L'INTERVENTO DELLA P2 SUGLI EQUILIBRI POLITICIFatti e misfatti, uomini, banche e giornali, generali e terroristi, furti e assassinî, ricatti e potere, secondo i documenti dell'inchiesta parlamentare sulla loggia di Gelli
di Massimo Teodori
SOMMARIO: "Molto si è scritto della P2 e di Gelli ma la verità sulla loggia e sul suo impossessamento del potere nell'Italia d'oggi è stata tenuta nascosta. Contrariamente a quanto afferma la relazione Anselmi votata a maggioranza a conclusione dell'attività della Commissione parlamentare d'inchiesta sulla P2, la Loggia non è stata un'organizzazione per delinquere esterna ai partiti ma interna alla classe dirigente. La posta in gioco per la P2 è stata il potere e il suo esercizio illegittimo e occulto con l'uso di ricatti, di rapine su larga scala, di attività eversive e di giganteschi imbrogli finanziari fino al ricorso alla eliminazione fisica."
La "controstoria" di Teodori e una ricostruzione di fatti e delle responsabilità sulla base di migliaia di documenti; è la rielaborazione e riscrittura della relazione di minoranza presentata dall'autore al Parlamento al termine dei lavori della Commissione parlamentare d'inchiesta. Sono illustrati i contorni dell'associazione per delinquere Gelli-P2; si fornisce l'interpretazione dell'attività eversiva dei servizi segreti e quella dei Cefis, dei Sindona e dei Calvi; si chiarisce il ruolo della P2 nel "caso Moro" e nel "caso d'Urso", nella Rizzoli e nell'ENI, nelle forze Armate e nella Pubblica Amministrazione. Sono svelati gli intrecci con il Vaticano, il malaffare dei Pazienza, dei Carboni e il torbido del "caso Cirillo".
(SUGARCO EDIZIONI - Dicembre 1985)
CAPITOLO XV - DALL'ENI PETROMIN ALL'ENI AMBROSIANO.
L'INTERVENTO DELLA P2 SUGLI EQUILIBRI POLITICI
»Il più grave scandalo del sistema per »comperare lo Stato
Tra il materiale sequestrato a Castiglion Fibocchi il 17 marzo 1981, la busta intitolata »contratto ENI Petromin (1) è una delle più voluminose. Contiene molti documenti ufficiali ma non pubblici del contratto fra l'ENI e il corrispondente ente petrolifero di Stato dell'Arabia Saudita, la Petromin, che avrebbe dovuto assicurare all'Italia la fornitura di grande quantità di petrolio per un quinquennio, a partire dal 1979.
Il contratto stipulato nel giugno 1979 era accompagnato dal pagamento di una tangente che avrebbe reso alla società percettrice circa duecento milioni di dollari dell'epoca per il periodo considerato. Nell'archivio gelliano, oltre alle carte ufficiali, furono ritrovati anche uno scritto valutativo assai bene informato, »Il più grave scandalo del sistema , e un diario dei momenti cruciali della vicenda redatto dal ministro Gaetano Stammati in cui erano puntualizzati i vari rapporti ad alto livello e nel Consiglio dei ministri per giungere alla definizione dell'affare.
