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LA PROVA - 2 giugno 1985
LA PROVA N.4
Editoriale

SOMMARIO: Editoriale del n. 4 de "La Prova", apparso sul "N.Radicali" con la data del 2 giugno ma in realtà uscito qualche giorno più tardi, in tempo per commentare, cioè, i risultati sia delle elezioni amministrative svoltesi il 12 maggio che del voto sul referendum per la scala mobile, tenutosi nei giorni 9 e I0 giugno. Il breve articolo dà conto con soddisfazione dei risultati delle due consultazioni, rilevando come, per la prima volta, appaia forse adeso possibile "liquidare il cosidetto 'caso italiano', la diversità che distingue e separa il nostro paese dalle democrazie occidentali. Sottolinea positivamente la nuova mobilità del voto - in particolare quello referendario - che fa dislocare gli elettori secondo scelte pragmatiche, e magari d'interesse, utilitaristiche, e non più secondo fedi ideologiche, di appartenenza.

Il numero 4 de "La Prova", sotto il titolo generale "Stato-partito o Stato di diritto?", conteneva scritti di Lorenzo Strik-Lievers ("PCI, bastione del regime"), Riccardo Sanchini ("Nuovi imprenditori e primato del potere"), Lorenzo Ornaghi ("Mario Paggi e il dio mortale"), oltre all'editoriale e ad una nota di A.B. di presentazione del testo di Ornaghi ("Liberali & Radicali").

(LA PROVA, Supplemento di discussione N. 4 - Notizie Radicali n. 135 del 2 giugno 1985)

Assieme al risultato elettorale del 12 maggio, la vittoria del "no" ha detto che è possibile superare i vecchi equilibri della partitocrazia italiana e porre fine ai condizionamenti e ai rituali ideologici che ne costituivano la caratteristica peculiare, e il vanto. Per la prima volta, si è visto che è possibile liquidare il cosiddetto "caso italiano", la "diversità" che separa il nostro Paese dalla altre democrazie occidentali. I comportamenti politici hanno cominciato ad essere leggibili con gli strumenti dell'"analisi sistemica" senza la mediazione delle interpretazioni ideologiche. La "forma" della democrazia di tipo occidentale ha dispiegato tutte le sue intrinseche possibilità, stritolando e mettendo in crisi le vecchie logiche "contenutistiche" e il provincialismo storicistico. "Votare" è divenuto funzione che obbedisce a parametri e variabili strutturalmente definibili, quali che siano le componenti "ideali" in gioco. Il cambiamento ha messo in crisi, prima che gli altri, il partito comunista. Come i

l Re della storia il Pci è ora "nudo", ha perso i veli e gli orpelli dietro i quali si mascherava e difendeva la propria "diversità/superiorità". Ma immediatamente, da ogni parte, è cominciata l'operazione di recupero: una operazione ambigua e sospetta, perché intesa ad una ricomposizione surrettizia di vecchi equilibri e di vecchi vizi. Per chi, fin dal tempo del divorzio, ha avviato la battaglia per denunciare e infrangere tale perniciosa "diversità", questo tentativo di recupero è inaccettabile e va sventato. Proprio in nome della democrazia. Occorre opporvisi con fermezza.

 
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