nel 1980, comunque, la Conferenza sul Disarmo come tale riprendeva l'iniziativa, mettendo in piedi un comitato ad hoc che ha fatto un buon lavoro di definizione e di appianamento di alcune questioni tecniche. Il 18 aprile del 1984 il vice presidente americano Bush presentava alla Conferenza ginevrina una nuova bozza. In essa si bandisce lo sviluppo, la produzione, lo stoccaggio, l'acquisizione, la detenzione e il trasferimento di armi chimiche. Parte integrante di questa proposta sono le misure di verifica: una di queste prevederebbe ispezioni senza preavviso e in ogni momento su impianti in possesso o controllati dal governo di un paese firmatario del trattato. Le misure di verifica ``intrusive'' sono tradizionalmente le più indigeste ai sovietici: ovvio pertanto che le loro critiche si concentrassero sulle citate ispezioni. Va detto che queste ultime, nel progetto statunitense, sembrano fatte apposta per provocare il rigetto di Mosca, essendo di una pontata senza precedenti. Cadevano nel vuoto, quindi, le

caute aperture sovietiche sulla spinosa questione dei controlli in loco avutesi sia alla Conferenza sul Disarmo che alle discussioni di Vienna sulla riduzione delle forze convenzionali in Europa centrale. L'Unione Sovietica criticava anche quella parte del testo americano che limita i controlli agli impianti governativi: in occidente, Mosca sostiene, molte delle fabbriche chimiche sono in mano ai privati. Da allora, comunque, non si sono registrati significativi sviluppi.

L'Italia alla conferenza sul disarmo

Per quanto riguarda la posizione italiana alle discussioni di Ginevra, nel 1983 il delegato del nostro paese ha proposto che la distruzione degli stock di armi chimiche venga accompagnata da estensive misure per la sicurezza e la protezione dell'ambiente, sia a proposito dei metodi di distruzione che per quanto attiene alla durata delle operazioni in questione. L'Italia suggeriva inoltre di inserire una clausola nel testo di un eventuale accordo che permetta il trasferimento degli stock di armi chimiche per scopi di distruzione sotto adeguato controllo internazionale (cfr., "Sipri Yearbook 1984", p. 604). Si intuisce quindi che le autorità italiane non nutrono troppa fiducia nella possibilità di distruggere con mezzi nazionali gli agenti chimici custoditi nel nostro paese e preferirebbero, piuttosto, che ciò venisse fatto da qualche altra parte.

Considerazioni conclusive

Una volta stabilito che nei depositi militari italiani vengono ancora custoditi agenti chimici sono possibili alcune considerazioni.

Primo, contrariamente a quanto affermato dal governo (cfr. risposta Scovacricchi a interrogazione Cicciomessere) i residuati bellici non sono stati affatto concentrati in un sol luogo ma, come è ragionevole presumere dalla denuncia di Rutelli, sparsi un po' su tutto il territorio nazionale. Non c'è bisogno di aggiungere che in questo modo si moltiplicano sia i rischi - di furti, di incidenti etc.- sia i costi.

Secondo, a quarant'anni dalla fine del conflitto, il nome dell'Italia è ancora in qualche modo associabile con le armi chimiche: forse per inerzia burocratica, forse per mancanza di know how nazionale quanto alle operazioni di distruzione, certo - speriamo - non perché qualcuno pensi che tali ordigni possano tornare ancora utili.

All'inizio del 1982 Indonesia e Olanda annunciavano congiuntamente di aver incenerito con successo 45 tonnellate di iprite, sino ad allora immagazzinate nei pressi di Bandung. Nel descrivere alla Conferenza sul Disarmo di Ginevra le relative operazioni, i due stati invitavano altri paesi in condizioni simili a far tesoro della loro esperienza; inoltre, essi sostenevano che il fatto che la distruzione fosse avvenuta prima della conclusione di una convenzione per la messa al bando delle armi chimiche, fosse una dimostrazione di buona volontà degna di essere emulata.

Sembra a noi che il governo italiano avrebbe tutto da guadagnare se seguisse presto l'intelligente esempio di Olanda e Indonesia.

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Appendice - Caratteristiche di: cloroacetofenone, difenilcloroarsina, fosgene, acido cianidrico

Tra i quattro composti chimici due, il fosgene e l'acido cianidrico, sono i più pericolosi.