Lo scritto sullo »scandalo di Gelli o da lui ispirato è molto esplicito: »Siamo in procinto di denunciare un atto di corruzione che può essere definito come il più grave del secolo... Se nessuno dovesse prendere provvedimenti allora dovremmo dire che sarebbe ben venuta una sollevazione popolare o addirittura una riforma costituzionale di forza per ripulire e rimoralizzare l'Italia... . Anche il meccanismo della tangente e la sua destinazione erano ipotizzati in quel documento, redatto probabilmente tra l'estate e l'autunno 1979 quando il contratto era stato firmato e cominciavano a emergere i suoi risvolti scandalosi: »L'affare più redditizio del secolo comincia a prendere forma all'interno della direzione del PSI, ovviamente per iniziativa di uomini dello stesso partito che vi hanno tirato dentro, in un secondo tempo, per motivi di necessità contingenti ed anche di copertura, anche elementi della DC e di altri partiti perché quando si tratta di soldi nessuno guarda più al colore della pelle... Il fatto è c
he si dava per scontato che della tangente quello che sarebbe rimasto dopo aver soddisfatto con l'1,20% il presidente della Petromin e con l'1,50% il principe Fahd Al Saud, e cioè il 4,40%, sarebbe ritornato all'ENI a disposizione dei suoi dirigenti e dei politici... .(2)
Che fossero vere o false, o parzialmente vere, le ipotesi avanzate nel documento, certo è che l'affare ENI Petromin con la relativa tangente ha influenzato la scena politica italiana per lungo tempo Si è indagato e se ne è discusso in sede parlamentare, con un'ìndagine conoscitiva e poi con procedimenti dell'Inquirente, cioè della commissione che dovrebbe amministrare la giustizia per i ministri quando commettono reati nell'esercizio delle loro funzioni. Ed è stata proprio la scoperta delle carte gelliane, inedite e significative, ad avviare il procedimento parlamentare.(3)
Quali che siano stati gli esiti formali di indagini e procedimenti, è nostra opinione che l'affare ENI Petromin sia stato in gran parte opera del collegamento fra elementi della P2 e uomini di partito e di governo, il più tipico, oltre che il maggiore, dei casi di appropriazione privata di risorse pubbliche. Insieme con l'affare Rizzoli, l'affare ENI Petromin ha rappresentato nel 1979 la più genuina espressione del modo in cui una banda di personaggi collocati in diversi gangli essenziali dello Stato governo, burocrazia ministeriale, enti a partecipazione statale, stampa e collegati tra loro dal vincolo piduistico, imposti e realizzi una gigantesca operazione di corruzione in misura minore a proprio vantaggio, ed in misura maggiore nell'interesse illegittimo di politici.
Ricapitoliamo le tappe principali della vicenda.
Alla fine di febbraio 1979 iniziano le trattative diplomatiche su impulso del segretario generale del ministero degli Esteri, Malfatti di Montetretto, fra l'Italia e l'Arabia Saudita per una fornitura di petrolio; il 12 giugno viene firmato il contratto da parte del presidente dell'ENI, Giorgio Mazzanti il 30 giugno il presidente del Consiglio Andreotti presenta le dimissioni dopo le elezioni politiche del 7 giugno; il 10 luglio viene formalizzato un contratto di mediazione fra AGIP e la società panamense Sophilau per il pagamento di una provvigione del 7 per cento che avrebbe fruttato circa 120 miliardi di lire l'anno; lo stesso giorno l'ENI chiede l'autorizzazione al pagamento della tangente al ministero del Commercio estero e questi all'Ufficio italiano cambi; il 24 luglio fallisce il tentativo di formare il governo da parte del presidente incaricato Craxi; il 31 luglio si riuniscono Andreotti, Mazzanti e Bisaglia per discutere del contratto e dell'intermediazione.
Il 12 agosto l'onorevole Francesco Cossiga forma un governo di coalizione DC PSDI PLI, l'8 ottobre Gelli incontra Mazzanti all'Excelsior facendogli vedere da lontano un fascicolo nel quale ci dovrebbero essere, a detta di Gelli, i documenti sui beneficiari italiani della tangente; subito dopo comincia a circolare la notizia dell'incontro fra Gelli e Mazzanti, auspice l'onorevole Emo Danesi, collaboratore di Bisaglia; il 19 ottobre la notizia di »odore di tangente appare ne »Il Mondo ; il 14 novembre il Parlamento promuove un'indagine conoscitiva; il 5 dicembre i deputati radicali avanzano una denuncia dei ministri coinvolti all'Inquirente, lo stesso giorno l'Arabia Saudita blocca la fornitura del greggio all'Italia; il 15 marzo il presidente dell'ENI, Mazzanti, si dimette; nello stesso periodo si forma il secondo governo Cossiga con la partecipazione diretta del PSI.
