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Bandinelli Angiolo - 15 ottobre 1985
PPP & I RADICALI
di Angiolo Bandinelli

SOMMARIO: In vista del Congresso del partito, "La Prova", supplemento a "Notizie Radicali", pubblicava una antologia di scritti di P.P. Pasolini relativi ai suoi rapporti con i radicali e con Marco Pannella. Ricorrevano infatti dieci anni dalla morte del poeta. Precedevano e introducevano la raccolta una nota introduttiva e un editoriale di Angiolo Bandinelli. La nota prendeva atto degli scarsi risultati conseguiti con il supplemento, dimostratosi "impari al bisogno", al tentativo cioè di avviare un canale di riflessione teorica e di dibattito di qualche ampiezza aperto a radicali e non. Purtroppo, avvertiva Bandinelli, "anche l'area radicale pare condannata a vivere in quella stessa monodimensionalità che caratterizza le forze politiche". Nell'editoriale, presentando i testi di Pasolini, Bandinelli si chiedeva se essi fossero, al momento della ripubblicazione, ancora di attualità:"che ne faremo di quel 'processo' alla classe dirigente DC che Pasolini investì del suo terribile j'accuse?" Nella contraddittor

ità delle possibili risposte e nelle stesse contraddizioni che avvolgevano il partito radicale, "in bilico tra un 'vecchio' che non si è fatto nuovo e un 'nuovo' che non prende forma", nascono - era la conclusione - "gli interrogativi del congresso di Firenze".

(LA PROVA N. 7, 15 ottobre 1985)

(Con questo numero, si conclude l'esperimento de »La Prova . E' difficile trarre un consuntivo. Il tentativo di avviare e fare crescere un canale, uno strumento di dibattito, di riflessione teorica, di analisi non legata alla cronaca e all'attualità, aperto a radicali e non radicali, è certamente fallito. Nessuno, tra i tanti interpellati perché inviassero un contributo, ha risposto positivamente; nessuno, cui fosse lecito e doveroso affidare parte dello scarso spazio disponibile, si è fatto vivo per autonoma, spontanea attenzione e volontà.

Così, il dibattuto è stato nutrito con interventi surrettizi, estrapolazioni di archivio e ripescaggi: forse anche tempestivi, ma certo non originali né inediti. Chi consulterà, o almeno rileggerà, questi numeri de »La Prova potrà trarne, siamo certi, nutrimento e motivi di interesse. Ma lo strumento in sé si è dimostrato troppo impari al bisogno, mentre d'altra parte si può anche forse dire che il massimo di capacità di riflessione e di elaborazione teorica radicale deve essere rintracciato negli interventi e nelle prese di posizione provenienti dalle strutture e dai soggetti politicamente impegnati nel e a fianco del partito. Il sospetto è almeno lecito: la ricca massa di questi interventi non suscita nel partito (e fuori) alcuna riflessione teorica, alcuno stimolo di elaborazione. Anche l'area radicale, insomma, pare condannata a vivere in quella stessa monodimensionalità che caratterizza le forze politiche e rende così strumentale il dibattito politico.

Può darsi anche, invece, che tanto pessimismo sia ingeneroso e cieco.

Forse, con strumenti più adeguati, ricchi e capaci di aprirsi a più ampi strati di lettori, stimoli e risposte potrebbero sollevarsi e testimoniare di una vitalità non estinta, magari anche significativa).

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Pier Paolo Pasolini: una presenza ancora scomoda o un ritorno inattuale? A dieci anni dalla sua scomparsa, nel gran fiorire di rievocazioni e di celebrazioni, è stata sostenuta l'una e l'altra tesi. Figura contraddittoria quant'altra mai, Pasolini può apparire oggi enigmatico o semplicemente incomprensibile, un volto definitivamente illeggibile, corroso e consumato dal tempo. E l'impressione resta anche leggendo queste pagine de »La Prova , che sono interamente a lui dedicate.

Noi abbiamo raccolto quasi tutti gli scritti di Pasolini che esplicitamente si riferissero al Partito radicale, ai suoi rapporti con esso o direttamente con Marco Pannella. Era innanzitutto un omaggio doveroso e dovuto.