Fosgene

Il fosgene è un agente soffocante, usato massicciamente nella prima guerra mondiale e immagazzinato estensivamente nella seconda. L'arrivo dei gas nervini ha diminuito la sua importanza. Nel 1969 l'esercito americano ha venduto quanto rimaneva delle proprie scorte di fosgene al prezzo di 3 cent al chilo; tuttavia può ancora avene interesse militare ove non siano disponibili gas nervini. Ogni anno la produzione mondiale di fosgene è di diverse centinaia di migliaia di tonnellate.

Il fosgene è un gas incolore, salvo alle basse temperature. Ha un odore che ricorda il fieno fresco. Può essene facilmente reso liquido e può essene disseminato in vapori ad alta concentrazione mediante la rottura dei contenitori del liquido con una piccola carica esplosiva.

Inalazioni, anche in piccole dosi, hanno un effetto seriamente corrosivo sui tessuti polmonari e producono lesioni gravi, facilmente suscettibili di infezioni. Bronchiti e broncopolmoniti sono il prodotto comune di esposizioni al fosgene. Dosi letali producono solo una lieve irritazione degli occhi e della gola, che non basta a mettere sull'avviso la vittima. Altri sintomi possono mancare per ore. Durante questo periodo di latenza il fosgene sta causando un massiccio edema polmonare: gli alveoli rilasciano quantità crescenti di sangue, impedendo così la respirazione. La vittima annega, in effetti, nel proprio sangue.

Il funzionamento del fosgene è ancora poco chiaro: non c'è antidoto ma solo palliativi e trattamenti di supporto. La dose letale è stimata in 3200 mg-min/m3, anche se meno della metà ha già un effetto disabilitante dopo un intervallo di qualche

ora.

Acido cianidrico

L'acido cianidrico è un gas tossico, usato in modo limitato nella prima guerra mondiale e immagazzinato nel corso della seconda. Il fatto che sia di difficile filtraggio gli può dare ancora qualche importanza militare. Come il fosgene, l'acido cianidrico viene prodotto su larga scala per scopi industriali. Ha inoltre un'azione estremamente rapida ed è stato spesso usato nelle camere a gas per le esecuzioni capitali.

Di solito si trova allo stato liquido, vaporizza rapidamente, non provoca irritazioni e ha un leggero odore di mandorla difficile da notare.

A piccole dosi - sino a 120 mg/m3 - il corpo umano è in grado di neutralizzarlo. Con quantità maggiori i sintomi si manifestano rapidamente: stato confusionale, impossibilità di trattenere il respiro, grande debolezza, mancanza di coordinamento muscolare, perdita di conoscenza e, infine, convulsioni. A questo punto, qualsiasi sia l'intervento medico, le possibilità di sopravvivere sono assai scarse. La sostanza agisce inibendo le funzioni dell'enzima del sangue venoso che controlla la rimozione del biossido di carbonio dei tessuti polmonari.

(Tradotto e riadattato da Sipri, "The problem of Chemical and Biological Warfare", vol. 2, "CB Weapons Today", Stockholm, New York and London, 1973, pp. 48 e 50)

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SIPRI, The problem of chemical and Biological warfare, vol. II, CB weapons today. Stockholm, (Svezia), 1973

Table 1.1. Toxic chemicals that have been developed into CW agents(a)

Chemical name Common name(c) Remarks

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Antipersonnel agents

"Physiochemicals: sensory irritants"