Consideriamo quindi il ruolo dei personaggi implicati nel caso, i cui nomi sono stati rinvenuti nelle liste della P2 (tra parentesi il numero della tessera):
Gaetano Stammati (tessera P2, 1636), ministro DC del Commercio estero del governo Andreotti. Si adoperò per la realizzazione tecnica dell'accordo che autorizzava il pagamento della tangente su designazione del presidente del Consiglio. Autore del diario ritrovato presso Gelli;
Lorenzo Davoli (1891), dirigente della Rizzoli e contemporaneamente capo della segreteria tecnica del ministero del Commercio estero. Istruì insieme a Battista la pratica per il pagamento della tangente Sophilau;
Giuseppe Battista (1623), segretario particolare del ministro Stammati col quale lavorava da quando era presidente della Banca Commerciale. Vecchio uomo di fiducia di Ortolani e in rapporto stretto con Gelli. Istruì con Davoli la pratica di autorizzazione all'operazione per pagare la tangente. Gelli disse a Battista: »Sta' attento a quello che dici, sta' attento a quello che fai . Autore della prima stesura del diario di Stammati ritrovato presso Gelli;
Luigi Bisignani (1689), collaboratore particolare nella segreteria del ministro Stammati. Partecipò alla istruzione della pratica per il pagamento della tangente;
Giorgio Mazzanti (2115), presidente dell'ENI, si iscrisse alla P2 il 30 novembre 1979. Il 9 ottobre dello stesso anno corse ad incontrare Gelli abbandonando precipitosamente una riunione dell OPEC a Vienna. Si pose sotto la protezione del maestro venerabile che incontrò ripetutamente tra il dicembre '79 e il marzo 1980 per avere consigli e per attivare una campagna di stampa in favore del contratto. Fu difeso decisamente dal »Corriere della Sera ;
Leonardo Di Donna (2086), vicepresidente dell'ENI. A suo dire venne minacciato da Gelli perché si oppose alla tangente del contratto. Entrò nella Loggia il primo gennaio 1980. Mantenne rapporti stretti con Calvi e fra Tradinvest e Ambrosiano;
Gioacchino Albanese (2210), all'epoca vicepresidente dell'ANIC, già presidente di una holding del costruttore Genghini (1627). Fece tentativi per giustificare la tangente con Vittorio Emanuele di Savoia (1621) e con Genghini. Entrò nella P2 su presentazione di Mazzanti e di Gelli;
Mario Genghini (1627) industriale, in rapporti di affari con l'Immobiliare, l'ENI, il Banco Ambrosiano e l'Arabia Saudita. Non offrì copertura per una giustificazione araba della tangente;
Emo Danesi ( 1916), deputato DC, collaboratore del ministro Bisaglia. Presentò Mazzanti a Gelli. Partecipò attivamente all'indagine conoscitiva del Parlamento sull'ENI-Petromin prima che l'affare P2 scoppiasse;
Giorgio Zicari (2140), capo ufficio stampa del gruppo Monti Nei suoi uffici arrivò un dossier con il testo completo del contratto ENI Petromin compresi gli allegati segreti;
Ruggero Firrao (1609), direttore generale del Commercio estero Come direttore dell'Ufficio Italiano Cambi autorizzò il pagamento della tangente. Presentò Umberto Ortolani all'onorevole Rino Formica;
Francesco Malfatti di Montetretto (2099), segretario generale del ministero degli Esteri. Aprì la strada all'accordo ENI Petromin dando istruzione all'ambasciatore Solera per i contratti con l'Arabia Saudita. Partecipò a una riunione sul »caso il 13 agosto con Cossiga, Bisaglia, Stammati e il ministro Siro Lombardini;
Giuseppe Santovito (1630), capo del SISMI . Inviò il colonnello Stefano Giovannone in Medio Oriente per aprire la strada al contratto con l'Arabia Saudita;
Stefano Giovannone, colonnello del SISMI membro dell'Ordine di Malta, come Umberto Ortolani. Accusato di avere incassato 750.000 dollari per la prima tranche della tangente per passarli all'OLP, dimostrò l'infondatezza dell'accusa;
Licio Gelli (1711), maestro venerabile della P2. I documenti essenziali della tangente (AGIP Sophilau ministro Commercio estero Unione Italiana Cambi Mazzanti), tra cui l'inedito diario di Stammati e la nota »Il più grave scandalo del sistema , vengono rinvenuti nel suo archivio. Convocò tramite Danesi il presidente dell'ENI Mazzanti l'8 ottobre 1979 all'Excelsior. Attivò una campagna stampa in favore del contratto con il »Corriere della Sera ;
Umberto Ortolani (1622) al vertice della P2 insieme con Gelli, dignitario dei Cavalieri di Malta. Già consigliere dell'AGIP mineraria. Presunto garante dell'intera operazione delle tangenti, a proposito delle quali fu chiamato dal presidente Andreotti. Cliente di riguardo della Banca Pictet di Zurigo per la quale transitò la tangente. Mobilitò il »Corriere della Sera , da consigliere di amministrazione della Rizzoli, per una campagna a favore del contratto ENI Petromin e sulla liceità della tangente.
