di Angiolo BandinelliSOMMARIO. Viviamo in un tempo di mutamenti, ma coloro che predicano oggi il nuovo sono gli stessi che ieri dicevano le cose che oggi condannano. Anche il cambiamento è sotto il segno degli interessi del Politico, e cioé, in Italia almeno, dei partiti. Nulla e nessuno può intaccarne le pretese, la filosofia stessa vive nella luce riflessa del "moderno principe". Così i partiti "si vedono spianata la strada al più sfrenato trasformismo". Abbandonate le ideologie, essi hanno disinvoltamente abbracciato pragmatismo ed efficientismo. Nel loro "fastfood" accolgono, senza problemi, tutto e il contrario di tutto. Adesso, essi aprono le porte al fascismo, sempre in nome dell'antifascismo: purché non si serciti, sul fascismo, alcun giudizio critico. Che è ciò, invece, di cui c'è più bisogno.
(LA PROVA, n.2, 2 giugno 1985 - Ripubblicato in "IL RADICALE IMPUNITO - Diritti civili, Nonviolenza, Europa", Stampa Alternativa, 1990)
Con nostro grande stupore, ci accorgiamo che coloro che predicano il nuovo sono gli stessi che ieri dicevano le cose che oggi condannano, gli stessi che portano le maggiori responsabilità di aver imposto il credo e le fedi oggi consumate. L'operazione che costoro vengono conducendo assume caratteri ambigui, eccitando la nostra diffidenza. Sempre meglio si palesa come operazione di schietto sapore politico, strumentale. Da promessa di liberazione, essa rivela un volto nuovamente, anche se diversamente, oppressivo. La ricerca di verità non vi ha niente a che fare, ancora una volta tutto è in subordine rispetto al primato del Politico.
Il Politico; cioè, in Italia, i partiti. Essi possono starsene tranquilli. Non c'è alcuno, all'orizzonte, che riesca a chieder loro qualche conto. Veri avversari non ve ne sono, in giro. Filosofi, intellettuali, politologi vivono di luce riflessa, alla corte del moderno principe. Il pensiero filosofico, quando è più avanzato, si professa "debole" e si chiude nell'estetismo e nell'intimismo, avallando la tesi che il post-moderno, anche per essere riformatore, debba abbandonare le pretese di governo sul reale. Così i partiti, la partitocrazia, si vedono spianata la strada al più sfrenato trasformismo. Hanno abbandonato i vecchi abiti di scena, sontuosi e barocchi, per indossare il doppio petto del manager. L'operazione è stata rapidissima e indolore, nessuno se ne è accorto. Così l'efficientismo e il pragmatismo, il riformismo e il liberalismo hanno assunto la stessa funzione delle scomparse ideologie, sono perfettamente funzionali al controllo sociale, esercitato in nome degli eterni padroni. E assolvono a qu
esta funzione anche meglio delle ideologie. Non danno fastidio, sono duttili, accolgono, nel loro fast food, tutto. Adesso, anche il fascismo. Quello stesso fascismo che per un quarantennio è stato l'avversario da distruggere, il nemico sempre evocato, il bersaglio di ogni polemica.
Una operazione indegna, che ricicla il vecchio antifascismo. Ancora una volta, quello che viene evitato è la rilettura critica. L'antifascismo cancellò dalla storia del paese il dramma, il problema stesso del fascismo; lo dichiarò sepolto sotto l'epopea e i canti popolari della Resistenza, proclamò compiuto l'avvento della democrazia. Decretò l'ostracismo contro chi avesse dubitato, e su di esso edificò il proprio dominio. Oggi dà un colpo di spugna sul passato, fingendo accantonate e dimenticate tutte le cose dette fino a ieri, e concede il visto di ingresso a chiunque si avanzi a chiederlo. In cambio d'una nuova complicità e in nome, ancora una volta, della continuità. Noi crediamo invece alle discriminanti storiche. Non per demonizzare ma per capire, per collocare, con paziente discernimento, al loro giusto posto attori, episodi, fenomeni: per riconoscere sotto lo scorrere del flusso la varietà dei volti, la loro espressione, il senso delle loro parole, quanto essi hanno voluto lasciarci non in deposito,
ma come seme fruttifero. Solo con un'opera di scavo di questo genere, pensiamo, sarà possibile mettere a fuoco gli elementi vitali e necessari, i lineamenti esatti di un riformismo e di un liberalismo che siano moderni non per referto anagrafico, ma per chiarezza di accenti.