Ethyl bromoacetate EBA Minor WWI lachryimator,

sometimes used in civilian tear-

gas weapons

Ethyl iodoacetate Major WWI lachrymator

Chloromethyl chloroformate } Minor WWI lachrymators used

Dichloromethyl chloroformate } in admixture

Chloroacetone Minor WWI lachrymator

Bromoacetone BA The lachrymator most heavily

used during WWI

Bromomethylethyl ketone Major WWI lachrymator,

sometimes used in civilian tear-

gas weapons

Iodo-acetone Minor WWI lachrymator

Acrolein Minor WWI lachrymator

N-ethylcarbazole Minor WWI agent

Xylyl bromide }

Xylylene bromide } Major WWI lachrymators,

Benzyl bromide } generally used in admixture

Benzyl iodide } Minor WWI lachrymators used

Benzyl chloride } in admixture

o-Nitrobenzyl chloride Minor WWI lachrymator

ß-Bromobenzyl cyanide BBC ("CA") Major WWI lachrymator, stock-

piled during WWII

w-Chloroacetophenone CAP ("CN") Post-WWI lachrymator, stock-

piled in WWII, widely used in

civilian tear-gas weapons

o-Dianisidine chlorosulphonate Minor WWI sternutator

Diphenylchloroarsine "DA" WWI sternutator, stockpiled

during WWII

Diphenylcyanoarsine "DC" WWI sternutator, stockpiled and

used (in China) during WWII

10-Chloro-5,10- Adamsite("DM") Post-WWI sternutator, stockpiled

dihydrophenarsazine during WWII, sometimes used in

police weapons

Phenyldibromoarsine Minor WWI agent

N-(4-hydroxy-3-methoxyben- Capsaicin Occasionally used since WWI in

zyl)-8-methylnon-trans-6-enamide civilian tear-gas weapons

Pelargonic morpholide Post-WWII developmental algogen

2-Chlorobenzalmalononitrile "CS" Post-WWII respiratory algogen,

heavily used in Viet-Nam War and

by police forces

Dichloroformoxime Phosgene A nettle gas apparently stock-

oxime ("CX") piled during WWII

"Non-irritant physiochemicals"

Staphylococcal enterotoxin B "PG" A toxic stockpiled since WWII

"Psychochemicals"

3-Quinuclidinyl benzilate "BZ" Stockpiled today

"Lung irritants"

Chlorine "Cl" Extensively used during WWI,

generally in admixture with

phosgene

Bromine Minor WWI agent sometimes used

with chlorine

Methyl chlorosulphonate Minor WWI agent

Ethyl chlorosulphonate Minor WWI agent

Phenylcarbylamine chloride Minor WWI agent

"Bis"(chloromethyl) ether Minor WWI agent

"Bis"(bromomethyl) ether Minor WWI agent

Trichloronitromethane Chlolopicrin Major WWI agent, stockpiled

("PS") during WWII generally in

lachrymatory compositions

Perchloromethyl mercaptan Minor WWI agent

Thiocarbonyl chloride Thiophosgene Minor WWI agent

Carbonyl chloride Phosgene Major WWI agent, heavily stock-

("CG") piled during WWII(b)

Trichloromethyl Diphosgene Major WWI agent, stockpiled

chloroformate ("DP") during WWII

Hexachlorodimethyl oxalate Triphosgene Post-WWI developmental agent

Cadmium oxide Developmental WWII agent,

studied in connection with

incendiary bombs

"Blood gases"

Hydrogen sulphide Minor WWI agent

Methyl cyanoformate } Minor WWI agent used in

Ethyl cyanoformate } admixture

Cyanogen bromide Minor WWI agent

Cyanogen chloride "CK" Minor WWI agent, stockpiled

during WWII

Hydrogen cyanide Prussic acid WWI agent, stockpiled during

("AC") WWII

Arsine "SA" Developmental WWII agent; known

as "Mithrite" in France

"Vesicants"

Dimethyl sulphate Minor WWI agent

Phenyldichloroarsine "PD" WWI agent, stockpiled during

WWII as mustard-gas additive

Methyldichloroarsine "MD" Said to have been used during

WWI

Ethyldichloroarsine "ED" WWI agent

Ethyldibromoarsine Minor WWI agent used as mustard-

gas additive

2-Chlorovinyldichloroarsine Lewisite ("L") Stockpiled during WWII, and used

by Japanese in China in

admixture with mustard gas

"Bis"(2-chloroethyl) sulphide Mustard gas Major WWI agent, heavily stock-

("H") piled during WWII(b)

1,2-"Bis"(2-chloroethylthio) Sesquimustard Developmental WWII agent: the

ethane ("Q") most potent vesicant known

"Bis"(2-chloroethylthioethyl) "T" Stockpiled during WWII as

ether mustard-gas additive

"Bis"(2-chloroethyl)ethyl- "HN-1" Stockpiled during WWII on small

amine scale

"Bis"(2-chloroethyl)methyl- "HN-2" Stockpiled during WWII on small

amine scale

"Tris"(2-chloroethyl)amine Nitrogen Stockpiled during WWII

mustard ("HN-3")

"Nerve gases"