Non può essere una coincidenza che tutti, proprio tutti, gli uomini che furono determinanti per la realizzazione dell'affaire, fossero della P2. Senza l'iniziativa diplomatica del segretario generale della Farnesina, Malfatti di Montetretto, e l'operoso intervento nei paesi arabi degli uomini dei servizi segreti come Giovannone, con il benestare di Santovito, il contratto non avrebbe potuto essere stipulato. Nel momento delle autorizzazioni tecniche, Stammati, ministro del Commercio estero, con l'équipe composta da Battista, Davoli e Bisignani fu risolutore per effettuare il contratto con una velocità e un'efficacia ignote alla burocrazia italiana. Singolare poi è stato il corso della tangente: non potendo pagare l'ENI, furono trovati rapidissimamente i modi per far compiere operazioni di anticipazioni a finanziarie estere (la Tradinvest dell'AGIP) al fine di trasferire miliardi alla società percettrice della tangente Sophilau di ignoti proprietari. E furono ancora Stammati, Mazzanti e Firrao, col beneplacit
o del presidente del Consiglio Andreotti, che consentirono tali irrituali operazioni.
Quindi, l'affare ENI Petromin è in pieno un'operazione della rete P2 e non solo di alcuni piduisti. La manovra, che avrebbe portato in tasche ignote centinaia di miliardi, con il rientro in Italia di una parte della gigantesca tangente trascende i singoli piduisti per configurarsi come un progetto di potere non solo finanziario. Secondo la definizione di Gelli si trattava del »più grave scandalo del sistema al fine di corrompere tutto e arrivare a »comperare lo Stato . Né Stammati, né Mazzanti, né Malfatti di Montetretto potevano avere un obiettivo di affarismo personale o di carrierismo individuale, data la loro posizione.
Il progetto di potere che aveva mosso l'operazione trascendeva gli interessi particolari e aveva l'obiettivo di rafforzare finanziariamente, e quindi politicamente, un qualche »megapartito in parte palese e in parte occulto operante sulla scena politica . »Non era neanche pensabile testimonia Craxi che una tangente di queste proporzioni potesse servire ad arricchire qualche funzionario... e dunque la natura dell'operazione era di tali proporzioni da creare problemi alla stabilità della vita politica del paese . (4)
Le elezioni del giugno 1979: i contrapposti veti di DC e PSI e i tentativi di reinserimento del PCI
L'affare ENI Petromin nasce con la crisi della solidarietà nazionale che all'inizio del 1979 si sgretola lasciando il governo Andreotti senza sostegno. Il 3 giugno, a seguito dello scioglimento anticipato delle Camere, si tengono le elezioni politiche.
Durante quei mesi le manovre dei partiti sono in pieno svolgimento: dapprima il PSI si oppone ad una coalizione DC PSDI PRI senza la sua partecipazione e poi, a sua volta, la DC pone il veto a Craxi incaricato di formare il governo; quindi la soluzione viene trovata alla metà di agosto con un governo minoritario DC PSDI PLI diretto da Cossiga, già ministro dell'Interno durante gli anni della solidarietà nazionale fino all'assassinio di Moro.
Su tutta la situazione pesano i rapporti instabili del PCI
con la DC e gli altri partiti, nella ipotesi non definitivamente abbandonata di tornare a costituire una maggioranza di vecchio tipo, propugnata dall'ex presidente del Consiglio Andreotti. Durante i mesi più caldi, dalla primavera all'autunno, si stipula l'affare ENI Petromin le cui diverse fasi stipula del contratto, pagamento della tangente, scoperta dell'irregolarità corrono in parallelo con le diverse fasi politiche. Nel giro di pochi mesi la presidenza del Consiglio passa da Andreotti a Craxi e a Cossiga in tre diverse coalizioni partitiche. Le forze che, in diversa misura e su diverse collocazioni propugnarono l'affare ENI Petromin sono quelle che lavoravano per la ricostituzione della solidarietà nazionale.
Si muovono attivamente Andreotti e gli andreottiani, la cosiddetta sinistra socialista del vicesegretario Claudio Signorile, mentre si oppongono quei socialisti craxiani e quell'ala della DC che intendono dar vita a nuovi equilibri di centro sinistra. E' significativo anche il comportamento della stampa favorevole: in prima linea v'è il »Corriere della Sera , portavoce ufficiale della tesi della liceità delle tangenti, ma anche »la Repubblica , decisamente schierata in sostegno di Mazzanti e dell'ipotesi politica di Signorile. Nel »Corriere insieme alle motivazioni politiche pesano le pressioni e gli orientamenti dettati dalla P2. »La Repubblica dal canto suo aveva siglato nel luglio 1979 quell'accordo Tassan Din-Rizzoli Caracciolo Scalfari che rappresentava una vera e propria alleanza politico editoriale.
