di Marco PannellaSOMMARIO: Enzo Tortora deve essere condannato perché è innocente. O si condanna tortora o si scredita tutta l'istruttoria dei giudici napoletana e i loro pentiti.
(REPORTER, 15 luglio 1985)
La vicenda Tortora si è risolta nelle prime due settimane del suo arresto, quando su di lui centrando tutti i fuochi della ribalta e poi con continui falsi presentati come violazione del segreto istruttorio si garantì al blitz la sua eco e il suo valore di "processo del secolo" e quando un pugno di magistrati, di inviati speciali e di cronisti e di super-pentiti compresero la funzione di traino e di straordinarietà che potevano dare con quel nome all'avventata e affrettata operazione di massa.
Da allora l'innocenza di Tortora, che i magistrati non potevano scoprire sul piano fattuale dei riscontri è divenuta l'ossessionante motivo della necessità della sua condanna. Scoprendo una persona, pur membro del mondo dello spettacolo, dalla vita assolutamente austera, si è allora impedita qualsiasi vera inchiesta su di lui, sia giornalistica sia giudiziaria. Ci si è posti insomma in una situazione infernale. O Tortora condannato o il blitz screditato con i suoi pentiti ed i suoi cronisti, con i suoi eroi magistrati o meno dinanzi all'opinione pubblica e quella della stessa giustizia nella sua maggioranza.
Lo ripetiamo dunque: Tortora doveva essere condannato perchè è scandalosamente innocente e per affrancare quella parte della magistratura napoletana che, con questo blitz, ha coperto l'immobilismo sui grandi processi al terzo livello di tutte le camorre, terroristiche, politiche, malavitose ed imprenditoriali. Il processo è così irrimediabilmente divenuto politico, anche per gli interessi politici che ormai, lo si volesse o no in partenza, tutela e copre.
Ed è per questo che da questo momento perfino i superpentiti che non volessero più tacere e volessero usare l'autorità irresponsabilmente conferita loro in questa occasione per raccontare verità o fandonie sulla realtà di Ascoli, del caso Cirillo, degli intrallazzi e delle complicità tra imprenditori, classe politica, malavita e terroristi a Napoli attorno alle decine di migliaia di miliardi, questi pentiti dunque rischiano davvero la vita.