Ethyl NN-dimethylphosphor- Tabun ("GA") Large amounts manufactured

amidocyanidate during WWII

"iso"-Propyl methylphosphono- Sarin ("GB") Heavily stockpiled today

fluoridate

1,2,2-Trimethylpropyl methyl- Soman ("GD") Allegedly stockliped today

phosphonofluoridate

Ethyl S-2-diisopropylamino- "VX" Heavily stockpiled today

ethyl methylphosphonothiolate

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IL CORRIERE DELLA SERA 18/05/85

Secondo il capogruppo alla Camera Rutelli ce ne sarebbero in una base in Sicilia

Le accuse dei radicali a Spadolini

Avrebbe mentito sulle armi chimiche

ROMA - (r.r.) . La contestazione gli è stata mossa ieri ufficialmente dal Partito radicale sulla base di una documentazione elaborata da un istituto specializzato di ricerca. E' stato il capogruppo radicale alla Camera, Francesco Rutelli, a fare la : risulta, ha detto, che un certo quantitativo di armi chimiche viene custodito in una base militare in Sicilia: poiché il ministro Spadolini ha affermato ultimamente, nel suo , che in Italia non esistono prodotti del genere (tranne un quantitativo di residuati dell'ultimo conflitto in un centro militare nei pressi di Civitavecchia), ora deve rendere conto di quanto emerso dalla ricerca.

Secondo Rutelli, non si tratterebbe neppure di una , di un errore: perché le armi chimiche immagazzinate nel deposito della Marina Militare di Cava di Soricaro, presso Augusta, non giacciono lì dimenticate: della loro esistenza sono a conoscenza i responsabili militari, tanto che in una recente esercitazione militare, denominata , esse sono state incluse nell'elenco delle armi disponibili.

Che succederà dopo la denuncia dei radicali? Ci sarà un seguito in Parlamento? .

La è frutto del lavoro dell'IRDISP, Istituto di ricerche per il disarmo, lo sviluppo e la pace fondato dal Partito radicale nel 1981. In particolare sono stati due suoi ricercatori, Marco De Andreis e Paolo Miggiano, a scoprire l'esistenza delle armi chimiche in Sicilia. Hanno fornito anche il tipo di sostanze custodite: tavolette di difenil-cloro-arsina, pasticche di cloro-aceto-fenone, fiale di fosgene e di acido ciandrico. Si tratta di sostanze molto tossiche e pericolosissime per la salute, comunque abbastanza superate: la fabbricazione risale infatti ad oltre 40 anni fa, essendo destinate a un eventuale impiego nella seconda guerra mondiale.

. Secondo il governo, i residuati del secondo conflitto, trovati nei rastrellamenti di bonifica dopo la guerra o rinvenuti casualmente, e custoditi nel Centro tecnico militare chimico-fisico di Santa Lucia, a Civitavecchia, sono destinati alla distruzione, ma costituiscono un problema per la procedura da usare.

LA REPUBBLICA 18/05/85

Il Pr rivela ``Armi chimiche in Italia''

Roma - Le armi chimiche cumulate dall'Italia nella seconda guerra mondiale non sarebbero state distrutte, ma anzi sarebbero dislocate e pronte per l'uso in basi militari. Lo ha sostenuto il capogruppo radicale alla Camera Francesco Rutelli in una conferenza stampa organizzata con l'Istituto di ricerca per il disarmo, lo sviluppo, la pace.

Il parlamentare radicale ha accusato il ministro della Difesa e il governo di aver . Rutelli - a sostegno della sua accusa - ha citato alcuni esempi.

Armi chimiche sarebbero immagazzinate nel deposito della Marina militare di Cava di Sorciaro, in Sicilia. Nel corso della esercitazione Nato Wintex Cimex che si è svolta tre mesi fa - ha detto Rutelli - .

Rutelli ha anche rilevato una contraddizione tra quanto si afferma nel della Difesa che esclude l'esistenza di armi chimiche nel territorio nazionale, e quanto ha dichiarato il sottosegretario Scovacricchi secondo cui nel centro tecnico militare chimico-fisico di Santa Lucia, presso Civitavecchia, .

Inoltre secondo Rutelli nella scuola militare della Cecchignola a Roma si terrebbe un corso di della durata di quaranta giorni.