Da più parti si è sostenuto che la colossale tangente del contratto ENI Petromin dovesse servire a sistemare questioni politiche e questioni di stampa ad esse connesse. Secondo l'allora segretario amministrativo del PSI, sen. Rino Formica, con quelle centinaia di miliardi dovevano essere finanziati i giornali del gruppo Rizzoli (»Corriere della Sera ), Monti (»Il Resto del Carlino e »La Nazione ) e Montedison (»Il Messaggero ) affinché appoggiassero un governo accettabile al PCI. Ma l'affare aveva un risvolto direttamente connesso agli equilibri interni dei partiti e in particolare del PSI. La corrente della cosiddetta sinistra di Signorile si proponeva infatti di rovesciare la maggioranza craxiana fino al momento in cui il proposito fallì con le riunioni della direzione e del comitato centrale di quel partito dell'inizio del 1980, quando il gruppo De Michelis passò dallo schieramento di Signorile a quello di Craxi.
In questo quadro politico l'affare ENI Petromin non nasce all'interno della Loggia, ma nelle alte sfere del governo e dello Stato. Esso però ha bisogno del sistema P2 di collegamento per realizzarsi. L'intreccio fra ambito ufficiale della politica e degli affari e collegamenti occulti di uomini è inestricabile. Gaetano Stammati con la sua équipe è al suo posto di ministro del Commercio con l'estero ed è attivato dal presidente Andreotti. Giorgio Mazzanti è al suo posto di presidente dell'ENI designato in ragione dell'appoggio della corrente socialista di Signorile. Francesco Malfatti di Montetretto occupa la massima responsabilità al ministero degli Esteri grazie a una lunga carriera in cui ha acquisito benemerenze con la DC, il PSDI e il PSI e anche con il PCI. Tutti costoro lavorano per la realizzazione del grande affare rendendolo spedito e senza alcun intralcio.
Un secondo gruppo di piduisti, anzi i capi della Loggia, Gelli e Ortolani, interviene solo quando si tratta di mediare, di rimuovere gli ostacoli che si frappongono al compimento dell'affare e di esercitare pressioni.
Il potere del primo gruppo di piduisti sta nell'essere, al tempo stesso, fiduciari di determinati gruppi partitici (la DC andreottiana per Stammati; il PSI signoriliano per Mazzanti; l'intera area di unità nazionale per Malfatti) e di appartenere alla loggia massonica o di essere disponibili a entrarvi come fece Mazzanti. Il potere dei capi P2 è diverso: risiede nella conoscenza di affari occulti, nella capacità di mobilitare il consenso o la critica della stampa, nel rimuovere ostacoli nel corso dell'affare. Esemplari furono la promozione di una campagna per le dimissioni del ministro dell'Industria Siro Lombardini da parte del »Corriere e l'intimidazione che Gelli mise in atto nei confronti di Mazzanti e di Battista per mantenere l'omertà.
Nella combinazione nella medesima organizzazione di questi due gruppi di personaggi gli uni interni alle istituzioni ufficiali e gli altri organizzatori del centro occulto sta la singolare genialità dell'organismo gelliano e quindi il suo potere. La P2 coltiva al tempo stesso gli interessi dei propri membri iniziati e propugna un obiettivo politico più generale, cioè il rafforzamento di tutti quegli elementi che nei partiti e nei giornali operano per il ritorno agli equilibri di solidarietà nazionale intorno ad Andreotti.
Il 5 dicembre 1979 L'Arabia Saudita denuncia il contratto
di fornitura del petrolio in seguito all'esplosione dello scandalo in Italia. Fallisce di conseguenza gran parte dell'operazione megatangente, della quale erano stati pagati nel corso di alcuni mesi i primi 17 milioni di dollari. Sul piano politico si consolida la maggioranza craxiana nel PSI: dopo il tentativo di ribaltamento della segreteria ad opera del gruppo di Signorile, nelle prime settimane del gennaio 1980 si chiude una fase per i socialisti e per l'intera politica italiana. Nel marzo successivo il PSI rientra al governo con il secondo ministero Cossiga, in un nuovo equilibrio che suggella anche la composizione dei conflitti di interesse che nel corso di un intero anno avevano sotteso gli scontri politici ufficiali.
