Fatti e misfatti, uomini, banche e giornali, generali e terroristi, furti e assassinî, ricatti e potere, secondo i documenti dell'inchiesta parlamentare sulla loggia di Gellidi Massimo Teodori
SOMMARIO: "Molto si è scritto della P2 e di Gelli ma la verità sulla loggia e sul suo impossessamento del potere nell'Italia d'oggi è stata tenuta nascosta. Contrariamente a quanto afferma la relazione Anselmi votata a maggioranza a conclusione dell'attività della Commissione parlamentare d'inchiesta sulla P2, la Loggia non è stata un'organizzazione per delinquere esterna ai partiti ma interna alla classe dirigente. La posta in gioco per la P2 è stata il potere e il suo esercizio illegittimo e occulto con l'uso di ricatti, di rapine su larga scala, di attività eversive e di giganteschi imbrogli finanziari fino al ricorso alla eliminazione fisica."
La "controstoria" di Teodori e una ricostruzione di fatti e delle responsabilità sulla base di migliaia di documenti; è la rielaborazione e riscrittura della relazione di minoranza presentata dall'autore al Parlamento al termine dei lavori della Commissione parlamentare d'inchiesta. Sono illustrati i contorni dell'associazione per delinquere Gelli-P2; si fornisce l'interpretazione dell'attività eversiva dei servizi segreti e quella dei Cefis, dei Sindona e dei Calvi; si chiarisce il ruolo della P2 nel "caso Moro" e nel "caso d'Urso", nella Rizzoli e nell'ENI, nelle forze Armate e nella Pubblica Amministrazione. Sono svelati gli intrecci con il Vaticano, il malaffare dei Pazienza, dei Carboni e il torbido del "caso Cirillo".
(SUGARCO EDIZIONI - Dicembre 1985)
CAPITOLO V - ENRICO BERLINGUER: INGENUO O PRIGIONIERO DEGLI AMICI DELLA P2?
Gli esponenti dei partiti di governo DC, PSI, PSDI, PRI, PLI insieme al MSI hanno dato ad intendere di ignorare la vicenda piduistica e gelliana. Questo poteva essere comprensibile dal momento che tanti e tali erano stati i rapporti fra quei partiti con la P2 o almeno con i suoi esponenti che la migliore difesa poteva essere fatta professando la disinformazione. Ma questo atteggiamento si è ripetuto anche quando ha deposto di fronte alla commissione parlamentare il segretario del PCI, Enrico Berlinguer. Con il leader comunista non è stato però il caso di un esponente della maggioranza o del governo che doveva difendere compromissioni di partito o di gruppo ma del più autorevole rappresentante dell'opposizione, a capo del partito che avrebbe dovuto contrapporsi frontalmente alle trame della P2 da un decennio. Se fosse stato vero che il filo portante della P2 era rappresentato dall'anticomunismo, era impossibile che il capo del PCI non se ne fosse accorto e non avesse avuto notizie di una congiura o di un
movimento di così ampia portata. Eppure anche le sue dichiarazioni sono state improntate al medesimo stupore e alla medesima confessione di ignoranza sulla P2 degli esponenti dei partiti ampiamente compromessi.
Affermava Enrico Berlinguer nel corso dell'audizione:(1) »Gli elementi di conoscenza della P2 sono quelli che risultano dalle notizie pubblicate dai giornali ; e ancora: »Le mie conoscenze, così come è nella generalità degli italiani e come, naturalmente, in gran parte dei politici italiani, derivano da quella che era l'informazione della stampa e della vita politica . Alla richiesta poi di precisare quando fosse venuto a conoscenza dei fatti riguardanti la P2, affermava: »Devo dire che ne sono venuto a conoscenza dai giornali nel momento in cui si è cominciato a parlare degli elenchi consegnati dai magistrati all'onorevole Forlani, allora presidente del Consiglio. Credo che fossimo nella primavera estate del 1981 .