IL MANIFESTO 18/05/85

ARMI

Rutelli:

ROMA. . Lo ha rivelato il capogruppo dei deputati radicali, Francesco Rutelli, nel corso di una conferenza stampa tenuta ieri presso la sede dell'"Irdisp" (Istituto di ricerca per il disarmo, lo sviluppo e la pace). A sostegno della sua accusa Rutelli ha affermato che . Queste sostanze sono sta te infatti incluse in occasione della esercitazione "Wintex cimex" svoltasi tre mesi fa.

, ma, secondo il parlamentare radicale, sostanze venefiche sono custodite .

Le armi chimiche, la cui presenza in depositi militari italiani è stata denunciata dal parlamentare radicale, sono residuati bellici della seconda guerra mondiale. Rutelli ritiene tuttavia che il governo abbia mentito affermando (nel "Libro bianco" 1985) che .

IL CORRIERE DELLA SERA 19/5/85

La denuncia dell'istituto di ricerche sul disarmo

Replica della Difesa ai radicali

L'esercito non ha armi chimiche

ROMA - (r.r.) Secondo il ministero della Difesa, l'esercito italiano non possiede armi chimiche: non risponde a verità quanto ha affermato il capogruppo radicale alla Camera Francesco Rutelli, rivelando una che sarebbe stata fatta dall'IRDISP, Istituto di ricerca sul disarmo, presieduto dall'on. Roberto Cicciomessere. Alla luce di uno studio di due ricercatori dell'istituto, un certo quantitativo di armi chimiche si troverebbe nel deposito della Marina militare di Cava di Sorciaro, presso Augusta, in Sicilia. Per l'esponente radicale il ministro della Difesa Giovanni Spadolini avrebbe mentito affermando, anche recentemente nel libro bianco sulla difesa, che l'Italia non possiede armi di questo tipo.

Queste hanno provocato un'immediata precisazione del ministero della Difesa, che ha contestato le tre principali affermazioni di Rutelli. Quelle che sono state definite armi chimiche, ha puntualizzato il ministero, sono residuati della seconda guerra mondiale che vengono via via eliminati; per questa operazione occorrono procedure particolari e mezzi che, una volta usati, vengono perduti, per cui ogni volta ne occorrono altri nuovi; le sostanze chimiche sono comunque innocue, essendo state tolte dai contenitori che sarebbero serviti per diffonderle o lanciarle.

Non è vero neppure, sostiene la Difesa, che in una recente esercitazione le armi chimiche siano state elencate come disponibili; in occasioni del genere si impiegano solitamente materiali innocui, utili soltanto a rivelare la presenza di sostanze tossiche; a scopo addestrativo alcuni reparti sono dotati di cassette di sostanze simulatrici, che riproducono le caratteristiche degli aggressivi chimici: quindi materiale didattico.

Infine, ha precisato il ministero, alla scuola interforze di difesa NBC (nucleare, batteriologica, chimica) della Cecchignola, a Roma, vengono tenuti corsi di qualificazione alla difesa per sottufficiali e ufficiali e per analisti, per studiare gli effetti di attacchi nucleari, biologici e chimici; lo scopo è solo la difesa.

LA REPUBBLICA 23/5/85

Guerra batteriologica

Ho svolto il servizio militare presso il 13· Gruppo Artiglieria Campale , di stanza a Civitavecchia e tra i compiti a noi assegnati c'era un servizio di guardia settimanale, con sorveglianza armata 24 ore su 24, alla polveriera sita nell'area del Centro tecnico militare chimico-fisico. Oggetto della sorveglianza è un grande serbatoio cilindrico, visibilmente vecchio di decine di anni, contenente aggressivi chimici, in particolare Yprite, il noto vescicante (in realtà non si tratta di un gas, ma di un liquido che viene nebulizzato all'atto dell'impiego) divenuto tragicamente famoso nel corso della Prima Guerra Mondiale. Nessun dubbio quindi che esistano in Italia depositi di armi chimiche.

Confermo inoltre che esiste un corso Nbc (Nucleare-Batteriologico-Chimico) che si tiene alla Cecchignola frequentato da ufficiali e sottufficiali, e inoltre un corso Nbc per soldati di leva che assegna la omonima specializzazione e che si svolge

presso il I Battaglione Nbc di stanza a Rieti.

Velerio Ricci

Roma

 
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