In questo passaggio politico assume rilievo e significato l'incontro che Craxi ha con Gelli nel novembre 1979 e che, a quanto riferisce l'organizzatore dell'incontro Vanni Nisticò allora addetto stampa della segreteria socialista, trattò del conflitto insorto sull'ENI Petromin, anche se la circostanza specifica è smentita dal segretario del PSI. Del resto lo stesso Craxi dichiarava nella commissione d'inchiesta parlamentare: »La prima volta che io ed alcuni miei compagni urtammo contro qualcosa che ci parve subito qualcosa di occulto fu sul penoso e famigerato caso ENI Petromin . E' probabile che con Craxi, come di consueto, Gelli abbia tentato di inserirsi come professionista nella mediazione. Lo aveva già fatto con i boiardi delle partecipazioni statali quando, convocato Mazzanti il 9 ottobre dello stesso anno, aveva dimostrato la sua potenza di detentore di informazioni riservate e di possibile ricattatore. Di fatto data da quel periodo quel »cambio di cavallo che non era nuovo alle abitudini disinvolte
del maestro venerabile. Migliorano i rapporti fra Gelli e il PSI craxiano e in particolare si sviluppa in pieno il rapporto fra il mondo della P2 e Leonardo Di Donna, vicepresidente dell'ENI sostenuto dall'ala craxiana e demichelisiana del PSI che risulta inserito nelle liste gelliane in data 1· gennaio 1980.(8)
Calvi Di Donna: i colossali finanziamenti dell'ENI all'Ambrosiano del tutto immotivati. Un unico sistema di scambio
Nell'ambito degli affari patrocinati dalla maggioranza socialista tramite Leonardo Di Donna, deve collocarsi uno degli episodi più misteriosi della finanza pubblica italiana. i prestiti che l'ENI, attraverso le proprie consociate estere erogò alle società estere dell'Ambrosiano in un periodo di tempo che va dalla metà del 1978 alla fine del 1980.
Alcune società estere dell'ENI, la Tradinvest e la Hydrocarbons International, concessero larghissimi finanziamenti a società estere del Banco Ambrosiano in Lussemburgo (Ambrosiano Holding), nel Perù (Ambrosiano Andino) ed a Nassau (Ambrosiano Overseas). L'entità dei finanziamenti era notevole: nel giro di due anni dalle casse dell'ENI si trasferirono a quelle dell'Ambrosiano 167,5 milioni di dollari più 100.000.000 di franchi svizzeri con contratti che si intensificarono fra la metà del 1979 e la fine del 1980. Al momento del crack dell'Ambrosiano, l'ENI era creditrice di 135.512.000 dollari e di 50.020.000 franchi svizzeri.
I contratti di finanziamento avevano una natura equivoca e nessuna ragione spiegabile. Ciò è stato messo in rilievo anche dall'inchiesta amministrativa che fu promossa quando vennero alla luce del sole gli estesi rapporti finanziari dell'ENI con Calvi, tenuti occultati alla stessa presidenza dell'ente di Stato.
C'è da chiedersi: perché mai, invece di investire in attività industriali, un ente pubblico presta enormi somme di danaro ad una banca come l'Ambrosiano sottoposta nel 1978 a rilievi di irregolarità da parte dell'autorità vigilante? E perché mai l'ENI fa affluire nelle casse di banche fantasma alcune centinaia di milioni di dollari sotto forma di finanziamenti a lungo termine? Nelle conclusioni dell'inchiesta, il presidente del collegio sindacale dell'ENI, Vincenzo Milazzo, benché uomo dell'establishment di Stato, non può fare a meno di definire queste operazioni assolutamente »immotivate e che trovano solo delle giustificazioni a posteriori assai poco credibili.(9)
La verità è che tra Roberto Calvi, banchiere della P2 da una parte, e Leonardo Di Donna e Florio Fiorini, dall'altra, si era stabilito un rapporto di reciproca accondiscendenza su affari di entità tale da permettere margini di vantaggi per conto terzi. Interrogato sulla conoscenza di questi finanziamenti, il presidente dell'ENI che subentra a Mazzanti nel maggio 1980 Alberto Grandi, dichiara che alla presidenza dell'ente nulla risultava del rapporto ENI Ambrosiano e che i vari contratti di finanziamento erano rimasti nei cassetti degli organismi dirigenziali.(10)