Eppure non erano stati pochi né marginali i momenti nei quali Gelli e alti esponenti della P2 erano venuti a contatto con la struttura ufficiale comunista. Non poteva essere sfuggito alla segreteria nazionale e all'oculatissimo centro che si occupava dei problemi dello Stato che Licio Gelli, in prima persona, aveva scritto a »l'Unità il 16 maggio 1976 su carta intestata di »maestro venerabile della Loggia Propaganda 2, rivendicando meriti di amicizia tra i comunisti della sua città e inviando un messaggio mafioso al quotidiano del PCI. Berlinguer non era a conoscenza di questi trascorsi così come si mostrava all'oscuro di tutti i vari contatti che in questo o in quel settore uomini autorevoli del suo partito avevano intrapreso con uomini del vertice piduista.
Calvi con l'Ambrosiano aveva finanziato abbondantemente il PCI con trattative che non potevano essere state delegate a qualche »esperto di secondo piano, data la rilevanza della questione sia per l'entità della cifra che per la natura dell'interlocutore ben conosciuto come facente parte del sistema sindoniano vatican massonico. Nonostante ciò Berlinguer dichiarava: »So in termini molto generali che vi erano rapporti tra il Partito comunista e diversi istituti di credito, tra cui anche il Banco Ambrosiano... Ripeto, di queste operazioni non conoscevo i particolari, ma soltanto la necessità in cui si trovava la nostra amministrazione di ricorrere ai prestiti. Evidentemente i nostri amministratori hanno trovato conveniente contrarre anche un rapporto di credito con il Banco Ambrosiano, conveniente dal punto di vista puramente finanziario .
L'apertura di credito alla tesoreria centrale del PCI da parte di Calvi era iniziata nel 1980 ma i rapporti fra uomini del vertice comunista e la »banca dei preti e della P2 preesistevano. Fin dal 1978 Calvi aveva allargato i cordoni della sua borsa in favore di »Paese Sera in crisi finanziaria e i contatti fra l'incaricato della stampa e propaganda comunista, Adalberto Minucci, e il presidente dell'Ambrosiano si erano fatti intensi. Non deve essere destituito di fondamento quel che Gelli scrive nel suo memoriale n. 2: »... il finanziamento da Calvi a "Paese Sera" non è presunto, ma reale: una sera Calvi giunse ad un nostro appuntamento a cena con circa mezz'ora di ritardo, pur essendo per abitudine puntualissimo e si giustificò dicendomi di aver avuto una discussione con un certo sig. Minucci, credo direttore amministrativo di "Paese Sera", con il quale si era recato alla sede del PCI, in via delle Botteghe Oscure, ove gli era stato detto che il finanziamento di 18 miliardi, già scaduto, non poteva esserg
li rimborsato, e gli era stato proposto di trasformarlo in una sua compartecipazione .
Per gli ingenti debiti di »Paese Sera , che oltrepassavano i venti miliardi, sommati a quelli del partito, il PCI aveva dato in garanzia una fidejussione della Unione Immobiliare Centrale, la società che raggruppa le proprietà immobiliari comuniste compreso il palazzo delle Botteghe Oscure, sede centrale del PCI. A questo proposito, di fronte alla commissione, Berlinguer precisava: »In generale mi occupo poco di queste questioni, quindi non so esattamente quali possano essere stati i rapporti di "Paese Sera" e della società che ne era proprietaria col Banco Ambrosiano . Allargando poi il discorso a tutta la questione dell'editoria in riferimento ai rapporti con i piduisti della Rizzoli e in particolare con Tassan Din, Berlinguer ammetteva che »i nostri compagni addetti ai settori della propaganda e dell'informazione avevano contatti normali con editori e ciò era in relazione alle sollecitazioni che venivano dai responsabili dell'editoria per ciò che si riferiva alla legge, alla sua approvazione e poi alla
sua applicazione .