Non dimentichiamo che il poeta e saggista moriva, dieci anni fa, due giorni prima che egli potesse mantenere la promessa di intervenire al congresso radicale, che si teneva, anche quell'anno, a Firenze. Naturalmente, tra i testi che riportiamo vi è (alle pagine II e III) quello che egli avrebbe detto dalla tribuna congressuale e che poté invece solo essere letto da altri, dinanzi ad una platea sconvolta e muta alla notizia di tanto tragica morte.

Accanto, pubblichiamo poi un autentica rarità: la risposta di Pasolini (la troverete a pag. III) alle domande poste dai radicali ad un nutrito gruppo di intellettuali in occasione di una campagna elettorale agli inizi degli anni '60. E' un testo nel quale già si ritrovano in nuce molte delle idee che Pasolini sviluppò successivamente, con ben altra ampiezza di argomentazioni. Dentro questi due terminali si collocano parecchi altri scritti nei quali si articola il dialogo tra Pasolini e i radicali. Dai testi raccolti su »La Prova (e dagli altri, pur significativi, che per ragioni di spazio abbiamo dovuto tralasciare) si vede quanto ricco e profondo esso sia stato, e stupisce anzi che nessuno, in tante rievocazioni, vi abbia posto l'attenzione che esso merita, per i temi che vi furono dibattuti, per i problemi che vi furono sollevati, persino in forma ossessiva, per l'epilogo drammatico che lo segnò.

Il Pasolini che veniva denunciando la crisi antropologica nella quale l'Italia consumava l'intero suo retaggio contadino e arcaico, il Partito radicale che da parte sua denunciava le insufficienze dei partiti postfascisti, e in primo luogo della sinistra »progressista , a riconoscere e a farsi carico delle esigenze di libertà, di giustizia - e, diremmo, di nuovi »linguaggi che quella crisi faceva esplodere dovevano fatalmente incontrarsi. Incontro e dialogo erano inevitabili, oltre le differenze che separavano il tenace »marxista e il gruppo libertario, e ci si può solo meravigliare che allora non fosse stato previsto e che oggi venga ancora sottaciuto.

Di fronte a questi testi meritevoli di ben altra attenzione, c'è comunque subito da domandarsi se il dibattito che essi testimoniano sia ancora di attualità, se possa dirci ancora qualcosa. Dieci anni sono vertiginosamente passati, e talvolta il suono stesso delle parole di ieri da meraviglia. E' attuale l'ossessione del paleofascismo e del neofascismo, protagonisti di una dialettica così serrata circa le diverse loro responsabilità storiche? E che ne faremo di quel »processo alla classe dirigente dc che Pasolini investì del suo terribile j'accuse? Rispondere a questi, ed altri, temi di cui si intravvedono in queste pagine i netti contorni è compito troppo grande per noi. Forse, già al congresso che si apre tra pochi giorni a Firenze, qualche indicazione potrà già essere data: un motivo di interesse in più per questo appuntamento.

E' certo utile che l'occasione non vada perduta. La memoria degli anni trascorsi, dei cambiamenti che si sono avuti, della crescita del paese e delle sue sconfitte, va svanendo in fretta e, come nelle pellicole cinematografiche troppo vecchie, i colori stessi si trasformano e diventano irriconoscibili. L'analisi del '68 sta diventando processo al '68. La classe politica (partitocratica), che ha evitato il processo pasoliniano, lo intenta oggi, o cerca di intentarlo, a una intera generazione. La stessa Dc, con un'eccezionale ripresa, è tornata salda in sella, mentre la sinistra è in rotta, assieme ai relitti di quel pasolinismo che le si rivoltò contro. Di quel tempo difficile sembra essere restato in piedi il solo Partito radicale, in bilico tra un »vecchio che non si è mai fatto nuovo e un »nuovo che non prende forma. Da questa contraddizione nascono, ci pare, gli interrogativi del congresso di Firenze: a dieci anni giusti dalla morte di Pier Paolo Pasolini.

 
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