Così, al momento del crollo l'Ambrosiano lascia un debito di 160 milioni di dollari con l'ENI, in gran parte perduti per le casse dell'ente pubblico. »Senza l'appoggio di Di Donna e Fiorini scrive il giornalista inglese Rupert Cornwell le ali di Calvi sarebbero state tarpate. Con il loro aiuto, invece, il Banco Ambrosiano di Milano ridusse i prestiti alle consociate estere dai 200 milioni di dollari nel 1978 alla somma molto più anodina di 40 milioni di dollari due anni dopo, il che avrebbe permesso a Calvi di vantarsi di aver seguito le istruzioni della Banca d'Italia. In altri termini l'ENI servì da garante dell'Ambrosiano all'estero, alla stregua delle famigerate lettere di patronage che lo IOR avrebbe fornito in extremis nel 1981... (11)
La motivazione reale del finanziamento occulto sta nel sistema di rapporti che in quegli anni si stabilisce tra entità finanziarie ed entità politiche con l'intervento attivo della P2. I protagonisti ne sono l'ENI nelle sue diverse correnti sostenute da diversi padrini, l'Ambrosiano che ha bisogno di coperture politiche per le sue operazioni irregolari, lo IOR che deve lucrare, i partiti che assicurano coperture e autorizzazioni in cambio di finanziamenti, la stampa che è foraggiata assicurando di rimando l'organizzazione del consenso. Tutti i protagonisti si muovono sul terreno occulto giovandosi della rete di comunicazione e di transazione della P2 organizzata come principale terreno di incontro e di scontro.
La lettera di Di Donna alla Ultrafin Canada: un »paravento
Le manovre occulte di Di Donna che si situano in questo quadro non si esauriscono nei contratti di finanziamento ricordati. Il 23 maggio 1980, in un'epoca cioè in cui la P2 ha »cambiato cavallo ed è in buoni rapporti attraverso Calvi con il PSI, il vicepresidente dell'ENI scrive una misteriosa lettera ad una altrettanto misteriosa società, la Ultrafin-Canada, inviandone copia per conoscenza a Calvi: »Con la presente, in relazione ai colloqui intercorsi, vi affidiamo l'incarico di intrattenere per nostro conto, con le istituzioni o autorità competenti, ogni tipo di rapporto utile alla promozione ed espansione dei nostri interessi e progetti comuni (12)
Nulla si è potuto mai conoscere della Ultrafin Canada, e soprattutto nulla si conosceva ufficialmente all'ENI dei rapporti fra l'ente e la società estera. Interrogato a proposito, il presidente Grandi definisce la lettera »un paravento , chissà di che cosa ed a favore di chi. Sta di fatto però che quel pezzo di carta apparentemente innocuo viene trovato nell'archivio di Gelli, segno della sua importanza, accanto alla documentazione riguardante il »conto protezione n. 633369 presso l'UBS di Lugano per cui è stato aperto e poi chiuso, un procedimento penale nei confronti di Claudio Martelli, Leonardo Di Donna, Florio Fiorini e Roberto Calvi.
I rapporti fra Di Donna Fiorini e Calvi perdurano fino alla morte del banchiere. Qualche giorno prima della scomparsa di Calvi, nel giugno 1982, Florio Fiorini propone un piano di salvataggio dell'Ambrosiano con la partecipazione di un finanziere austriaco, Karl Kahane, e la cointeressenza dell'ENI. Si tratta di uno stranissimo progetto di ricapitalizzazione proprio di quella entità dell'Ambrosiano, la holding lussemburghese, che aveva un buco di qualche migliaio di milioni di dollari.
Queste manovre sono un ulteriore segno rivelatore degli intrecci perversi della corruzione che intorno all'ENI e all'Ambrosiano gli uomini sponsorizzati dai partiti e dalla P2 hanno messo in atto. Le indagini sulla destinazione di quella parte della tangente del contratto ENI Petromin che è stata pagata alla misteriosa società Sophilau, circa 17 milioni di dollari, hanno messo in luce qualcosa di singolare. Da una parte la somma giunge in diverse tranches a conti correnti delle banche svizzere Pictet di Ginevra, SBS e Credito Svizzero e, dall'altra, una società austriaca, la Montana del finanziere austriaco Kahane, canalizza del danaro della stessa entità alla società SIDIT di Florio Fiorini, la quale, insieme alla Società tosco ligure lombarda, finanzia la società Acqua Marcia, presieduta da Leonardo Di Donna.(13)
Per intralci opposti in Austria e in Svizzera non è stata fatta piena luce sulla tangente alla Sophilau, sugli incroci finanziari con la società dell'austriaco Kahane e sulle destinazioni finali del danaro illecitamente percepito in seguito al contratto ENI Petromin. E' certo singolare che ancora una volta nei meandri della finanza occulta si ritrovino insieme gli stessi personaggi, di volta in volta sponsorizzati dalla P2 e dai partiti, in operazioni che traggono lucro dall'uso di risorse di enti pubblici.