L'attenzione e la vigilanza degli organi del PCI nei settori militari e della sicurezza sono sempre state particolari in relazione alla delicatezza della questione. L'esponente della direzione e poi della segreteria comunista, senatore Ugo Pecchioli, aveva rivolto da molti anni, durante il decennio di sviluppo della P2, un'attenta cura alla politica dei servizi di sicurezza determinando alla metà degli anni Settanta una svolta negli indirizzi del suo partito e stabilendo buoni rapporti con gli apparati dello Stato in questo campo. A ciò riferendosi, Berlinguer qualificava i contatti avuti con gli uomini dei servizi segreti prima della riforma del 1977 (SID) e dopo (SISMI e SISDE) come »normali e confinati ai »parlamentari addetti , cioè ai membri delle commissioni Interni e Difesa del Parlamento.
Sulle nomine dei generali piduisti, Santovito al SISMI e Grassini al SISDE, il segretario del PCI precisava: »Per quanto riguarda la questione di nostre interferenze relativamente alle nomine di dirigenti dei servizi segreti e, più in generale, delle forze armate, posso ricordare che durante il periodo dei governi fondati sulla maggioranza di solidarietà nazionale noi non indicammo mai dei nomi, come nomi da noi proposti per le nomine degli alti gradi dei servizi segreti e delle forze armate. Vigeva invece una prassi sulla base della quale il presidente del Consiglio manifestava le sue intenzioni ai rappresentanti dei partiti della maggioranza, che potevano sollevare obiezioni . Anche su questo nodo il segretario del PCI ribadiva la propria ignoranza dell'influenza P2: »Non avevamo assolutamente conoscenza che quelli che poi risultarono essere affiliati alla P2 come capi dei servizi e come responsabili di certi settori delle forze armate potessero essere indicati come responsabili di attività occulte e cont
rarie agli interessi fondamentali dello Stato... Ritengo che certamente l'assunzione di quei personaggi ai vertici dei servizi di sicurezza fu determinata anche dalla loro appartenenza alla P2 . »Non so quando sia cominciata questa infiltrazione di elementi della P2 fino ai più alti gradi delle forze armate e dei servizi di sicurezza. Quindi, bisognerebbe andare a verificare caso per caso quando questi elementi hanno cominciato a far parte dell'organizzazione .
Come si può valutare dalle dichiarazioni riportate, l'atteggiamento di Enrico Berlinguer non è al fondo diverso da quello degli altri esponenti. L'autorevole segretario del PCI è arrivato alla testa del partito all'inizio degli anni Settanta, ricoprendo così un ruolo di grandissima responsabilità in tutto il decennio di operatività, con ritmi crescenti, della P2. Durante quegli anni la P2 più volte è stata chiamata in causa per fatti eversivi; il vecchio rapporto fra Gelli e il PCI torna ad apparire all'orizzonte nel 1972, nel 1976 e nel 1979, come vedremo in seguito. Sembra impossibile che il capo del PCI non abbia avuto diretta notizia e non sia stato investito della questione. Allora la spiegazione di questo che è un vero »caso , di natura diversa ma non meno grave delle menzogne degli esponenti dei partiti di maggioranza, può essere soltanto di due tipi. La prima è che Berlinguer non abbia detto il vero affermando di ignorare tutto fino a Castiglion Fibocchi per coprire un imbarazzo non altrimenti affro
ntabile, oppure che abbia agito ispirato da un'effettiva ingenuità o incapacità politico culturale di comprendere un fenomeno così grave. La seconda, invece, è che il segretario del grande partito italiano sia stato volutamente tenuto all'oscuro di tutto quanto stava accadendo e in particolare dei rapporti che di volta in volta i diversi esponenti comunisti stabilivano con i piduisti in settori come l'informazione e i servizi segreti. Dichiarava infatti Berlinguer: »Nessuno mi ha mai parlato di questa vicenda . Questa interpretazione di un Berlinguer prigioniero del suo stesso Palazzo e degli uomini che lo hanno circondato è forse la più vicina alla realtà: ma non depone a sostegno della politica di »rigore del PCI e in particolare di quella del suo segretario nei confronti della P2.
NOTA
1. Audizione di Enrico Berlinguer alla Commissione P2 del 24 gennaio 1984.