Interrogato sulle ragioni per le quali Di Donna fosse stato così tenacemente sostenuto dal PSI fino a farne un vero e proprio problema di governo e di Stato, Craxi rispondeva: »E' vero. La ragione fondamentale è questa, si è trattato di un punto d'onore. Quando noi sollevammo la questione ENI-Petromin... un attacco forsennato ci veniva da tutte le parti... Chi nell'ambito dell'establishment che sembrava osservare le regole dell'omertà e della complicità... tenne una posizione ferma a sostegno della tesi della verità... fu un funzionario dirigente dell'ENI che si chiamava Di Donna... Si trattò di un vero e proprio cataclisma... Ho letto dopo che Gelli andava dicendo: "Vi faccio io i conti se questo segretario viene rovesciato" .. Il segretario del PSI non fu rovesciato, il contratto andò in cavalleria, la tangente di centinaia di miliardi andò a finire in fondo al mare e noi mantenemmo nei confronti di Di Donna un atteggiamento di riconoscenza per la fermezza con la quale tenne quella posizione .(14)
NOTE
1. Documentazione sequestrata a Castiglion Fibocchi il 17 marzo 1981 (reperto 8/A, busta 11), in All. (T.), vol. III, tomo XV.
2. Ibid, p. 16.
3. La commissione parlamentare per i procedimenti d'accusa (Inquirente) si è a lungo occupata del contratto ENI Petromin dal dicembre 1979 quando i deputati radicali presentarono denuncia contro alcuni ministri dell'epoca, al gennaio 1985, quando si è tenuto il dibattito conclusivo a Camere riunite sull'incriminazione del ministro Stammati e di altri. Per nessun reato il Parlamento ha espresso una maggioranza necessaria per rinviare gli inquisiti di fronte alla Corte costituzionale
4. Audizione dell'on. Bettino Craxi alla Commissione P2 l'8 febbraio 1984.
5. Cfr. capitolo XI.
6. In un'intervista a »la Repubblica dell'11 gennaio 1980 il senatore Rino Formica, allora segretario amministrativo del PSI, afferma che la tangente serviva a finanziare i giornali del gruppo Rizzoli, Monti e Montedison perché appoggiassero un governo accettabile al PCI. Formica dichiara: »"Qui si è attentato alla democrazia italiana; e alla domanda: a chi ha attentato?", risponde: "Andreotti e Stammati. Ci hanno turlupinato. Se non intervenivamo, a quest'ora sarebbe stato creato un bel fondo all'estero, al quale attingere senza controllo. E addio Repubblica!" .
7. L'incontro di Gelli con Craxi è stato testimoniato da Vanni Nisticò nella sua audizione alla Commissione P2 il 1· luglio 1982. Anche Craxi nella sua audizione in Commissione dell'8 febbraio 1984 conferma l'incontro. Vi è tuttavia discordanza sull'epoca dell'incontro stesso, se sia avvenuto nell'autunno 1979 o nell'autunno 1980.
8. Documentazione sequestrata a Castiglion Fibocchi il 17 marzo 1981 pubblicata dalla Commissione P2, DOC XXIII, n. 2 quater, tomo I, Parlamento, 1984.
9. All. (T.), vol. III, tomo XV.
10. Audizione di Alberto Grandi alla Commissione P2 del 2 dicembre 1982, in All. (T.), vol. III, tomo XV, p. 253.
11. Rupert Cornwell, 11 banchiere di Dio, Roberto Calvi, Bari, 1984, pp.
12. Lettera a firma Leonardo Di Donna, vicepresidente dell'ENI alla Ultrafin Canada del 23 maggio 1980 (doumentazione di Castiglion Fibocchi, reperto 2/A, busta senza numero, relativa a Roberto Calvi), in All. (T.) vol. III, tomo XV p. 149.
13 . Relazioni della commissione parlamentare per i procedimenti d'accusa sugli atti del procedimento n. 299/VIII (contratto ENI Petromin) presentate alle presidenze delle Camere nell'aprile 1984 e nel gennaio 1985, Parlamento.
14. Audizione di Craxi, cit.